VIADISCAMPO.DAT: file not found (parte 2)

Quest - Sussurri nel Vento

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  1. GameMaster2
     
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    Prosegue da qui, qui e qui

    L'allevamento del krill a scopo alimentare aveva preso piede su grande scala solo da pochi anni, trasformandosi rapidamente in una businnes mondiale della portata di svariate migliaia di milioni. Iniziato come la via di sussistenza obbligata di alcune fra le installazioni oceaniche più remote, presto la nuova categoria di cibo s'impose anche sulla terraferma, divenendo in molte locazioni geografiche il gradino più basso della piramide alimentare di una grossa fetta di popolazione. Quella, per intenderci, incapace di potersi permettere grassi e proteine a buon mercato.
    L'abbondanza di nutrienti a basso costo, che i branchi di crostacei erano in grado di garantire, risvegliò nel giro di pochi mesi l'interesse di tutte le più grandi aziende alimentari del globo. Incapaci di raccogliere in tempi brevi il know-how necessario a gestire da zero un campo del tutto nuovo (quale l'allevamento d'invertebrati in grande scala), parecchie multinazionali associate al cibo si erano ritrovate con le spalle al muro, costrette a lanciarsi in avventate fusioni pur di non restare tagliate fuori dal mercato. Quel periodo fu caratterizzato da un virulento fiorire di aberranti combinazioni commerciali, in molti casi destinate -già in partenza- a repentine autodestabilizzazioni, ed a conseguenti bancarotte distruttive e piuttosto spettacolari.

    Così non fu per la Kraft-Aramco. Intuendo prima d'altre le potenzialità monetarie associabili alle tonnellate di nuovo cibo facilmente riproducibile, l'azienda nordamericana offrì un remunerativo accordo con la multinazionale saudita esperta in idrocarburi. Dall'alto della sua esperienza nel campo dell'allevamento del krill offshore, la Aramco fu in grado di fornire tutto il background biotecnico di cui la Kraft poteva avere bisogno. Ci furono diversi passaggi ulteriori, come ad esempio la costruzione di una flotta di serre galleggianti per la riproduzione intensiva...tuttavia, il risultato finale è davanti agli occhi di tutti: per farla breve, un barattolo su tre di polpa di crostaceo -in qualsiasi mercato del mondo- è oramai un
    Shrimp Champ!™ della K-A. Il marchio registrato, dopo la seconda pellicola cinematografica ad esso dedicato, ha raggiunto una fama tale da surclassare parecchi eroi nazionali in diversi stati del mondo.

    Il deposito giaceva in una delle zone più umide di Headlines, mantenuta in un'ombra quasi perenne dalla presenza di una bassa collina a nord. La locazione dell'edificio, probabilmente, non dovette essere sembrata un'ottima locazione per un centro di smistamento del cibo inscatolato: forse poteva andare bene come vecchio dimenticatoio della Kraft, ma l'approssimarsi all'orizzonte del nuovo mercato aveva riscritto tutte le necessità della multinazionale. La K-A si liberò con scioltezza del vecchio edificio, vendendolo sottobanco a chissà quale cooperativa caratterizzata da velleità socio assistenziali.
    Dall'esterno, la facciata piatta del parallelepipedo in mattoni presentava svariate matrici quadrate, a loro volta formate da fazzoletti di cristallo annerito attaccati l'uno all'altro. Ampie aree delle vecchie vetrate composite erano distrutte, frantumate dagli agenti atmosferici e da un incendio che doveva aver divorato buona parte della facciata. Fra le sezioni in muratura coperte di fuliggine compariva, all'altezza del quarto piano, l'enorme nome -in grosse lettere ingiallite alte quattro metri- dell'ex multinazionale proprietaria, che mai nessuno si era preso la briga di demolire. Poco più sotto, un'enorme saracinesca metallica chiusa faceva la sua apparizione, subito dietro ad alcune casse di legno ancora ricoperte da teli impermeabili, tenuti tesi da lunghe funi rossastre e sbiadite.
    Un'alta recinzione a punte metalliche circondava l'edificio, similmente tutti gli altri di quella parte di città. Headlines era un ammasso di parcheggi adibiti a deposito di mezzi pubblici, in quel quel momento irrorato di una fine pioggia fitta e fastidiosa. La notte di Dilagon aveva già gettato le proprie ombre sull'ammasso di cemento ed acciaio, debolmente illuminato dai soli rari lampioni che comparivano -di tanto in tanto- sul marciapiede ivi prospiciente.

    Elèna arrivò per prima, in virtù della mezz'ora di vantaggio che il suo mandante le aveva chiesto di mantenere. Davanti a lei, il cancello chiuso e sbarrato della fabbrica incombeva come una specie di staccionata non troppo impegnativa. La donna avrebbe potuto scavalcare facilmente la recinzione, avvicinandosi (sotto la pioggia battente) al corpo dell'edificio e cercando un ingresso che l'avrebbe potuta condurre all'interno.


    Elèna è la prima ad arrivare, come richiestole dal capo dei reclutatori: pertanto, gioca un turno in più all'inizio. Dopo una risposta del Master, entreranno in gioco gli altri due pg.

    Nel vostro primo post, descrivete anche l'equipaggiamento che i vostri pg hanno scelto, ed eventuali operazioni preliminari da loro svolte, oltre ad i mezzi da loro scelti per arrivare sul posto.

     
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  2. Kuroi Tenshi
     
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    Era arrivato il giorno e l'ora era quella giusta. Poichè la sua stupida baracca si trovava esattamente dall'altra parte della città rispetto al quartiere dei depositi, Eléna aveva pensato bene di dirigersi nelle vicinanze la notte prima, con tutta calma. Quando ormai mancava un'ora all'alba aveva fatto visita ad un macellaio, uno diverso dal suo di fiducia, ovviamente, e gentilmente l'aveva sbattuto fuori dal letto obbligandolo, con maniere molto gentili ed educate, ad offrirle la maggior parte del sangue che le sue amate bestie possedevano ancora in corpo e anche quello che aveva raccolto dagli animali morti. Si prese circa dieci minuti per finire il suo pasto cercando di non sporcarsi, mentre l'uomo era ancora sotto il suo controllo.
    Aveva sete, sì, molta, e quell'uomo non la conosceva ne sapeva nulla di lei... cosa ottima, certamente. Dopo la sua cena sostanziosa si premurò di cancellare quei minuti dalla sua memoria, come se lei non fosse mai esistita e lo ricacciò a letto.
    I suoi poteri persuasivi stavano migliorando, decisamente, e ora che si era saziata a dovere si sentiva quasi di buon umore. Trovò un confortevole angolo oscuro in un deposito senza un'anima e lì ci passò la giornata in parte sonnecchiando, in parte fissando lo spiraglio di vita illuminata da una debolissima luce... il tempo non doveva essere dei migliori ed inoltre quel luogo pareva non essere quasi mai colpito dalla luce, a causa della sua posizione.
    Verso le cinque iniziò a piovere, ma la vampira non si mosse, aveva ancora sonno ed era decisamente presto: iniziare a vagare senza meta non le sarebbe stato utile.
    Si mosse alle nove, visto che il grassone che si era presentato come Eric Dale le aveva detto di farsi trovare nel deposito abbandonato della Kraft-Aramco alle nove e mezza. Pioveva ancora, una pioggia fine e persistente, fredda, che tuttavia le piaceva.
    Cancellò quelle due macchioline di sangue che si erano formate sulla sua t-shirt nera molto rapidamente e tolse la polvere dai suoi jeans. Quelli erano un nuovo acquisto: qualche giorno prima aveva ucciso una neonata con la sua stessa taglia. L'aveva beccata far fuori una coppia di anziani in un piccolo parco isolato nei quartieri vecchi... fu una morte rapida e che non sporcò quei bei jeans (le era anche venuta voglia di dissanguare ancora un po' i cadaveri dei due vecchi, ma poi aveva lasciato perdere, faticosamente).
    All'inizio le era sembrato strano spogliare i cadaveri, ma ci aveva fatto l'abitudine: era più comodo prendere i loro vestiti, che andarli a comprare nei negozi a tarda sera. Inoltre sul corpo di quella ragazza c'era anche un bell'orologio piccolo e fine, con il cinturino metallico di quelli che si chiudono con un click. Prese anche quello, per l'occasione le serviva sapere il tempo con precisione.
    I suoi stivaletti, però, erano sempre gli stessi anche perchè risultavano perfetti per contenere le sue due lame gemelle, unici oggetti fondamentali per la sua vita in quella città. Se avesse dovuto scegliere tra i suoi vestiti e i suoi pugnali, beh, ceramente Dilagon l'avrebbe vista nuda.
    Sorrise lieve a quegli stupidi pensieri e si rese conto di essere arrivata davanti al cancello giusto. Si fermò nell'ombra tra due lampioni ed alzò lo sguardo per osservarne la facciata e socchiuse gli occhi per evitare che la pioggia le desse troppo fastidio. Beh, come edificio era oggettivamente brutto e il fatto che fosse abbandonato risultava chiaro e lampante e l'enorme scritta le fece ben intuire che sbagliare luogo era ben difficile.
    Abbassò la testa per osservare attraverso la recinzione e vide una grande porta chiusa da una saracinesca. Di certo non sarebbe entrata da lì, ma avrebbe rovato una porta da abbattere (o magari lasciata aperta proprio per lei) solo entrando nel recinto.
    Si voltò per constatare di essere del tutto sola, contollò l'ora, le 21.25, sul suo nuovo orologio e fece qualche passo verso la strada.
    Tornò a fissare l'edificio calcolando brevemente le distanze nella sua testa, si scostò brevemente i capelli bagnati dalla schiena, poi partì, rapida. Tre passi e saltò poggiando il piede destro contro la recinzione e riuscendo ad afferrare una delle sue punte con una mano nonostante il metallo fosse bagnato e scivoloso. Issarsi grazie a quell'oggetto che teoricamente avrebbe dovuto mantenere le persone fuori fu un gioco da ragazzi e sporsi dall'altra parte ricadendo poi piegando le gambe fu ancora più semplice. Era dentro, non le restava che cercare una porta e trovare poi Eric Dale.
    Si avvicinò dapprima alla saracinesca, lentamente e controllando che non ci fossero telecamere, poi avrebbe iniziato la sua ricerca circumnavigando l'edificio.
     
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  3. GameMaster2
     
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    In alto, a circa tre metri d'altezza, effettivamente apparivano spesso alcuni supporti metallici arrugginiti. I piccoli sostegni ferrosi, un tempo, avrebbero forse anche potuto servire a sostenere un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso. Al momento, tuttavia, nessun occhio elettronico di sorta era presente contro i muri del malridotto magazzino: soltanto qualche raro graffito, ed abbondanti dosi di cenere e fuliggine lasciate da un fuoco che doveva averne lambito le pareti frontali. Niente di vivo sembrava aggirarsi nei dintorni dell'edificio: le uniche fonti di movimento erano quelle dell'acqua delle pozzanghere che ricoprivano il terriccio davanti a lei, trasformandolo quasi ovunque in uno spesso strato di fanghiglia unta.
    Ad una prima occhiata, nessun dettaglio sembrava suggerire che (all'interno dell'edificio) qualcuno fosse in attesa di organizzare un incontro fra mercenari. Da ciascuna delle alte vetrate che davano verso l'interno filtrava nient'altro che un buio deciso, avvolgente. Neppure l'udito finissimo della vampira riuscì a captare un qualsiasi suono diverso dal cadere delle gocce di pioggia: a quanto sembrava, quel luogo era morto parecchi anni prima, restando a marcire solitario per tutto quel tempo.

    Procedendo lungo uno dei fianchi della costruzione, Elèna ebbe modo di individuare una scaletta a pioli che scendeva alcuni metri più in basso, verso un piano interrato circondato da quello che sembrava essere uno strettissimo fossato (largo non più di un metro). Il camminamento (creato su di una griglia metallica sospesa su circa tre metri di vuoto sottostante) pareva circondare dal basso tutta quella sezione di edificio, mostrando di tanto in tanto alcune porte sbarrate dall'interno. La terza che la notturna incontrò proseguendo l'esplorazione, tuttavia, era soltanto appoggiata ai suoi supporti, e si aprì obbediente non appena Elèna fece forza per spalancarla. Gli effetti di un'illuminazione artificiale piuttosto tenue si palesarono ai suoi occhi ormai abituati alle tenebre, evidenziando come (plausibilmente) ella fosse giunta nel posto giusto. Immediatamente, la donna notò come tutti i lucernai del sotterraneo fossero stati abilmente coperti da una pesante stoffa nera plastificata, in modo da bloccare ogni raggio di luce che dall'interno potesse tradire la presenza di qualcuno. L'aria, nell'ampio stanzone rettangolare semideserto, era pesante d'umidità e odorava di muffa al limite del sopportabile.

    "Se c'è una cosa che apprezzo in un sicario, è la puntualità" biascicò divertita una voce distorta da un software di occultamento digitale. Sebbene il suono che giunse alle orecchie della vampira fosse completamente deformato, in un'ondulazione priva d'eco capace di renderla artificiosa ed irriconoscibile, all'attenta consapevolezza della donna non sfuggì l'inconfondibile nota di acido sarcasmo che impregnava quella voce, caustica al punto da non poter essere nascosta neppure da un apparato tecnologico di quella portata.
    Si trattava di Eric Dale.
    O meglio, di una sua proiezione, realizzò quasi immediatamente Elèna, osservando la cornice ad alta definizione poggiata su di un tavolo, dalla quale una nuvola sogghignante la stava fissando. Uno schermo ultrapiatto di notevoli dimensioni era acceso, e mostrava un volto deformato da un programma capace di occultare l'identità di chi ne facesse uso. Senza, nel contempo, impedire al diretto interessato di mostrare la propria espressione ai propri interlocutori: il sogghigno soddisfatto sul volto irriconoscibile -ingombro di pixel informi che si sovrapponevano di continuo- non poteva che appartenere al committente della vampira.
    Tutt'intorno alla spettrale apparizione, un'alone biancastro si diffondeva nell'aria satura d'umidità. Poche lampade alogene erano state disposte attorno alla solitaria postazione, fornendo un'illuminazione appena sufficiente a vincere il buio nel raggio di tre metri attorno allo schermo. Un grosso blocco di batterie alimentava il sistema, rendendolo -apparentemente- del tutto autonomo in quella circostanza.
    "Spero mi perdonerai, se non ti faccio l'onore della mia presenza personale" esordì Dale, mentre una webcam di grosse dimensioni (montata accanto al monitor) seguiva i movimenti della notturna con lenta eleganza. Sembrava proprio che il suo reclutatore potesse tenere d'occhio chiunque entrasse nella stanza, restando relativamente al sicuro in chissà quale oscuro angolo di Dilagon.
    "Bene, ecco le istruzioni. Nel cassetto del tavolo troverai una chiave, ed un'auricolare con microfono e fotocamera inclusa. La prima serve per aprire la cancellata esterna, la seconda permette a me di vedere chi o cosa si presenterà all'appuntamento." spiegò il simulacro intangibile dal monitor, spostando lo sguardo innaturale della telecamera su tutto il corpo di Elèna. Se questa avesse controllato, avrebbe trovato una lunga chiave metallica vecchio modello nel cassetto, accanto ad un sistema audio-video miniaturizzato, composto da una sola cuffia delle dimensioni di un cucchiaio da portata. Lateralmente, alcuni piccoli vetri azzurrati testimoniavano l'effettiva presenza di un sistema capace di eseguire riprese, e spedirle chissà dove via wireless.
    "Mettitela e vai là fuori. Fammi vedere chi viene a farci visita. Se c'è qualcosa di sbagliato, me ne accorgerò e ti darò il permesso di sgozzare il figlio di puttana prima che crei qualche problema serio all'operazione. Contenta?" tagliò corto la voce, di nuovo incapace di nascondere l'acuto sarcasmo di Dale. Era impossibile capire se quell'effetto fosse voluto, o soltanto sgradita conseguenza dell'altrui modo di porsi.
    "Porta dentro quelli che ti dirò, e poi inizieremo a parlare di cose serie. Briefing, ultimi dettagli...le solite cose. Poi, vedremo se sarete in gamba abbastanza per meritarvi i miei fottuti soldi" concluse Dale, cambiando la propria posizione mentre l'ammasso globulare che aveva per testa assecondava i suoi movimenti sgraziati.
    "Se hai domande, è il momento giusto per farle. Altrimenti, hai un compito di portineria a cui badare" asserì secca la voce distorta, mentre il sogghigno del volto dell'uomo riappariva nitido sullo schermo, chiaro segnale di come egli stesse trovando terribilmente spassose quelle sue uscite.

    Chiunque fosse arrivato all'esterno dell'edificio, avrebbe trovato uno scenario del tutto analogo a quello che si era presentato alla vampira. Con l'eccezione, per creature non dotate dell'agilità di un notturno, di una recinzione alta e resa scivolosa dalla pioggia, decisamente impegnativa da scalare a mani nude in quelle condizioni. Secondo le istruzioni, essi avrebbero dovuto attendere davanti al cancello chiuso.
    Prima degli altri, una donna sudamericana sui cinquant'anni era giunta ponendosi in attesa, protetta da un ampio ombrello in fantasia scozzese e da un impermeabile color crema stretto attorno al volto. I suoi occhi scuri scrutavano nei dintorni, rilassati ed attenti, aspettando che qualcun'altro si presentasse all'appuntamento. A tracolla, la figura bassa e slanciata portava un borsone da palestra che sembrava piuttosto pieno, e pesante.

    Da questo punto in poi, rispondete pure tutti quanti.
     
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  4. Trublue
     
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    Pure la pioggia, ci mancava....
    Odiava la pioggia. Soprattutto odiava non avere un cazzo di ombrello.
    D' altronde, che cazzo se lo portava a fare un ombrello se aveva da infiltrarsi in un laboratorio chimico?
    La cosa gli era parsa del tutto logica, e aveva sperato fortemente che la pioggia avessse aspettato che lui entrasse nell' edificio, prima di cominciare a cadere. Ma quella niente. Era infida, bastarda.
    Almeno sono riuscito a comprare questo gioiellino...
    Si disse, cercando di consolarsi.
    Il suo nuovo fucile era esattamente dove fino a pochi giorni prima avrebbe messo la custodia per il machete.
    Aveva ovviato a quella mancanza di spazio per la sua arma secondaria mettendosi il machete sotto l' ascella sinistra, ovviamente dentro la custodia che era assicurata al suo corpo mediante l' imbragatura di cuoio.
    Il suo vestiario era quello di sempre. Scarpe di cuoio nere ( che si stavano inesorabilmente rovinando a causa della pioggia), jeans, maglione e impermeabile. L' imbragatura per il machete era posta sotto l' impermeabile beige e le fondine contenenti le due Glock nere erano attaccate alla cintura.
    Il commesso era stato gentilissimo, a fornirgli anche la custodia per il fucile. Adesso aveva anche una seconda imbragatura posta sopra all' impermeabile, nella quale era situato il suo nuovo acquisto.
    Un fucile di precisione calibro .308, bolt-action, complessivamente lungo sui 150 cm , il calcio in legno lavorato, caricatore da 8 colpi e mirino telescopico.
    Un vero gioiello dall' impugnatura fantastica, e molto elegante.
    Da professionista
    Pensò compiaciuto al momento dell' acquisto.
    E così era solo, in mezzo alla pioggia, per le stradine di Headlines, pregustando il momento in cui avrebbe potuto sparare a qualcosa di vero con quel fucile.
    In realtà non era puramente così, anzi.
    Avrebbe tanto preferito non doverlo usare, ma così stavano le cose.
    E alla fine era quello il motivo per cui l' aveva comprato.
    Solo... si chiese se tutto quello che stava facendo fosse giusto.
    Ma si!
    Commentò fra se, pensando anche a quello che gli aveva detto Ninsei.
    Andava in quel laboratorio per fermare quell' oscenità verso una creatura "vivente", ed era quello il pensiero che doveva spingere a sparare.
    Per il bene di quella creatura.
    Anche se, alla fine, non era neanche troppo sicuro di quello che le sarebbe successo dopo.
    Si fermò quando vide una recinzione metallica ed un grosso cancello chiuso, davanti al quale poteva scorgere una figura sotto ad un ombrello a quadretti rossi e neri, con un borsone.
    Il luogo è questo. L' ora è questa. Non può essere qui che per il mio stesso motivo.
    Guardando la borsa da palestra che sembrava sarebbe scoppiata da un momento all' altro - probabilmente contenente tutto l' armamentario del mercenario- pensò che non aveva pensato a come rendersi del tutto anonimo.
    Fortuna che ad una prima occhiata la custosdia che aveva sulla schiena poteva anche contenere una chitarra, o un altro strumento di sorta.
    O almeno sperò che la gente pensasse così nel vederlo di sfuggita.
    Con i capelli fradici, si accostò anche lui al cancello.
    Non accennare alla missione fino a che non si rivela per prima.
    D' altronde, per quanto fosse improbabile, poteva essere anche un agente di polizia o qualcosa di simile, e non aveva voglia di mandare tutto a puttane.
    Per uno stupido saluto, poi.
    Si accorse che la figura accostata al cancello non apparteneva ad un uomo, bensì ad una donna sulla cinquantina e di colore.
    Buonasera
    Disse cortesemente appoggiandosi al cancello con la schiena e togliendosi i capelli bagnati dal volto spingendoli all' indietro.
    Guardò verso il cielo, osservando le gocce di pioggia che cadevano.
    Piano, ma fitte.
    Un' altra volta gli tornò in mente il suo odio per la pioggia.
    Avrebbe aspettato un qualsiasi segnale da parte di qualsivoglia persona all' interno di quel recinto metallico.
    Quella era la sua missione, e forse la sua condanna.
    Dopo quell' episodio ci avrebbe messo una croce su quelle cose. Almeno per un pò di tempo.
    D' altronde, aveva pur sempre diciott' anni.
     
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  5. tsarun1
     
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    Quella sera Jesper non si sentiva molto in forma, mille preoccupazioni gli ronzavano in testa e come se non bastasse ultimamente non riusciva piu a trovare vampiri nei soliti locali.

    Sembra quasi che li stiano facendo fuori uno dopo l' altro, o magari stanno migrando in qualche altra città.. pensò tra se e se mentre con calma si dirigeva verso Headlines.

    Il sole era tramontato da poco quando arrivò sul posto e individuò da lontano l' edificio. Sapeva bene di essere in largo anticipo ma dato che non aveva nulla da fare decise di evitare spiacevoli inconvenienti o ripensamenti e recarsi già li a quell ora, ma invece che raggiungere il cancello d' ingresso, salì in cima ad una rampa di scale antincendio di un edificio distante alcune centinaia di metri dall' altra parte della strada, e da li rimase nascosto in osservazione benchè da tale posizione non potesse che scorgere a malapena le sagome di chiunque si fosse recato sul luogo d'incontro.

    Anche in quelle circostanze si era equipaggiato come al solito: Kusharigama nel fodero in vita dietro la schiena, whip blade raccolta nella medesima posizione, i suoi fedeli orbitoclasti nascosti negli anfibi e la sua affilatissima mannaia nel fodero sul fianco, ottima sia come oggetto da lancio che per spezzare catene di medie dimensioni. Indossava poi new rock alte con placche di metallo, pantaloni di pelle aderenti, una canotta scura e un chiodo in pelle molto semplice e aderente.

    A dire il vero non si trovava in quella posizione per prudenza, precauzione o per manie di controllo.. Semplicemente odiava i silenzi imbarazzanti, soprattutto se in presenza di sconosciuti, così in quel modo poteva assicurarsi di arrivare per ultimo sapendo cosa aspettarsi e magari cogliere anche quelche particolare dei suoi prossimi colleghi.

    Passò qualche ora, il cielo era ormai buio e la pioggia cominciò via via a cadere sempre piu forte, frenetica, rompendo il silenzio che fino a poco prima regnava nei paraggi.
    Jesper sorrise, adorava la pioggia. Per lui era come un gelido, amorevole abbraccio e inoltre gli ricordava Alissa..
    Chissà se apparirai anche stavolta! disse sommessamente, con tono speranzoso ma al tempo stesso consapevole dell' ominoso significato che l' avverarsi di quel desiderio avrebbe preannunciato..

    Ad un tratto una sagoma minuta fece la sua apparizione, in un primo momento esitante, ma poi con uno scatto sovrumano, scavalcò il cancello ricadendo dall' altro lato con estrema naturalezza..
    Jesper guardò l' orario sul cellulare, insospettendosi nel notare che era ancora presto e che quell' individuo aveva ben altro da fare. Tuttavia non rappresentava un grosso problema e non si sentiva turbato dall' accaduto.
    Alcuni minuti dopo, in orario, arrivarono altre due figure.
    Jesper attese ancora un po, ma non vedendo nessun altro decise di affrettarsi, non voleva essere maleducato facendo attendere i suoi colleghi piu del necessario, così scese dalle scale e raggiunse i due al cancello intravedendo Flora sotto l' ombrello e squadrando per bene l' altro tizio.
    Avanzò lentamente lasciando che la pioggia gli scivolasse addosso nonostante fosse gia completamente fradicio, era evidnte che gradiva la sensazione, poi fece un cenno di saluto ai due senza aprir bocca, scrutando intanto oltre la recinzione in attesa della persona misteriosa che ivi ancora si trovava.

     
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  6. Kuroi Tenshi
     
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    Le telecamere sembravano proprio essere involucri vuoti e la cose le piacque. Camminando tranquilla lungo l'edificio riuscì a trovare una scala a pioli che si perdeva verso il basso. La scese stando attenta alla pioggia e finalmente trovò una porta aperta. Entrando dovette socchiudere un poco gli occhi, anche se la luce che illuminava quella stanza umida era decisamente lieve. Si abituò in fretta ed avanzò, nonostante l'odore non fosse dei migliori. Meglio quello che l'odioso rumore assordante che aveva dovuto subire a Lullaby, decisamente.
    Si mise a guardare l'immagine distorta nel monitor davanti a lei e, ascoltando quella voce artefatta, non potè che riconoscere in quella figura Eric Dale, il grassone odioso ed irritante. Si lasciò sfuggire un sorriso fine guardandolo, tuttavia restò in silenzio come una brava pedina. Quello era il suo gioco e lei doveva stare alle regole, per il momento.
    Mentre l'uomo le spiegava cosa fare, Eléna si afferrò nuovamente i capelli tra le mani, staccandoli dalla schiena altrettanto bagnata e strizzandoli un poco facendo cadere a terra unapiccola cascata d'acqua piovana. Tenendoli con una mano sola, cercò in una tasca dei suoi jeans un grande elastico nero e si apprestò a fare una cose che raramente era solita fare: legarli.
    Avrebbe dovuto tenere in un orecchio un auricolare con fotocamera, quindi i suoi capelli non avrebbero dovuto intralciare l'apparecchio.
    Durante la gravosa operazione di lisciamento e fabbricazione di una coda di capelli alta, la vampira continuò a fissare il monitor quasi incurante di ogni altro particolare intorno a lei, nonostante i suoi occhi avesserò già scrutato ogni angolo visibile e non.
    Terminò la sua opera poco prima che il grassone finisse di parlare, andò verso il tavolo e nel cassetto trovò esattamente ciò che le era stato detto. Si mise la chiave in tasca, poi armeggiò un po', non senza fatica, con l'auricolare in modo da riuscire a metterlo nel canale auricolare sinistro: sì, era piuttosto imbranata con quel genere di attrezzatura... roba strana, roba elettronica... non ci capiva un granchè, solo il necessario e sinceramente le bastava.
    Guardò l'orologio, poi si voltò per andare verso la porta cercando di abituarsi alla costrizione che aveva imposto ai suoi capelli solitamente liberi di fare quel che volevano. Prima di incamminarsi, però, tornò a voltare la testa per fissare la webcam e non il monitor.

    "Dovresti cercare di limitare un po' quel tuo tono irritante, a qualcuno potrebbe non piacere..."


    Parlò calma e con tono quasi divertito, mantenendo quel piccolo sorriso che aveva assunto appena entrata in quella stanza. Il suo era un consiglio, e a divertirla era proprio il fatto che a Eric Dale non sarebbe importato proprio nulla e, anzi, avrebbe persino potuto renderlo ancora più irritante!
    Uscì venendo nuovamente accolta dalla pioggia battente, salì la scala e percorse di nuovo la via che l'aveva condotta in quel luogo al contrario, per giungere al cancello d'ingresso.
    Una volta svoltato l'angolo e avvicinatasi all'uscita, Eléna scorse due persone in attesa davanti al cancello; dopo qualche passo si rese conto che anche una terza si era avvicinata al gruppo.
    Li scrutò dalla testa ai piedi mentre ancora si stava avvicinando: la donna doveva essere Flora, a giudicare da quello che aveva detto Eric, e la grande borsa ai suoi piedi attirò subito la sua attenzione. Gli altri due erano ragazzi che non aveva mai visto anche se uno dei due sembrava essere piuttosto particolare, ma forse era solo colpa dei suoi capelli rossi.
    Si fermò davanti al cancello e si rese conto che il suo volto aveva assunto un'espressione neutra, nonostante i grandi occhi da diciassettenne potessero esprimere dolcezza ad uno sguardo inconsapevole.
    Parlò con il suo solito tono serio, attendendo che il suo mandante le desse istruzioni tramite l'auricolare, perfettamente visibile dall'esterno.

    "Buonasera. Io sono Lysa, va tutto bene?"


    Non che Eléna volesse essere premurosa, quel "tutto bene" era chiaramente rivolto al signor Dale. Inoltre aveva usato un nome fasullo, o meglio, il nome che le apparteneva quando ancora era in vita, per pura sicurezza anche se sapeva perfettamente che non sarebbe bastato un nome finto a proteggerla dalla sua stessa fama. Dopotutto lei era un vampiro e come tale la sua impulsività le aveva sempre giocato brutti scherzi, ormai a quel punto non poteva più rimediare... ma essere chiamata Lysa al posto di Eléna le avrebbe fatto bene. Non aveva ancora recuperato del tutto i suoi ricordi, ma ormai ci era vicina.
    Tornò a fissare le tre persone davanti a lei una per una voltando anche la testa quasi fosse un automa, in modo che il grassone potesse vedere bene chi ci fosse dietro a quella porta. Dopo aver ottenuto il consenso, avrebbe estratto la chiave dai pantaloni e aperto la porta per poi condurli nella stanza sotto alla scala.
     
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  7. GameMaster2
     
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    "La storia della mia vita!", ironizzò la voce di Dale in risposta all'osservazione di Elèna, mentre sulla virtualizzazione deforme del suo volto si proiettava un nuovo, sardonico ghigno. Dal punto di vista dell'uomo, evidentemente, i pareri di chiunque a parte se stesso non dovevano possedere un peso troppo rilevante.
    "Ho il video dell'auricolare, bellezza...ed anche l'audio. Credo sia ora di andar fuori per controllare se il tempo sia cambiato. Quando vuoi..." affermò la voce, stavolta direttamente nell'orecchio della notturna. Sorprendentemente, il tono giunse ad un volume più basso di quanto sarebbe bastato ad un comune essere umano per distinguerne appieno le parole. Evidentemente, Dale doveva essersi preso la briga di abbassare manualmente il tono dell'auricolare, come a voler fare una sorta di favore ad Elèna. O, forse, soltanto a sottolineare quanto la sua accortezza potesse essere più acuta di quanto non potesse sembrare a prima vista.

    All'esterno, la donna munita di borsone salutò Charles con un cenno della testa ed un sorriso tranquillo, accennando un "Salve" prudente quasi quanto quello del mercenario che l'aveva apostrofata. Evidentemente, le stesse accortezze che avevano spinto il ragazzo a scoprire meno carte possibile alla prima mano, dovevano valere anche per lei: in quel momento la donna se ne stava tranquillamente in piedi protetta dal proprio ombrello, col borsone a tracolla, guardando attorno a sé come se quella sera non avesse avuto nient'altro da fare se non trovarsi proprio in quel luogo. Dopo circa sessanta secondi di quieto nulla, dal buio invaso dalla pioggia spuntò un uomo, avvolto da un lungo impermeabile color crema che gli proteggeva fino alle guance con alti risvolti acuminati, sovrastando una pesante sciarpa di colore scuro. Si trattava di un giovane sulla trentina, con radi capelli castani infradiciati d'acqua, e pochi altri dettagli palesemente rilevabili al di sotto del suo pesante vestiario. Una volta approssimatosi a Flora e Charles, questi se ne stette fermo in piedi senza pronunciare alcunché. Anche lui pareva in attesa del prossimo evento, contribuendo a rafforzare la tensione di quell'ampio fazzoletto d'asfalto ricoperto di niente.
    Jesper, dalla sua posizione privilegiata, ebbe modo di osservare l'arrivo di una nuova figura, che si accostò alle altre quasi un minuto dopo l'arrivo del primo uomo. Dalle movenze, doveva trattarsi di una persona piuttosto alta e dinoccolata, ma dalla sua posizione non gli sarebbe stato possibile notare altri dettagli particolari. Questi era avvolto in un lungo cappotto chiaro, che gli si stringeva attorno al corpo rendendo difficile comprenderne l'identità. Quando il mercenario dai capelli rossi giunse accanto a Flora (riscendendo dall'edificio sul quale si era arrampicato), questa lo salutò con un occhiolino, indirizzandogli un generico "Piuttosto umido oggi, eh?", dalla sua posizione protetta sotto l'ombrello. Con un cenno della testa, la donna lo invitò a prendere posto al suo fianco, in modo da evitare di bagnarsi ulteriormente.

    Ripercorrendo la strada a ritroso verso l'esterno ed incontrando nuovamente la pioggia battente, la notturna si trovò di nuovo sul lato della fabbrica, e di qui subito di fronte al cancello. I quattro nuovi giunti l'avrebbero vista comparire d'improvviso, i suoi passi delicati quasi inavvertibili anche sopra allo strato di fanghiglia che circondavano l'edificio abbandonato. La giovane età di Elèna, assieme al suo aspetto lontanamente innocente ed alla sua bellezza spontanea ed innaturale nel contempo, avrebbero colpito facilmente i presenti, nonostante la scarsa illuminazione di quella zona di città.
    "Ciao Lysa. Stasera abbiamo quattro ospiti a cena, vediamo se non è il caso di buttare fuori qualcuno" pronunciò la voce nell'orecchio di Elèna, troppo fievole perché qualcun'altro dei presenti potesse udirla. Davanti agli occhi della donna, quattro figure distinte sfidavano apertamente il disprezzo del clima, che stava loro vomitando addosso il proprio indifferente disprezzo. Perlopiù, sotto forma di una pioggia battente dall'intensità malevolmente costante.
    "Il tizio in impermeabile è pulito, l'ho contattato di persona. Non sto a dirti chi sia Flora, prova un po' ad indovinarlo da sola. Lei è ok...lasciale presentarti il suo uomo, da brava" ordinò Dale, secco e deciso com'era suo solito. Effettivamente, la donna prese la parola poco dopo che Elèna aveva fatto la sua comparsa, senza che nessuno l'avesse interpellata.

    "Piacere Lysa...io sono Flora. Lui è Jesper...ed è con me" introdusse la donna sorridendo, senza guardare Elèna negli occhi ma rivolgendosi direttamente agli oculari della telecamera. Evidentemente, ella sapeva che il loro vero mandante doveva stare osservando ogni loro movenza, attraverso quel piccolo ritrovato tecnologico. Dopodiché la donna tacque, in modo da lasciare al proprio uomo la possibilità di aggiungere qualcosa, o forse allo stesso Dale di prendere atto di quel dettaglio.
     
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  8. Trublue
     
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    Pareva che la donna fosse a posto, o quantomeno... fosse con i mercenari.
    La cosa faceva aumentare la tensione nella sua coscienza da diciottenne, rendendolo altamente agitato.
    Ok, training autogeno. ORA.
    Mammoletta.
    Zitto!
    E allora vedi di darti una calmata, presto non ci sarà tempo di essere agitati.
    Questo lo so perfettamente.

    Mentre nella sua testa si stava tenendo una vera e propria guerra, all' esterno il giovane appariva innaturalmente calmo, come se si fosse rinchiuso all' interno di se, guardandosi attorno con una ripetitività che aveva del meccanico, anche se in realtà non vedeva praticamente nulla di quello che stava guardando.
    Inspirava ed espirava regolarmente, per cercare di portare ossigeno al cervello e pensare razionalmente.
    Riuscì solo ad avvertire che un altra figura si avvicinava ai due. Alto, anche lui senza un ombrello.
    Almeno non sono l' unico deficiente che è venuto senza....
    Non disse nulla.
    E così fece lui. Di certo non si sarebbe buttato in discussioni incerte che avrebbero gettato solo ridicolo sulla sua persona.
    D' altro canto, quella era la calma prima della tempesta. E se pioveva a dirotto nella calma, chissà cosa c' era nella tempesta.
    E poi in momenti come quelli non si parla, se non si ha una frase a effetto terribilmente figa da dire.
    E lui di certo non ne aveva, per cui rimase da solo, nel suo training autogeno, mentre un ragazzo dai capelli rossi si avvicinava al trio di mercenari.
    GINGERS HAVE NO SOUL!
    Pensava, scherzando fra sè, e quasi si mise a ridere.
    Faceva sempre così quando era troppo nervoso o troppo teso. Faceva battute idiote.
    La calma prima della tempesta.
    Questo pensiero lo fece tornare serio.
    Improvvisamente, sentì una voce, anche troppo familiare, alle sue spalle.
    La vista della ragazza confermò i suoi sospetti.
    Ma quella.... è la vampira che incontrai per la storia della ghoul! Come diamine si chiamava?
    Lysa gli tornò alla mente come il nome più plausibile, quindi per lui doveva essere quello.
    Con i nomi era veramente una frana. Li dimenticava sempre.
    La donna con la borsa da ginnastica si presentò come Flora, e disse che il rosso, Jesper, era con lei.
    Una reclutatrice? Allora Ninsei non ha ucciso proprio tutti....
    Si preparò al suo discorso. Aveva una strana paura di sembrare altamente ridicolo, se contrapposto alla donna di colore che si era presentata con un' uscita così... normale.
    Si schiarì la voce, mentre ancora guardava fisso Lysa cercando di non farsi vedere dalla vampira.
    Suppongo tocchi a me...
    Disse, mettendosi le mani in tasca.
    Vedendo che l' uomo alto in impermeabile non parlava, credeva che fosse più che giustificato a parlare.
    Mi chiamo Jaeger, e mi manda Jones. Ed Caleri è un lurido figlio di puttana.
    Semplice, secco. Pensò che dopotutto non era andata male come pensava.
    Un nome fittizio avrebbe forse agevolato il suo anonimato. D' altra parte, voleva che la sua identità rimanesse segreta. Un altro problema era risolto.
    Solo, ora c'era un altra questione ancora da risolvere.
    Lysa. L' aveva vista combattere, e non gli sarebbe affatto piaciuto ritrovarsela contro, soprattutto se Ninsei non poteva fare nulla per aiutarlo.
    Decise di fare una cosa tanto azzardata quanto logicamente plausibile.
    Si ricordava che il Notturno gli aveva detto di riuscire a percepire le onde psichiche, quindi forse, pensando a lui e cercando di contattarlo....
    Sei forse imbecille? Se sono anche lontanamente della stessa specie, potrebbe esserne capace anche lei...
    No, non avrebbe rischiato una cosa simile.
    A quanto pare, se la sarebbe dovuta cavare da solo anche per quello.
    Certo, avrebbe trovato il modo, anche perchè non trovare un escamotage significava , con tutte le probabilità, non uscire da quel laboratorio sulle proprie gambe.

    Edited by Trublue - 14/9/2012, 17:29
     
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  9. tsarun1
     
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    Una volta raccolto il saluto di Flora con un sorriso, Jesper ne seguì l' invito e si posizionò accanto a lei in attesa che tutto avesse inizio. Scrutò con diffidenza il tizio alto in impermeabile con l' aria da duro, non gli andavano troppo a genio i tipi del genere, troppo seri e noiosi.. invece notò con piacere l' insicurezza che gli occhi dell altro ragazzo, Jaeger, lasciarono vagamente trasparire non appena terminò di presentarsi, nonostante in apparenza fosse rimasto serio e deciso.

    *E io che pensavo di essere il piu giovane qui...* pensò poi, sempre riferendosi a 'Jaeger'. Quel viso poco piu che adolescente lo tradiva, e forse era proprio dalla sua poca esperienza che nascevano i suoi dubbi, pensò..

    L' attenzione di Jesper a questo punto si spostò verso la figura che si avvicinò a loro, dall' altro lato del cancello..

    *Eccola! è lei!* pensò in un crescendo di curiosità..

    Quando la ragazza fu abbastanza vicina da poterne ammirare i tratti somatici, prese a presentarsi e a parlare con Flora. A quel punto Jesper ebbe un sussulto..
    *Pelle diafana, occhi cerulei, lineamenti del viso innocenti e delicati.. Non puo essere.. Eppure, nessun umano avrebbe potuto scavalcare la recinsione a quel modo.. non ce dubbio, è una vampira!* Farfugliò tra se e se, mentre qualcosa in lui prese ad agitarsi, continuando intanto a riflettere in quei pochi secondi che erano trascorsi:
    *Beh, dovevo aspettarmelo! Infondo i vampiri sono assassini per natura, era scontato che ne sarebbe stato reclutato qualcuno.. Però potrebbe non essere potente come sembra. Non posso basarmi su semplici considerazioni fisiologiche come con le altre creature, lo so. Essendo un vampiro la sua corporatura esile non è indice di debolezza.. Tuttavia.. Non è detto che non possa essere una neonata! Magari pur non essendo potente è stata reclutata per altre capacità ritenute utili alla missione, oppure è semplicemente una persona fidata per i mandanti oppure una disperata in cerca di soldi, chi lo sa.. c'è un solo modo per scoprirlo...*
    Ebbe un fremito, ma poi si placò d'improvviso alla vista dell' apparecchio auricolare.

    *Dannazione! Che cavolo è quel coso?! Ma certo, certo.. mica potevano perdersi lo spettacolo.. Comunque non mi pare una buona idea mettersi in mostra di fronte a quel coso.. ci saranno altre occasioni per valutare la reale forza di quetsa Lysa, e se è alla mia portata come spero, il suo sangue sarà mio!*
    Concluse nella sua testa, quando Flora ebbe pronunciato il suo nome.
    A quel punto si avvicinò alla ringhiera di metallo scostandosi nel frattempo una ciocca di capelli fradici dall' occhio, vi si poggiò pesantemente con la schiena e confermò come se nulla fosse:

    Esatto, sono Jesper..

    Dato che tutti probabilmente avevano usato un nome falso, non rappresentava un problema che il suo fosse quello vero, gli altri non l' avrebbero mai potuto capire e dato che anche Flora l' aveva usato con tanta disinvoltura, era indice che perfino lei credesse che fosse falso.. In ogni caso, vero o falso che fosse, non aveva nessuna importanza.

    Dopo quelle parole, Jesper si voltò di scatto, afferrò le sbarre con entambe le mani e poi incurvò la schiena lasciandosi scivolare, finchè il suo sguardo non incrociò quello di Elèna, allora le disse con tono rilassato ed estremamente gentile, accennando un sorriso:

    Graziosa signorina Lysa, sarebbe forse inopportuno da parte mia, chiederle cortesemente di lasciarci entrare?

    Nonostante quella richiesta fosse stata pronunciata in modo estremamente affabile ed educato, i suoi occhi parevano accecati da un immotivata, folle sete di sangue, stonando pesantemente con tutto il resto. Nel mentre chinò anche la testa da un lato restando qualche istante a fissare la notturna dritta negli occhi. Qunado poi il suo sguardo si posò nuovamente sull aggeggio auricolare, Jesper si alzò come se nulla fosse, assumendo nuovamente un aria di assoluta indifferenza, in attesa di poter entrare..
     
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  10. Kuroi Tenshi
     
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    Ascoltò le parole di tutti i presenti concentrandosi, ovviamente, su ciò che veniva sussurrato nel suo orecchio. Eric Dale aveva fatto in modo che l'audio fosse talmente basso che soltanto qualcuno con un udito sviluppato avrebbe potuto udire la sua voce. Beh, aveva fatto bene.
    L'uomo con l'impermeabile non disse nulla e la vampirà sperò che prima o poi almeno il suo nome -vero o falso che fosse stato- sarebbe uscito fuori, per poterlo interpellare nei momenti di difficoltà che certamente sarebbero usciti fuori di lì a poco.
    Flora parlò cordiale, a differenza dell'uomo da lei assoldato che pareva proprio soffrire di qualche disturbo ossessivo compulsivo... o forse si divertiva a fare il pazzo. Quei suoi occhi inquietanti che la fissavano dalle sbarre come se volessero vederla morta di lì a poco ebbero il solo effetto di farle alzare un sopracciglio: anche se Eric non le avesse detto di tenerlo doccio in modo particolare, beh, lo avrebbe fatto comunque. Che lei gli stesse sul cazzo oppure no, avrebbe fatto in modo da averlo sempre davanti, o dietro, a lei poco importava dato il raggio dei suoi sensi tremendamente acuti.
    L'ultimo ragazzo, invece, sembrava singolare. Aveva parlato in codice, un codice che lei non aveva capito, dando del figlio di puttana a qualcuno che lei non aveva mai sentito.
    Attese un istante qualsiasi reazione del grassone nel suo orecchio, una risata, una battutina sarcastica o un semplice ordine, e poi si avvicinò ulteriormente al cancello per aprirlo e far entrare quell'eterogeneo gruppetto di mercenari. Li avrebbe condotti tutti alla stanza buia sotto l'edificio, a meno che Eric non le avesse detto di eliminare qualcuno... in quel caso i suoi pugnali sarebbero stati più rapidi della sua lingua, certamente.
     
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  11. GameMaster2
     
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    "Le...wis" pronunciò -controvoglia- con voce gutturale l'uomo avvolto dall'impermeabile, scostandosi i lembi di stoffa dal volto e puntando il volto verso Elèna. I suoi occhi chiari ed infossati, ad ogni modo, non erano diretti verso la notturna: essi stavano puntando verso la telecamera fissata sotto al suo orecchio, come se l'uomo sapesse di doversi far riconoscere visivamente da una terza persona. In quel momento, il suo viso scavato e magro si mostrò ai presenti, la scarsa luce di quella notte piovosa che evidenziava gli zigomi prominenti e le guance coperte di un'irregolare ed incolta barba castana. Dello stesso colore era il disordinato ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla fronte pallida, avvolgendogli il viso e costeggiando il mento aguzzo e diviso a metà da una fossetta piuttosto pronunciata.
    La voce che il figuro aveva utilizzato sembrava provenire non dalla sua bocca, quanto piuttosto direttamente dalla gola. Oltretutto, il suono delle sue parole era risultato artificioso, stridente nella sua innaturalezza.

    Per Elèna, l'osservazione dei presenti si interruppe bruscamente, quando Eric Dale scoppiò in una sguaiata risata deformata dall'impianto elettronico, direttamente nell'orecchio della donna.
    "Bwabwa! Jones, vecchio bastardo. Bene, il ragazzo è pulito. Questo a conferma che è l'uomo del mio amico...avremo un occhio di riguardo, nei suoi confronti" l'avvisò Dale, con il tono di qualcuno che sta decisamente pronunciando un ordine. Mano a mano che lo sguardo della notturna (e, di riflesso, quello di Dale) scorrevano sui dettagli del viso di Jesper, la voce nell'auricolare emise mugugni di riflessione sempre più brevi e decisi.
    "Ottimo. Belli capelli lì davanti è il primissimo candidato a combinare qualche idiozia. Non che il coglione cerchi di passare inosservato, eh...punta i tuoi begli occhietti innocenti sul suo culo, carina, ed alla prima stronzata staccaglielo dal resto del corpo" concluse risoluto il loro mandante. Dopo quell'ultimo comando, l'uomo tacque, lasciando che meri echi e distorsioni di sorta riempissero lo spazio vuoto lasciato dall'assenza di voce. Doveva essere il momento giusto per portare tutti dentro: evidentemente Dale non aveva nient'altro da aggiungere.

    Il meccanismo dell'arrugginito cancello coperto di liquame secco rispose repentino al tocco di Elèna, aprendosi senza che questa dovesse applicare alcuna forza. La serratura ed i cardini sembravano essere stati puliti ed oliati di recente, come se qualcuno avesse previsto di doverli utilizzare nell'immediato.
    Avanzando nel cortile fangoso fino al muro dell'edificio, il gruppo di esecutori condotti dalla vampira avrebbe rapidamente percorso la scaletta verso il basso. Una volta scesi sullo stretto passaggio che costeggiava il fabbricato, sarebbero occorsi ad Elèna soltanto una manciata di secondi, per poterli condurre oltre la porta di servizio all'interno del vecchio magazzino.
    Un forte odore di muffa avrebbe colpito immediatamente chiunque avesse varcato la soglia del piano interrato. Il tanfo di marcescenza, veicolato da un'aria umida al limite della saturazione, era intenso al punto da rendere anche la respirazione un atto piuttosto impegnativo. Una serie di lampade alogene illuminavano artificialmente una sezione ridotta dell'ampio spazio semivuoto, composto da un'unica ampia stanza dai muri di nudo cemento. Se avessero osservato i lucernari del sotterraneo, i nuovi arrivati avrebbero potuto notare come essi fossero stati coperti da pesanti strati di tessuto di colore scuro, per evitare che anche uno solo dei raggi di luce originati in quel sotterraneo avesse modo di fuggire verso l'esterno.
    La sezione illuminata aveva assunto un aspetto spettrale, per merito della foschia umida che aleggiava ovunque, soffondendo un'aura biancastra tutt'intorno. Laddove alcuni dei presenti si sarebbero aspettati un uomo in carne ed ossa, a fornire loro le ultime informazioni sul loro obiettivo, era invece presente un ammasso di elettronica accatastata ed alimentata da un grosso pacco di batterie. Al centro della zona, appoggiato su un tavolo, un ampio schermo piatto era voltato in loro direzione, e mostrava un volto dai tratti deformati, irriconoscibili. Quello sarebbe stato l'unico volto del loro mandante che avrebbero potuto intravedere, quella notte: un software di occultamento avrebbe impedito ai presenti di capire le sue fattezze. E, quando la sua voce si levò nell'umida cantina risuonando da un altoparlante posto lì accanto, essi furono certi di non poter neppure riconoscerne l'intonazione, tanto risuonante di continui echi e sottotoni sovrapposti. Non era neppure possibile comprendere se quell'ammasso di distorsioni appartenesse ad un uomo, o ad una donna.
    "Un caloroso benvenuto a tutti i presenti. Perdonerete la mia impossibilità di stringervi la mano" ironizzò l'apparizione dall'altra parte dello schermo, mostrando un ghigno sardonico che si fece largo fra sciami di pixel fluidi come se dotati di vita propria. Una webcam grossa come la testa di un bambino, assemblata accanto allo schermo, scivolò lentamente da una all'altra delle figure che erano entrate nel complesso industriale.
    "Sapete tutti perché siete qui, dunque non perderò un secondo del mio prezioso tempo a rimarcare il concetto. Dato che odio i convenevoli, e prima di passare ai dettagli importanti, parlerò dei vostri ruoli in quest'operazione, in modo che tutti sappiano cosa compete chi" esordì la figura, esprimendo una punta di irritato disprezzo che neppure la deformazione sonora fu capace di occultare.
    Mentre il loro mandante parlava, l'uomo alto e magro si tolse la giacca gocciolante, appendendola ad una delle armature del cemento che spuntava direttamente dal muro a lui più prossimo. Il suo abbigliamento, al di sotto dell'impermeabile, non aveva nulla di speciale: un paio di pantaloni di velluto blu non nuovissimi, un maglione sintetico di un indefinibile color ocra spento, una sciarpa a quadretti in stile scozzese. Egli non disse nulla, ascoltando attentamente quanto la voce aveva da dire.
    "La nostra Flora, il suo collega Jesper ed il piccolo Jaeger sono la bassa manovalanza. Si occuperanno dell'avanguardia e della retroguardia, di coprire le spalle e di aprire la strada. Trasporteranno il campione fuori dal laboratorio, assicurando che si preservi nel migliore dei modi. Dovranno essere la prima linea in caso di conflitto armato, e la carne da macello se sarà il caso di lasciare indietro qualcuno." asserì la voce con un tono piuttosto perentorio, e secco, senza ammettere repliche. Si trattava di un ordine, su questo non esistevano dubbi: Flora, dal canto suo, rimase impassibile a quell'affermazione, continuando serenamente ad osservare il volto del capo dell'operazione.
    "Lewis, là dietro. Non parla molto, ma è bravino con l'elettronica. Si occuperà lui del sistema di sicurezza e delle porte, delle postazioni armate automatizzate e dei sistemi deterrente a gas nervino. Dovrà essere protetto, e coperto in ogni istante almeno da uno di voi. Se perderete Lewis, non uscirete vivi da quel posto: vedete di ficcarvelo in testa" affermò il loro mandante, senza perdere quel suo tono ironico e piuttosto irritante. Pareva quasi che, a priori, questi stesse mettendo il dubbio le capacità di tutti i presenti.
    "Ed ora...Lysa, la vostra àncora di salvezza in formato ridotto. La qui presente fungerà per voi tutti da coordinatore unico. Detto in altri termini: la sua parola sarà legge, e dovrete obbedire al suo buon senso come se ne andasse del vostro culo. Anzi, ne andrà del vostro culo, quindi aprite bene le orecchie quando avrà qualcosa da dire. Oltre a comandarvi a bacchetta, la suddetta fungerà da solutrice di problemi, specie quelli che richiedono particolare agilità o un approccio più discreto della norma. In via generale, e prima di alzare la voce pensando di saperla lunga, ricordatevi che miss tintarella ha molta più esperienza di tutti voi messi insieme" concluse la voce, mentre la webcam si spostava da un volto all'altro come ad osservare le reazioni dei presenti alle sue parole. La notturna, forse, avrebbe potuto essere piuttosto sorpresa da tutta la mole di responsabilità che Dale le stava scaricando addosso; o forse, poteva essere la dose di fiducia cieca mostrata tutto ad un tratto a stupirla maggiormente. Ad ogni modo, l'uomo dal volto irriconoscibile ricominciò a parlare quasi immediatamente.
    "Se ci sono domande, prego, sputatele fuori ora. Se a qualcuno non dovesse andare a genio qualcosa, lo esprima con franchezza. Così posso farmi un idea di chi sbattere fuori per primo" asserì divertita la figura distorta, sogghignando nuovamente nella foschia dei disturbi elettronici generati a schermo.
     
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  12. Trublue
     
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    Pareva che fosse andato tutto bene, nella sua presentazione. Nessun segno di disapprovazione o nulla. Ce l' aveva fatta. Era dentro.
    E io che pensavo che mi avessero crivellato di colpi... A quanto pare non era una cosa così stupida da fare.
    Pensò, vergognandosi un poco di aver contraddetto così tanto il notturno quando gli aveva detto di presentarsi in quel modo.
    La pioggia non accennava a fermarsi, e fu ben felice di vedere che le porte del cancello si stavano aprendo a loro, segno che entro poco si sarebbero trovati - o almeno sperava- al coperto.
    Riflettè un attimo, mentre si avviavano all' interno della recinzione, sulla presentazione del quinto uomo, che avanzava dietro di lui in maniera quasi automatica. In ordine, era quello che era esattamente dietro a Lysa. Si era presentato come di malavoglia, lo strano figuro, tentennando addirittura sul suo nome.
    La voce non era delle più gradevoli. A quanto pare non li sceglievano per la presentabilità.
    Tipo strano numero due.
    Attraversato il cortiletto pieno di pantanop, Lysa li condusse direttamente in uno stanzino sotterraneo dall' odore nauseabondo.
    Marcio, chiuso.... Insomma se non è la pioggia è la puzza... Ma li scelgono apposta?

    In un certo senso, però, preferiva restare lì che sotto la pioggia.
    Un ologramma bloccò i suoi pensieri, al solito turbinosi e sconnessi. Un sacco di seghe mentali, insomma.
    All' interno della stanza un sistema di teli faceva in modo che la luce illuminasse solo il centro dello scantinato, e che non si riuscisse a vedere nemmeno un raggio di luce dall' esterno.
    Si sono presi tutte le precauzioni... di certo non siamo di fronte al primo cretino pieno di soldi. O almeno, Senz' altro pieno di soldi, solo non cretino.

    Ed al centro della stanza, il loro capo. Ed Caleri. O almeno, la sua immagine distorta.
    Uno schermo piatto raffigurante un ghigno era quello che poteva chiamare "capo" per quella missione.
    Era come se, al di là del monitor, lui li stesse guardando.
    Ovvio che nella stanza c' erano delle telecamere, e Lysa aveva permesso all' uomo una "preview" del simpatico gruppetto grazie ad un auricolare speciale munito di fotocamera, ma era come se il diciottenne sentisse che in quel preciso momento uno sguardo stesse incrociando il suo, guardandolo negli occhi.
    Non appena Caleri cominciò a parlare, il pensiero si distolse dalla mente del ragazzo.
    Il discorso del grande capo era limitato ad una presentazione generale della squadra e dei ruoli. Lui e jesper, insieme alla sudamericana, erano la carne da macello.
    E quelli che recuperavano il campione.
    Sogghignò, quando ciò venne detto dallo schermo parlante.
    In pratica, era il più vicino al campione.
    Facilitazione del compito: Lo stai facendo nel modo giusto
    Avanguardia, retroguardia... non gli importava, a quel punto. Gli importava il fatto che quello con il campione, alla fine, doveva essere lui.
    Carne da macello? Non ce ne sarà. Almeno, per quanto mi riguarda.
    Esordì, rivolgendosi allo schermo.
    Posso uccidere qualsiasi cosa prima che si avvicini alla nostra posizione. Se non ci sono problemi, faccio io da scora al nostro amico di poche parole.
    Il piano era molto semplice, nella sua testa. E gli pareva pressochè ottimo.
    A parte questo, non ho altre domande. Ditemi contro chi devo sparare, e lo farò.
    Disse, con determinazione.
    No, non gli piaceva proprio quel lavoro, ma se l' obbiettivo era salvare una potenziale vita dallo sfruttamento e il prezzo da pagare era stroncare delle vite dedite alla malvagità e alla corruzione, era disposto a farlo. Quelle non erano vite degne.
    Ma, dopotutto, chi era lui per decidere? Poteva farlo solo perchè veniva pagato per farlo, e non era tutto questo granchè di decisione.
    Al solito, la mente del ragazzo veniva affollata sempre di più da queste domande assillanti che la sua coscienza gli poneva, e alle quali lui rispondeva che era un modo come un altro per guadagnarsi la pagnotta conciliando il tutto con qualche "buona azione" Alla fine si trattava solo di scegliere il contratto giusto per fare del "bene" alla società.
    "Bene", ma non nel modo giusto.
    Ma alla fine, chi era lui per giudicare?
    Nel mentre che aspettava il responso degli altri ed il relativo congedo del signor Caleri, si tolse la tracolla da dosso aprendola, ed estraendo il fucile di precisione.
    Decisamente, avrebbe dovuto costruirsi un' armatura dotata di campo magnetico, per ovviare al problema della riposizione delle armi.
    Si, quella si che era una buona idea.
    Una volta che ebbe estratto il fucile, si posizionò nuovamente davanti allo schermo, con l' arma in posizione di riposo puntata verso il basso, e lo sguardo fisso davanti a lui. Gambe divaricate, presa ben salda sul calcio del fucile: Si, era pronto all' azione.
    Era pronto ad uccidere.
     
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  13. tsarun1
     
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    Una volta aperto il cancello e raggiunto lo stanzino umido soffusamente illuminato, il boss dell' operazione si fece vivo tramite una curiosa apparecchiatura olografica. Mentre egli esponeva sommariamente i ruoli e i dettagli della missione, Jesper ebbe modo di riflettere sul da farsi..

    Innanzitutto, non gli era ben chiaro quale reazione avesse suscitato in Lysa o negli altri, tuttavia aveva raggiunto uno dei suoi piccoli scopi: attirarne l' attenzione, e sapeva gia che probabilmente lo avrebbero tenuto maggiormente d'occhio.
    Se quel luogo poi avesse continuato ad avere l' odore e luminosità che quella stanza possedeva, si sarebbe sentito certamente piu a suo agio dato che i luoghi marci e abbandonati erano i suoi preferiti.

    Ora che era stato chiarito quale fosse il suo compito, la faccenda cominciava a farsi divertente..

    Nessun problema, non mi è mai piaciuto stare in retroguardia! Io e Flora sgombreremo il campo.. disse con un enorme sorriso rivolgendosi all ammasso di pixel, quando Jaeger comunicò la sua disponibilità a scortare il taciturno Lewis.

    Probabilmente lui era l' unico li dentro che trovasse esaltante l' idea di uccidere chiunque gli sarebbe capitato a tiro. Questi erano i momenti che gli ricordavano quanto gli piacesse fare il mercenario.
    Presto avrebbe avuto dei bersagli, un obbiettivo e la motivazione giusta per farli fuori.. tutto estremamente semplice.
    *Non mi resta che fare il mio dovere e lasciare che gli eventi facciano il loro corso.. Il destino sarà l' arbitro che decreterà l' esito di questa notte!* pensò in attesa di iniziare.

     
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  14. Kuroi Tenshi
     
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    Una volta giunti nella piccola stanza buia e marciscente, Eléna si mise da parte in modo che la webcam avesse campo libero; del resto, per quanto ne sapeva, lei era l'unica che Eric Dale aveva visto in faccia. Beh, forse anche Lewis.
    Ascoltò gli ordini del loro superiore spostando il suo sguardo sui presenti ogni volta che venivano nominati, tentando di ricordarsi bene i loro nomi. L'espressione carne da macello non le piaceva, ma del resto doveva ricordarsi che quella non era una delle missioni cui era solita partecipare... i suoi complici non erano Jaerlen o Iris o persino il buon vecchio Jìzo (che ancora si chiedeva che fine avesse fatto), no... sentiva di non potersi fidare di nessuno.
    A quanto pareva, Lewis il taciturno con probabili ferite alla gola risultava essere l'uomo tecnologico della situazione. Perfetto, Eléna avrebbe fatto in modo di tenerselo sempre vicino e, in caso di fuga, avrebbe persino potuto caricarselo in spalla e sparire. Lì in mezzo, già, sembrava essere il più utile.
    Quando arrivò il suo turno, la vampira non potè che stupirsi di ogni parola pronunciata dal grassone. Tentò di mantenere il contegno mentre solo i suoi occhi si allargavano a formare due palle enormi. I casi erano due: o Dale aveva indagato a fondo su di lei rendendosi conto delle sue capacità in toto, oppure sapeva con certezza dell'inferiorità di quegli umani in confronto a lei.
    Beh, in effetti le due ipotesi sarebbero potute essere vere entrambe.
    Ascoltò ciò che avevano da dire gli altri constatando che il folle dai capelli rossi sembrava proprio essere un maniaco omicida, di quelli che lei disprezzava tanto da non porsi alcun problema a far partire una testa. Jaegar, invece, sembrava essere un poco più a posto, se non avesse estratto un enorme fucile ad un certo punto. Arma enorme, ingombrante e pesante... non avrebbe mai capito le persone che si divertivano ad usare le armi da fuoco, anche se ne riconosceva l'utilità.
    Prese parola dopo gli altri, muovendosi dalla sua posizione laterale per guadagnare il centro.

    "Per me non ci sono più dubbi. Possiamo metterci in marcia anche subito. Ah... questo lo devo tenere?"


    Si rivolse alla webcam indicando con l'indice esile il suo orecchio sinistro. Si sarebbe trovata molto meglio senza sapere di essere constantemente osservata dall'uomo che forse avrebbe infine tradito. Tra l'altro se le avesse parlato nell'orecchio nel momento sbagliato avrebbe potuto compromettere la sua ricezione bilaterale dei suoni, ma per il momento non era importante... in fondo avrebbe sempre potuto togliersi quell'armamentario prima di uno scontro.
     
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  15. GameMaster2
     
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    "Niente da obiettare", asserì allegra la sudamericana, subito dopo che ebbe parlato la notturna. L'uomo che si era presentato come Lewis mosse un paio di volte la testa su e giù, a confermare che -anche per lui- le condizioni elencate dal loro mandante erano soddisfacenti.
    La figura dai contorni confusi ridacchiò, annuendo alle risposte dei sicari che avevano appena confermato la loro totale obbedienza. La telecamera montata al lato dello schermo si concentrò prima su di Charles, quando questi estrasse la sua arma esprimendo il proprio punto di vista (a quest'azione, Lewis fece mezzo passo indietro, palesemente infastidito dalla vista dell'arma); dopodiché, scivolò su Jesper e su Flora, fermandosi sui lineamenti delicati di Elèna mentre anch'essa rispondeva alla domanda di Dale.

    "Molto bene, signori. Sento un certo entusiasmo nel gruppo, e questo è un punto positivo. Ricordate soltanto di non fare nulla di troppo stupido od avventato, una volta che sarete là dentro...e, soprattutto, non prendete iniziative senza consultare il resto del gruppo. Se verrete lasciati indietro, nessuno verrà a recuperare il vostro culo." sottolineò la voce deforme, con un tono decisamente autorevole. La telecamera si mosse di nuovo, in cerchio, da un volto all'altro, indugiando infine su quello di Charles.
    "Certo, le cose potranno andare a puttane e richiedere uno scontro a fuoco...ma, diciamocelo, questa non è affatto l'eventualità più gradevole alla quale io riesca a pensare, specie sapendo che in quel posto lavorano qualcosa come centosessanta uomini armati ed addestrati solo per sventare tentativi d'intrusione come questo. Non siete d'accordo?" domandò la voce, ironica, riprendendo il discorso pochi istanti dopo. "Il piano che -fra poco- vi esporrò, mira a minimizzare le chance di qualsiasi incontro non previsto. Se tutto andrà come deve, nessuno si accorgerà della vostra presenza...e quindi, nessuno verrà a chiedervi chi siete, od a spararvi addosso senza preavviso. L'arma migliore che avrete là dentro è la segretezza: nessun fucile grosso come una dannata bicicletta saprà darvi la stessa protezione. Qualsiasi imprevisto troverete, dovrete affrontarlo con discrezione, ed intelligenza, lasciando l'approccio diretto come ultima possibilità. Tutto chiaro, mi auguro" domandò il loro mandante, ma si trattava di una questione assolutamente retorica. Era ovvio che tutti i presenti, dal suo punto di vista, dovessero essere totalmente d'accordo con lui. Dopodiché, la voce riprese a parlare svogliatamente, accompagnata da un movimentarsi del sistema visuale artificiale della macchina in direzione della vampira.
    "Dallo pure a Lewis, prima di uscire da qui. Lui sarà i miei occhi e le mie orecchie, durante tutta la durata dell'operazione" asserì la voce, con una punta di soddisfatta pienezza, con lo stesso appagamento di qualcuno che può tenere d'occhio un bambino pestifero a grande distanza.
    La voce parlò ancora, ma stavolta nell'orecchio di Elèna, all'auricolare, in modo che soltanto lei potesse udirlo. Il suo tono era adesso piuttosto scocciato, come se non potesse sopportare di doversi occupare anche di dettagli infimi di quel tipo.

    "La comunicazione che avrò, durante tutta questa storia, sarà monodirezionale." borbottò Dale nell'auricolare, contrito, rivolto esclusivamente alla notturna mentre sullo schermo comparivano immagini in rapida espansione.
    "Saprò cosa vi succede, in modo da essere adeguatamente pronto per quando uscirete di lì...ma per cifrare la trasmissione e renderla irrintracciabile, non potrò comunicare a Lewis proprio un bel niente. Sarete soli, là sotto, occhi belli. Tira fuori le palle e abbaia ordini come una specie di ufficiale nazista" le intimò il suo mandante in un sol fiato.
    Agli occhi di tutti gli altri, il volto privo di lineamenti era scomparso, sostituito da uno schema complesso, soltanto tinte sottili su un pesante sfondo nero. Il modello, dopo alcuni movimenti d'immagine piuttosto bruschi, s'era rivelato essere una complicata mappa parecchio dettagliata, e dalle dimensioni ragguardevoli. Si trattava di una struttura vagamente ottagonale, ricoperta da un complicato reticolo di filamenti multicolore rettilinei e non, che circondavano geometrie di svariate forme e grandezze, e da linee spezzate grige che si diramavano in segmenti senza alcuna logica apparente. La filigrana multicolore (che comprendeva tutte le tonalità fra giallo e rosso) era più fitta verso il centro della figura, andando disperdendosi alle sue estremità. Verso il centro, elissoidi e semicerchi deformati in vario modo erano quasi addossati l'uno all'altro, mentre lo spazio centrale -lasciato vuoto dai loro profili curvilinei- era circondato di rette grige decisamente più spesse della media. A sinistra, un imponente rombo irregolare svettava per l'assenza di colore, nient'altro che un buco scuro attorno al quale cordicelle rosse si aggrovigliavano. Nella parte bassa, a destra, un gran numero di parallelepipedi di medie dimensioni erano separati da strette stringhe di colore giallo che sfumava in arancione. All'estremità superiore, alcuni rettangoli molto stretti e lunghi erano disposti orizzontalmente, avvolti da pervasive barriere grige che li avvolgevano strettamente. In basso, alcuni cerchiolini grigi parevano intersecarsi l'uno nell'altro, come anelli di una cotta di maglia.

    "Maas Biolab, reparto ricerca e sviluppo, sede di Dilagon City. Non chiedetevi come io abbia potuto mettere le mani su questo prospetto, grazie" asserì la voce del loro committente, con fare cerimonioso, mentre lo schermo zoomava sulla mappa e scorreva dolcemente percorrendone l'interno.
    "Volendo dare ascolto alle graduatorie, si tratta del sesto blocco scientifico dello stato, in quanto a dimensioni. Del terzo, in quanto a liquidità investite annualmente. Una bella barca di soldi, insomma, per chi crede che i cervelloni là dentro possano inventare qualcosa di remunerativo. Come immagino capirete da soli, un posto del genere ha un sistema di sicurezza capace di fare il culo a qualsiasi caveau di molte banche d'alto livello. Ma andiamo con ordine" affermò la voce, mentre l'immagine si spostava verso il basso, avvicinandosi alla zona ingombra di cerchi.
    "Il grigio rappresenta le pareti, mentre le linee colorate sono i corridoi interni. Quanto più un percorso si avvicina al colore rosso, tanto più esso è prossima una locazione importante...e dunque è più alta la sorveglianza. Si parla non solo di squadre di sicurezza, ovviamente armate con equipaggiamento letale anti-intrusione...ma anche -e soprattutto- di sistemi automatizzati. Le informazioni a riguardo sono difficili da raggiungere, ma so di un reticolo di tubature capace di movimentare centinaia di metri cubi di gas nervino ad alta concentrazione in pochi secondi, in ogni angolo della struttura. Fate incazzare il loro sistema di sorveglianza, e magari fatevi chiudere tra due portelloni stagni con nubi di organofosfati che vi occludono i polmoni: forse, dopo potrete farvi un'idea di cosa vuol dire tener fuori gli scocciatori" affermò la voce, sempre deformata ma non senza esprimere un sottile filo di preoccupante ammirazione.
    "Queste circonferenze rappresentano la struttura portante di grosse cisterne di depurazione acque reflue. Non avete idea di quanta merda processi un impianto del genere ogni secondo: da qualche parte dovevano pure buttare via le loro schifezze, no? Ebbene sì, signori e signore: per entrare nel laboratorio, passerete dalle fogne" affermò tronfio il loro committente. Sebbene al momento il suo volto non fosse mostrato a schermo, tutti i presenti avrebbero potuto essere certi che la sua rappresentazione virtualizzata -da qualche parte- stesse esibendo l'ennesimo ghigno di derisione.
    "Non che sia stato il primo ad averci pensato, beninteso. L'idea, anzi, è piuttosto inflazionata. Dato che chiunque voglia eludere il sistema di sorveglianza può pensare di passare da sottoterra, gli amministratori della sicurezza della Maas hanno pensato bene di riempire i passaggi di manutenzione di guardie armate. Per evitare che qualche genio si facesse venire la brillante pensata di scivolare attraverso le tubature, inoltre, hanno fatto saturare gli impianti di deflusso dei liquami di una quantità di mine di prossimità sufficiente a riempire questo magazzino. Ma non si tratta di esplosivo, sia ben chiaro: a nessun esperto del settore verrebbe mai in mente di demolire un pezzo del suo prezioso laboratorio, ogniqualvolta qualche idiota ficca il naso dove non dovrebbe. No, miei cari: ordigni corrosivi ad attivazione termica. Un qualsiasi deficiente ci si avvicina troppo? Centinaia di sferette di sintometallo, distribuite lungo le tubazioni, possono di liberare getti pressurizzati di acidi molto aggressivi, capaci di sciogliere carne e vestiti come burro su una padella calda. Insomma, qualcosa di piuttosto fastidioso" affermò il figuro, ridacchiando tra sé.
    "Ad ogni modo, nessun sistema è così potente da essere invulnerabile. Alcuni possono dare dei problemi in più, ma quanto è vero il cielo, tutti quanti possono essere fottuti. Basta solo sapere con chi parlare. Nel mio caso, è stato risalire alla frequenza con la quale vengono revisionati i condotti nel corso dell'anno" rivelò la presenza, senza nascondere un'abbondante dose di piena soddisfazione.
    "Anche tubature del diametro di due metri vanno restaurate, giusto? D'altronde, riversano nelle fogne tonnellate di melma non sempre del tutto depurata. Bene: in queste rare occasioni, gli ordigni vengono disattivati per permettere alle squadre d'intervento di fare il loro lavoro in tutta sicurezza. Ed indovinate un po'? L'intervento di manutenzione della conduttura 16 è previsto per domattina. Dunque, il passaggio dalle fogne al limitare della struttura sarà questo...una tubatura. Buia e ricoperta di poltiglia tossica, certo, ma almeno priva di sfere esplosive capaci di sciogliervi quei bei visini. Direi che è il meglio a cui potrete ambire, quindi non voglio sentire lamentele" li derise questi, senza lasciare loro il tempo per replicare in qualche modo.
    "Chiaramente, entrambe le estremità del tunnel in manutenzione vengono serrate da chiusure ermetiche di acciaio al titanio, spesse mezzo metro. Non un ostacolo insormontabile, con la giusta quantità di nanoide caustico. Ma quella merda costa un'occhio, e nel vostro team c'è qualcuno che sarà in grado di aggirare l'ostacolo delle mine con una facilità disarmante. E gratis" rivelò Dale, mentre la telecamera si voltava verso Elèna, fissandosi su di lei.
    "I morti non emettono abbastanza infrarossi, da far scattare quegli affari. Ti basterà non pestarle, e vedrai che le granate corrosive nemmeno ti rallenteranno. Il tuo computo sarà quello di raggiungere il centro di comando del sistema idraulico" spiegò, mentre sullo schermo veniva evidenziato un complesso percorso zigzagante di colore giallo, poco al di fuori della struttura e prima ancora delle strutture circolari.
    "Passerelle ad uso tecnico, qualche condotto di ventilazione, alcuni passaggi non convenzionali ma che non ti daranno problemi. Ho un comodo palmare da polso, nell'altro cassetto, che potrai portarti dietro per visionare tutto il percorso in tempo reale. Potresti trovare qualche pattuglia, ma sono certo che sarai in grado di non farti notare...o di trattarle con discrezione, all'occorrenza. Il percorso fino alla stanza di controllo dovrebbe essere piuttosto sgombro: una volta arrivata lì, dovrai aprire le paratie via software, simulando un emergenza tecnico-in-pericolo." affermò sicuro.
    Poco dopo, la voce parlò nelle orecchie di Elèna, in modo che solo questa potesse sentire, schernendola con un
    "Non dovrai hackerare tu il sistema, tranquilla...non ti faccio così in gamba." dopodiché, Dale riprese a parlare a tutto il gruppo, dagli altoparlanti.
    "Ho fatto programmare un virus appositamente da un tagiko decisamente a corto di contanti. Il disco è attaccato sul retro del monitor che state guardando...ti basterà inserirlo in una delle consolle del centro di comando, e sarà lui stesso a muovere tutti i fili necessari...oltretutto, occultando l'operazione agli occhi del sistema principale, della struttura principale. In questo modo, nel centro di ricerca, nessuno si accorgerà di nulla" affermò soddisfatto Dale, prendendo un paio di profondi respiri prima di ricominciare a parlare. Quel suo lungo monologo, che stava proseguendo ininterrotto da parecchi minuti, sembrava eccitare la voce della figura, che si caricava sempre più di un fervore malsano. Probabilmente, dato dall'autostima dell'uomo, dimostratosi capace di creare un piano tanto complesso. La mappa mostrò un dettaglio della zona cisterne, dove alcune strade rosse si avvolgevano lungo i muri curvilinei.
    "La vostra coordinatrice, almeno per la prima parte del percorso, non sarà con voi. Questo non vi autorizza a lasciarvi andare compiendo le peggiori stronzate. Dovete solo andare avanti lungo un condotto, fermandovi quando Lewis ve lo comunicherà. Seguendo un percorso analogo al primo ed ugualmente ingombro di ordigni, Lysa potrà riunirsi al resto di voi, che intanto sarete impegnati a superare un brevissimo tratto minato in modo massiccio. Si tratta dell'ultimo segmento di tubatura prima dell'ingresso all'interno del complesso, uno snodo critico ad alto rischio. Non esiste un passaggio privo di mine...tuttavia, Lewis saprà disarmarle a distanza, permettendo ai vostri culi molli di strisciare al sicuro fino dentro al laboratorio. Gli ci vorrà del tempo, a rendere inoffensivi gli ordigni...e l'effetto sarà solo temporaneo. Ma vi sarà sufficiente, e ci metterete all'incirca lo stesso tempo che occorrerà alla vostra mascotte dalla pelle bianca per raggiungervi. Una volta riunita la squadra, sarete all'interno. Potrete darvi una grossa pacca sulla spalla: avrete appena passato la parte più semplice." affermò la voce, con il suo solito tono sprezzante ma senza dare l'impressione di stare scherzando. L'immagine si allontanò, evidenziando cinque differenti percorsi gialli (che si scurivano in certi punti), concentrandosi dunque su una delle strutture ellittiche prossime al centro dell'ottagono irregolare.
    "Dovrete raggiungere il Padiglione δ, seguendo uno dei percorsi a minor sicurezza che sono riuscito ad elaborare. Non sono strade rettilinee, ma dovrete farveli andare bene: l'assenza di telecamere e sensori vi permetterà di procedere rapidamente fino in prossimità del vostro obiettivo. Nei punti più critici, Lewis si occuperà di accecare momentaneamente gli occhi della struttura, e di farvi entrare all'interno della cupola. Se riuscirete a trascinarvi fino là dentro...potrete tirare un sospiro di sollievo, per qualche minuto. Nell'edificio non ci sono sistemi o squadre di sicurezza, essendo completamente finalizzato allo studio sul campione. Potrete al più incontrare qualche tecnico, o squadra di ricerca altamente specializzata. Una volta messe le mani sull'esemplare, dovrete semplicemente percorrere la strada a ritroso, e levarvi da là dentro il più in fretta possibile. Non ci saranno allarmi...vi basterà non farvi vedere, o togliere di mezzo chiunque vi sbarrerà la strada. Ve l'ho detto: non è mai stato previsto che qualcuno riuscisse ad arrivare tanto in profondità nell'impianto. Prendete una strada, correte come dei dannati fuori da quel posto...e potrete dire di esservi strameritati il vostro compenso." concluse la voce, tirando un lungo, profondo respiro soddisfatto. Probabilmente, si trattava di puro compiacimento, per essere stato in grado di esporre tutta quella sequenza di dati in modo tanto pragmatico, e preciso.
    "Bene. Ora, a voi...se avete delle domande, sputatele fuori. Se avete qualche idea su quale possa essere il percorso ideale per raggiungere il Padiglione, voglio sentirlo. Mi sono fatto un'opinione su quale possa essere quello ottimale, certo, ma vorrei sentire la quantità di acute osservazioni che certamente sarete in grado di produrre a riguardo" asserì la presenza, non senza usare un tono di derisione profonda.

    I cinque percorsi erano tra loro completamente diversi, tanto da avere in comune soltanto il punto di partenza e quello d'arrivo. Il più breve, che compiva solo una breve circonvoluzione a destra, era puntaggiato in più sezioni da snodi di colore rosso. Un'altro si arrischiava a sinistra, attorno al romboide scuro, aggirandolo e tornando repentino verso la cupola. Sebbene quasi tutto il percorso fosse di colore chiaro, esso diveniva improvvisamente d'un rosso cupo in prossimità del quadrilatero. Una terza strada, raggiunta rapidamente la zona dei Padiglioni, s'insinuava alle loro spalle, aggirandone ben tre, prima di raggiungere quello corretto. Nel retro di queste strutture, il percorso si colorava spesso d'arancio, anche per tratti prolungati. Un quarto cammino tendeva verso destra, scorrendo tra le strutture quadrangolari ivi presenti. Sebbene risultasse piuttosto lungo e contorto, esso si manteneva quasi completamente giallo (a meno di un bivio, d'un arancione non troppo intenso). Infine, l'ultima strada era un lunghissimo periplo di tutta la zona alta del centro di ricerca: s'insinuava tra i blocchi lunghi e stretti ivi presenti, scendendo poi verso il basso e puntando pigramente verso l'obiettivo della spedizione. Sebbene enormemente lunga e complessa, quest'ultima traversata restava di colore giallo per tutta la sua interezza.

    "Per vostra informazione..." incominciò la voce, prima che qualcuno potesse sollevare dei dubbi sull'interpretazione della mappa, "Il blocco al centro dei Padiglioni è un grosso reattore all'idrogeno, che fornisce energia all'intero complesso. Non ci dovrete passare troppo vicino, quindi fate finta che non esista. I rettangoli a destra sono magazzini, mediamente poco sorvegliati perché sigillati a tempo. Nella parte alta ci sono i server...nient'altro che unità di memorizzazione. È la zona a minor sicurezza...ma anche la più distante dal nostro obiettivo." espresse la voce, infine tacendo. Il silenzio che seguì le sue parole si riverberò in tutta la stanza umida, facendo avvertire ai presenti ancor più acutamente quanto fossero larghe e vuote le sue ampie pareti.
    Avvolta da una nebbia che odorava di marcescenza, Flora lanciò un solo sguardo, carico di significato, diretto verso Jesper.
     
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