La valuta più rara

Quest - Sussurri nel Vento

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  1. GameMaster2
     
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    Il punto d'incontro di cui parlano le sempre informate voci della città è uno scassatissimo Internet Point aperto ventiquattr'ore al giorno, in uno dei quartieri più trafficati della città. Il continuo viavai di persone (che prosegue anche alle ore più impensate) dovrebbe assicurare una certa discrezione all'incontro, almeno sulla carta. Certamente, una sana dose di avvedutezza è richiesta, quando si progetta un furto di dati ad un centro di ricerca di un colosso industriale come la Amcor. Eppure, le chiacchiere dei vicoli insistono con il suggerire che il lavoro è ben retribuito: sulla sua sicurezza, invece, le informazioni sono molto più frammentarie.

    Non è noto esattamente neppure come dovrebbe svolgersi il lavoro. Si dice che sia necessario accedere ad un mainframe, ma nessuna dei pettegoli da marciapiede (non proprio tecnologicamente all'avanguardia) sa esattamente cosa questo significhi. Quindi, le possibilità che ci sia da forzare un firewall o piuttosto da asportare una memoria con le cattive sono esattamente le stesse: probabilmente sarà il datore di lavoro, a fornire ulteriori informazioni.

    È in quel non riscaldato locale della periferia che lo si può trovare, dopo le dieci di sera, seduto su un pc isolato e lontano da sguardi curiosi. In apparenza, soltanto un tale con berretto di lana calato sul volto ed occhiali scuri, impegnato solo ad aspettare che qualcuno si diriga da lui per iniziare una casuale chiacchierata notturna. In realtà, uno spietato affarista, in attesa di trovare il suo prossimo socio.
     
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    *Quest'app è scarsa almeno quanto il suo creatore*, pensò Tsutomu scorrendo il dito sul display del suo iPhone, *O questa città è veramente un casino!*
    Non era mai stato un boyscout, ma pensava che, nell'era digitale, con un minimo di accesso ad internet, ci si potesse orientare egregiamente. Sembrava però che quella città eludesse le regole.
    Stava cercando un bar, un locale, un posto qualsiasi per mettere qualcosa sotto i denti e, magari, cominciare a prendere contatti con la gente del posto. Si ritrovava invece a vagare per le strade con il naso incollato allo schermo del telefono e gli occhi che, freneticamente, cercavano di capire se la destra della mappa fosse la destra anche nella realtà.
    *90 cents che nessuno mi restituirà mai... maledetto Jerk Maller... sempre che questo sia il tuo vero nome*, imprecò contro il presunto autore dell'applicativo.
    Nella finestra principale del programma in miniatura comparì una scritta diversa dalle altre. Era segnato un posto.
    *Alla buon'ora*, pensò ancora Tsutomu.
    Quel luogo pareva non aver nome. Era segnato come un anonimo "Internet Point".
    *Meglio di niente*
    Di sicuro avrebbe trovato qualcuno cui chiedere informazioni. Quanto meno il gestore. Sempre che non si fosse trattato di uno di quei posti dove compri la password con la carta di credito da un terminale perennemente acceso e poi ti fiondi su un PC libero, protetto da pareti in plastica come i gabinetti dei locali scadenti.

    Decise di recarsi là. Un ultimo sguardo al suo cellulare per imprimersi in testa la strada da seguire. Chiuse la connessione e, a grandi passi, si diresse verso quel posto.
    Era un locale di quelli che non ti ricorderesti mai. Niente che non si fosse già visto altrove. Proprio come indicato dall'app: non aveva un nome particolare. Era un semplice "Internet Point".
    La fauna interna non aumentava l'appetibilità del posto. Rumore di ventole, click frenetici, odore di nerd: in tre secondi il luogo era etichettato. Tsutomu storse il naso: benché anche lui fosse al limite della misantropia, lì dentro sembravano parecchio outsider. Magari, a conoscegli meglio, erano semplici persone che, dopo una piatta serata casalinga, preferivano nascondersi in quel buco per scaricare musica o film senza troppe remore e disturbi.

    L'unico personaggio che spiccava rispetto al resto era un tizio imbucato verso il fondo, isolato dagli altri. Chi si apparta, di solito, è perché non vuole essere disturbato, ma sembrava quello che se la sarebbe presa meno se qualcuno avesse interferito nel suo lavoro. Tsutomu si diresse quindi verso l'uomo. Voleva solo sapere dove diavolo era finito per riuscire a tornare al suo alloggio prima che fosse veramente notte fonda.
    Avvicinatosi, riprese l'iPhone e fece partire la scadentissima app con le mappe. Fece tutto lentamente: in certi posti è meglio non compiere gesti ambigui troppo in fretta, se non vuoi trovarti steso a terra. L'aveva imparato una sera a Tokyo in un locale di Pachinko: un tipo aveva giocato una sferetta con troppa foga e quello accanto l'aveva presa male.
    *Hey, scusa il disturbo...*, disse con voce sommessa. Il rumore delle ventole degli altri computer stava pian piano entrandogli nel cervello. Gli mostrò quindi il display del suo cellulare, *sai indicarmi... uhm... se siamo proprio qui, sulla mappa?*.
    Col dito fece un cerchiolino a mezz'aria puntando poi sullo schermo, dove compariva la scritta "Internet Point".
     
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  3. GameMaster2
     
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    L'interno del locale s'intonava perfettamente all'anonima insegna. Non che nel largo stanzone tappezzato da computer non nuovissimi ci fosse qualcosa di eccessivamente squallido, semplicemente quel posto avrebbe potuto benissimo trovarsi in qualsiasi parte della città o del mondo, tanto misera era la presenza di qualsiasi piccolo dettaglio che lo caratterizzasse. Un posto qualsiasi, appunto.
    Un addetto sedeva dietro ad un bancone, la testa crollata sulla tastiera del proprio pc mentre un soffuso russare si diffondeva attorno a lui. Un sottile rivolo di bava scivolava dalla bocca aperta del tale fra un tasto e l'altro, mentre sull'e-mail che era stato impegnato a scrivere stava ancora rincorrendosi una lunghissima sfilza di lettere tutte uguali, per colpa del tasto che -forse il suo zigomo- contribuiva a premere.
    A parte il guardiano, altre due persone erano sedute in due computer parecchio distanziati. Una donna di mezza età, con delle cuffie nelle orecchie (dalle quali fuoriuscivano gravi note raschianti), stava muovendo la testa ad un ritmo così violento che pareva quasi fosse preda di una crisi epilettica. Dietro di lei e dall'altra parte del locale era sistemato un ragazzo che avrà avuto una trentina d'anni, in quale stava scrutando il monitor da così vicino che sembrava sul punto di baciarne la superficie. Nient'altro, a parte i pochi presenti, turbava il silenzio elettronico della stanza, il cui sottofondo musicale era composto soltanto da il suono dei neon e delle ventole dei computer.

    L'uomo seduto nella sua isolata postazione aveva osservato Tsutomu per tutto il tempo, da quando era entrato nel locale. Nonostante i suoi occhi fossero sempre nascosti dalle ampie superfici riflettenti dei propri occhiali da sole, il suo alzare la testa dal monitor e non decidersi ad abbassarla pareva un indizio convincente. Al di sotto del cappello di lana spuntava una sorta di riccia e disordinata cascata biondo scuro, che gli ricadeva caoticamente sulle spalle e davanti al volto. Una barba chiara ed incolta incorniciava dei lineamenti morbidi, a partire dalle guance appena accennate fino ad un naso a punta e piuttosto sottile. Le labbra screpolate ed incrostate del tizio sovrastavano un mento tanto piccolo da essere appena pronunciato.
    "Decisamente, amico. Decisamente. Sei nel posto giusto" disse, con un tono piuttosto teatrale ma senza scomporsi dalla propria posizione. La sua voce era piuttosto alta, quasi quella di un tenore.
    "Ti hanno indirizzato bene, cazzo. Avevo lasciato in giro qualche voce, ma addirittura trovarmi seguendo un satellite..." espresse, mimando con un ampio gesto della mano la traiettoria di qualcosa che volava.
    L'uomo si guardò attorno, come a voler confermare a se stesso che non ci fosse nessun'altro ad origliare la casuale conversazione fra i due. Quando si fu convinto che i tre derelitti sparsi per la stanza non stessero badando in alcun modo ai due avventori, mosse la gamba estraendo dal computer accanto al proprio una sedia e la spinse in direzione di Tsutomu.
    "Prego, amico. Mettiti comodo, così posso spiegarti il lavoro. Sempre se il tuo satellite non ti abbia raccontato anche quello, eh. Magari sei così avanti che l'hai già portato a termine, mmh?" chiese, in quella che doveva essere una sorta di battuta ma in realtà fu pronunciata senza alcuna allegria.
     
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    La reazione dell'uomo quasi spaventò Tsutomu. Non si aspettava un tono di voce così alto da rompere la monotonia del sottofondo. Ma cercò di non darlo a vedere. Poi successe qualcosa di inaspettato: proprio una cosa che lui odiava. Le sorprese. Belle o brutte che siano, le sorprese, ti colgono impreparato, ti mettono dall'altra parte del manico del coltello, sei in posizione di inferiorità. Perché ti capita una cosa che non sai e, in quanto tale, che devi riuscire a gestire in poco tempo.
    Questo Tsutomu doveva ancora impararlo bene. Il suo lavoro, i suoi studi erano basati su tempi lunghi: analisi, ricerca, soluzione. Le sue reazioni andavano dalle 2 ore minimo alle settimane intere.
    Però non ci voleva un genio, in quel momento, per capire che più tardi avesse reagito, prima sarebbe finita male.
    L'uomo non sembrava avere cattive intenzioni, ma parlava in una sorta di slang. Faceva riferimento a situazioni che non c'entravano nulla con Tsutomu.

    Quando gli lanciò la sedia lo guardò con occhi di gelo. Quello gli aveva fatto veramente paura. Prese lo schienale e fece roteare leggermente la sedia. L'invito a prendere posto era chiaro. Si sedette badando che la borsa a tracolla in cui teneva il computer non si impigliasse sul retro della sedia: in caso di fuga improvvisa sarebbe stato da principianti essere messi a terra... da se stessi.

    Non disse ancora nulla perché l'uomo voleva parlare ancora. Aveva uno strano senso dell'umorismo e Tsutomu non gradì molto l'allusione al suo tesoro *E' solo un iPhone con un'applicazione, ho rintracciato un posto, mica una persona*pensò. Ma il tipo pareva convinto del contrario.
    La frase seguente fu accolta con un lungo silenzio. Doveva pensare in fretta, ragionare fuori dagli schemi, dai luoghi comuni. Con sé non aveva niente, non poteva creare diversivi e, oramai, si era seduto con l'uomo. Andarsene come se niente fosse era fuori discussione: si era esposto e alzarsi avrebbe sottolineato la sua estraneità. *Analisi delle conseguenze*, si ripeteva.

    *Mettiamo in chiaro qualcosa, che dici?*, cominciò con sicurezza. Aveva intravisto una strada. O meglio: sembrava più una folle discesa verso l'abisso. Ma, probabilmente, l'unica percorribile per farsi meno male possibile.
    *Io sono la porta. Tu comunichi a me, io comunico a chi farà il lavoro: dobbiamo pur vivere tutti, no?; ti farò poche domande e, quelle poche, vorranno risposte chiare. Tu vuoi il lavoro finito e chi lo farà lo vuole fatto bene. Io sono la porta: tu non sai chi c'è di là. E di là non sapranno chi ha suonato. Mi sembra che ciò vada a vantaggio di tutti. Inoltre, diciamocelo, tu non vuoi sapere chi sono io. E la cosa è reciproca*
    Aveva immaginato uno scenario in cui conosceva qualcuno che avrebbe fatto questo fantomatico "lavoro". Ponendosi come tramite, se anche il lavoro non fosse stato fatto, non avrebbe avuto grossi problemi. Forse.
    Appena terminato di parlare gli fu chiaro però che la gente non ti parla di lavori alle dieci della sera in una topaia del genere se non è sicura del fatto suo.

    I suoi primi contatti con la nuova città si basavano su una balla raccontata con arroganza: il modo migliore per farsi dei nemici.
    Quanto avrebbe retto ancora, in quel gioco psicologico?
     
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  5. GameMaster2
     
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    L'uomo rimase inizialmente interdetto, al giro di parole dell'uomo. Mano a mano che questi continuava il suo articolato discorso, tuttavia, la sua espressione si normalizzò, come se avesse capito dove l'altro stesse cercando di andare a parare.
    "Un intermediario, mmh? Perché no. Anche se è un lavoretto decisamente da poco, per il tuo capo, chiunque egli sia. Riferisciglielo, non ho intenzione di pagare l'ira di Dio perché tu ti intaschi il tuo stipendio, stampatelo in testa. Voglio solo ottenere qualche informazione, nemmeno troppo preziosa, e cercare di non perderci anni di vita. Pago il giusto ed aspetto il giusto, sì, ma non di più" rispose l'uomo, interrompendosi quasi di colpo, mentre riprendeva e portava a termine il giro di ronda dei paraggi con il proprio sguardo.
    "La storia della discrezione, quindi, va bene solo finché non incasina la situazione, amico, sia ben chiaro. Non voglio una specie di viavai di piccioni viaggiatori fra te ed il tuo boss mentre io me ne sto qua come un deficiente ad aspettare. Se la cosa non mi convince vi lascio a terra nel giro di cinque secondi" esplicò l'uomo, incrociando le braccia e fissando su Tsutomu il propri occhi, da dietro alle lenti scure. Muovendo la mano in tondo come a mimare un gesto di stizza, questi riprese quasi subito a parlare.
    "Va bene, mister saracinesca. Sentiamo queste domande.", asserì, aggiungendo con un infastidito borbottio "Anche se così mi sembra di partecipare ad un cazzo di gioco a quiz senza nessun premio"
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    Non c'era proprio niente di divertente, ma Tsutomu fece un mezzo sorriso. Doveva continuare a pensare che si trattava di un gioco, doveva sentirsi in zona d'attacco, in vantaggio. Se perdeva quel minimo di sicurezza sarebbe stato finito.
    La partita era in parità. Il suo modo di porsi aveva spiazzato l'interlocutore che aveva risposto a tono ma non era nei suoi intenti. L'aveva messo nella posizione di aspettare qualcosa da lui.

    *Non preoccuparti del tempo*, disse sicuro Tsutomu, *in meno di tre minuti il mio contatto è informato di tutto, in modo sicuro e anonimo*. Di questo era certo. E quando era sicuro di qualcosa, nulla poteva turbarlo. *Col mio satellite faccio miracoli*, calcò la voce.

    Si prese una pausa: ora veniva la parte difficile. Non doveva perdere il sangue freddo, il piglio che aveva sull'uomo. Il passo successivo era avere più informazioni possibili su quella cosa, su quel lavoro. In fondo, se ci pensava, aveva bisogno di un lavoro. Il tizio voleva informazioni. Probabilmente bastava infiltrarsi in qualche server e scaricare dati su dati: era un lavoro facile e abbastanza pulito. Era in grado di intrufolarsi in sistemi informatici senza lasciare tracce. Già durante l'università aveva compiuto alcuni gesti al limite della legalità. Fece mente locale e cercò di elaborare meno domande possibili ma che gli dessero le informazioni necessarie.

    *Dunque. Devo sapere dove: location esterna ed interna ed eventuali sistemi di sicurezza presenti; cosa: precisamente di cosa hai bisogno, cosa vuoi che esca, cosa vuoi che rimanga, cosa vuoi che venga distrutto; quando: tempo limite d'esecuzione; chi: se c'è qualcuno fidato che può facilitare il lavoro, magari già infiltrato o se è un lavoro in solitaria. Per il come... suppongo tu possa lasciar fare a chi compierà l'incarico...*

    Al momento non gli veniva in mente nient'altro. Sperava che eventuali mancanze avrebbe potuto colmarle in altro modo. O che l'uomo avesse altre informazioni utili.
    La conversazione era diventata interessante. Non avvertiva più quel disagio iniziale. Certo: anche il tizio poteva nascondere dei segreti, di sicuro conosceva meglio la città, aveva contatti, ma non sapeva minimamente chi fosse lui. E questo poneva Tsutomu, a suo avviso, in una leggerissima condizione di vantaggio. Sentore che lo faceva, appunto, meno preoccupato.
     
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  7. GameMaster2
     
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    Il figuro annuì con un sorriso furbo, come se la promessa fatta dal suo interlocutore fosse ciò in cui stesse sperando. Quando l'altro terminò con il proprio elenco, l'uomo stava annuendo lentamente, come a memorizzare mentalmente tutte le risposte che avrebbe dovuto fornire. Dopo essersi lanciato un'altra occhiata solo in apparenza rilassata intorno, egli rispose con la sua voce alta, ma decisa in quel suo strano modo.
    "Uffici della Amcor, sede di Leman Street", iniziò, con tono asciutto e conciso.
    "Si tratta di una piccola sede amministrativa. Uffici, contabilità, database. Non ci lavora un grosso mucchio di gente, ma è comunque relativamente sorvegliata. C'è un giro di ronda quattro volte al giorno, e telecamere nei buchi più importanti", affermò, lanciando repentinamente uno sguardo alle spalle di Tsutomu.
    Ogni movimento del tale che sedeva a fianco di Tsutomu aveva una nota nervosa, carica di sospetto. Contrariamente alla voce, la quale riusciva a mantenere un tono calmo in modo molto costante, sembrava che la testa dell'individuo avesse una coscienza propria, torcendosi sul collo all'improvviso per cogliere chissà quale importante dettaglio nascosto nei dintorni.
    Dopo aver chiarito a se stesso che il guardiano del locale non rappresentasse, nel suo rumoroso sonno contro la tastiera, alcun pericolo apparente, egli riprese il suo discorso.
    "Il posto è un palazzo di dieci piani. Al terzo c'è un ufficio di un segretario di medio livello, un perfetto mister nessuno. Howard Golbyn, è il nome. Per una serie di circostanze delle quali, mmh, non parlerò in questa sede, su quell'hard disk è finito un file riservato riguardante uno degli ultimi progetti di ricerca dell'azienda" affermò, mimando con le mani il gesto di battere con le dita sui tasti di una tastiera.
    "Nome in codice del progetto: 'Locazione ISA'. È codificato, chiaramente, ma questo sarà un mio problema" asserì con il tono di chi intendeva fare una battuta, ma senza che la sua espressione lo volesse lasciare intendere.
    "L'originale può essere lasciato al suo posto, per l'importanza che può avere" affermò non senza una certa ambiguità nella voce, che subito scomparve alla successiva affermazione.
    "Mi serve quell'affare entro la fine della settimana, ovvero entro la fine del permesso per malattia di mister Golbyn. Il prima possibile è meglio, subito è ancora meglio" asserì.
    "No, nessuno ne sa niente e nessuno deve saperne niente" affermò proseguendo nelle sue risposte, guardando nuovamente attorno a sé. Sembrava che anche solo il parlare di coinvolgimenti estranei potesse renderli veritieri, almeno all'interno della mente dell'uomo.
    "Per quanto riguarda il facilitare il lavoro...ho filtrato una vecchia richiesta, rimasta dimenticata in un limbo virtuale per un buon paio d'anni. Si tratta di una domanda di riparazione inoltrata dall'amministratore del palazzo, riguardo un cattivo funzionamento dell'impianto di ventilazione...una boccola d'aerazione di un ufficio al quinto piano, che evidentemente è stato promosso a dimenticatoio, dato che nessuno si è mai curato di risolvere il problema. Guarda caso, se qualcuno dovesse presentarsi annunciandosi come tecnico mandato a risolvere il problema...gli addetti di sicurezza troverebbero conferma nel database, garantendogli l'accesso. Forse questo servirà, al tuo boss" disse, senza sorridere.

     
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    La sua sceneggiata stava reggendo. E quindi era il momento più difficile: quando credi di essere arrivato e ti volti indietro per deridere gli altri, e poi sbatti violentemente contro il muro. No, avrebbe resistito fino alla fine; si sarebbe concentrato ancora di più. Sarebbe diventato il personaggio che stava interpretando. Nuova svolta. Accantonata immediatamente: stava già perdendo il focus.

    Riportò in bella vista il suo iPhone. Non che volesse tirarsela: ormai chiunque aveva un telefono cellulare con il touch screen. Il fatto è che usava quel telefono e il portatile nella borsa come ufficio. Chiaro che se ne servisse in qualsiasi momento. Con un paio di tocchi sullo schermo partì un'applicazione di memorizzazione dati. Muovendo il pollice con precisione prese nota di tutte le informazioni che il tizio gli stava dando, sillabando, solo con le labbra, ogni parola che scriveva.

    Non aveva potuto fare a meno di notare la, ormai, malcelata tensione dell'uomo: si muoveva a scatti. Forse aveva raggiunto il limite: la sua copertura stava saltando o aveva visto qualcuno che non doveva essere lì. In ogni caso questo rendeva più sicuro Tsutomu. Ragionò velocemente.
    Il tizio non stava aspettando nessuno in particolare altrimenti non si sarebbero messi a parlare; quindi se qualcuno avesse dovuto fare una comparsa poco simpatica, di sicuro se la sarebbe presa con il suo interlocutore. E lui avrebbe potuto negare ogni cosa, essendo nuovo in città. Ma, come prima serata, si sentiva di aver osato anche troppo. E, a tirar la corda, si spezza. Ora che aveva avuto quello che voleva, forse era il caso di congedarsi.

    *Amcor, terzo piano, Golbyn, impianto ventilazione*, ripeté Tsutomu con un fil di voce e guardando l'uomo negli occhi. Voleva dargli prova di aver colto le parole chiave e fargli capire che gli bastava quello. In realtà aveva scritto ben più di quattro parole e le domande che l'assalivano erano circa un migliaio. Prima tra tutte: che diavolo era la Amcor.

    Però, in quel turbinio di menzogne, giochi di sguardi, terrori infondati o meno, parole sussurrate, una frase aveva attirato Tsutomu. "... progetti di ricerca...". Magari ne usciva qualcosa di buono da quell'incontro.
    Ora però un dubbio si era insinuato: una volta terminato quell'incontro, cosa avrebbe fatto? Si sarebbe dimenticato di tutto e cercato un lavoro vero? Avrebbe cercato qualcuno cui passare quelle informazioni?
    O sarebbe entrato in quello sporco gioco?
     
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  9. GameMaster2
     
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    L'uomo annuì mentre Tsutomu elencava i punti importanti del suo discorso. Ogni tanto ancora il suo sguardo correva nella stanza praticamente vuota attorno a loro, con la stessa nervosa rapidità di poco prima. Non sembrava che la preoccupazione dell'altro fosse aumentata in qualche modo, da quando il dialogo fra i due aveva avuto inizio: semplicemente, era come se non riuscisse a rilassarsi se non per pochi secondi senza controllare i dintorni.
    "Già. E dicendoti che pagherò mille dollari al primo che mi porterà quel file, credo di non avere nient'altro per contribuire alla conversazione. Quindi senti il tuo boss, e dimmi se la cosa può andare in porto" affermò, incrociando le braccia. Non sembrava intenzionato a parlamentare la cifra, sebbene non potendolo guardare direttamente negli occhi a Tsutomu sarebbe risultato difficile capire se quest'eventualità si fosse rivelata fattibile.
    Da un momento all'altro la donna (seduta poco davanti a loro) alzò un braccio al cielo, come se un certo passaggio di una delle rumorose musiche -che le stavano invadendo i timpani con suoni simili ad orrendi raschiamenti metallici- l'avesse coinvolta in modo particolare. Dopo essersi guadagnata uno sguardo allarmato da parte dell'uomo che stava di fronte a Tsutomu (che rimase immobile, ma si voltò con preoccupante repentinità in direzione dell'atto imprevisto), ella tornò alla propria postura iniziale, come se nulla fosse accaduto.
    "Altrimenti, credo di doverti cortesemente chiedere di levarti dalle palle e lasciarmi cercare qualcun'altro che gradisca i miei soldi" aggiunse dunque il suo interlocutore, con una certa noncuranza che stonava con i suoi imprevedibili scatti carichi d'agitazione.
     
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    Sempre nascondendosi dietro quelle lenti nere, l'uomo terminò la sua proposta esponendo il prezzo che era disposto a pagare.
    Non avendo ancora deciso cosa fare con quelle informazioni ricevute, Tsutomu non aveva alcuna intenzione di impelagarsi in discorsi di economia spicciola.

    *Dammi solo un minuto*, disse freddo Tsutomu. Sempre con il cellulare in mano, picchiettò sullo schermo. Dall'esterno potevano anche sembrare pressioni decise, mirate al bersaglio. In realtà stava mandando una mail a se stesso con i dati salienti di questo ipotetico lavoro. Alzò gli occhi solo quando l'uomo si agitò ancora una volta, alla vista di qualcosa fuori dall'ordinario che stava accadendo nel locale.
    Entrò poi nel menù delle sonerie e ne scelse una. Il volume era basso, ma era sicuramente un rumore fuori dall'ordinaria confusione di sottofondo.
    Lasciò che accennasse appena il motivetto e la fece smettere. Accompagnando il tutto con una teatrale, fintissma risposta.
    *Quindi?*, chiese all'inesistente interlocutore dall'altra parte del telefono.
    In realtà, quella commediola, era sì per far credere di avere un capo cui fare riferimento. Ma era anche per decidere, una volta per tutte, cosa fare. Era una domanda a se stesso. *Sei pronto a saltare nel vuoto? Sei pronto a superare limiti che perfino tu ti eri imposto?*; questo significava quel quindi detto alla cornetta.

    Non disse altro col telefono in mano. Terminata la fantomatica conversazione spense il display e guardò in silenzio l'uomo. Si chiese quanto ancora poteva giocare, quanto poteva tirare la corda. Non gli interessavano i soldi. Voleva avere l'uscita di sicurezza di fronte, la via libera, una porta spalancata verso la salvezza.

    *253 punto 178 punto 16 punto 111. E' un sito internet. Entra come amministratore. Diciamo che le credenziali sono il nome e il cognome del nostro amico malato. Ti si aprirà allora un server FTP. Lì troverai il tuo file. Entro fine settimana, s'intende. Ne hai il pieno controllo. Il giorno dopo il sito internet non sarà più accessibile*, disse sicuro, poi aggiunse, *così ti risparmiamo la seccatura di incontrarci ancora*. Aveva usato il plurale, per sottolineare, ancora una volta, che lavorava per qualcuno.
    *Nel server FTP ci sarà anche un simpatico file con delle coordinate bancarie. Non sto a dirti a cosa serve. Mi fido di te*, disse poi, in un istante di umanità profonda, *ma come ti ho trovato stasera, posso trovarti ancora* e lo guardò sottecchi.
    Gli aveva dato l'indirizzo internet di un sito che aveva fatto per un tizio. Avrebbe cambiato il codice per un paio di giorni, e poi avrebbe spostato il sito su un altro server.

    Era arrivato al limite della sua recita. Aveva spinto a più non posso, aveva cercato di mettere l'uomo in difficoltà, aveva giocato tutte le sue carte. Ora, se qualcosa fosse andato storto, non avrebbe più avuto alcun appiglio.

    *Ero venuto qui per fare ricerca... ho trovato solo guai finora...*, concluse amaramente i suoi pensieri.
     
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  11. GameMaster2
     
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    Il tale osservò Tsutomu, mentre parlava al telefono con il niente, fungendo per tutto il tempo da vedetta verso chissà quale invisibile nemico. Quando l'orientale ebbe finito con la propria sceneggiata, la sua attenzione si spostò nuovamente sul giovane, del quale si dispose ad attendere (non senza una certa impazienza) il responso. Quando questo giunse, lo sconosciuto osservò il proprio interlocutore con un'espressione indecifrabile, sebbene era intuibile come fosse notevolmente sorpreso da tutti i dettagli tecnici che l'altro aveva snocciolato con tanta facilità. Pur non potendoglieli vedere, Tsutomu ebbe la netta impressione che l'altro avesse spalancato gli occhi, al di sotto delle lenti.
    "No, no, amico, non so nemmeno di cosa tu stia parlando. A malapena li so usare, questi cazzo di affari, figuriamoci se, mmh, lascio che tu molli i dati che cerco in un posto che non so nemmeno raggiungere. Non se ne parla" espresse senza ammettere repliche. Guardandosi ancora una volta attorno (questa volta girandosi di scatto per osservare che dietro di sé non vi fosse nessuno), questi continuò.
    "Inoltre, per una serie di ragioni che credo intuirai, non posso servirmi di una banca. Io voglio il mio dannato file su un disco che possa prendere in mano e di cui possa verificare sul momento la validità, in cambio dei soldi. Alla vecchia maniera, senza complicazioni. Non voglio fregare il tuo capo, se è di questo che ha paura" promise, alzando entrambe le mani come a dimostrare l'evidenza che di fatto egli fosse del tutto inoffensivo.
    "Ti lascerò un numero di telefono. Quando il tuo boss od il suo galoppino di turno lo chiamerà, gli dirò dove dirigersi per concludere l'affare. Semplice e veloce, senza cazzate" concluse, aspettando che l'altro confermasse le sue parole. Sulla questione della consegna, non sembrava affatto disposto a trattare ulteriormente.
     
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    Ora toccava a lui. Si passavano la palla: prima lui e poi il tizio. A turno ognuno aveva il controllo sull'altro. E Adesso non era il suo.
    Aveva tirato una frenata da paura con la sua ultima, spavalda, uscita. Si era lasciato prendere la mano e aveva commesso due errori grossolani.
    Che l'uomo lo ricevesse in un Internet Point l'aveva annoverato tra "chi sa usare i computer". Passo falso numero uno. E poi il conto in banca. Non stavano parlando di giochi politici, di favori in campo burocratico: era un furto. Come poteva pensare che l'uomo fosse disposto a lasciare tracce? Passo falso numero due.

    Si diede dello stupido per molte, molte volte. Dalla sua parte aveva che era solo "il tramite". Non colui che avrebbe svolto il lavoro. Forse per quello l'uomo stava ancora a sentirlo. Forse per quello era ancora vivo.
    Aveva il sangue alla testa, il cuore pulsava. Stava perdendo cognizione di quale fosse la realtà, quale la bugia, quali fossero le strade da percorrere e i limiti da attraversare. Doveva chiudere al più presto quella conversazione pericolosa e scottante. Lasciarsi tutto alle spalle. E l'indomani ci avrebbe pensato con calma. Lui, in fondo, era solo "il tramite", appunto.

    *Ok, amico, colpa mia. Sono andato oltre. Tu detti le regole. Io mi adeguo. Avrai il tuo file su un supporto solido. Un disco. Un CD, ok? Tu mi dai il numero. Probabilmente ci rivedremo io e te. Non ha una schiera di pony express il mio capo.*, rispose Tsutomu, non rinunciando a qualche parola tagliente. Non era certo che la carta dell'umiltà fosse quella giusta da giocare, in quel momento. Però, forse, far credere all'altro di essere "sottomessi" poteva funzionare.

    *E ora?*, si chiese, *Me ne devo andare io o se ne va lui per primo?*.
     
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  13. GameMaster2
     
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    L'uomo annuì con calma, alle parole dell'altro. Il tono che usò da quel punto in poi pareva essere allegro, sebbene ancora una volta la sua espressione non variò minimamente.
    "Va bene, amico, tu andrai benissimo. Ecco il numero" affermò, estraendo di tasca un foglietto ripiegato più volte in modo sgraziato, che pareva quasi una cartaccia arrotolata. L'uomo lo passò a Tsutomu con nonchalance, ma non senza osservare con cura attorno a sé.
    "Allora, mmh, abbiamo un accordo. Se ci sono problemi fatti sentire, anche se non aspettarti che corra a risolverteli." espresse, con semplicità, nel momento in cui apriva la mano per passare il bigliettino all'altro. Una volta compiuta l'operazione, l'uomo si alzò afferrando il giubbotto da dietro alla sua sedia, ed iniziando a rivestirsi. Senza proferire parola si infilò un giubbotto marrone ed una pesante sciarpa di lana sgualcita. Prima di incamminarsi con passo svelto all'uscita, rivolse un ultimo cenno di saluto a Tsutomu, congedandosi con un: "Aspetto tue notizie". Dopodiché si sbrigò ad uscire, senza perdere la sua nervosa mania di osservare qualsiasi cosa gli capitasse attorno. Presto, la sua figura sparì nel buio della strada circostante.
     
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    La partita sembrava conclusa. Nessun vincitore, ovviamente.
    Dopo la sua risposta, il tizio sembrava tornato "sereno", nonostante quell'ossessivo guardarsi attorno furtivamente.
    Prese il foglietto con il numero dalle sue mani. Lo guardò rivestirsi e lasciare il posto.

    Tsutomu, dal canto suo, non disse più nulla. Fece solo un cenno d'assenso. Si assicurò che uscisse veramente da quell'Internet Point e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.

    Il suo primo tentativo di contatto con la gente della città si era tramutato in un incontro clandestino, in un'offerta criminosa. Abbozzò un sorriso nervoso. Avrebbe atteso altri due minuti massimo e si sarebbe incamminato verso l'uscita.

    Passata l'agitazione, l'effetto di boria dato dall'adrenalina, calmatosi nuovamente... si trovò a ripensare alla scena. Guardò ancora il foglietto con il numero. E mille domande cominciarono a bussare alla sua mente.

    Ha parlato di un'azienda che fa ricerca. Perché non bussare alla loro porta e chiedere un lavoro onesto? Perché era così affascinato dall'idea di compiere quel gesto sconsiderato?
    Quanto poteva essere pericoloso portare a termine quel lavoro? E, soprattutto: quanto pericoloso se non l'avesse fatto?
    Una volta concluso quella cosa, sarebbe entrato in una sorta di "giro"? O non avrebbe mai più sentito parlare di delinquenti e simili?
    Cercò di fermare quel flusso di pensieri e concentrarsi. Il suo scopo era la nanotecnologia. Perché impelagarsi in una cosa del genere? Perché usare delle basilari, quasi stupide, conoscenze informatiche per impossessarsi di un file?

    Il weekend non era poi così lontano. Doveva arrivare ad una decisione in breve. Ma intanto ci avrebbe dormito su. Un'ultima occhiata al suo telefono per controllare l'ora. Si alzò, ed uscì dal locale guardandosi intorno. Si sentiva già in colpa.
     
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  15. GameMaster2
     
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