L'oscurità che avanza

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  1. Jack Fear
     
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    E' notte fonda a Dilagon City, le strade, anche del centro, sono silenziose e vuote tranne che per qualche raro ubriaco che barcolla verso casa o qualche senzatetto, giusto verso Harmony e verso Lullaby si sentono suoni in lontananza e luci nel cielo ad indicare che la città vive anche di notte e che, in realtà, non dorme mai.
    E' il momento in cui l'oscurità avanza ed il vero mondo sotto la superficie di Dilagon City si mostra per quanto è veramente.
    Un ammasso di tentacoli d'ombra dall'aria solida e terrificante sbucano da un vicolo verso l'imboccatura con Kensington Road, dipandandosi verso la zona di luce della piazza per quasi tre metri prima che essi vadano a condensarsi, dopo qualche lungo secondo, in una forma umanoide più definita che, con calma e dopo lunghi istanti, va a prendere l'aspetto di un essere umano con gli occhi di una inquietante luminescenza bianca che, lentamente, va a spegnersi fino a lasciandoli occhi normali.
    E' così che compare Jack alla luce del luogo, passeggiando tranquillamente con le mani nelle tasche del suo cappotto elegante, camicia e cravatta perfettamente composti, camminando a passo lento e tranquillo e spaventando a morte un senzatetto ed il suo cane nella sua apparizione, costringendoli ad una fuga silenziosa in preda al panico mentre lui socchiude per un istante gli occhi, godendo di quello scatto di terrore improvviso ed assaporandone il sapore fino all'ultimo istante.
    L'enorme piazza di Dilagon Square è piuttosto ben illuminata nonostante l'orario e la pressoché totale assenza di gente, ma non sarà così ancora per molto, per quanto Jack non se lo aspetti.
     
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    Un piccolo filo di fumo si alzava in alto, appena visibile nell'oscurità della notte, tra le buie strade dei Quartieri Alti, ormai silenziose e quasi deserte a quell'ora della notte. Due senzatetto stavano cercando di riscaldarsi attorno a un fuoco improvvisato, come a dimostrazione che, seppur era cosa rara, anche in quelle zone ben più ricche dei Quartieri Vecchi, c'era chi soffriva la povertà. Delle luci in lontananza sembravano, inoltre, voler dare dimostrazione che alcuni quartieri di Dilagon erano ancora pieni di vita.
    Portandosi la mano destra alla bocca, Gregor McKenzie fece un altro tiro di sigaretta, imprecando a denti stretti la sua stramaledetta sfortuna e ripromettendosi di non badare mai più a quanto gli veniva riferito da fonti alquanto discutibili, mentre buttava il mozzicone a terra, calpestandolo con lo stivale nero. Era stato quella mattina, un uomo che in passato era stato un suo contatto lo aveva rintracciato per dargli un'importante informazione. Gregor se lo ricordava a malapena, ma aveva sentito dire che era completamente impazzito, colpa di droghe che era solito assumere, ma aveva voluto dargli comunque una possibilità... Non l'avesse mai fatto. A quanto pareva aveva visto un uomo che rispondeva alla descrizione di Jeremy e gli era sembrato il caso di avvisarlo. Altro che informazione importante... Gregor non poteva crederci, ma aveva deciso di dare comunque un'occhiata... Pur di ritrovare suo padre era disposto a credere a tutto, o almeno lo era fino a quella sera. Si era diretto nei Quartieri Alti, nei pressi di Dilagon Square, per vedere quell'uomo con i suoi occhi, ma il tutto si era rivelato vano. "Jeremy McKenzie", altro non era che un vecchio senzatetto e l'unica cosa che poteva condividere con il mercenario che aveva addestrato Gregor era l'età. Aveva aspettato quello pseudo informatore per ore, dopo averlo richiamato, per prenderlo a pugni, ma dopo aver visto lo stato in cui si era ridotto... Aveva deciso di lasciarlo andare incolume, ma con la minaccia che se gli avesse di nuovo fatto uno scherzo simile lo avrebbe ucciso. Quelle semplici parole erano bastate a farlo tornare lucido quel tanto che bastava per scappare con la coda tra le gambe.
    Ora, dunque, dopo aver lasciato da pochi minuti quell'uomo, aveva deciso di avviarsi verso casa, ma erano ormai le tre del mattino e la notte poteva sempre riservare sorprese, o almeno era quello che aveva sempre creduto Gregor, così si era messo a passeggiare tra le strade di quella tetra città, giungendo a Dilagon Square. Fu in quel momento che notò un senzatetto correre affiancato da un cane, come terrorizzati, ma non ci badò poi tanto. Quella città aveva i suoi lati misteriosi e non era popolata solo da umani, Gregor lo aveva imparato in quei sette anni, eppure in quel momento mai avrebbe potuto immaginare le sorprese che quella notte gli avrebbe riservato.
    Accedendosi un'altra sigaretta, continuò a camminare lungo la piazza, tra un tiro e l'altro.
     
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  3. Stephanius
     
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    Mi era sembrata davvero strana Margotte quella sera.

    "Stefano! Oggi ho bisogno che tu esca e faccia una ronda nei quartieri alti... Torna solo quando il sole è ben alto... Mi raccomando!"

    La mia maestra non mi aveva mai fatto una richiesta simile prima d'ora, e visto la sua serietà e il tono perentorio, non opposi la benché minima resistenza.

    Se me lo ha chiesto, ci sarà un motivo davvero serio...

    Così verso le 23 indossai la mia cappa turchese, alzai il cappuccio sul capo e mi avviai facendomi inghiottire nella notte.
    Questa passò languida e serena, senza alcun intoppo o tafferuglio.
    Il freddo di gennaio spegnava ogni volontà di muoversi o interagire, così superai molti passanti e senzatetto, accomunati dall'essere in quella rigida notte invernale nel posto e nel momento sbagliato. Sempre se ce ne fosse uno davvero giusto.
    Le ore lente si inseguivano svogliate così come gli abitanti notturni: ubriaconi, drogati, barboni... La movida aveva lasciato il posto alla vera faccia di Dilagon City.

    La miseria e la povertà.

    In un vicolo che si diramava da un'arteria principale incontrai due senzatetto rannicchiati vicini e sotto un cumulo di pezze, coperte e lenzuoli lerci e maleodoranti, e accanto loro c'era una pentola abbastanza grande e vecchia che molto probabilmente era la brace nonché unica fonte di calore.
    Silenziosamente raccolsi un po' di giornali e assi di legno di una vecchia rete da letto da un cassonetto e dopo averle spezzate le posi nella pentola consunta. Poi sfregai le mani caricandole di potere arcano e generai una piccola lingua di fuoco vivace e frizzante che lanciai nella padella. Subito questa si accese di luce e calore.
    Per un po' avrebbe dato sollievo a quei pover'uomini.

    Riscaldatomi più che per il potere appena usato, per il gesto; tornai nella piazza centrale e mi sedetti un po' per contemplare lo scuro e plumbeo cielo senza stelle.
    Che notte falsa e corrotta era quella di cielo così, innaturale, fredda...
    Mi mancavano le mie, così serene e aperte. Nelle grandi colline coltivate dell'entroterra il cielo era lì per farsi ammirare come una dea immortale e benevola. Sorrideva ai viandanti e ai pastori che protetti da quel manto ricamato sereni riposavano. Adesso era invece chiuso in sé, maligno ed egoista delle proprie preziose gemme; allontanava lo sguardo e voltava le spalle a chi chiedeva conforto o solo una lontana pallida speranza.

    Era notte. Davvero.
     
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  4. Chiaki Akito
     
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    Notte fonda. Sapeva che l'agenzia di "psichici" dalla quale era appena uscito dopo aver ritirato la paga era un affare losco- d'altronde, a Dilagon gli affari puliti si contavano sulle dita di una mano- ma non si era aspettato di trovarsi in giro a quell'ora del mattino, quando gli unici altri passanti erano barboni, delinquenti e creature che nulla avevano da spartire con la luce del sole.
    Per evitare di diventare preda, quindi, camminava vicino agli edifici, imbacuccato in un cappotto nero che pareva forse troppo grande per uno gracile come lui. I suoi capelli- che parevano quasi fosforescenti sullo sfondo scuro, catturando ogni luce dal neon delle insegne ai lampioni ai fuochi da campo dei poveracci- erano stati parzialmente coperti col cappuccio grigio di una felpa smessa; gli occhi rossi si posavano qua e là, come curiosi. Mani in tasca, nonostante tutto si prendeva il suo tempo, fermandosi ad assaporare ogni tanto quell'oscurità. C'era un'atmosfera privata, durante la notte, decisamente più affine al suo animo rispetto alla luce del giorno.
    Immerso nella contemplazione di chissà che, lo fece riscuotere un brivido, come una folata fresca. Voltò appena la testa nella direzione da cui l'aveva percepita, aggrottando le sopracciglia: un vagabondo e il suo cane correvano via, terrorizzati da qualcosa. Da dove provenivano, intravide la figura di un uomo adulto, fermo e apparentemente sorridente.
    Si fermò a svariati metri di distanza dalla scenetta, contemplandola con una curiosità che si prestava poco alle sue buone intenzioni di restar fuori dai guai; la testa era leggermente inclinata. Ancora poca attenzione, in quel momento, agli altri passanti.
    Poco dietro a Malach, l'aveva seguito un felino. Un gatto grigio, che aveva tutto l'aspetto di essere un randagio e semi-ferale. Zoppicava leggermente, i suoi movimenti erano scattosi e vagamente innaturali- ma il pelo era stato riparato rispetto all'ultima volta, e l'olezzo di morte che l'aveva pervaso era coperto da un forte odore di spezie. La coda era rigida, dove prima v'era stata una frattura, e si rizzava alle sue spalle: si era fermato di fianco al ragazzo, seduto, e fissava anche lui l'uomo nel vicolo. Avvicinandosi, si sarebbero avvertite forse delle fusa.
     
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  5. Charun
     
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    L'ex demone odiava allontanarsi tanto dalla sua tana, ma un paio di settimane prima aveva riconosciuto l'involucro di un infernale di basso lignaggio, che pareva operare i suoi affari tra Kensington ed Everbad. Col passare dei giorni era riuscito a seguirlo fino a scoprire alcune zone in cui operava e proprio quella notte pensava di aver finalmente trovato il suo covo. Non aveva ancora osato avvicinarsi, doveva essere abbastanza sicuro di poterlo sopraffare prima di nutrirsene. Così, dopo aver fissato la sua finestra celato nella sicurezza delle tenebre, affondò il mento nel bavero della giacca a vento e iniziò ad allontanarsi manone in tasca.

    Charun era un colosso di quasi due metri e la sua figura non era difficile da notare sotto la luce dei lampioni di Dilagon Square. Il cappello di lana ammantava ancora di più il suo volto pallido, ma lasciava ben visibili gli occhi, contornati da due profonde occhiaie malate, e alcune ciocche bionde che scendevano indipendenti fino al petto, compagne di una lunga capigliatura che spariva dietro la schiena.
    La sua stazza gli permetteva di nascondere piuttosto bene anche delle armi, ma quella sera l'unico amico che si era portato era il suo pugnale cerimoniale, legato poco sotto l'ascella sinistra e che scendeva sul fianco celato dalla giacca, senza che la lama spuntasse fuori.

    Il grosso mezzo umano se ne camminava per i fatti suoi con quell'andatura decisa e la testa dritta, quando riconobbe il suono dei passi di un uomo in corsa, seguito dal ticchettio delle unghie tipico di un cane. Pensando che l'animale volesse sbranare l'umano, si voltò per goderne la scena, ma il suo finissimo udito si rivelò comunque ingannatore, facendo raccontare alla vista particolari diversi.
    I due esseri viventi se la stavano dando a gambe assieme; la figura più vicina a lui e ai due era un uomo elegante, di cui non vedeva il volto, e poi altre persone di poco più distanti, che sembravano seguire la scenetta con interesse.

    Il fuggiasco aveva tutta l'aria di essere un poveraccio dei vicoli; se così fosse stato, poteva provare a seguirlo per cibarsene e compiere alcuni sacri riti. Strinse un po' i denti irritato e senza indugi proseguì nella direzione precedente, in modo da non dare nell'occhio e poi, saggiato dove la preda si fosse imbucata, dopo qualche passo avrebbe cominciato una delicata manovra d'inseguimento, puntando con accortezza un po' a lato dell'obbiettivo. Grugnì.
    Lui, sprezzante e fiero guerriero, non aveva altra scelta che comportarsi come un infido culture delle ombre.
     
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  6. Jack Fear
     
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    EDIT: Ragazzi, due di noi creino un incontro antipatico/ostile, i primi due che capitano, per ora non creiamone 3, al limite il 3° lo creo io.


    Era ancora fermo ad assaporare gli ultimi istanti di terrore del senzatetto e del suo cane che si allontanavano, mentre il panico lentamente scemava in semplice paura, condita con un pizzico di paranoia. Espirò con fare soddisfatto, come un somelier che sospira dopo aver finito un bicchiere di ottimo vino, ed aprì gli occhi, notando che diverse persone erano comparse all'interno della piazza. Lasciò correre distrattamente lo sguardo a ciascuna di loro, che non sembravano avere atteggiamenti o intenzioni ostili, almeno non in modo diretto e si soffermò sul più vicino, quello che, nonostante fosse coperto da un pesante e spesso cappotto, sembrava un ragazzino.

    << Vedi qualcosa di interessante?>>

    Gli chiese, con voce che inizialmente sembrava sibilata ma che, rapidamente, scemò fino a diventare una normale voce umana, forse con un leggero tono divertito, mentre lui rimaneva immobile, estraendo un pacchetto di sigarette dalla tasca interna del suo cappotto, muovendolo un paio di volte a mezz'aria con decisione finché una sigaretta spuntò da esso e lui la estrasse con le labbra, perpoi prendere uno zippo da un altra tasca ed accendersela con calma, rimettendo infine via il tutto, togliendosi per un istante l'oggetto dalla bocca, espirare una densa voluta di fumo e tornare a portarvelo.

    Edited by Jack Fear - 5/6/2015, 18:32
     
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    Gregor inspirò a lungo il fumo della sigaretta, mentre continuava ad avanzare nella piazza. Ora erano ben visibili altre persone, persone che non davano proprio l'idea di essere sbandati o senzatetto. Tra di loro, due erano quelli che attirarono maggiormente la sua attenzione: Quello che sembrava un uomo con una corporatura più massiccia della media, che camminava a testa alta, probabile sintomo di un carattere fiero e orgoglioso; e un uomo vestito elegante, che per un attimo gli era sembrato divertito dalla fuga rocambolesca del senzatetto e del suo cane. Quest'ultimo, poi, si era avvicinato a quello che dava l'impressione di essere un ragazzino, facendogli una domanda che, da dove si trovava il mercenario, giunse quasi come un sibilo, troppo fioco perché le potesse udire. L'uomo elegante, poi, prese da una tasca interna un pacchetto di sigarette, accendendosene una... E quasi come risposta involontaria a quel gesto, Gregor buttò la sua ormai ridotta a un mozzicone.
    Senza indugiare sulle parole che non era riuscito a udire dell'elegantone, continuò a camminare, ma questa volta in modo più cauto. A ogni passo, sotto la giacca di pelle nera, la sua fidata Glock faceva sentire la sua presenza impattando contro la sinistra del petto dell'uomo, una sensazione che aveva sempre trovato rassicurante e che gli ricordava che non era indifese. Allo stesso modo anche il pugnale che teneva nascosto a destra e il revolver celato dalla giacca, tenuto in parte all'interno dei pantaloni, dietro la schiena, lo facevano sentire più sicuro. Aveva acquistato quel revolver che era poco, e nonostante fosse sempre ben disposto verso la pistola che rappresentava l'ultimo ricordo di Jeremy, aveva un'arma che aveva più potenza di fuoco gli poteva tornare alquanto utile.
    Constatato il suo armamentario, era sicuro che nulla avrebbe potuto essere una minaccia alla sua vita, ma forse poteva anche sbagliarsi. Ultimamente aveva fin troppe volte peccato di superbia... E tra i sette peccati capitali, a Dilagon era quello a mietere il maggior numero di vittime.
    Questa serata potrebbe anche rivelarsi interessante fu il suo pensiero volgendo lo sguardo al nero cielo sopra di lui e sforzandosi anche di sorridere. Tentativo non proprio andato a buon fine, per cui rinunciò.
     
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  8. Stephanius
     
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    Accidenti che freddo! E poi non succede niente!

    Mi ero rassegnato a quella trsiste monotonia notturna quando qualcosa spezzò quel precario equilibrio.
    Un uomo senzatetto e il suo cane randagio fuggivano goffamente da qualcuno o qualcosa che era nascosta nel vicolo.
    Tutta la scena si stava svolgendo alle mie spalle mentre ero seduto su una panchina della piazza, quindi mi girai mettendomi più comodo per vedere meglio cosa stesse effettivamente accadendo. All'improvviso dalle tenebre di quello stesso vicolo uscì un uomo molto ben vestito e dai modi molto composti e pacati...

    Che fosse lui quello che sto cercando...?

    Mi alzai per potermi avvicinare, quando uno dei pochi passanti che si trovavano lì venne interloquito da quell'uomo. Era davvero molto alto e robusto, quasi un armadio ripsetto al primo, invece molto mingherlino e piuttosto basso. Dalla reazione cauta e guardinga del secondo si capiva che non si conoscesero, ma la mia distanza non mi permetteva di udire cosa si stessero dicendo.
    Con fare disinvolto guardai il mio orologio... 3.13 a.m. Poi diressi verso quei due senza però fare intendere che era proprio quella la mia direzione.

    Sembrava troppo un signore tranquillo per poter essere il motivo di quella mia strana ronda notturna...

    Ero curioso e volevo cercare di capire. Un misto pericoloso di caratteristiche.

    Edited by Stephanius - 5/6/2015, 23:11
     
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  9. Chiaki Akito
     
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    Michael era rimasto immobile, la testa piegata di lato e bloccata in quella posizione a fissare l'uomo, mani in tasca che giocherellavano con il loro contenuto: la sinistra stringeva e rilasciava la presa su un sacchettino- pieno di rune, uno degli articoli che aveva racimolato qua e là un po' per studiarli e un po' per fare scena durante le sue sedute- e la destra era serrata attorno al suo solito coltellino. Non si era portato dietro la pistola guadagnata qualche giorno prima: aveva scoperto con suo gran dispiacere che l'arma era praticamente scarica, e ancora non era riuscito a procurarsi dei proiettili. Dall'apertura del cappotto si poteva individuare un talismano poggiato sul petto, altro oggetto dall'aria vagamente pacchiana, fuori posto in quel contesto.
    Quindi, ora se ne stava lì, fermo a contemplare l'infinito, e a malapena parve mostrare reazione quando Jack gli si rivolse. Il primo a rispondergli fu il felino, in effetti, che zompettò avanti per annusargli il piede, apparentemente senza timore alcuno.
    Il ragazzo si riscosse apparentemente solo in quell'istante, e spostò gli occhi rossi sull'uomo che gli aveva rivolto la parola. Lui era più cauto del gatto: interessato, ma poco desideroso di finire assalito. L'espressione, in ogni caso, non variò poi di molto.
    -Solo un uomo spaventato dal nulla...- Diede uno sguardo rapido al resto della piazza: c'era altro movimento. Un nuovo passante- un armadio, enorme e massiccio- era spuntato senza apparente interesse per la scena, almeno da quanto poteva discernere lui; un altro degli occupanti della piazza si stava muovendo, più o meno nella loro direzione, anche se poteva essere solo casualità.
    -Non mi aspettavo che la piazza fosse così animata, a quest'ora.-
    Parlava con voce flebile, poco più che un sussurro. Non sembrava un timbro adatto a volumi molto più alti.
     
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  10. Charun
     
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    Espressione mantenuta di una granitica e severa piattezza, a falcate ampie e regolari proseguì, finendo per vedere anche una parte del volto dello sconosciuto dal bel completo. L'ex demone dell'Oltretomba gli passò un po' distante, ma non così tanto da non poter sentire i primi scambi di battute fra lui e un altro giovane tutto infagottato. Percepì uno strano e flebile sentore di “casa” alla vista di quest'ultimo e a quella del suo amichetto a quattro zampe, al punto che, corrucciando la fronte e serrando ancora di più le mascelle, focalizzò del tutto la sua attenzione su di loro.
    Soffocando un ringhio di stizza in gola, passò poi lo sguardo oltre nel giro di un secondo scarso, per tornare con discrezione al suo obbiettivo primario: il barbone.
    Non poteva certo permettere a una sciocca sensazione senza valore di far dileguare così presto la sua preda. O almeno, questi erano i suoi intenti.
    E preso da voleri e doveri com'era, non si era nemmeno accorto dell'incamminarsi di un altro giovane verso i due sconosciuti, né si era messo a badar troppo all'uomo che aveva buttato il mozzicone a terra, a cui più o meno stava andando contro.
    Se fossero davvero giunti a incrociarsi, Charun non avrebbe fatto nulla più che guardarlo fugace dall'alto in basso con quella sua nobile e fiera spocchia, data dal suo lignaggio e la sua passata gloria.

    Edited by Charun - 8/6/2015, 02:18
     
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  11. Jack Fear
     
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    Il povero barbone cominciava a riprendere il controllo delle sue facoltà mentre il suo cuore batteva all'impazzata, quasi volesse scoppiargli nel petto da un istante all'altro, ma il cieco terrore era svanito lasciando nella sua mente e nel suo animo un sentimento di paura, ancora enorme ma per lo meno contenibile e così il suo cane. I due avevano continuato a correre fino ad infilarsi in un vicolo, quasi dall'altra parte della grande piazza centrale della città.

    << Hey Reek... Vai ai quartieri alti dicevano... Li si sta meglio dicevano... Tutte palle eh bello...?>>

    Chiede retoricamente l'uomo, parlando con il suo cane, poggiandosi alla parete e portandosi una mano al petto per riprendere fiato e tentare, in parte inutilmente, di calmare la paura, attendendo giusto qualche secondo per poi staccarsi ed incamminarsi verso nord, seguito dall'animale.
    Intanto Jack vede avvicinarsi lo strano gatto e gli lancia giusto un occhiata, mentre rimette il pacchetto di sigarette e l'accendino all'interno delle rispettive tasche della giacca, alzando lo sguardo su Michael e lasciandosi scappare una leggera risata fredda alle sue parole, priva di allegria ma con una punta di ironia.

    << Non è mai "nulla" a spaventare, ragazzino...>>

    Commenta, ascoltando la frase successiva di Michael ed annuendo, gettando uno sguardo a Gregor, Stefano e Charun, tutti e tre in avvicinamento, chi in modo più diretto e chi in modo più indiretto.

    << ...La paura è il più profondo e radicato degli istinti, muove l'intera vita di ogni persona e non va mai sottovalutata o ignorata.>>

    Aggiunge, togliendosi di bocca la sigaretta con indice e pollice della mano destra e soffiando una densa voluta di fumo, guardando Michael ed ettendendone la reazione.
     
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    Gregor aveva continuato a guardare il senzatetto fuggire da chissà cosa, insieme al suo animale, fino a che non era scomparso dentro un vicolo dalla'altra parte della piazza. Non aveva però smesso di camminare e ora, anche se rimaneva comunque a una buona distanza dal ragazzino e l'elegantone, poté udire quello che il secondo stava dicendo al primo. All'udire della spiegazione di cosa fosse la paura, non poté trattenersi dal fare una specie di ghigno che voleva essere un mezzo sorriso, ma reso deformato dal poco allenamento in quell'espressione facciale. Doveva ammettere che l'uomo aveva ragione e che quella poteva senza dubbio essere la migliore definizione per il termine "paura".
    Spostando lo sguardo sui due che, a loro volta, si stavano avvicinando, notò lo sguardo che aveva il "gigante", uno sguardo fiero, forse sintomo di un passato non proprio trascorso nella polvere... Quello era lo sguardo di chi non si spaventava facilmente. L'altro era un uomo nella norma, forse una decina di anni in meno rispetto al mercenario, anche se non poteva averne la certezza, visto che esistevano persone che apparivano più giovani o più vecchie di quello che erano... Soprattutto in una città come Dilagon, ove non eri neanche sicuro che il tuo interlocutore fosse realmente umano.
    Ritornando a guardare il ragazzino, si mise le mani in tasca. Gregor non era proprio tipo da attaccare bottone con i passanti senza un valido motivo, ma lui avrebbe aggiunto un'altra cosa alla definizione di paura: "Avere una qualsiasi paura è spesso ciò che ci fa sopravvivere... Il difficile è non farsi dominare da essa." Lui stesso, Gregor McKenzie, aveva avuto più volte paura durante i suoi lavori, pur non mostrandolo in pubblico, ma mai si era fatto dominare da quel sentimento. La parte più difficile non è combattere le proprie paure, ma riuscire a capire quali esse siano.
    Dalla tasca destra dei pantaloni estrasse l'accendino, iniziando a giocarci accedendo e spegnendo la fiamma. Spesso lo faceva come antistress, alcune volte semplicemente per passare il tempo, sentendo il bisogno di tenere le mani occupate con qualcosa che non fosse lucidare la pistola o affilare una lama. Questa volta era la seconda.
     
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  13. Stephanius
     
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    Era ovvio che ormai anche io fossi tenuto d'occhio da quel gruppetto e tanto valeva fare un enratata delle mie visto che l'occasione lo permetteva.

    "Strano gruppo si riunisce in questa notte senza stelle... Ho letto che gli ncubi escono proprio in serate come queste... Curioso vero?"

    Dissi questa frese poco distante da loro per attirare l'attenzione, e successivamente mi avvicinai scrutando soggetto per soggetto, e soffermandomi soprattutto sull'uomo uscito dal vicolo.

    In lontananza si sentiva il vecchio senzatetto borbottare e sperire in quelache vicolo con il suo accomapgnatore, e guardando meglio meglio la comitiva mi accorsi che anche qui era presente un accompagnatore: un gatto dall'aspetto malconcio e zofficante... Di certo aveva visto giorni migliori.
    Sulla mia sinistra invece avevo un uomo che gioherellava spasmodicamnte con un accendino.

    "Problemi? Ci penso io se ne hai bisogno."

    Conclusi la frase e schioccai rapidamente le dita della mano sinistra scaturendo una piccola scintilla che presto crebbe e comiciò a danzarmi sul palmo, sinuosa e fluida.
    Mi trovavo in raggruppamneto di gente di certo non "comune" ed era necessario far capire che la mia aria bonaria e quel viso paciocco e rilassato non volesse dire che non fossi anche io in grado di farmi valere.
    La mia maestra mi aveva mandato lì e tutta la notte ero stato in ronda senza concludere niente, tanto valeva forzare un po' e vedere se avessi trovato il vero motivo per cui ero stato mandato in missione con così tanta urgenza.
     
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  14. Chiaki Akito
     
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    Alla filosofia dell'uomo che aveva di fronte rispose a sua volta con un ghignetto, appena accennato. La sua espressione tendeva a cambiare molto poco, e questa non era un'eccezione, ma c'era una luce di interesse negli occhi rossi, per una volta concentrati su quello che aveva davanti e non sul suo mondo interiore.
    -Eppure è il nulla che spaventa di più. Le mancanze. L'assenza di luce... L'assenza di suono. Di conoscenza, di vita.- Enumerò, alzando pure le dita della mano libera- aveva abbandonato la runa nella sua tasca- per fare da esempio. Sembrava che il discorso lo divertisse, o almeno lo interessasse un minimo.
    -Ma immagino sia semantica...- Scrollò brevemente le spalle. Cominciavano ad essere circondati da persone, e non mancò di notarlo; l'omone passò loro a fianco, fissandoli brevemente, e per un singolo istante ricambiò lo sguardo; non sembrava spaventato, ma la cautela era un altro discorso.
    Forse fermarsi a parlare con quel tipo era stato un errore.
    Non sembrava pensarla così il gatto, che aveva apparentemente deciso di gradire l'odore di Jack e si era fermato di fianco al suo piede, emettendo fusa rumorose e dal suono a tratti sconnesso, come se parte delle vie respiratorie fosse ostruita; occhiuto, spostava lo sguardo a tratti su ogni presente, soffermandosi su Charun e Jack in particolar modo, per lunghi secondi, completamente fisso. Sembrava che non respirasse nemmeno, se non per emettere il suo verso infernale, e forse i due presenti che non erano completamente umani avrebbero avvertito una sensazione familiare provenire dalla bestiola, come il lieve tremolìo di un'ombra.
    Per quanto riguardava l'albino, si trovò a guardare Stephanius quando questo li interpellò, preferendo inclinare la testa nella sua direzione al girare leggermente gli occhi, come gli sarebbe bastato. Alle sue parole, rispose con voce vagamente più apatica di quanto non avesse fatto con Jack: -E' strano che ci si fermi a parlare a quest'ora, effettivamente... Mi dicevano che nessuno di benintenzionato lo fa, a Dilagon.- Non si fidava di nessuno dei presenti, felino compreso.
    L'aria disinteressata dovette mutare di fronte alla fiammella nel palmo del mago: levò leggermente le sopracciglia, scrutandolo per un po', senza dire nulla. La mano era tornata in tasca, a stringere la runa.
     
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  15. Charun
     
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    Quella situazione cominciò a sembrargli davvero strana. I discorsi, l'arrivo di un altro ragazzo - che guardo accigliandosi - senza problemi nell'usare la stregoneria in pubblico e poi quel gatto sbandato, che gli pareva mostrasse impercettibili segni di morte. Grugnì debolmente.
    Era irritante per lui non avere più quei sensi a cui era abituato per percepire il mondo, con i quali poteva smascherare quasi ogni cosa; ma in quel periodo, al massimo riusciva ad ascoltare i battiti del cuore, il respiro, ma aveva comunque bisogno di calma e silenzio.
    Proprio questa era sempre stata la sua più grande paura: perdere sé stesso e la sua gloria. Un incubo che da poco aveva iniziato a vivere, ma con la determinazione di uscirne più forte di prima. E par farlo, avrebbe dovuto uccidere tanto.

    Per questo tirò dritto al gruppetto, tutto deciso e militaresco. Per questo e perché, come Gregor, non si sarebbe mai fermato a parlare con degli sconosciuti -specie con uno dai poteri arcani- senza una ragione davvero molto valida.
    Così, se proprio niente e nessuno gli avesse dato un motivo, avrebbe accelerato gradualmente il passo fino al vicolo, quello dove si stava infilando il barbone. Era rimasto un po' indietro, ma confidava nelle sue orecchie e nel fatto che, una volta al riparo da occhi indiscreti, potesse colmare le distanze correndo.
    Nel caso Charun fosse stato trattenuto, allora avrebbe lasciato perdere una volta per tutte, dando per scontato che il poveraccio avrebbe continuato a prendere il volo senza fermarsi.
     
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