Pandemonio GDR - Urban Fantasy -

Posts written by A .

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    Benvenuto. ^^
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    Benvenuta anche da parte mia, un poco in ritardo. ^^
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    Ah, dovrò dunque usarlo di nuovo, visto che mi piace così tanto.
    E a te non piace per nulla.
    Dovrei smetterla d'esser così cattivo con la nuova utenza, boo hoo.
    Prima o poi, se mai riuscirò a far fronte alle mie mille giocate da recuperare, dovrai concedermene una in cui potrò denigrare amabilmente anche il tuo pg.
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    Benvenuta.
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    Benvenuta con un poco di ritardo, Elisina.
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    Ora, ti devo delle scuse per il tempo che mi son preso per fare questo post, ed anche perché non ruolando da parecchio potrei aver fatto degli errori, molti, troppi. o.o


    Otto di sera.
    Un orario così sobrio, triviale e mondano, del tutto inusuale per il cainita, non abituato a cacciare durante quelle ore così adiacenti al crepuscolo. Le trovava vuote, infime, prive di quell'eccitazione che tanto ricercava e di cui viveva; l'atto stesso della caccia perdeva quasi di gusto di fronte alla banalità delle prede che gli si presentavan davanti a quelle ore. Era semplicemente troppo presto per potersi aspettare che quella peculiare fascia d'umani di cui amava cibarsi, coloro che avevan la presunzione di definirsi "padroni della notte" uscisse allo scoperto. Camminava, perdendosi in quel gelido buio, gli occhi schizzavano da un lato all'altro della strada, l'andatura rapida, spedita, ma mai troppo veloce, sgraziata. Con addosso un lungo ed elegante mantello, nero come la pece, come la più profonda delle voragini, probabilmente atto più a celare il lungo coltello che aveva sempre con sé e la snella figura, che ad opporsi alle gelide, costanti, sferzate di vento, a cui era invero indifferente. Gli carezzavan di tanto in tanto il pallido viso, quelle intense folate di ghiaccio - molti avrebbero aggiunto con aberrante violenza ed impeto, tanto d'aver timore che si squarciasse il volto proprio; ma su quella pelle bella seppur morta ormai da eoni non eran che un'impercettibile brezza, un lieve e sottile sospiro la cui percezione si limitava per lui solo ad una mera dissimulazione, una grottesca pretesa.
    Curioso davvero come si fosse fin troppo facilmente fatto invogliare in quella vicenda da quella donna, assai bizzarra, che vantava arie da mistero, pur avendo un innegabile fascino, un'attrazione indubbio inoppugnabile per qualsivoglia sempliciotto, nonché la condanna dei golosi. Non che le circostanze stesse di quell'impiego apparentemente modesto non lo fossero, nondimeno il sommarsi d'ognuna di esse esercitava un fascino così assoluto ed in definitiva troppo, troppo invitante perché potesse rinunciarvi a prescindere, negarsi un simile piacere di scoperta. L'astenersi non era stata mai un'opzione, fin dal primo momento. Come al solito, e fors'anche più del solito - la voglia di giocare gli era tornata, viva, d'un impeto estremo raggiungeva ora il suo apice, empiendolo d'un delizioso, quanto amaro nella sua assenza, desiderio di carne e sangue, pervadente come non mai. Un sadico gioco quello che intendeva intraprendere e forzare sulla sua vittima, l'immagine ben già distinta, ogni particolare già figurato anzitempo nella mente; et voilà, l'incipit d'uno sfarzoso banchetto era servito. Continuava a consumare strada dopo strada sotto gli stivali, passo dopo passo, di quei passi svelti, inarrestabili, seppur tanto ancora eleganti.
    Gli occhi assorbivano e catturavano immagini da ogni dove, senza permettere che anche il minimo, più infimo, dei dettagli vi potesse sfuggire, conservava avidamente scenari, strade, vicoli, qualsiasi cosa vi si posasse dinanzi alle palpebre, per passare dunque a nomi, volti, ed anche ai singoli e più insignificanti manierismi d'ogni suo interlocutore. La mente riteneva a lungo tutto ciò, così avida di quei dettagli quanto restia a rilasciarli, a concederli anche solo in parte una volta entratane in possesso, gli archivi della memoria d'una estensione spaventosa. Mostrò un poco di compiacimento, forse meramente una posa, nel pensare al successivo incontro con quella donna, che l'avrebbe potuto favorire in modi indicibili se solo avesse giocato opportunamente le sue carte. In fin dei conti, munirsi d'una mano vincente non sarebbe stato poi così arduo.
    Sebbene distasse ancora dal luogo ove il suo obiettivo si dedicava a sgraziati trastulli nel correre di quelle ore, già poteva sentire, assaporare il gusto d'ognuno di quei deliziosi momenti che si sarebbero susseguiti senz'interruzione alcuna, sulla lingua, fra le umide pareti della defunta bocca, ogni singola papilla pervasa da un'estasi indicibile che non presagiva altro che l'imminente piacere della caccia, quel desiderio così intenso e gustoso con cui empiva quelle notti. E più gli istanti passavano, più godeva d'un piacere maggiore, unico e rinnovato; voleva gustarsi quella preda, ed ovviamente l'estorcergli delle informazioni, meri dati in forma grezza, non sarebbe bastato. No, lui voleva di più, godere d'ogni grido, d'ogni sadico espediente che avrebbe impiegato per dilettarsi quanto per ottenere ciò che di cui necessitava appariva ora più delizioso che mai, ed il desiderio di porlo in una condizione di pura ed assoluta miseria aveva a priori già preso forma, concretizzandosi al sorger di tali pensieri.
    S'avvicinava or ora alla via medesima in cui doveva risiedere l'interesse - o uno dei tanti - amoroso di quell'uomo, divenuto ora sua preda, braccato ancor prima del tempo, senza ch'egli nulla sapesse. Lo sfarzo, l'opulenza era ivi assoluta, si palesava in ogni angolo, ogni insignificante nicchia di quel luogo, tanto da scatenarne una genuina percezione viscerale. I grandi condomini, quanto mai sfarzosi, non erano che una vana e volubile grandeur architettonica che non passava certo inosservata, seppur quella sua stessa grandezza rendesse delle tali opere a dir poco prive di fascino, poco più d'uno sfogo volontario di desideri tanto bassi e banali che avevano infine preso concretezza nell'architettura stessa di essi, divenendo effettivi, ed aberranti.
    Sfilò davanti ad uno dei tanti edifici ove qualcuno stava per fare il suo ingresso, e con l'apertura istantanea di quell'enorme portone volle tentare d'inspirare l'aria quasi rarefatta e mefitica di quel luogo per coglierne qualcosa, ma quella riluttante pretesa d'umanità non gli procurò altro che un infinito disgusto, e smise. L'unico vero sapore delizioso era il sangue, dolce nettare tanto anelato, e quel luogo ne presentava un quantitativo pressoché infinito. Nondimeno, restava un territorio di caccia noioso, limitato, virtualmente privo d'alcuna sorta d'imprevisti, d'una qualche inaspettata fonte d'eccitazione, e del tutto lineare, tanto da risultargli estremamente tedioso.
    Il portone rimase aperto ancora un poco, mentre tornava a serrarsi su se stesso poté vedere quegli umani salire i primi gradini d'una lunga scalinata, e per ognuno di questi che salivano il sapore di quel dolce nettare si faceva sempre più lontano, irraggiungibile, e conseguentemente il disgusto rinasceva in lui, riformandosi sempre più intenso. Passò oltre, riprendendo la sua camminata, ora paradossalmente ancor più goloso, pregno d'una brama assoluta.
    Quelle creaturine così insulse lo facevan indicibilmente ridere; per quanto non disprezzasse affatto quel genere di lusso estremo e sfarzoso, quella lussuria smodata, di cui invero lui stesso era vittima, era ben conscio che per gli umani, per quei loro intenti, non eran altro che tristi ed insulse esternazioni di grandezza, d'una importanza pretesa ed esternata, ma mai davvero sentita. Mere ostentazioni d'incommensurabile gola e futile desiderio d'affermare il vano. Null'altro che delle tristi velleità, ancora.
    Ma l'aria, l'aria era la stessa, inalterata ed inalterabile.
    L'odore di quell'aria era qualcosa che nemmeno i più ricchi e bramosi potevano definire, quel puzzo d'umanità corrotta, d'innegabile debolezza mista al marciume che non proveniva altro che da loro stessi e che ora impestava l'aria come la piaga mefitica che invero era, dalla quale nessun luogo aveva scampo, ma contrastata tuttavia da un delizioso profumo di vitae, un'estrema goduria, che solo pochi avevan conservato la facoltà di emanare.
    Continuava ad addentrarsi in quella strada, dagli edifici tutti così simili fra loro, la medesima esibizione d'ingiustificabile vanità, d'imponenza in ognuno di essi, così alti ricchi e sfarzosi, adornati da un'infinità di particolari, da mille sfaccettature, quegli esterni così ben rifiniti in pregiato marmo. Il puzzo della presunzione di quegli umani che vi vivevano, così convinti d'esser migliori, così superiori e diversi dalla restante popolazione, l'ipotetica borghesia di Dilagon, costretta a vivere in quartieri che eran l'antitesi assoluta di dove egli si trovava ora, l'avrebbe potuto soffocare; un odore così rivoltante tanto quanto quelle medesime convinzioni che solo una mente piccola triste e delirante avrebbe potuto maturare.
    S'avvicinava sempre più al luogo dove avrebbe dovuto attendere il suo obiettivo, l'edificio 201, che non presentava nulla di diverso da tutti quegli altri edifici, palesando la medesima pretesa di maestosità. Si portò al marciapiede direttamente opposto, andandosi infine a sedere su una panchina che dava proprio sull'edificio stesso. Prese dunque un paio d'istanti per scrutare bene ciò che quell'edificio aveva da offrire, ma rimase incredibilmente deluso nel constatare che oltre ad un portinaio all'ingresso, possibilmente armato e dotato di ben poca pazienza, ed un'infinità di telecamere, non vi fossero altri ostacoli, quantomeno visibili. Era indubbio possibile che le insidie più pericolose, quelle da cui si sarebbe dovuto realmente guardare nel tentare l'approccio fossero dentro, o semplicemente in una posizione che le rendeva ben poco visibili, un'ipotesi che gli consentì di saggiare per un breve istante il dolce sapore della sorpresa, dell'imprevisto, quel dolce inestimabile languore.
    L'alternativa, ben più magra e povera d'opportunità di trarre del godimento, era che fossero indifesi come oltraggiosamente parevano essere, e ciò, per quanto gli avrebbe facilitato il lavoro, lo privava al contempo d'ogni sorta di diletto che da esso avrebbe potuto trarre.
    Scrutò nuovamente la facciata, per breve tempo, cercando di tanto in tanto di gettare un occhio anche all'interno, più per tedio che per necessità di memorizzare ulteriormente le caratteristiche di quel luogo, cosa che invero aveva già fatto, concedendo il resto del suo tempo a quei documenti che la donna gli aveva dato. Prese a sfogliarli, la vita dell'obiettivo pareva riassumervisi, seppur blandamente - non che la realtà effettiva differisse particolarmente - su quella carta, quella manciata di fogli, colmi solo d'informazioni generiche, di poco conto. Banalità puramente anagrafiche, peso, altezza, ed un'infinità d'altri sciocchi dati grezzi che a ben poco gli sarebbero serviti, se non a dipingere un rivoltante quadro che tuttavia non disprezzava, per quanto disgustato - sapeva che quell'individuo, nella sua miserabilità, l'avrebbe più che mai intrattenuto.
    Ammirò il cielo buio diverse volte.
    Rimase seduto ancora a lungo, immobile, il freddo glaciale ad avvolgerlo ora come un manto, permeato dal desiderio, gli occhi, gelidi, colmi di frenesia omicida.
    Non aveva intenzione alcuna d'entrare prima che il suo bersaglio fosse arrivato, no, era oltremodo avventato e sciocco; non conosceva il numero della stanza ove la donna risiedeva, e sebbene ottenerlo gli sarebbe risultato affatto arduo, voleva far sentire la sua vittima braccata, instillare del terrore puro in lui prima del compimento del fatidico atto, appagando al contempo il suo desiderio, in minima parte.
    Sfilò dal taschino interno un orologio da tasca d'argento, le fatture apparentemente antiche ed ora alquanto consumate, guardò l'ora.
    Erano quasi le nove.
    Attese.

    Edited by A . - 1/12/2014, 01:33
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    Temo di non aver mai avuto il piacere di vederti in giro prima d'ora, ma ciò non m'impedisce certo dal darti del benvenuto, o del bentornato, sia quel che sia. ^^
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    Ciaociao, buona permanenza.
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    Benvenuto.
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    Scusami tanto per il ritardo, è imperdonabile.
    Ho esagerato con la lunghezza, decisamente.


    Era ridicolo come quell'altro potesse esternare in successione delle simili dimostrazioni di debolezza ed assoluta inadempiezza al suo originario ruolo, un simile sfoggio di debolezza, misto all'assurdità delle sue richieste, l'aveva totalmente disgustato. Ancora una volta il cainita venne pervaso da un brutale raccapriccio, una nausea greve ed opprimente che pervadeva quelle parole pronunciate dall'altro, causandogli infinito ribrezzo.
    Quelle affermazioni sciocche e di pessimo gusto lo facevano tuttavia ridere, ciò che si ritrovava davanti ora non era altro che il frutto d'una ideologia distorta e surreale, figlia d'arroganza e superbia, d'un pensiero troppo umano ed infondato perché potesse risultar di suo gradimento; in definitiva una mentalità assai debole, proprio come lo erano loro.
    Per quanto poco potesse interessargli, quel vampiro era segnato, l'onta di cui s'era macchiato doveva esser per gli altri vampiri troppo grave per venir ignorata, aveva tradito la sua natura e nulla avrebbe potuto salvarlo dal giudizio della stessa, di cui avrebbe indubbio dovuto tollerare il greve peso presto o tardi; il puzzo d'umanità che aveva adosso era rivoltante, pareva esserne pervaso ed inebriato, ai suoi occhi appariva come poco più d'una mera marionetta ormai troppo acceccata da banali idealismi privi d'alcuna ragion d'essere per disporre di volontà propria, contaminato dalla nefasta dottrina di quegli esistenti così deboli ed inferiori, la medesima che li avrebbe portati ad annichilirsi.
    Era ormai troppo corrotto e troppo lontano da ciò che originariamente era e doveva esser per potere anche solo desiderare di potervici tornare, era indegno di venir salvato, ed il solo pensiero gli torceva lo stomaco.
    Quell'improbabile desiderio di conoscere, di ricordare appieno i piaceri di quel privilegio così effimero ed unico, la voluttà intrinseca, ed il potere che conferiva, suonava davvero ridicolo alle sue orecchie, e non si capacitava di come poteva anche solo pensare che ne fosse degno, dopo essersi calato così in basso, crogiolandosi nei luoghi comuni di quegli umani così inferiori, a cui s'era fino a quel momento associato.
    Non era certo il genere d'intrattenimento che s'aspettava, quella richiesta di così pessimo gusto era quasi un'offesa nei riguardi di quello stesso divertimento che ricercava con infinita ostinazione, nonché una blanda dimostrazione d'intenti che non lo soddisfaceva per nulla; non computava né desiderava farlo, aveva già avuto fin troppo modo di comprendere quanto grottesco ed in definitiva inequivocabilmente ridicolo egli fosse.
    Non vedeva alcuna ragione per soddisfare anche solo in parte una richiesta tanto arrogante quanto apprentemente ridicola, che non esercitava certo attrattiva sul cainita, rimasto invero indifferente; nondimeno implicava che quell'individuo non aveva la sola cognizione di quanto in basso fosse caduto e non poteva quantificare la gravità di quella stessa caduta, quanto effettivamente avesse perso e stesse ora superbamente chiedendo di riottenere in uno sbalzo d'arrogante esigenza, un'impensabile dimostrazione d'ingenuità nel volersi arrogare un diritto improponibile. Nondimeno, il solo pensare che questo potesse essere possibile oltre ad esser oltremodo ingenuo risultava davvero ridicolo e di cattivo gusto, e se davvero la questione si riduceva per lui ad essere tanto semplicistica da risultar addirittura banale quella sorta di vampiro aveva certamente un problema ben più significativo dell'incapacità di staccarsi da quel patetico lato umano che aveva creato con disperato e sciocco desiderio di vanificare la propria evoluzione e che ormai s'era radicato troppo in profondità per poterlo estirpare.
    Nutriva ora il desiderio assoluto di annichilire quelle convinzioni così superbe ed arroganti, quella parvenza di superiorità con cui si circondava, possibilmente involontaria, in quanto apparentemente incapace di controllarsi appieno; gli risultava oltremodo rivoltante e melensa, l'ennesimo affronto a tutto ciò che rappresentava a sua volta.
    "E dite, di grazia, perché mai dovrei aiutarvi a perseverare in un intento tanto sciocco e vano?"
    Avrebbe tratto divertimento infinito nel mandar in frantumi pezzo per pezzo ognuna di quelle sue piccole e ridicole certezze a cui era così fortemente legato, privarlo d'ogni singolo fondamento su cui basava quell'esistenza patetica, uno alla volta, per poi vedere quel suo volto tanto sicuro di sé pervaso dal panico e da un'insicurezza assoluta ed innegabile; sarebbe stato quantomai appagante, ne avrebbe goduto all'infinito, estasiato, catturato da quell'amabile attrazione.
    Un sorriso cruento andò a solcargli il viso per un istante solo, impercettibilmente, presagio d'ogni sadico diletto con cui si sarebbe a breve intrattenuto col suo interlocutore, poco lungi dal divenire pur preda, mentre iniziava a percepire quel divertimento così delizioso profuso dai quei momenti, lo stesso divertimento che precedeva quel piacere puro e languido, assoluto, scandendone l'arrivo con deliziosa enfasi.
    Se ogni cosa avesse continuato a versare tanto piacevolmente e senza complicazioni di sorta asservirlo completamente alla sua persona non sarebbe risultato affatto difficile, al contrario, fors'anche troppo semplice per permettergli di provare anche un solo briciolo di vago diletto, e per quanto improbabile, sperava ora che l'altro potesse ancora vantare qualche mezzo per intrattenerlo.
    I presupposti per uno spettacolo indicibilmente sublime erano già presenti, e le fondamenta stesse di questo, già saldamente costruite; un'opera mefitica e viva che si fondava su quel palcoscenico, attorno ai due e specialmente su quell'altro, l'attore principale attorno a cui tutto orbitava.
    Il fascino profuso da ognuno di quei signoli momenti era immenso, impossibile per lui da ignorare, così avvenente ed irresistibile, vi s'indulgeva, attratto, incapace di sottrarsi, quasi perdendovisi, una perpetua visione estatica, ma senza mai distoglier gli occhi dalla preda, seguendone ogni singolo movimento con incredibile padronanze di sé, non permettendo ad alcun particolare di sfuggirgli.
    Si rivolse nuovamente a lui, il tono calmo e serafico lasciava volutamente trasparire il principio di quel medesimo divertimento che tanto attendeva, rendendo quanto mai evidente il fatto ch'egli non fosse altro che una vittima per lui, un mero e misero diletto, per certi versi sgradevole e solo per pochi altri intrattenente, ma che ugualmente riusciva a divertirlo abbastanza per spingerlo a tollerarlo, continuando a discorrere.
    “Perché mai concedervi un simile privilegio, che mi porrebbe inoltre in svantaggio?”
    Ghignò, intenzionato a farlo pendere del tutto dalle sue parole per poi approfittarne come più gradiva, del tutto spregiudicato, assolutamente privo di remora alcuna. La mancanza d'un vincolo tanto futile e sciocco quanto deleterio come la coscienza, assieme alla sua mente acuta, gli avrebbe concesso di raggiungere una vetta nuova, uno stato di assoggetazione perfetta ed assoluta, irreversibile ed intrinseca alla mente stessa della preda, ignorando tutti quei triviali limiti morali e pratici, fondati su credenze altrettanto ridicole e prive di rilevanza.
    “Dimenticatevi di simili inezie e concedetevi a me, v'offrirò piaceri ben maggiori. Ed inoltre disporre d'un amabile servo con cui dilettarmi sarebbe davvero ilare.”
    Ma il particolare più ilare della vicenda sarebbe stato indubbio il fatto ch'egli avrebbe continuato con infinita incuranza a fare ciò che voleva pur senza detenere ancora nessuna sorta di controllo su di lui, continuava imperterrito a cader vittima di sua spontanea volontà ai suoi inganni, per sciocchezza od un ancora più banale senso di superiorità che lo spingeva a creder di potersene sottrarre a comando, cosa del tutto impensabile. Non si sarebbe accorto di star divenendo una sua pedina prima che sarebbe stato troppo tardi per porvi una qualche sorta di rimedio, e seppur questo lo privava in parte dell'infinito piacere che traeva nel vedere la sua reazione, indubbio colma di terrore e sofferenza, in completa balia dell'inquietudine, non intendeva concedere più tempo di quant'egli si fosse dimostrato di meritare. Un compromesso indubbiamente banale, ma efficace, e pur detestando il doversi limitare e privarsi d'una qualsiasi sorta di piacere, si vedeva ora costretto a non poter far altrimenti, quell'inviduo tanto tedioso l'aveva inconsciamente – ed indubbio involontariamente – obbligato ad affrettare i suoi piani, una concessione ch'era disposto a fare per ottenere una simpatica creaturina di compagnia, ciò che lui stava invero per divenire, gesto invero meno rilevante di quanto potesse sembrar all'apparenza.
    Una simile comodità gli sarebbe indubbio tornata comoda in quel luogo, e per quanto disprezzasse la compagnia ed ogni singolo concetto che ne conseguiva, non poteva negare che il disporre d'un individuo con una conoscenza di Dilagon superiore alla sua gli avrebbe indubbio facilitato orientarsi, permettendogli di concentrarsi maggiormente sul cacciare, che sarebbe divenuto ben più gradevole di quanto già non fosse.
    Nondimeno, desiderava ancora sgretolare ognuna di quelle velleità che l'altro aveva avuto modo di far sfoggio, delle inezie così triviali, facendogli capacitare di quanto banali invero fossero, sconvolgendolo, privandolo in un solo istante d'ogni distorta concezione e vano ideale che fungevan per lui come convinzioni fondamentali, dall'inesplicabile efficacia. S'interpellava ora su come avrebbe potuto reagire una volta privatone, e non poteva attendere di dargli una simile fine, gettarlo in un baratro d'oblio privo di fondo o speranza, ove solo il dolore troneggiava, rendendolo schiavo, vittima di terribili patimenti, un tormento cruento ed interminabile che l'avrebbe languidamente dilaniato dall'interno, straziandolo brandello per brandello, finquando non vi sarebbe stato nulla più.
    Avrebbe dunque ironicamente proteso la sua mano verso di lui con infinito diletto, l'ultimo atto, nonché il più significativo, per privarlo del libero arbitrio, del controllo sulla propria persona con beffarda crudeltà, affiancata come sempre da un divertimento sadico, malato.
    Ghignò, questa volta senza premurarsi di non farsi vedere, doveva esser un messaggio diretto, una chiarissima dimostrazione delle sue perverse brame, avido d'introdurre ancora sublime piacere e giocare fino allo sfinimento con la sua preda.
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    Benvenuto. ^^
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    Avrei dovuto contare i caratteri e non avrei dovuto farti attendere così a lungo, scusami tanto, ancora.


    Quell'altro semplicemente non comprendeva, non voleva comprendere, sfoggiava una terribile ostinazione nel voler continuare a crogiolarsi in quelle sue idee patetiche, ancora una volta così umane ed insignificanti. Un vampiro non poteva necessariamente pensare a quel modo, era inaudito e categoricamente inaccettabile, ne avrebbe decretato la fine, rendendolo inservibile, l'esistenza oltremodo patetica e priva di reale fondamento. Vedere come stesse annichilendo la sua stessa natura, la medesima che avrebbe dovuto favorire e tutelare in quanto parte di sé, aveva davvero del grottesco e del ridicolo; compiva con fatale incuranza, o più semplicemente fanciullesca incoscienza, azioni dalle immani conseguenze, privando queste d'alcun peso, sebbene queste non avrebbero ugualmente tardato a ricadere, grevi ed inesorabili, sulla sua persona.
    Aveva finora dimostrato incredibile arroganza e completa inconsapevolezza, ed il cainita, seppur dapprima vagamente divertito dai toni tanto ridicoli ed impensabili di quella sorta di conversazione quanto bastava per tollerarli, si trovava ora ad affrontare un'opposizione assoluta ed apparentemente incontrastabile, l'ostentare le sue convinzioni a quel modo, andandone per giunta quasi fiero, era semplicemente ridicolo, dissolveva del tutto la possibilità d'un qualche interesse in quell'intelletto che non aveva quasi più voglia d'esaminare, apparendogli ora conseguentemente piatto e desolante, privo d'alcuna attrattiva e profondità. Confrontarsi con un simile grottesco incrocio, necessariamente scevro di definizione, stava divenendo oltremodo tedioso, non vedeva ulteriori ragioni per perder il suo tempo con lui, che oltre ad aver sfoggiato incredibile ingenuità continuava a parlare apparentemente senz'alcuna effettiva cognizione di causa ed in particolar modo della sua persona. Non si trattava più d'un discorso tanto semplicistico e banale come l'accettazione della propria condizione, doveva ancora riconoscere cosa effettivamente fosse prima di poterlo negare con inoppugnabile convinzione; era chiaramente ben lungi dall'essere un umano, e seppur s'ostinasse a pensare come loro, o in modi ancor più infimi che il cainita non degnava più d'attenzioni, non lo sarebbe divenuto mai, e lo stesso valeva per il discorso diametralmente opposto, con la medesima chiarezza non si sarebbe mai potuto evolvere, divenire un vampiro, un vero predatore della notte, libero dalle sciocche restrizioni umane. Avrebbe indubbio continuato a crogiolarsi in quella medesima condizione, tanto limitata quanto incapacitante, singolare ma priva d'alcun reale pregio sopra agli umani ed qualsiasi altra creatura.Differiva solo per mero e grezzo potere fisico, di cui egli pareva avere una concezione fin troppo superficiale e buonista, inadatta per poterne farne un uso opportuno.
    Le sue azioni lo definivano, ma paradossalmente egli non pareva ben definire le sue azioni nel loro concepimento, soprattutto per quanto concerneva il pensare, ai suoi occhi appariva ormai semplicemente incapace di realizzare ciò che era invero oggettivamente chiaro, palese, e quell'atroce assenza d'alcuna sorta di cognizione, quell'ostentazione d'ignoranza ed inconsapevolezza, il continuare, imperterrito, a perdersi in quelle melense illusioni di cui era lui stesso autore stava divenendo col tempo sempre più intollerabile, un rivoltante vezzo tipicamente da deboli. Per quanto lui potesse vantare d'esser incredibilmente forte, agli occhi del cainita non poteva che apparire come un debole, una creatura insignificante, tutte quelle sue vane ostentazioni di potere erano insulse e mediocri, tanto banali da risultar come un affronto alla sua stessa persona.
    Non era, in fin dei conti, che un carnivoro dalla dubbia natura predatrice a piede libero, offuscato da un patetico e fasullo senso della moralità col quale continuava scioccamente ad ingannarsi e sul quale sembrava radicare la sua intera esistenza; e se quello fosse davvero stato il caso quest'ultima si sarebbe ridotta ad essere ancor più futile e scialba, priva d'alcuna ragione d'esistere. Nondimeno il cainita sapeva che questa non era che un'illusione dovuta allo stesso avvilimento che pareva averlo in pugno, al quale s'aggrappava per non divenire interamente succube di sé stesso; no, lui era un predatore, e per quanto avesse potuto fingersi un docile agnello fra molti altri non lo sarebbe mai divenuto.
    Doveva tuttavia far ancora i conti con quell'incredibile inadeguatezza al ruolo che rivestiva, l'incoerenza di quella mente era oltremodo palese, e non poteva che domandarsi, quasi curioso, com'egli fosse riuscito a sopravvivere, e specialmente a nutrirsi, in delle simili condizioni, ove il solo pensiero di dover bere da qualcuno sarebbe semplicemente stato intollerabile per una mente apparentemente così futilmente benevola e volta ad una giustizia tanto convenzionale e consuetudinaria. Era quasi tentato dal testarlo, vedere fino a dove e con quali conseguenze avrebbe continuato ad innalzare quegli sciocchi ideali dai quali viveva in funzione, e giacché egli non sembrava in alcun modo essere cosciente dell'ingenuità della propria persona sarebbe invero potuto divenire uno spettacolo alquanto dilettevole. I presupposti per un amabile spettacolo s'erano infine creati, avrebbe potuto finalmente godere, quantomeno latamente, di quella conversazione, seppur quei suoi patetici paragoni l'avessero profondamente rivoltato. Come poteva una simile creatura, tanto imperfetta, anche solo pensare di potersi accomunare a lui, che aveva superato i limiti dell'umana mente ed ora si adoperava imperterrito ad oltrepassare il successivo limite posto dall'evoluzione vampirica? Aveva osato fare ciò che di più imperdonabile v'era, nell'ottica del cainita, privo d'alcuna intenzione di perdonare un affronto tanto marcato, seppur oggettivamente insignificante.
    Indipendentemente dall'evenienza, non avrebbe potuto mai tollerare una simile impudenza conseguente ad una snaturata ignoranza e sovente inscindibile da una sciocca e surreale superbia, gli individui che facevano di questa una parte integrante di sé stessi erano oltremodo rivoltanti, e s'augurava che quello non fosse completamente il suo caso; sarebbe invero stato un gran peccato dover calare il sipario su un dilettevole atto che non aveva avuto ancora modo d'iniziare e soddisfarlo. Amante di simili esuberi artistici, avrebbe naturalmente preservato lo schiudersi d'una tanto deliziosa opera, per quanto possibile, nondimeno non poteva permettere che i suoi eccentrici piaceri concedessero all'indegno nemico l'impensabile privilegio di poter rivaleggiare alla pari con la sua persona.
    Ghignò, in un estroso turbinio di crudeli possibilità che intendeva sfruttare con efficienza quasi innaturale, prosciugandole ed esaurendole infine.
    Temo che il mio interesse nei riguardi di argomentazioni tanto frivole ed insulse sia infine esaurito.
    Parole dal tono freddo, eppure vagamente divertito, come atte a prendersi gioco di lui, un'insignificante creaturina con cui si poteva dilettare e di cui avrebbe tuttavia approfittato. Benché il suo valore effettivo restasse un'incognita alquanto dubbiosa ed incerta, egli disponeva chiaramente dei mezzi per sopravvivere in un luogo pericoloso e privo d'alcuna sorta di pace come Dilagon, e non doveva certo esser stato semplice, essendo un individuo dalla mentalità tanto semplice, influenzata da un ‘bene’ tale solo nel nome, un ideale conveniente quanto banale.
    “Non ho intenzione alcuna di soppesare questi vostri sciocchi pretesti,” esordì, guardandolo, mentre la ghigna, dapprima vaga, diveniva sempre più evidente, si faceva incarnare da quel volto, simbolo d'una divertita crudeltà, “ma non nego che ribatterli ed infine smentirli completamente, rendendo evidente la sciocca natura di cui son frutto sarebbe oltremodo divertente.”
    Non intendeva perdere dell'ulteriore tempo dietro ad argomentazioni tanto improduttive, quel vago e del tutto improbabile compiacimento che queste gli offrivano non era sufficiente a spingerlo a sacrificare i suoi intenti più lucrativi.
    “Nondimeno non vi sarebbe alcun piacere nel troncare una conversazione dalle infinite possibilità, dunque vi concedo un'ulteriore possibilità per intrattenermi.”
    Con infinita delizia avrebbe opposto ed infine vinto quelle convinzioni così patetiche, avrebbe segnato la disfatta d'una mente troppo inadatta all'esistenza, godendo di quel molteplice decadimento oltre ogni concezione. Un simile sconvolgimento l'avrebbe reso instabile, le convinzioni di sempre ormai prive d'alcuna veridicità o fondamento, sarebbe divenuto ancor più vulnerabile, ed il cainita ne avrebbe gioiosamente approfittato, senz'esitazione alcuna. Mancava poco, davvero poco.

    Edited by Arãshi - 19/5/2014, 02:33
  15. .
    Stranamente il coniglio ispira anche me, complimenti.
    Non credo d'aver mai postato qui.
105 replies since 4/11/2010
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