Sotto il Manto della Notte

Si era stufata di cercare, si era stufata di nascondersi…si era addirittura stufata di avere a che fare con gente come Jesper che della vita non aveva capito niente. O, forse, si era stufata di stare da sola. Quella notte però doveva lavorare, non c’era molto da fare. Non aveva capito perché ma Agata l’aveva mandata nei quartieri alti, in un piccolo locale parigino. Lei ci era andata vestita di tutto punto. Indossava un cappotto nero dal quale spuntavano un paio di gambe avvolte in collant e che si concludevano con un paio di decolté dello stesso colore. I capelli erano portati sciolti, come al solito, ma più curati. Sembrava proprio una ragazza di quelle parti, la puzza dei quartieri malfamati sembrava essersene andato.
Quando entrò nel locale lanciò uno sguardo fra le ombre dove, sapeva, il suo angelo custode stava vegliando sulla sua incolumità, pronto a tutto per proteggerla. Di armi ne aveva poche, aveva solo i suoi pugnali nella pocket. Nient’altro. Una come lei non aveva bisogno per forza di lame per uccidere. Sospirò, appoggiando la mano destra sulla maniglia e, finalmente, lasciandosi accogliere dal tepore di quel posto.

«Salve….vorrei un tavolo, sono sola.»

Annuì verso il maitre con un modo di fare da donna i alta classe. Sapeva ancora come si faceva nonostante con quel posto lei non avesse più nulla a che fare ma quando si fa un lavoro come il suo bisognava essere molto versatile, soprattutto quando doveva pedinare o scoprire qualcosa su qualcuno. L’uomo di cui Agata voleva la testa era lì dentro, sperava solo che non si fosse camuffato. L’uomo sorrise benevolo affidandola poi ad un cameriere che le avrebbe fatto strada fino al suo tavolo. Passò proprio davanti a quello di Stefano senza nemmeno farci caso.

«Ecco signorina, le porto subito i menù.»

Con un inchino le portò sia le carte dei dolci, che quello dei vini che del pasto, per poi dileguarsi nella sala. Misato si tolse quindi il cappotto rivelando un vestito dall’aria carina e curata. Un vestito a bretelle, tutto di vellutto, mentre le scarpe che adesso, sotto la luce delle lampadine, erano ben visibili erano di pizzo. Rimase quindi ferma a studiare con attenzione tutte le carte e, i tanto in tanto alzando la testa per poter controllare la sala nel modo migliore: senza dare troppo nell’occhio.

Era lì per lavorare e, questa volta, non avrebbe ammesso alcun tipo di distrazione a sé stessa. Nessun tipo di tornaconto, nemmeno il ricordo di quella sorella che l’aveva abbandonata o della sua bambina che si era dovuta allontanare da lei. Nulla. Se era davvero una guerriera doveva comportarsi come tale e mantenere il sangue freddo come era da lei richiesto. Fissò per un attimo quel pezzo di carta inutile senza sapere bene cosa ordinare, ogni cosa elencata lì le faceva venire il voltastomaco. Ma perché i ricchi mangiavano così poco e così male? Forse quella sera avrebbe digiunato, decisamente. Fece scivolare nuovamente lo sguardo sulla stanza quando vide uno strano tipo abbassarsi per raccogliere qualcosa, sembrava un libro. Misato lo osservò a lungo ma non era decisamente lui data la descrizione di Agata.
Forse il giovane non l’aveva notato fin da subito ma non solo i tratti della ragazza erano celatamente orientali ma anche i suoi occhi non erano roba da tutti i giorni. Quelli che lui aveva scambiato per color nocciola erano invece di un color ghiaccio decisamente intenso.

«Non si preoccupi, non è successo nulla.»

Annuì la ragazza, ammiccando un sorriso e fingendo modi eleganti che nascondevano molto bene i suoi atteggiamenti da scaricatore di porto che di solito teneva con i suoi amici o, ancora peggio, con i suoi nemici. Però forse quel tipo poteva esserle d’aiuto in qualche modo. Lanciò un’occhiata verso il suo tavolo notando che nessuno era seduto dall’altra parte e che anche i tovaglioli e le posate erano ben sistemate, segno che nessuno ne aveva usufruito. Forse poteva diventare la sua copertura?

«Siete da solo signore? Avete bisogno di compagnia?»

Sulle sue labbra si disegnò un sorriso piuttosto audace e quei modi da prostituta di alto borgo risultavano eleganti e spontanei, in fondo lei era davvero molto brava a fingere.

Aveva sempre odiati i modi signorili di quelle persone che abitavano da quelle parti. Fosse stato per lei li avrebbe sgozzati tutti, uno dietro l’altro e si sarebbe anche beata del loro sangue, proprio come quella fiera che si portava sempre dietro. Lei e Yuki erano uguali, entrambi affamati di morte, entrambi affamati di sangue, entrambi tremendamente soli. Il gelo che si portavano dentro aveva fatto si che si trovassero, che diventassero una cosa sola.
Si alzò con compostezza per seguire quel gentiluomo che non faceva altro che spostarle le sedie e quando incrociò il suo sguardo di ghiaccio con quello di lui desiderò soltanto strapparglieli via e farci una bella zuppa. Sarebbe bastato un fischio, un comando, e la pantera avrebbe fatto irruzione in quel posto di smidollati per poter fare esattamente ciò che voleva la guerriera ma non era quello il momento e, soprattutto, non era lui l’obiettivo. Ascoltò il giovane mettere le cose in chiaro fin da subito e Misato si morse appena il labbro inferiore sorridendo in maniera velata.

”Mi spiace bimbetto ma giochi con il fuoco. Quello che succederà tra noi sarò soltanto io a deciderlo.”

Pensò mentre assumeva un’aria quasi turbata da quelle parole, fingendo anche di portarsi una mano al petto come quelle finte santarelle che al solo sentire parlare di certe cose, normalmente, svengono.

«Non avrei mai pensato che lei abbia potuto pensare a simili cose, in fondo in questo posto siamo tutte persone per bene.»

Soprattutto lei. Aveva davvero tanta voglia di scoppiare a ridere, si era calata così bene nella parte che nessuno avrebbe potuto riconoscerla. Pensò anche a Jesper, era sicura che se lui l’avesse vista in quelle condizioni sarebbe scoppiato a ridere e l’avrebbe preso in giro a vita…ma così come il rosso aveva fatto comparire un sorriso sulle sue labbra altrettanto velocemente l’aveva fatto sparire. Misato non doveva dimenticare cos’aveva passato con Mala, non si sarebbe fatta più coinvolgere da nessuno, nemmeno da lui.
Quando arrivò il momento delle presentazioni Misato rimase ferma a lungo, quasi a valutare che nome avrebbe potuto scegliere per quella sera e, alla fine, decise di prendersi beffe della sorte, esattamente come la vita aveva fatto con lei per tutti quegli anni.

«Stefano…ma che bel nome. Non siete di queste parti vero? È un nome molto inusuale qui da noi…da dove venite? Italia forse?»

Per sua fortuna aveva una qualche conoscenza del posto anche se solo per sentito dire da sua madre, aveva passato anni nella speranza che lei ci volesse andare per togliersi dalla strada, per levarsi dalle brutte compagnie ma non era mai riuscita a schiodarla da Dilagon.

«Io invece mi chiamo Alyssa, Alyssa Loveheart, molto piacere.»

Concluse, allungando appena la mano destra verso il giovane per il tipico baciamano a cui erano abituati da quelle parti, o almeno per poter continuare quel quadretto che avevano creato. Forse non si faceva più da secoli però ormai si stava divertendo troppo. Alyssa, esattamente, proprio come la piccola amica di Jesper che ha avuto la fortuna di lasciarsi dietro questa vita e tutti i problemi che essa comporta, quella creatura pura che aveva trovato il suo posto. Lei un posto non ce l’aveva più, non capiva nemmeno perché stava ancora così tanto appesa a quella stupida vita che si era creata intorno.

«Qualsiasi cosa abbiate ordinato sono sicura che sarà davvero eccezionale.»

Disse, sorridendo in maniera piuttosto civettuola e sorridendo in maniera estremamente garbata.

Una volta seduta si era messa in perfetto ascolto di quello sconosciuto, rimanendo dritta, con lo sguardo in quello di lui e le mani ripiegate in grembo, le mancava un bel ventaglio per completare quel quadretto retrò ma pazienza, sarebbe stato per la prossima volta.
Un italiano quindi, esattamente come sua madre. Non era sicura che la cosa potesse tornarle utile ma ciò non toglieva che fosse davvero interessante anche se, doveva essere sincera, in quella città aveva incontrato più stranieri che australiani. Avrebbe voluto chiedere, fare altre domande, per esempio era curiosa di sapere come ci fosse finito lì perché nessuno meglio di lei sapeva quanto la conoscenza fosse potere. Purtroppo non ce ne fu il tempo perché qualcuno fece letteralmente irruzione in quel posto: un delinquente da quattro soldi che era capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Se Misato avesse desiderato avrebbe potuto alzarsi ed eliminare il problema dalla radice ma era curiosa di sapere cosa il suo amico sapesse fare.
Non sembrava essere particolarmente allarmata, anzi, sorrideva appena, quasi beffarda, davanti a quel ladro da quattro soldi.

«Signor Stefano, crede di poterci salvare?»

Avrebbe chiesto, ignorando completamente quel ladro e fissando intensamente il suo commensale. E se fosse morto? Beh, non era da lei avere pietà per chi non aveva più il dono della vita, si sarebbe limitata a fare spallucce e andarsene…dopo essersi presa il sangue di tutti coloro che si fossero messi sulla sua strada, ovvio.
Dall’esterno la pantera aveva visto quella strana persona entrare ma si era limitato ad alzare la testa e tenere le orecchie ben tese. Yuki si era nascosto dietro un cassonetto della spazzatura e stava aspettando gli ordini della sua compagna per poter entrare e darle una mano. Era un guerriero addestrato e avrebbe atteso.

Rimase ferma in attesa, voleva vedere come quel giovane avrebbe risolto la situazione, in fondo perché doveva tirare sempre lei fuori le palle? Per una volta poteva anche farlo il genere maschile. Rimase sulla sua sedia guardandosi in giro e osservando i volti spaventati delle donne, degli uomini e anche dei ragazzini che magari erano lì con mamma e papà. Che carini, sarebbero morti tutti, c’erano alte probabilità in effetti. Alzò lo sguardo verso Stefano annuendo appena alle sue parole. Fuggire non era da lei e sicuramente non lo avrebbe fatto ma in fondo perché perdersi tutto il divertimento? Rimase ferma, in attesa, proprio come un predatore che attende la sua preda al punto predestinato e, alla fine, vide il cattivone della situazione fissare proprio loro due, proprio Stefano. Questo giovane si alzò appoggiando quindi una mano a terra e…congelando il terreno. Misato non potè fare altro che sorridere, era dunque un mago, un arcanista, sperava solo che non fosse un prete oppure avrebbe dovuto passarlo a fil di spada.

«Wow…ma che bravo ragazzo. Dimmi dove hai imparato? Questa tua capacità è davvero curiosa.»

La ragazza era rimasta ferma, seduta al tavolo, con l testa appoggiata sulla mano e gli occhi di ghiaccio che fissavano quel pavimento. Era davvero straordinaria la cosa. Decisamente aveva intenzione di rimanere lì ferma, ancora per un po’, tanto per vedere come si sarebbe svolta la cosa. Era curiosa adesso, soprattutto per quanto riguardavano le capacità di quel giovane tanto gentile e apparentemente bene educato.

Il caos. Lei lo adorava, sentire le urla delle persone ogni volta che il cattivo aveva la meglio e il sospiro trattenuto ogni volta che il loro eroe invece veniva colpito la faceva stare bene. Sembrava quasi un film, se non fosse risultato troppo plateale o troppo fuori dai canoni della signorina per bene che stava interpretando avrebbe anche chiesto al cameriere di portarle qualcosa da stuzzicare mentre osservava tutta quella meravigliosa scena. Stefano sembrava davvero bravo a gestire a situazione ma il nemico decisamente più di lui, forse era più incazzato, forse aveva paura e Misato lo sapeva bene che la paura era in grado di far fare grandi cose, soprattutto agli esseri umani. Lei aveva sempre paura eppure sopravviveva senza troppi problemi, forse quel mercenario poteva anche avere la meglio, forse l’esito dello scontro sarebbe dipeso solo dal fatto di chi potesse avere più paura.

«Signori, suvvia, come siamo poco eleganti…cercate di non dimenticare le buone maniere.»

Le parole sfuggirono dalle sue labbra senza troppi problemi, raggiungendo entrambe le parti in lotta. In ogni caso non sembrava per niente intenzionata ad intervenire ed aiutare il giovane arcanista. Forse non voleva rovinare il suo bel vestito, in fondo le era costato un sacco di soldi e di certo i suoi guadagni non cadevano dagli alberi, aveva dovuto uccidere parecchia gente per indossare quei merletti e quei pizzi. Sarebbe stato più corretto dire che il suo vestito era fatto di sangue e di carne, non di velluto.

Effettivamente si stava divertendo ma era anche risaputo che senza fare almeno un po’ di attività fisica giornaliera, Misato Kojima, rischiava sempre di annoiarsi a morte. Stare lì a guardare quei due combattere in quella maniera poco chiara stava realmente iniziando a stufarla, forse era il caso di far partecipare qualcun altro alla lotta? Beh, Yuki era fuori ad aspettare e la giovane poteva quasi giurare di sentire lo sguardo della pantera bruciare sul suo corpo, un predatore come lui aveva pur bisogno di un buono scontro anche se, ormai, sembrava andare tutto a termine. La combattente lanciò un lungo fischio dopo il quale ci fu solo il silenzio. Le persone stavano ancora scappando, magari urlando, quindi il verso emesso dalle rosee labbra di Misato sarebbe stato molto difficile da sentire in quel caos.

«Oh, non si preoccupi signore, sto proprio bene qui dove mi trovo.»

Ridacchiò alla fine. Proprio pochi secondi dopo la fine della frase un enorme animale nero fece irruzione in quella stanza. Era una pantera con il pelo così nero che confondersi con le ombre non sarebbe stato molto difficile. SI guardò in giro per un lungo istante prima di fissare il suo sguardo in quello di Misato che era ancora appoggiata al tavolo con aria annoiata. Fece un lungo fischio e, quasi immediatamente, l’animale spostò la sua attenzione sulla persona che Stefano stava combattendo, sul mercenario, prima di aprire le sue fauci e lanciare un ruggito, il suo urlo di battaglia, l’ultima cosa che di solito le persone sentono prima di morire. Il verso della nera mietitrice.
L’animale si lanciò su quella povera creatura con tutta la potenza di cui la sua massiccia muscolatura era in possesso e provò ad atterrare direttamente sul suo torace in maniera tale da inchiodarlo a terra e poter quindi mordere il suo collo, dilaniarlo, mangiarlo. Aveva fame, si vedeva dai suoi occhi e non si sarebbe lasciato sfuggire quella preda così squisita. Dal canto suo Misato poteva soltanto sorridere, evidentemente divertita, sadica, esattamente come era lei.

«Oh buon Dio…è arrivato il circo in città. Aiuto….per fortuna abbiamo Stefano, il nostro valoroso guerriero che combatterà per noi povere donzelle in difficoltà.»

Ridacchiò fingendo di essere spaventata e imitando in una chiara caricatura, le urla delle ragazze di alto rango che lanciavano ogni volta che si trovavano in difficoltà, che si spezzavano un’unghia, che si trovavano una pantera a bloccare loro il passaggio. Tenne quindi i suoi occhi di ghiaccio fissi su quel giovane che stava iniziando a trovare non solo interessante ma a tratti anche noioso, provava la stesse cose che sentiva quando stava vicino ad Angelus, davvero vomitevole, come potevano esistere persone del genere? Fosse per lei le spazzerebbe via dal mondo nel giro di pochi secondi.