Questioni di sangue

Noctis - Rivaille

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    Non poteva farne a meno.

    Sembrava inevitabile.

    Eppure si era detto di cambiare una volta tanto.
    Nonostante ciò però finiva sempre lì, in zone del genere.

    Pur decidendo di esplorare i quartieri alti, per osservare la parte della popolazione che tecnicamente doveva cavarsela meglio, era arrivato a Golgona, rientrava tra la categoria dei quartieri alti, agiati, quelli dove per rientrare a casa la sera non era necessario accendere un cero e pregare per la propria incolumità.
    Tuttavia quel posto aveva la stessa puzza di quei quartieri degradati e decadenti della zona vecchia cui il notturno era così abituato a fare visita, non solo dal suo arrivo a Dilagon, da sempre, sia da vivo sia nella non morte.
    Noctis in qualche modo ne sentiva la necessità, doveva percepire quell'atmosfera putrida sotto il suo naso, era l'unica a cui realmente apparteneva, l'unica a cui la sua anima si era adattata, doveva vedere la sporcizia, la corruzione sotto il suo naso. Tutto il resto non era reale. Non era la sua realtà.

    Dopotutto anche l'orfanotrofio dove era cresciuto i primi anni della sua, breve, vita mortale aveva quella puzza, ci era nato in quella merda, non riusciva a staccarsene e, onestamente, non aveva nemmeno tutto questo interesse nel farlo.
    Uno penserebbe che forse a furia di stare nel putrido, ci si inizierebbe ad adattare - abituare a quel mondo, a considerarlo la normale condizione dell'essere.
    Il vampiro invece odiava ancora la sua realtà, detestava quel mondo, proprio per questo continuava ad addentrarsi in quei posti, per ricordarsi costantemente della miseria e delle ingiustizie presenti nel mondo.
    Non era certo il tipo da "progetto di giustizia", ma onestamente un pensiero abbozzato e immediatamente scartato nella sua mente c'era sempre stata, e quella città, Dilagon, in qualche modo, a poco a poco, lo stava allettando a riprendere in mano quell'idea... Revisionarlo.
    Dilagon... Era in grado di apparire quasi a portata di mano, così vicina che forse basterebbe allungarsi un poco per riuscire ad afferrarla e farla propria.
    Ma il cainita sapeva che quella era una semplice illusione, che doveva diventare più potente, era necessario rinchiudere quel maldestro abbozzo di ambienzione finché l'illusione non fosse diventata tangibile.

    Le strade quasi vuote.
    Le nuvole si stavano estendendo nel cielo, forse avrebbe nevicato.
    Un trench nero, dei coltelli nelle tasche.
    Un guanto di pelle a nascondere gli orrori della mano sinistra, mentre questa nascondeva al suo interno una lama micidiale come poche.
    Così cominciava per il nosferatu quella fredda notte di Dicembre a Golgona.

    Boh, questo post di apertura mi è venuto così, spero non ti dispiaccia xD
    EDIT per inserimento statistiche pg:
    Noctis
    Punti Vita: 140/140
    Punti Difesa: 61/61
    Bonus ai Punti difesa per schivare: +3
    Riduzione del danno: +0

    Rivaille
    Punti Vita: 55/55
    Punti Difesa: 40/40
    Bonus ai Punti difesa per schivare: +2
    Riduzione del danno: +0



    Edited by Evil-Riku - 18/2/2014, 14:01
     
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    A dir il vero m'è piaciuto parecchio, ha risvegliato il mio interesse, e non nego d'essere curioso di leggere il tuo prossimo post.
    Ah, ti prego di perdonare eventuali manchevolezze nel mio post, devo riprendere la mano.

    Vagava, apparentemente privo di meta; avanti a sé, il nulla, vedeva soltanto buio – il vuoto, e tuttavia, stranamente, continuava imperterrito a forzare il suo ingresso dentro a quel quartiere.
    Quest'ultimo non gli diceva assolutamente nulla, aveva avuto modo di riscontrare, ancora, una disgustosa e fin troppo evidente mancanza di senso stilistico, di cui tutti gli edifici – e naturalmente gli individui che li avevano costruiti – eran privi, rendendoli null'altro che meri ostacoli visivi. Delle simili manchevolezze architettoniche, per giunta, erano imperdonabili, e non si capacitava di credere che qualcuno era riuscito, chissà con qual coraggio, a dar forma concreta a simili aborti. Molti di essi erano parecchio alti, si stagliavano arrogantemente dinanzi a lui, come osteggiando scioccamente la loro posizione, la loro innegabile funzione all'interno di quel quartiere, non permettendo all'occhio di veder oltre a quel disgustoso ammasso di cemento e vetro, ormai sfigurato dalla piaga del tempo, di cui erano perlopiù composti.
    Avrebbe potuto rimettere, ma il pensiero di lasciar una qualsiasi sua traccia in quel luogo lo disgustava quanto bastava per costringerlo a trattenersi.
    Sospirò debolmente, fermandosi un poco per guardarsi biecamente attorno, quasi per masochismo; sapeva che una simile visione gli infliggeva dolore. Tuttavia era disinteressato, chiaramente – non v'era nulla di visivamente appetibile, ciò che poteva ora vedere solo era solo un'infinita distesa di vie, grandi o piccole, costeggiate da costruzioni dal dubbio gusto che andavano a diramarsi asimmetricamente, quasi casualmente.
    E l'occhio, l'occhio era stanco. Lui era stanco, come se realmente potesse esserlo. Non voleva più guardare nulla, non desiderava più trovare ciò di cui era alla ricerca, come una caccia innarestabile, da quando avesse memoria.
    Era finita, non ne necessitava più; l'esistenza d'una simile cosa era una sciocca quanto irreale convinzione, un mero conforto unicamente degno d'un essere debole, ed in fin dei conti ne era conscio, non voleva solo ammetterlo. Non più.
    Per più di due volte si perse in quel labirintico quartiere ove si ripromise di non metter nuovamente piede.
    La cupa notte dominava su tutto, e su di essa svettava la luna, splendente più che mai, che pareva come atta ad osservare ogni suo più minimo movimento. Ma tali attenzioni non lo lusingavano affatto, al contrario, per dispetto – nonostante fosse solo uno sciocco pensiero, e ne era conscio – avrebbe tanto voluto sdradicare quella sciocca palla che s'ostinava a brillare in un luogo che non le apparteneva, troppo luminosa, indegna di trovarsi fra le maestose oscurità del cielo notturno.
    Era di troppo.
    Come lui, d'altronde.
    Riprese a camminare, l'aria era fredda, gelida, la sentiva tagliargli il volto, e quasi se ne rallegrava; nelle gelide notti cacciava decisamente meglio, nutriva quasi una morbosa passione nel viverle, nell'assaporare quella brezza di ghiaccio ch'entrava nei suoi defunti polmoni, sapeva, sebbene ormai fosse perlopiù indifferente al freddo, d'aver trovato qualcosa di più gelido di sé.
    Ma si stava perdendo in sciocchi pensieri, e questo non l'aiutava di certo; v'era infatti un motivo per quella sua visita a Golgona, lui era quella sorta d'individuo disprezzabile che non faceva nulla per niente.. o per gli altri.
    La sua sete era placata, nonostante non avesse disprezzato una calda bevuta, sia in quel momento che in qualsiasi altro, era lì per altro, per la conoscenza. Benché gli abitanti della città non avessero mai avuto fin dal principio alcuna possibilità di sfuggirgli, poter sfruttare la conoscenza dei diversi quartieri gli sarebbe tornato indubbiamente utile, anche in quanto Dilagon non era soltanto piena di sciocchi dabbene, purtroppo annoverava anche una vasta rosa d'altre creature più o meno sgradevoli. Ecco, a ben pensarci, ciò che non aveva ancora visto – e che non gli avrebbe certo fatto piacere vedere – era un altro vampiro. Non amava i suoi cosiddetti ‘parirazza’, li trovava perlopiù sciocchi e rozzi, privi d'intelletto e della fine eleganza che lo contraddistingueva e dunque assolutamente disprezzabili. Non voleva avere nulla a che farci, ed ora che prendeva la possibile evenienza che vi fosse un altro vampiro in quella città sotto esame si capacitava di non sapere come dover agire.
    Avrebbe potuto attaccare, certo, ma con quale ragione, oltre al puro disgusto? Non lo trovava sensato, era sciocco, e lui non aveva certo intenzione di cadere così in basso da affrontare esseri tanto volgari. Provare a comunicare, tuttavia, risultava ancor più assurdo di quanto già non fosse la precedente ipotesi, e probabilmente non avrebbe portato a nulla, quantomeno nella maggioranza dei casi. Amava giocare col fuoco, rischiare tutto, anche la sua stessa esistenza, tuttavia questa sadica mania che l'accompagnava da sempre non s'applicava in questo caso, non poteva permettersi di morire nelle mani d'un altro vampiro, sarebbe stata un'onta imperdonabile. Arrivare a darsi una risposta quantomeno sensata non era una sua priorità né impellente necessità, creature tanto melense erano indegne della sua attenzione; a tempo debito avrebbe potuto figurarlo, pur se l'occasione fosse arrivata prima del tempo stesso, e non poteva che domandarsi, con una certa curiosità verso sé stesso, cos'avrebbe fatto in quel caso.
    Raramente si trovava impreparato, era troppo metodico per permetterlo, e non amava affatto brancolare nel buio, seppur riconoscesse che per certi versi fosse a dir poco piacevole, nonché indicibilmente divertente.
    Oltre al sangue ed al sapere, quella era l'unica necessità che richiedeva un soddisfacimento costante, era incredibile quanto facilmente potesse tediarsi un immortale, e quanto arduo fosse ottenere anche un solo istante di divertimento, nel suo caso un divertimento sadico, malato, legato ed inscindibile dalle carni, dal sangue, dalla sofferenza.
    Continuava a camminare, rapido, immerso nell'oscurità, mentre un tedio sempre maggiore andava ad impossessarsi di lui.

    Edited by Arãshi - 18/2/2014, 21:21
     
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    Camminando immerso nella medesima visione che si ostentava a ripetersi così in quel luogo così come nel resto dei quartieri degradati di quella città, per qualche motivo Noctis si mise a ripensare alle ultime morti che la sua lama aveva causato. In particolar modo ai suoi parirazza che aveva... Cacciato.
    Assassinato senza emozione.

    Si, quelle erano le cosidette morti per il "bene superiore", morti generate non per difesa personale ma perché quegli esseri rappresentavano un pericolo per i più deboli. O almeno questo era ciò che si diceva ogni volta.
    Tuttavia gli sembrava una, penosa, scusa che usava automaticamente per sentirsi meglio, solo che non funzionava. Gli sembrava di compiere ogni volta una cosa terribilmente sbagliata.
    Ciò nonostante, ogni volta che i suoi sensi percepivano la presenza di un succhiasangue, il suo corpo entrava in modalità "killer", come se il suo istinto desse per scontato che non esistevano alternative, che non valeva nemmeno la pena tentare un altro metodo prima di passare allo sterminio.

    Riflettendoci in quel momento, a mente fredda, si rese conto che era quel dannato e così lampante paradosso a togliergli il sonno di giorno.
    Anche lui aveva ucciso, per fame, per errore, per arroganza.
    Eppure era ancora vivo, non perché avesse incontrato chissà quale anima pia, semplicemente era riuscito a sopravvivere fino a quel momento ed adesso aveva deciso di cercare di mettersi in pari per il male che aveva fatto, che continuava a compiere.
    Lui aveva avuto quell'occasione.
    Mentre fino ad ora aveva tolto sin da principio tale possibilità agli altri.

    Forse gliela doveva, non solo a loro, ma un po' anche alla sua anima. A quella piccola fiaccola, chiamata umanità che così tanto doveva sforzarsi per mantenersi viva, dopo tutto era grazie a lei se era sopravvissuto all'incontro con certi individui, come Eléna.

    Destino volle che così, per caso, Rivaille e Noctis stessero percorrando la stessa strada di Golgona, poche decine di secondi li separavano dall'incontrarsi.
     
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    Potrebbe risultar piuttosto banale, avrei voluto far qualcosa di più peculiare per il loro primo incontro ma non avevo proprio idee, sorry.


    Ed in quell'istante quella tediosa notte prendeva nuovo significato, il velo di monotonia presente fino a quel momento veniva ora squarciato dall'improvvisa quanto inaspettata apparizione d'un giovane, lì, in quella stessa via, proprio dinanzi ai suoi occhi.
    Per il vampiro un incontro poteva significar molto - o ben poco, secondo l'ottica d'un comune mortale: sangue, divertimento, oppure semplice e sadico diletto, sebbene, a dir il vero, tutto ciò lo era. Ah, sarebbe stato indicibilmente delizioso se la vicenda si fosse svolta secondo quell'esatto modello, tuttavia non avrebbe sottovalutato nuovamente un abitante di Dilagon che poteva anche non esser umano, macchiarsi nuovamente d'un errore oltremodo grossolano come quello implicava certe manchevolezze analitiche che proprio non rientravano nel suo caso. A priori, nessun umano usciva ad un orario tanto tardo, la notte, fortunatamente, non gli apparteneva ancora, non disponevano del coraggio necessario per affrontare i mostri che discendevano con essa, che s'era dunque salvata dalla contaminazione della loro sudicia presenza. Tutto ciò lasciava intendere ch'egli era indubbiamente uno di quei mostri, ma quale, fra tutti? Un quesito piuttosto interessante da porsi, ma crucciarsi non era necessario, sapeva che ben presto l'avrebbe scoperto, volente o nolente che fosse. A rafforzare ulteriormente la sua tesi v'era il fatto che non era stato in grado di sentire il tipico profumo di quella stessa deliziosa vitæ umana che tanto bramava, o più precisamente ciò non era oggettivamente possibile giacché quella creatura doveva esserne totalmente priva.
    Un'idea tanto malsana balenò nella sua mente in quel preciso istante, probabilmente l'avrebbe nuovamente portato a rischiar la vita, o forse avrebbe potuto anche perderla, quella volta; l'ignoto aveva i suoi innegabili fascini, e simili pensieri lo empivano di leggera eccitazione, quasi fremeva di piacere quando simili occasioni gli si schiudevano davanti; le considerava un regalo della sorte, nascevano per lui, e lui soltanto doveva goderne, sfruttandole quanto più poteva, prosciugandole della loro stessa esistenza, in grado di soddifarlo giusto per un poco.
    I suoi momenti perfetti.
    L'idea in questione era proprio quella di dilettarsi un poco col nuovo venuto, dinanzi ad una simile intenzione si curava ben poco delle conseguenze, e benché ciò potesse parir sciocco, non lo era affatto: non era certo acceccato da del mero orgoglio o da un'altrettanto triviale quanto falsa sicurezza in sé stesso, no, egli era semplicemente disposto a perder la ‘vita’, seppur ciò non significasse che fosse facile sottrargliela.
    La sua esistenza fino a quel punto era già traboccante di simili situazioni, deliziose indubbio, ma ove la certezza d'aver salva la vita veniva meno, sempre; ma non s'era mai crucciato di quest'ultimo particolare, ecco tutto ciò ch'era per lui, un semplice dettaglio, e non se ne curava più d'ogni altro.
    Contrariamente, l'approccio che avrebbe dovuto adottare era una questione impellente, a cui avrebbe dovuto dar pensiero, giacché esso avrebbe decretato molto, tutto, non era solo un mero espediente, era un'origine che determinava l'esito stesso.
    Una mente fredda ed efficiente era la chiave per la supremazia; in un istante aveva già pensato a tutto, minimi dettagli compresi, ma così non risultava esser tanto divertente quanto lo sarebbe stato limitandosi a tracciar solamente i contorni e lasciando il resto al caso, cosa che infine fece con estremo piacere.
    Ora più che mai nessuno poteva sapere come sarebbe andata, e le medesime sensazioni di prima tornavano, brevemente, a sopraffarlo.
    Figurò dunque che fosse arrivato il momento opportuno per avvicinarsi, per tendersi verso di lui; anche la scelta del momento era cruciale, un dettaglio inevitabilmente significativo che aveva tenuto in considerazione fin dall'inizio, assieme al resto, facendo risultare quei suoi intenti perfetti, quantomeno all'apparenza – e nonostante vivesse d'apparenze in un simile contesto di brillante ingegno e meticolosa pianificazione non eran certo quelle ad avere reale valore, voleva l'effettività, ora bramata quanto paradossalmente solitamente disprezzata. Essa era intrinseca all'esistenza stessa, lei decretava la concretezza d'una cosa, e quando vi pensava in questi termini un assoluto disgusto l'assaliva.
    Si piazzò di pochi passi davanti al giovane, impedendogli di proseguire ulteriormente, assumendo una posa neutra, le mani lungo i fianchi, le lunghe gambe dritte, vicine fra loro, mentre s'impegnava a guardarlo quel poco che bastava per averne ricordo.
    Dunque esordì, magistralmente:
    “Oh, a quanto pare.. ” S'interruppe, d'improvviso. “No, nulla è come pare.”
    Seguì un'altra breve pausa, un solo istante di silenzio.
    “Ma ditemi, dunque, se non risulto inopportuno, cosa ci fate immerso in questa deliziosa tenebra?”
    Aveva appena aperto le danze, e già moriva dalla voglia di ballare.
     
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    Quei pensieri che affollavano la mente del nosferatu ritardarono un poco i suoi riflessi, tant'é che non diede grossa importanza a quel ragazzo che stava davanti a se, finché questi appunto non si pose sulla sua strada.
    Non dava l'impressione di possedere intenzioni ostili, ma gli stava comunque impedendo di proseguire. Quel gesto doveva pure significare qualcosa.

    Normalmente uno sguardo sarebbe bastato per riconoscere un suo parirazza, le avventure vissute a Dilagon gli avevano dato abbastanza esperienza da essere in grado di individuare i tratti caratteristici dei suoi fratelli predatori tra cio l'odore di morte, che restava diverso da quello emesso da un cadavere, eppure restava attraente - seppur in modo diverso.
    Sarà a causa di ciò che un bel giorno un vampiro aveva deciso di dissanguare un cainata più vecchio di lui, scoprendo un metodo piuttosto efficace di diventare più potente.

    Sfortunatamente per quel giovane la sua voce ed i suoi modi erano abbastanza di classe, cosa rara in quei quartieri, da svegliarlo completamente dal torpore e portarlo a concentrarsi seriamente su quella persona dai modi così altolocati.
    Immagini di Londra attraversarono brevemente la sua mente. Ma no, non era un londinese come lui o quell'arcanista Justin. Non era nemmeno australiano.
    Irrilevante. Concentrati!
    Già, erano futili dettagli.
    Quella notte era arrivato ad una decisione, ma stava facendo - in modo più o meno conscio - di tutto per evitare di riconoscere l'evidenza e provare nella pratica se poteva essere coerente con la sua scelta.

    Quello era un notturno, un immortale, un vampiro, un predatore... Una preda, forse.
    Certamente non un ragazzino spavaldo che si diverte a girare in quartieri del genere a mezzanotte passata, salutando i passanti senza riserve.

    Metto in questione la mia morale, ricordandomi costantemente di quanto siano profonde le radici della corruzione con questo malsano specchio sul mondo.
    Si interruppe, la sua natura logorroica, narcisista ed egocentrica sarebbe potuta andare avanti per ore. Ma no.
    Non quella notte.
    Nonostante ciò, decise di osservare quel suo consanguineo, comportandosi come se non sapesse cosa l'altro fosse, prima di tutto voleva capire se era in grado di riconoscere un suo parirazza.
     
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    Massì, massì! Come non aveva potuto accorgersene prima? Quasi non voleva ammettere d'aver tralasciato con una simile noncuranza certi dettagli, quella pelle così candida e bianca, e quella peculiare sensazione ch'egli emanava, e da cui l'intero corpo era permeato.
    A ben pensarci, quell'incontro risultava quasi assurdo, aveva da poco pensato al disgusto ch'avrebbe provato se mai avesse dovuto venir a contatto con un suo parirazza, ed ai possibili modi in cui avrebbe dovuto affrontare le due cose, giacché il disgusto non veniva meno, tuttavia ora non sapeva se gioire di quella peculiare evenienza o meno. Non si curò molto, quantomeno all'apparenza, della scoperta appena compiuta, il volto rimase del tutto inespressivo anche dopo aver notato la sua ipotetica natura, non diede alcun segno di cambiamento, e l'intenzione di confrontarlo con quella nuova verità era ben lontana, non v'era alcuna ragione per farlo.
    La risposta fornitagli aveva superato ogni sorta d'aspettativa che si sarebbe potuto mai fare nei riguardi d'una qualsiasi creatura, era troppo profonda per appartenere ad uno sciocco qualsiasi, nonostante questo non significasse ch'egli non lo fosse. Ed invero lo era, assolutamente, e di certo non uno qualsiasi, era decisamente uno sciocco della peggior specie, accecato da patetici ed innecessari valori melensi per antonomasia e tipicamente umani quali la morale, proprio come se li incarnasse in sé, quale atroce banalità. Avrebbe potuto aprire una parentesi su come, dopo tutti quei suoi anni d'esistenza, avesse visto ben poche parole più misere di quella, di significato così povero, quasi insignificante, prive d'effettiva ragione d'esistere, e tuttavia utilizzate in continuazione da mediocri sciocchi, ma dubitava avrebbe potuto trarne compiacimento.
    Si sarebbe volentieri abbandonato ad un riso che non avrebbe poi avuto modo di soffocare fin da quel momento, tuttavia evitò, non dubitava che avrebbe avuto infinite occasioni per farlo, con lui.
    Ad aggravvar la situazione, o renderla più ilare, a seconda dei casi, una seconda sciocchezza si susseguiva alla prima, prima parlava di morale, ora di corruzione, come se conoscesse, di preciso, il profondo divertimento che simili concetti e banalità provocavan in lui. Non comprendeva, a dir il vero, come un individuo dotato anche solo d'un briciolo d'intelletto potesse perdersi in simili trivialità: erano questioni oggettivamente banali, la morale non era necessaria, era un masochistico intralcio che gli umani amavano far incombere su loro stessi, un vincolo falso ed inutile posto perlopiù per ottenere del mero autocompiacimento, per innalzare sé stessi, spacciandolo come qualcosa di ‘corretto’, di ‘giusto’. Sciocchezze.
    La corruzione, d'altro canto, era soltanto una banale conseguenza dell'arroganza e brama degli umani, non vedeva come potesse esser degna di nota, dunque perché mai, si domandava, quel giovane doveva crucciarsi e perdersi per simili cose?
    Che fosse uno scarto di paladino della giustizia, forse? Ma a Dilagon, come in qualsiasi altro posto, non si capacitava della sua presenza, non v'era necessità di figure tanto emblematiche, di sciocchi valori, non v'era bisogno della giustizia stessa, il caos andava bene, puro e semplice caos.
    Fece spallucce, scrollandosi tutta quell'amalgama di disgusto che i suoi ‘valori’ dal dubbio senso ed egli stesso rappresentavano per lui, seguitando nell'intenzione di non farlo proseguire oltre.
    Non gli aveva posto alcun quesito, nonostante tutto doveva quantomeno riconoscergli che non possedeva l'immotivata curiosità che accomunava molti, troppi esseri, era quasi riprovevole come ne facessero sfoggio in ogni occasione con tanta ossessività.
    “Credo voi non comprendiate, mio caro amico, le sciocchezze che conseguono alla vostra frase, e che abbiate appena implicato d'essere tutto ciò che non ritengo voi siate, che nessuno possa essere. Non nego, tuttavia, che quella di poter incarnare degli sciocchi valori od inesistenti ideali di sorta sia una credenza piuttosto comune e, me ne rammarico, in voga, dunque non ve ne faccio una colpa.”
    Il tono era calmo, freddo, tuttavia risultava al contempo gradevole, armonioso e soave, come impossibile da disprezzare.
    Fino a quel momento non v'era mai stata persona in grado di vedergli attraverso, capace di discernere la sua vera natura, di riconoscere le sue false intenzioni, tuttavia gli occhi vedevano i suoi interlocutori con interesse sempre nuovo, alla ricerca d'un individuo in grado di poter compiere tutto ciò; non era certo un ossessione, più un gioco, un espediente per ingannare il tempo, sebbene non credesse che un individuo talmente dotato – oltre a sé stesso, chiaramente – potesse esistere.
    Viveva di maschere e d'inganni, d'illusorie macchinazioni, e da essi non poteva che trarre piacere, s'immedesimava nell'atto di vivere, l'arte stessa dell'inganno prendeva forma mediante il suo corpo, mente, espressioni, emozioni, qualsiasi cosa facesse parte di sé – senza non era nulla, poco più d'un guscio vuoto.
    L'iniziale disgusto quasi andava scomparendo dinanzi all'immensa rosa di possibilità che quell'incontro poteva offrire, tutti quei possibili sviluppi, e quelle risposte ch'egli avrebbe potuto dargli, che s'augurava non ricadessero nel banale. Ma no, voleva dar una sorta di possibilità a quel suo nuovo incontro, per testarlo, forse, oppure, più semplicemente, per intrattenere sé stesso.

    Edited by Arãshi - 20/2/2014, 16:20
     
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    La risposta dell'altro non lo sorprese, pochi erano i notturni che usavano parole come moralità e umanità senza disprezzo o senza sbeffeggiare quei concetti, era quasi assurdo aspettarsi di incontrare un altro di quei rari esemplari.

    Solitamente i non morti che riescono a mantenere il loro intelletto, una volta abbandanate le spoglie di ogni etica che etichetteranno come insulsa e patetica, scelgono un nuovo ideale da incarnare, da inseguire.
    Per il suo sire, Damian, era stato il potere.
    Per Noctis era la ricerca della battaglia, il sangue che si riversa per le strade non importa che appartenesse a lui o al nemico, le scintille generate dal duello, l'euforia. L'euforia che seguitava alla vittoria, alla distruzione di ogni volontà nell'altro, che poteva o meno, precedere la morte di quest'ultimo.

    Infatti se l'altro pensava che la vita del nosferatu si regolasse intorno a principi di etica e umanità aveva fatto male i conti. La ricerca di una sfida... Del pericolo, si il pericolo era ciò che inseguiva sperando di trovare qualcosa che lo intrattenga, che possa ucciderlo - motivo per cui l'ammazzare i suoi parirazza intenti a nutrirsi non rientrava esattamente in questa categoria.
    Se così non fosse si sarebbe spiegato il suo continuo buttarsi a capofitto in situazioni dove sembrava letteralmente che la morte si tenesse pronta a mozzargli la testa con la sua falce, non che fosse un suicida ma l'alternativa era vedere passare il tempo nella noia.
    Non saprei, non in questa città. Qui, solitamente le persone che si dichiarano fautori di tali ideali, e che cercano di interpretarli anche nella pratica, finiscono male. Ma no comunque, sono restio a considerare la morale il più importante dei miei valori, la mia persona è alla ricerca di ben altro.
    Quasi a voler scimmiottare l'altro anche il suo tono divenne mite, apatico eppure soave.


    Malgrado il giovane non avevesse mostrato cambiamenti espressivi di alcun tipo, ciò non implicava necessariamente che non fosse riuscito a comprendere la natura di colui che gli si parava davanti.
    L'essere aveva almeno un centinaio di anni, difficile credere che potesse possedere un tale contegno e self control, perciò era probabile che avesse incontrato altri esponenti della sua razza e se così non fosse stato, aveva comunque acquisito abbastanza padronanza e conoscenza del proprio corpo da essere in grado di riconoscere certe similitudini d'essere anche in altri notturni.
    Questo gli diceva anche un'altra cosa. Quel giovane era un incredibile ingannatore, anche per un cainita.
    Anche se la cosa non fosse finita nel sangue, forse quella notte si sarebbe potuta rivelare divertente.
     
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    Un inaspettato sorriso, naturalmente falso, prese forma per pochi istanti sul suo volto, probabilmente causato dalle parole appena pronunciate dal suo interlocutore, che ora vedeva con interesse rinnovato; era quasi lieto ch'egli affermasse con una simile convinzione di non essere, paradossalmente, uno di quegli sciocchi, benché non avesse mai avuto la minima intenzione di credergli, era quasi una sua prerogativa quella di non creder mai alle altrui parole, vere o meno che fossero, preferiva di gran lunga ottenere da sé le effimere verità di cui era alla ricerca, spesso l'evidenza stessa gli veniva in aiuto, ed altrettante volte doveva affidarsi alle sue capacità, ma in entrambi i casi il fallimento era un'evenienza a dir poco impensabile.
    Sapeva meglio di chiunque altro le proprietà delle parole, gli infiniti modi in cui potevano, con un poco d'abilità, venir utilizzate per altrettanti fini. Lui era un fingitore, esercitava con innata maestria l'arte dell'inganno, rendeva le parole così criptiche, false, velenose, ed al contempo tanto lusinghiere ed affascinanti; tramite esse tesseva una sottile tela di menzogne, insidie, false lusinghe e frasi d'occasione, ove i suoi interlocutori venivano intrappolati sempre più, sentenza dopo sentenza la tela andava stringendosi, s'avvinghiava su di essi, finché non ne divenivano succubi, totalmente accecati, permettendogli, come conseguenza ultima, d'ottenere ciò che voleva. L'esperienza gli aveva insegnato molto, e l'immortalità gli aveva offerto un ammontare pressoché infinito di tempo ove far pratica su innumerevoli vittime, affinando sempre più la sua abilità, che diveniva sempre più efficiente, letale, e ne rendeva conseguentemente inarrestabile il possessore. Ormai anche il discernere il falso dal vero diveniva sempre meno arduo, un sempre più netto e sgradito confine appariva a lui visibile fra i due, portandolo spesso a realizzare realtà sgradite ed ottenere consapevolezze innecessarie.
    V'era comunque cagione di gioire, in fin dei conti quella sgraziata prerogativa gli avrebbe precluso tanto di quel divertimento, una privazione troppo eccessiva per venir sopportata, soprattutto da lui, che cercava ben poco all'infuori di ciò, sebbene vi fosse anche una sgradevole dissonanza piuttosto evidente: egli aveva affermato che la morale non era uno dei valori che più aveva a cuore. Dunque ve n'erano altri? Forse ancor più rivoltanti, benché non fossero in molti a cagionar più disgusto della morale? Non voleva nemmanco immaginare in quali altre oscenità quel giovane credesse, era come accecato dalla fasulla influenza che quei ‘valori’ creati da degli sciocchi in cerca di consolazioni portavano con sé, ma che invero era inesistente. Avrebbe speso l'intera notte a farsi beffe di lui, ad evidenziare tutte quelle falle, grandi o piccole, nei suoi ragionamenti, nelle sue credenze, eppure, per l'ennesima volta, sentì la necessità di trattenersi; avrebbe potuto ignorarla, ma la sua mente era dalla sua parte, esisteva per lui, era lui, e non si sarebbe mai rivoltato contro sé stesso, se questa lo invitava a trattenersi v'era sicuramente una ragione. Forse per ottenere maggior divertimento dopo, quando egli avrebbe detto sciocchezze ancor più assurde, oppure per un'altra grottesca ragione, che l'avrebbe ugualmente divertito.
    Aveva preso ad osservarlo, ne analizzava ogni centimetro del corpo, del volto, ed ogni minima espressione che s'animava su questo, come per cogliere delle verità nascoste, effimere, sebbene tal intento non si stesse rivelando molto efficace; nonostante tutto la parola rimaneva il metodo più immediato e piacevole per raggiungere i suoi fini.
    Non pareva esser al suo livello in quanto a capacità dialettiche, ma non voleva giudicare prima del tempo, sarebbe stato decisamente improduttivo. A quanto pareva, tuttavia, era lui a dover condurre, e poteva portare, senza tuttavia sbilanciarsi, la conversazione in qualsiasi direzione volesse, difficilmente l'altro avrebbe avuto qualcosa di ridire, in quanto avevano in comune più di quanto entrambi, per ragioni probabilmente differenti, volessero dar a vedere.
    Nacque in lui il desiderio del tutto giustificabile di schernirlo, d'andare dunque oltre a quanto aveva già ambiziosamente pensato, di godere di più. In fin dei conti l'altro incarnava un archetipo piuttosto ilare, per non dire un paradosso vivente: un vampiro, un predatore della notte, nonché essere superiore, ch'aveva abbandonato la vile natura umana per elevarsi, superando quest'ultimi, e non solo, sia in intelletto che in capacità fisiche, veniva ancora contaminato da quegli stupidi concetti privi di logica, d'obiettività, di senso! Come poteva non ridere dinanzi ad un simile esemplare? Era una rarità, mai aveva incontrato un simile essere, pareva quasi cercare, scioccamente, d'ignorare la sua vera natura, di disconoscerla, come se ciò fosse possibile.
    Non era interessato alle politiche relative alla società dei vampiri ed a come questi ultimi, che per inciso trovava inferiori, si sarebbero infine presi cura di quel peculiare caso che ora stava dinanzi a lui, sempre se l'avessero mai fatto, tuttavia si poteva facilmente arrivare alla conclusione ch'egli fosse un affronto a tutto ciò che un vampiro rappresentava, alla stessa natura di vampiro, e veniva immediatamente assalito da un sadico riso quando pensava a come questi avrebbero potuto reagire alla sua esistenza, creature così colme d'orgoglio e vanagloria non avrebbero mai accettato un'esistenza tanto oltraggiosa e corrotta.
    Quella sarebbe stata indubbiamente l'unica occasione in cui avrebbe accondisceso a tollerare la presenza d'altri vampiri, lo spettacolo avrebbe compensato il fastidio, e che spettacolo sarebbe stato!
    “Mi domando dunque come abbiate fatto a sopravvivere tanto a lungo, dev'essere sicuramente merito delle vostre capacità.”
    Il tono era lo stesso di prima, seppur ora vi si potesse notare un lieve accenno di beffardaggine.
    “Tuttavia siete curioso, quasi affascinante; affermate d'esser alla ricerca d'altro, eppure mi sembrate più disorientato che mai, mio caro predatore.”
    Sorrise, un sorriso lieve, ma tuttavia crudele, quasi agghiacciante, come a dimostrare l'euforia che provava in quegli istanti, mentre quel barlume d'interesse nei suoi riguardi s'andava ad accendere sempre più.

    Edited by Arãshi - 21/2/2014, 01:21
     
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    Sorrise.
    Un ghigno largo si formò sul suo volto.
    Le parole di quel tale erano piuttosto divertenti, dal suo punto di vista, dopotutto aveva innegabilmente ragione; il guerriero era smarrito su più livelli, insicuro sulle sue decisioni e la sfida che cercava appariva così offuscata che sarebbe stato più facile trovarla per caso che per altre ragioni.

    Ma Noctis era consapevole di tutto ciò, le beffe dell'altro non minarono le fondamenta delle sue idee minimente, perché semplicemente non c'era una base a sostegno del suo pensiero, così instabile e variabile che lo poteva portare in due serate differenti a compiere scelte diametralmente opposte.
    Anche le persone che incontra influenzano i suoi comportamenti, in meglio o peggio, alcuni potrebbero definirlo come ipocrita ma semplicemente con certe persone si sente meglio comportandosi in modo più retto mentre con altri sente di poter agire con più libertà.
    Non era falsità, il vampiro non sceglieva ciò consciamente, semplicemente il suo Io possedava svariate maschere per per le più variagate occasioni.

    Potrei domandare lo stesso a voi, ma la risposta è piuttosto evidente. La retorica è un'arma come tante altre, voi siete sopravvisuto tessendo fini tele fatte d'inganni e manipolazioni.
    Prese a parlare, con quello stupido sorriso stampato su quella pallida faccia che così bene nascondeva il tempo che aveva trascorso vagabondando in quel pezzo di mondo.
    ...Non che sia un problema, ognuno deve specializzarsi ove eccelle.
    Osservava il ghigno su volto di quel cainita. Vi si vedeva in un qualche modo riflesso.
    Probabilmente, probabilmente era così il suo volto quando si trovava nel bel mezzo di uno scontro all'ultimo sangue. Ripensò a Rick, la rabbia nel combattere quel mostro, i brividi che ognugno dei suoi colpi provocava, la concentrazione necessaria a ignorare il dolore, a seguire l'istinto, a muoversi al meglio, tutte queste cose si mischiavano generando quella classica sensazione di euforia che lo portavano a combattere a rischio della vita pur riuscendo a mantenere un ghigno inumano in volto.
    Presumibilmente quel giovane si divertiva a intrattenere conversazioni del genere, aumentando a poco a poco la posta in una rischiosa roulette russa, tant'è vero che probabilmente se fosse stata un'altra sera, Noctis gli avrebbe già staccato la testa.

    Ciò che cerco è arduo da trovare, quanto per voi può essere arduo incontrare un individuo all'altezza delle vostre abilità dialettiche, la mia è pura supposizione, ma riuscire ad incontrare un vostro pari e riuscire a manipolarlo sarebbe una sfida avvincente, non trovate?
    Rise.
    Ecco io sono quel tipo di sciocco, alla cerca di un confronto che possa soddisfarmi appieno, incurante delle conseguenze. Solo per aver intravisto il barlume di tale possibilità, mi sono rivelato ad un cacciatore di vampiri in presenza di più persone.
    La sua mente vagò, ripensando al suo primo incontro con Jesper e Mala, a mente fredda... Quella di rivelarsi così senza tanti fronzoli, è stata probabilmente una delle scelte più avventate e stupide che aveva mai compiuto in tutta la sua vita.
     
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    Perdona il ritardo, questi ultimi giorni sono stati piuttosto movimentati.


    Oh, che momento indicibilmente lieto era quello! Nonostante avesse trovato un suo simile, uno di quelli di cui ‘non avrebbe potuto mai sopportare la presenza’, ed ora egli fosse dinanzi a lui, non venne affatto pervaso dal disgusto, ma da quell'euforia che veniva sempre prima dell'infinito godimento, che precedeva quei momenti così amabili. Quel vampiro, quel suo simile, che avrebbe potuto anche chiamare parirazza, benché disprezzasse particolarmente quel termine, era in parte come lui, benché vi fossero anche terribili differenze.
    Normalmente l'idea che qualcuno condividesse qualcosa con lui lo avrebbe fatto rivoltare in maniera indicibile, rendendolo incapace d'andare oltre, di proseguire la sua esistenza senz'essersi prima preso di quello sgradevole inconveniente, figurarsi poi se si fosse trattato per giunta d'un altro vampiro; ma quell'altro era riuscito, in qualche grottesco modo, a raggiungere il suo lato più transigente, ugualmente intollerante, naturalmente, ma un poco meno degli altri. Tuttavia non avrebbe dovuto assolutamente fraintendere, invero non era certo entrato nelle sue inesistenti grazie, beninteso, semplicemente si sarebbe limitato, con un mero occhio di riguardo, a non ucciderlo, sarebbe stato uno spreco ingiustificabile, in fin dei conti.
    Non ancora, quantomeno.
    V'era anche l'evenienza ch'egli potesse essere più forte, ch'avrebbe mandato a monte i suoi piani, o avrebbe potuto nascondere una qualche sorta di segreto che avrebbe condannato la sua esistenza – quando si confrontava qualcuno i casi erano sempre molti, troppi per venir considerati, pertanto il cainita evitava del tutto di farlo. Non che fosse sciocco, semplicemente amava lo scontro, bramava quella tensione, l'eccitazione palpabile nell'aria che faceva fremere i corpi, l'atto stesso d'incidere le carni, di trasformale, mutarle come conseguenza d'averla colpite e, naturalmente, il sangue; crucciarsi delle conseguenze gli avrebbe precluso di godere di tutto ciò, e non era un prezzo ch'era disposto a pagare, il soddisfacimento dei suoi eccentrici desideri veniva prima di tutto.
    L'obbligo, per così dire, che s'era imposto, non implicava certo che non sarebbe stato in grado di divertirsi come aveva già intenzione di fare con lui, ed era proprio per questo che s'era oberato d'una simile responsabilità nei suoi riguardi, atto quasi irrazionale, considerata la sua persona, non aveva mai dato spazio a simili sciocchezze, non c'era tempo, non c'era interesse, non c'era alcun guadagno.
    Venne infine pervaso dal disgusto appena sentì quelle specifiche parole, era inevitabile.
    “Credete realmente che un mio pari possa esistere, mio caro?”
    Asserì, il tono presentava un vago tono di superbia, probabilmente atto ad implicare una schiacciante superiorità, sebbene egli sembrasse ritenersi nulla più d'un estraneo in quella vicenda, non nutriva alcun interesse in essa.
    In quell'amabile vicenda v'era un'atroce dissonanza, qualcosa che non gradiva e non avrebbe mai potuto gradire: egli credeva di poter discernere i suoi interessi e fini ultimi, credeva di capirlo, di sapere, e non v'era cosa più sgradevole di sentirsi dire una simile sciocchezza con tanta convinzione – oltre che all'altrettanto sciocca possibilità dell'esistenza d'un suo ‘pari’, beninteso. Non v'era alcun modo ch'egli potesse mai riuscire a comprenderlo, nemmanco parzialmente, giacché egli dava a vedere ed intendere solo ciò che voleva che gli altri vedessero ed intendessero, e nulla più, non erano molte le emozioni a prender vita sul suo volto, e tutto ciò che ivi nasceva veniva meticolasamente pensato dapprima; non poteva che compiacersi, o disgustarsi, del suo mero tentativo e proseguire oltre. L'unica cosa che non aveva effettivamente sbagliato ad intendere era proprio relativa all'amore per le sfide ed il rischio in generale, ma supponeva fosse una conseguenza dovuta all'aver in comune quella peculiare caratteristica, più che un'intuizione partorita dalla mente. Finalmente, tuttavia, pareva avesse trovato un interlocutore, se non addirittura un avversario, degno di lui; non credeva stesse parlando prima del tempo, raramente il suo giudizio per quanto concerneva qualcuno risultava essere erroneo, e non vedeva ragione per non affidarvisi anche in quel particolare caso. Non voleva portare quell'insolita conversazione su termini fisici, non ancora, voleva godere maggiormente delle risposte che l'altro gli dava, del suo punto di vista in quanto vampiro oltraggiosamente umano – invero, per quanto egli potesse aver ricevuto l'oscuro dono ed esser effettivamente divenuto un camminatore della notte, la sua mente s'ostinava a rimanere quella d'un mero umano, così ristretta e focalizzata unicamente su ridicoli concetti, mentre il pensiero manteneva tutte quelle disgustose manchevolezze e sciocche contraddizioni tipiche di quella specie così irrazionale, seppur il cainita le trovasse vagamente interessanti, almeno in senso lato.
    “Può darsi, ma come potete giustificare questo morboso interesse nei miei riguardi che par esser nato in voi?”
    Lo guardò nuovamente, il volto inespressivo, il tono identico a prima, nulla era cambiato, ed indubbiamente anche quella staticità di cui stava facendo sfoggio, che a lui ormai risultava del tutto naturale, doveva essere stato qualcosa di particolarmente arduo da padroneggiare.
    Accennò un sorriso agghiacciante, naturalmente diretto a lui, mentre attendeva con immensa impazienza delle risposte.
     
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    Ok, sono imperdonabile, diavolo è passato un mese... Mi scuso tantissimo per l'attesa, è che boh fino ad oggi non riuscivo ad ordinare le idee per rispondere alla role, mi distraevo continuamente, fortuna che sta sera ho trovato il tempo per rispondere. Di nuovo scusa ^^"""", spero che il mio post perlomeno non sia terribile.

    Nei pochi secondi, che quasi sembravano essere eterni, di silenzio che anticipavano le parole dell'altro, la mente di Noctis vagò.
    Erano anni, forse decenni dall'ultima volta che aveva avuto il "piacere" di dialogare con un altro vampiro, più che altro con un notturno che la pensasse diversamente da lui sulla questione "ammazzare gli umani per cibarsi, si o no?", quando viveva con Damian ciò era normale, il nobile considerava gli uomini alla pari di un gregge troppo grande ed era un dovere dei vampiri sfoltirne le fila, con alcune rare eccezioni, ma in ogni caso il sire reputava gli altri come semplici pedine da manovrare e sfuttare per conseguire i suoi scopi e Noctis non era certo un'eccezione; a quei tempi per svariate ragioni non poteva farci nulla, poteva solo assecondare il suo sire e cercare di non farsi influenzare troppo dalla sua mentalità, adesso si trovava faccia a faccia con un altro predatore di quella specie cercando di capire come agire.
    Nei suoi occhi regnava la calma, il suo viso sorrideva a volte, ma dentro di lui c'era una voce che ogni secondo lo incitava a lasciar perdere con quelle cazzate da mortale come giustizia o moralità tra non morti e di sbrigarsi a strappare a mani nude il cuore di quel cadavare ben mantenuto.

    Ma no, non avrebbe ceduto ai suoi impulsi sanguinari, per ora.
    Inoltre quel bizzarro incontro non era tanto orribile, era raro trovare qualcuno che prima voleva divertirsi col dialogo e poi forse ammazzarti, voleva vedere per quanto sarebbe potuta proseguire quella conversazione.
    Poi l'altro parlò. "Credete realmente che un mio pari possa esistere, mio caro?"
    Non sapeva se ridere di gusto o menargli un diretto sul naso.
    Nessuna delle due.
    La sua espressione si fece molto più seria e fredda.
    Attese che l'altro concludesse. Poi parlò.
    Io non lo credo. Cominciò guardandolo dritto negli occhi. La mia è una certezza, non esiste nemmeno il dubbio sull'esistenza di un vostro pari. Si pronunciò con tono deciso, convinto della sua idea. Anzi mi spingerò oltre, sicuramente esistono esseri ben superiori a voi.

    Ecco un'altra cosa in comune, quella fottuta arroganza, quel dannato senso di superiorità, anche Noctis si riteneva meglio degli altri, perlomeno sul piano fisico, cosa che lo portava spesso a compiere cazzate da suicida, o a sottovalutare i suoi avversari, anche in quel momento stava già dando per scontato che quel cainita, se fossero giunti allo scontro, non sarebbe stato nemmeno lontanamente un avversario degno di essere chiamato tale. Ma questa, al contrario del piacere per il rischio, era una caratteristica che quando la riscontrava negli altri lo irritava incredibilmente, per questo i suoi modi si erano induriti così all'improvviso, ma comunque non durò molto infatti quando riprese a parlare sul suo viso era tornato quello stupido ghigno.
    Per rispondere alla tua ultima domanda... Si passò una mano tra i capelli. Beh, temo che se io dovessi rivelarvi il perché, la nostra conversazione verrebbe stroncata all'istante, e per ora non mi state ancora annoiando. Anzi.
     
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    Eccoti un post fin troppo lungo che, lo ammetto, non ho alcuna voglia di sminuzzare come son solito far con gli altri, avrai dunque modo di godere integralmente del mio esser infinitamente prolisso. Felice? Vedila un po' come una punizione per non aver postato. o.o
    E nel riguardo di ciò, ti preoccupi troppo, attendere non è un problema, assolutamente, dunque prenditela pure comoda.


    A parole tanto triviali e sciocche non poté che susseguirsi un lungo, sadico, riso, da parte del cainita, mai avrebbe potuto immaginare che quell'individuo creato da una peculiare e crudele casualità, dall'essenza snaturata e grottesca quanto mai, fosse tanto folle da pronunciare simili inezie nel mero tentativo di contraddirlo, d'opporsi a quella ch'era la realtà oggettiva dei fatti! Oltre ad essere una palese dimostrazione d'assoluta noncuranza nei riguardi della propria salvaguardia, in quanto rivolgergli delle simili parole non garantiva certo un lieto sviluppo, non poteva che ritenerlo indicibilmente sciocco per aver anche solo creduto per un unico istante a quelle parole così mere, insignificanti, ed il fatto che fosse infine stato tanto secretivo nei riguardi di quel suo interesse per lui non l'aveva certo aiutato ad ottenere una posizione migliore nell'ottica del vampiro, che aveva tuttavia preso ad osservarlo con una certa curiosità, lo sguardo negli occhi vagamente divertito, seppur gelido; provava sentimenti piuttosto contrastanti nei riguardi di quell'individuo, non poteva che disprezzarlo per aver detto simili assurdità, del tutto ingiuriose nei suoi riguardi, tuttavia rideva davvero di gusto di quella sua cieca convinzione con cui le aveva pronunciate, per non parlare di quell'ingenua certezza che l'aveva spinto a dirle, era così godibile! Era infine nato, dentro alla mente del cainita, il dubbio che quelle parole, che alle sue orecchie suonavano più melense e vuote d'un qualsiasi insulto, fossero state pronunciate nel ridicolo tentativo di farsi beffe di lui, e non poteva necessariamente essere altrimenti, erano troppo insulse per poter venir prese sul serio, tanto sciocche da rasentar il ridicolo.
    Non avrebbe tuttavia permesso che un simile atto fosse rimasto impunito, non avrebbe potuto mai far una simile concessione a quel vampiro così indegno, che non pareva aver ancor compreso quanto in errore fosse a credere con simile fervenza a quelle improponibili verità; probabilmente non s'accorgeva nemmeno d'essersi appena ridicolizzato in maniera tanto esilarante, pareva esser così convinto delle sciocchezze che aveva appena pronunciato, prive d'alcun fondamento e pertanto d'una stessa ragione d'esistere, sarebbe stato davvero ilare se avesse anche creduto, in cuor suo, d'esser lui stesso uno di quei pittoreschi individui che dovevano ipoteticamente essergli superiori appena menzionati, ed a suo avviso ben lungi dall'esser effettivamente reali.
    Quell'amabile creaturina si stava comportando da vero e proprio umano, premurandosi di tener alti quegli sciocchi valori che così avevano a cuore e di metter ben in mostra tutte quelle patetiche manchevolezze tipiche ch'egli pareva aver mantenuto anche dopo la trasformazione, era ormai corrotto oltre ogni possibilità di salvezza.
    Gli aveva chiaramente lanciato un guanto di sfida, troppo significativa per venir semplicemente ignorata o ancor peggio non accolta, sarebbe stato da codardi, e seppur non avesse che un momentaneo interesse nei riguardi delle intenzioni e dei pensieri dell'altro, non vedeva alcuna ragione per cui rifiutare, quel vampiro che tanto aveva parlato di banalità tanto eclatanti sarebbe divenuto un intrattenimento ancor più piacevole.
    Nondimeno si domandava come fosse possibile pronunciare delle simili sciocchezze con tanta fermezza d'animo, con la stessa convinzione che quel vampiro aveva; era terribilmente disgustoso vedere quanto quella sua mente da umano fosse ancora così poco sviluppata, lui stesso continuava a precludersi quella tanto bramata evoluzione atta a sorpassare la mediocre mente comune ad ogni uomo, non comprendeva da dove un comportamento tanto sciocco ed insensato potesse trarre fondamento, era del tutto improduttivo, e l'avrebbe infine condotto alla completa regressione. Tutto ciò esercitava una certa attrattiva su di lui, se ne avesse avuto l'effettivo interesse e la capacità d'esser tanto tollerante da ignorare delle esclamazioni tanto patetiche avrebbe anche osservato quel suo processo autodistruttivo, dove la parte più divertente era indubbio il fatto ch'egli non sembrasse accorgersi d'esser vittima di se stesso; come se non bastassero quegli sciocchi pensieri da umani che possedevano il monopolio sulla sua intera psiche, la mente stessa era vittima di quel terribile processo che aveva come conseguenza ultima il divenir sempre più patetico e limitato, ed era solo ed unicamente per mezzo delle sue stesse mani che si condannava a quel modo, quale indicibile ilarità!
    “Apparentemente amate ridicolizzarvi, non vedo altre ragioni per cui avreste mai potuto pronunciare parole tanto melense quanto insignificanti, tuttavia vi devo concedere il merito d'avermi fatto ridere davvero di gusto.”
    Il tono era gelido, ma vagamente divertito, come atto ad esprimere sia un certo disgusto nell'aver ricevuto verità false quanto poco lusinghiere nei suoi riguardi che il divertimento che poteva trarre da esse, tanto ridicole al contempo.
    “Dite, siete un genio, od uno sciocco? Potreste benissimo esser il precursore d'una nuova linea di pensiero che m'auguro per il bene comune di non venir mai condivisa, un pittoresco incrocio fra le due specie, possibilmente atto a divenir un emblematico simbolo d'una possibile convivenza, quanto un sempliciotto troppo immaturo e dal così scarso intelletto, del tutto incapace, inadatto ad accogliere un simile dono. Personalmente sono incline a vedere quest'ultima come più veritiera, non che m'importi particolarmente, quelle rivoltanti convinzioni che si radicano alla base stessa della vostra esistenza così mortale non possono che farmi ridere; tuttavia, ditemi, come potete esser tanto stolto da poter credere e pronunciare con una simile sicurezza quelle stesse frivolezze di cui io rido?
    Quasi paradossalmente, poteva dire di non amare particolarmente quel certo genere di sciocchi, soprattutto quando questi si superavano dicendo idiozie che andavano oltre ogni concezione nota di ridicolo, seppur dovesse riconoscere a quella peculiare vittima del caso una certa capacità nel farlo ridere; invero non aveva fatto altro da quando egli aveva terminato di pronunciare quelle idiozie così rudi quanto inaudite, che in altre evenienze avrebbe anche trovato intollerabili, ma egli parlava con la medesima superbia e quel senso di profonda superiorità sugli altri che tanto pareva rimproverargli, e tale paradosso, per quanto disgustoso fosse, cagionava un riso indicibile in lui, quegli atti non facevano altro che evidenziare quanto irragionevole ed insensato quel vampiro fosse, e quanto le sue reali intenzioni, la sua vera natura di predatore, potesse contraddire quella sciocca mente rimasta così pateticamente umana, imperfetta e dalle potenzialità così limitate! Non poteva che continuarla a trovare un'esistenza del tutto inaudita ed incompleta, incapace d'essere del tutto umana né tantomeno completamente vampirica, ma proprio per tal ragione così dannatamente interessante! Esercitava un'innegabile attrazione su di lui, voleva comprenderla, carpirne ogni verità, era l'unico modo perché potesse accettare una creazione tanto singolare ed indefinita, quasi priva d'una propria natura. Prendeva languidamente piede in lui il desiderio di sperimentarvi, di vedere fino a dove quel connubio d'uomo e vampiro, unico nel suo genere, potesse arrivare, desiderava discernere i suoi limiti, seppur fino ad ora quelle sue risposte così blande non avevano fatto altro che farlo ridere incontenibilmente, senza tuttavia stupirlo né tantomeno soddisfarlo.
    Ma un problema permaneva, il fatto che avesse anche solo cercato d'opporsi a lui con quelle verità così menzognere, del tutto irreali, era un affronto imperdonabile alla sua persona, ben più di quanto potesse permettersi di fare, e non aveva alcuna intenzione di soprassedervi.
     
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    Nuovamente parole di scherno furono proferite dal cainita sconosciuto verso il predatore che ancora si attaccava alla sua umanità.
    Dono... Il Dono Oscuro, spesso aveva sentito parlare della condizione in cui non-viveva con questo termine, era vero che non considerava il vampirismo una maledizione, ma nemmeno un dono, era semplicemente un passaggio da una condizione d'essere ad un'altra, come poteva esserlo il diventare all'improvviso cechi, perdere la luce, non era niente di trascendentale o superiore alla condizione umana. Era diverso, questo poteva concederlo, sarebbe stato troppo folle dire, o anche solo pensare, che vampiri e umani fossero lo stesso, questo però non significava che ritenesse una cosa come la convivenza tra uomini e vampiri impossibile, cioè si, a livello globale, ma sul piano del singolo individuo era possibile.
    Noctis era conscio di essere un caso particolare, ma non si riteneva certo unico.
    Oh suvvia, capisco che non ci serve l'ossigeno ma non vedo perché sprecarlo così futilmente. Il fatto che io sia uno sciocco, è una delle prime cose che ho detto.
    Cercò nello sguardo di quel tale un qualche cambiamento, ostilità si aspettava, non di vederla apparire all'esterno di lui, no, ormai sapeva che quel predatore era un maestro dell'inganno, non avrebbe lasciato trasparire sul suo volto un'emozione, se non per sua stessa volontà; ma dopo le parole che prima aveva osato ostentare con tanta fermezza, era abbastanza sicuro che il suo ego non potesse lasciar perdere così facilmente un tale affronto.
    Poteva dire con quasi certezza che probabilmente il dialogo stava per giungere alla sua fine, una fine ancora lenta, ma comunque prossima.
    Si chiedeva quanto fosse grande la distanza, tra le capacità retoriche e le abilità combattive di quel giovane nosferatu, si aspettava di vincere in ogni caso, qualora si fosse giunti allo scontro, ma gli interessava sapere di quanto poteva vincerlo.
    Beh, onestamente... Vedo in voi la stessa superbia che vedo in me. Siamo due esseri molto diversi, ma abbiamo alcune cose in comune, per quanto possa darvi fastidio una cosa del genere.
    Parlò calmo, leggermente divertito, si passò una mano fra i capelli come a prendersi un istante per pensare.
    Mettiamola così, io a livello razionale so che c'è molta gente che potrebbe ammazarmi, ma comunque agisco, penso, mi comporto come se io fossi il miglior guerriero presente in questa roccia.
    Per cui, come c'è gente meglio di me, c'è gente meglio di voi.

    Si fermò un attimo, sghignazzò un poco e riprese a parlare.
    State tranquillo, non vi sto mettendo sul mio stesso piano, so che se dovessimo fare un duello esclusivamente basato sulla retorica non potrei vincere. Ma so anche che in un combattimento all'ultimo sangue, voi vi ritrovereste coperto nel vostro stesso sangue, e sareste semplicemente un numero in più nella lista di quei vampiri che ammazzo per tedio, che cadono così rapidamente da non offrirmi il benché minimo intrattenimento.
    Rise di gusto.
    Si, era stato volutamente provocatorio, ma non sapeva come avrebbe reagito l'altro, se sbeffeggiandolo nuovamente cercando di portare argomenti che sarebbero rimasti inascoltati oppure non avrebbe consentito un tale affronto e avrebbe cercato lo scontro. Forse entrambe, forse niente del genere.
     
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    Avrei dovuto contare i caratteri e non avrei dovuto farti attendere così a lungo, scusami tanto, ancora.


    Quell'altro semplicemente non comprendeva, non voleva comprendere, sfoggiava una terribile ostinazione nel voler continuare a crogiolarsi in quelle sue idee patetiche, ancora una volta così umane ed insignificanti. Un vampiro non poteva necessariamente pensare a quel modo, era inaudito e categoricamente inaccettabile, ne avrebbe decretato la fine, rendendolo inservibile, l'esistenza oltremodo patetica e priva di reale fondamento. Vedere come stesse annichilendo la sua stessa natura, la medesima che avrebbe dovuto favorire e tutelare in quanto parte di sé, aveva davvero del grottesco e del ridicolo; compiva con fatale incuranza, o più semplicemente fanciullesca incoscienza, azioni dalle immani conseguenze, privando queste d'alcun peso, sebbene queste non avrebbero ugualmente tardato a ricadere, grevi ed inesorabili, sulla sua persona.
    Aveva finora dimostrato incredibile arroganza e completa inconsapevolezza, ed il cainita, seppur dapprima vagamente divertito dai toni tanto ridicoli ed impensabili di quella sorta di conversazione quanto bastava per tollerarli, si trovava ora ad affrontare un'opposizione assoluta ed apparentemente incontrastabile, l'ostentare le sue convinzioni a quel modo, andandone per giunta quasi fiero, era semplicemente ridicolo, dissolveva del tutto la possibilità d'un qualche interesse in quell'intelletto che non aveva quasi più voglia d'esaminare, apparendogli ora conseguentemente piatto e desolante, privo d'alcuna attrattiva e profondità. Confrontarsi con un simile grottesco incrocio, necessariamente scevro di definizione, stava divenendo oltremodo tedioso, non vedeva ulteriori ragioni per perder il suo tempo con lui, che oltre ad aver sfoggiato incredibile ingenuità continuava a parlare apparentemente senz'alcuna effettiva cognizione di causa ed in particolar modo della sua persona. Non si trattava più d'un discorso tanto semplicistico e banale come l'accettazione della propria condizione, doveva ancora riconoscere cosa effettivamente fosse prima di poterlo negare con inoppugnabile convinzione; era chiaramente ben lungi dall'essere un umano, e seppur s'ostinasse a pensare come loro, o in modi ancor più infimi che il cainita non degnava più d'attenzioni, non lo sarebbe divenuto mai, e lo stesso valeva per il discorso diametralmente opposto, con la medesima chiarezza non si sarebbe mai potuto evolvere, divenire un vampiro, un vero predatore della notte, libero dalle sciocche restrizioni umane. Avrebbe indubbio continuato a crogiolarsi in quella medesima condizione, tanto limitata quanto incapacitante, singolare ma priva d'alcun reale pregio sopra agli umani ed qualsiasi altra creatura.Differiva solo per mero e grezzo potere fisico, di cui egli pareva avere una concezione fin troppo superficiale e buonista, inadatta per poterne farne un uso opportuno.
    Le sue azioni lo definivano, ma paradossalmente egli non pareva ben definire le sue azioni nel loro concepimento, soprattutto per quanto concerneva il pensare, ai suoi occhi appariva ormai semplicemente incapace di realizzare ciò che era invero oggettivamente chiaro, palese, e quell'atroce assenza d'alcuna sorta di cognizione, quell'ostentazione d'ignoranza ed inconsapevolezza, il continuare, imperterrito, a perdersi in quelle melense illusioni di cui era lui stesso autore stava divenendo col tempo sempre più intollerabile, un rivoltante vezzo tipicamente da deboli. Per quanto lui potesse vantare d'esser incredibilmente forte, agli occhi del cainita non poteva che apparire come un debole, una creatura insignificante, tutte quelle sue vane ostentazioni di potere erano insulse e mediocri, tanto banali da risultar come un affronto alla sua stessa persona.
    Non era, in fin dei conti, che un carnivoro dalla dubbia natura predatrice a piede libero, offuscato da un patetico e fasullo senso della moralità col quale continuava scioccamente ad ingannarsi e sul quale sembrava radicare la sua intera esistenza; e se quello fosse davvero stato il caso quest'ultima si sarebbe ridotta ad essere ancor più futile e scialba, priva d'alcuna ragione d'esistere. Nondimeno il cainita sapeva che questa non era che un'illusione dovuta allo stesso avvilimento che pareva averlo in pugno, al quale s'aggrappava per non divenire interamente succube di sé stesso; no, lui era un predatore, e per quanto avesse potuto fingersi un docile agnello fra molti altri non lo sarebbe mai divenuto.
    Doveva tuttavia far ancora i conti con quell'incredibile inadeguatezza al ruolo che rivestiva, l'incoerenza di quella mente era oltremodo palese, e non poteva che domandarsi, quasi curioso, com'egli fosse riuscito a sopravvivere, e specialmente a nutrirsi, in delle simili condizioni, ove il solo pensiero di dover bere da qualcuno sarebbe semplicemente stato intollerabile per una mente apparentemente così futilmente benevola e volta ad una giustizia tanto convenzionale e consuetudinaria. Era quasi tentato dal testarlo, vedere fino a dove e con quali conseguenze avrebbe continuato ad innalzare quegli sciocchi ideali dai quali viveva in funzione, e giacché egli non sembrava in alcun modo essere cosciente dell'ingenuità della propria persona sarebbe invero potuto divenire uno spettacolo alquanto dilettevole. I presupposti per un amabile spettacolo s'erano infine creati, avrebbe potuto finalmente godere, quantomeno latamente, di quella conversazione, seppur quei suoi patetici paragoni l'avessero profondamente rivoltato. Come poteva una simile creatura, tanto imperfetta, anche solo pensare di potersi accomunare a lui, che aveva superato i limiti dell'umana mente ed ora si adoperava imperterrito ad oltrepassare il successivo limite posto dall'evoluzione vampirica? Aveva osato fare ciò che di più imperdonabile v'era, nell'ottica del cainita, privo d'alcuna intenzione di perdonare un affronto tanto marcato, seppur oggettivamente insignificante.
    Indipendentemente dall'evenienza, non avrebbe potuto mai tollerare una simile impudenza conseguente ad una snaturata ignoranza e sovente inscindibile da una sciocca e surreale superbia, gli individui che facevano di questa una parte integrante di sé stessi erano oltremodo rivoltanti, e s'augurava che quello non fosse completamente il suo caso; sarebbe invero stato un gran peccato dover calare il sipario su un dilettevole atto che non aveva avuto ancora modo d'iniziare e soddisfarlo. Amante di simili esuberi artistici, avrebbe naturalmente preservato lo schiudersi d'una tanto deliziosa opera, per quanto possibile, nondimeno non poteva permettere che i suoi eccentrici piaceri concedessero all'indegno nemico l'impensabile privilegio di poter rivaleggiare alla pari con la sua persona.
    Ghignò, in un estroso turbinio di crudeli possibilità che intendeva sfruttare con efficienza quasi innaturale, prosciugandole ed esaurendole infine.
    Temo che il mio interesse nei riguardi di argomentazioni tanto frivole ed insulse sia infine esaurito.
    Parole dal tono freddo, eppure vagamente divertito, come atte a prendersi gioco di lui, un'insignificante creaturina con cui si poteva dilettare e di cui avrebbe tuttavia approfittato. Benché il suo valore effettivo restasse un'incognita alquanto dubbiosa ed incerta, egli disponeva chiaramente dei mezzi per sopravvivere in un luogo pericoloso e privo d'alcuna sorta di pace come Dilagon, e non doveva certo esser stato semplice, essendo un individuo dalla mentalità tanto semplice, influenzata da un ‘bene’ tale solo nel nome, un ideale conveniente quanto banale.
    “Non ho intenzione alcuna di soppesare questi vostri sciocchi pretesti,” esordì, guardandolo, mentre la ghigna, dapprima vaga, diveniva sempre più evidente, si faceva incarnare da quel volto, simbolo d'una divertita crudeltà, “ma non nego che ribatterli ed infine smentirli completamente, rendendo evidente la sciocca natura di cui son frutto sarebbe oltremodo divertente.”
    Non intendeva perdere dell'ulteriore tempo dietro ad argomentazioni tanto improduttive, quel vago e del tutto improbabile compiacimento che queste gli offrivano non era sufficiente a spingerlo a sacrificare i suoi intenti più lucrativi.
    “Nondimeno non vi sarebbe alcun piacere nel troncare una conversazione dalle infinite possibilità, dunque vi concedo un'ulteriore possibilità per intrattenermi.”
    Con infinita delizia avrebbe opposto ed infine vinto quelle convinzioni così patetiche, avrebbe segnato la disfatta d'una mente troppo inadatta all'esistenza, godendo di quel molteplice decadimento oltre ogni concezione. Un simile sconvolgimento l'avrebbe reso instabile, le convinzioni di sempre ormai prive d'alcuna veridicità o fondamento, sarebbe divenuto ancor più vulnerabile, ed il cainita ne avrebbe gioiosamente approfittato, senz'esitazione alcuna. Mancava poco, davvero poco.

    Edited by Arãshi - 19/5/2014, 02:33
     
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    Idevil

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    Non sono particolarmente convinto di questo post ma va beh, scusami per averti fatto attendere più di un mese, imperdonabile. Spero solo che questo post sia valso, almeno un poco, l'attesa.


    Osservando come l'altro ignorava con nonchalance le sue provocazioni, Noctis non poté fare altrimenti che sentirsi uno stupido, dopotutto quella discussione era nata proprio dal fatto che quella sera aveva deciso di impegnarsi nel non mietere vittime, altrimenti appena accortosi della natura dell'altro l'avrebbe ucciso senza pensarci troppo, così il caso fece si che la sua strada si incrociasse con quella di un vampiro che, si era completamente amorale, ma la cui mente era tremendamente diversa da quella dei notturni di bassa lega che era solito sopprimere senza sentimento.
    Sarebbe stato drammaticamente stupido gettare via una simile occasione di apprendimento, forse in passato sapeva cosa volesse dire essere un cainita completo ma quella specie di umanità presente nel suo essere a cui si stava così tremendamente aggrappando negli ultimi tempi forse glielo aveva fatto dimenticare.
    Non che avesse intenzione di buttare tutto al vento e diventare un seguace di quel tizio o cose del genere, gli piaceva stare nel mezzo tra umani e vampiri.
    Il problema era che ora come ora non era più certo di poter comprendere la propria razza, perciò era come se da una parte potesse capire gli umani mentre dall'altra parte non sapeva più cosa volesse dire essere un predatore della notte, quindi la sua scelta di stare nel mezzo non era proprio una scelta, al momento forse era l'unica opzione che aveva in mano.

    Il cainita senza nome offrì infine un'ulteriore possibiltià per "intrattenerlo" e per quanto quella precisa forma verbale potesse essere presa come un'offesa, poco importava a Noctis di questo fattore, al momento quasi si sentiva come ai suoi primi anni da vampiro, non sapeva ma voleva sapere, voleva comprendere e quel vampiro che si faceva beffe di lui sembrava avere le idee piuttosto chiare, appariva come una affidabile fonte di conoscenze e informazioni.
    Diciamo che le vostre parole potrebbero avermi fatto realizzare una scomoda realtà, che forse già conoscevo ma di cui non ero completamente consapevole...
    Esordì, incerto passandosi una mano sui capelli, la ghigna ed il sorriso beffardo di cui prima era costantemente dipinto il suo volto erano completamente spariti, il suo viso non era più una maschera di superbia e arroganza, anzi mostrava senza problemi i dubbi che alimentavano il suo animo.
    Potrei essermi reso conto di aver scelto di non essere più un vampiro senza più possedere effettivamente la consapevolezza di cosa voglia dire essere un nosferatu, un cainita, un predatore della notte... O forse l'ho solo dimenticato mentre ero intento a fare l'umano.
    Sospirò per poi guardare dritto negli occhi quel demone succhiasangue a cui si stava in qualche modo affidando.
    Beh, probabilmente io non saprei esporre cosa vuol dire essere un vampiro nemmeno se lo sapessi, voi d'altraparte... Forse potete aiutarmi a ricordare.
     
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