Il Lupo, la Clericale e lo scarafaggio

Irène e Alphard

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    Era una serata uggiosa e umida, condita da degli splendidi ghirigori di nebbia, abbastanza all’ordine del giorno per una città come Dilagon City.
    Nella sua lunga vita – almeno secondo gli standard del suo tempo – Alphard non aveva mai avuto a che fare con delle temperature così basse e sempre tendenti alla pioggia. Era una novità, ed in quanto tale non era ancora riuscita a capire se per caso le piacesse o meno. Certo, un po’ le mancava il Mediterraneo, però riusciva a scorgere un certo fascino misterioso in quella distesa oscura che anche in quel momento si stagliava davanti ad i suoi occhi. Irène l’aveva chiamato “oceano” e l’aveva definito immensamente più grande di qualsiasi lago o mare.
    A proposito della sua Master, non doveva trovarsi propriamente a proprio agio in quel luogo. Si sarebbe anche potuta sbagliare, ma le era parso di capire come non apprezzasse particolarmente gli ambienti sporchi, soprattutto se visitati quotidianamente da persone poco raccomandabili. Quella era una cosa che non era affatto cambiata rispetto ai suoi tempi. Alphard però non sembrava curarsene, al sicuro all’interno della sua lunga cappa rossa, convinta di poter affrontare qualsiasi pericolo se si fosse posto davanti, soprattutto se in compagnia dell’albina. Anche se tendeva a dimenticarlo, infatti, lei era molto più potente ed affidabile di lei in un combattimento. Non temeva nulla, quindi, e, nonostante il potente legame magico che gravava su di loro, si sentiva in qualche modo abbastanza libera. Libera di non dover aver paura di nulla o di doversi nascondere. L’Inquisizione non c’era in quel buco dimenticato dal loro Dio. O meglio c’era, ma in quel momento camminava accanto a lei per le strade del porto, per nulla intenzionata a rinchiuderla e torturarla fino alla morte.
    - Secondo me sei in errore. Quei tavoli sono davvero bellissimi. Avremmo almeno potuto prendere le sedie!- si era lamentata Alphard, dando distrattamente un calcio ad uno scarafaggio che aveva osato mettersi sul suo cammino ed osservandolo rotolare fino al bordo della banchina, salvandosi miracolosamente da un bagnetto notturno. Erano resistenti quei cosi.
    Aveva appena fatto ritorno dal posto dove un paio di settimane prima, Alphard aveva recuperato una ferita al volto e un fantastico tavolo in legno. Il luogo era esattamente come lo ricordava, solo che in questo caso non le era parso di aver visto gli stessi pirati dell’altra volta, né i due ragazzi che erano con lei o grossi vascelli. Ormeggiate c’erano solo dei piccoli pescherecci o qualche imbarcazione mercantile e le uniche presenze rilevanti erano quelle di qualche pescatore intento ad una pesca notturna che difficilmente avrebbe dato i suoi frutti. Era più probabile che venissero mangiati dagli scarafaggi, quelli sì che le sembravano belli attivi, del resto.
    Sospirando aveva fatto qualche passo più lungo del solito, cercando di distanziarsi dalla propria Master e di raggiungere il bordo, in modo da poter osservare da vicino la sporca acqua portuale. Aveva fatto una smorfia, irritata da quell’inquinamento quasi totalmente assente nel suo secolo e poi si era voltata verso Irène, guardandola distrattamente per qualche secondo, prima di tornare a fissare l’acqua.
    - Una volta si poteva fare il bagno nel mare.- aveva borbottato infilandosi le mani in tasca e aggrottando le sopracciglia. Quello scarafaggio era ancora lì, vicino al suo piede. Coraggioso l’amichetto.

     
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    L’ultimo suo incontro con il mare era avvenuto 14 anni prima, durante la sua unica estate trascorsa nelle vicinanze di Saintes-Maries-de-la-mer per via della scuola. Irène se lo ricordava azzurro, brillante, caldo e accogliente. Ricordava le spiagge infinite, la sabbia fine, l’odore di salsedine, le sfumature arancioni sull’acqua e nel cielo che accompagnavano le sue nuotate crepuscolari. Non aveva mai visto il mare del sud della Francia di notte, ma per anni – e ancora adesso – aveva fantasticato sul modo esatto in cui le stelle e la luna sarebbero state riflesse sull’acqua piatta e scura, aveva immaginato la brezza fredda sulla pelle, aveva pregato per la possibilità di passeggiare sul bagnasciuga senza cappello, occhiali da sole, fin troppi vestiti e una tanto esponenziale quanto necessaria quantità di crema protettiva per la pelle.
    Non aveva mai serbato tante speranze per l’oceano dilagoniano. Era a conoscenza delle meraviglie celate sotto la superficie dell’acqua giusto un po’ più a est, dove la famosa barriera corallina australiana regnava incontrastata, ma aveva fatto bene, una volta messo piede per la prima volta in quella città, a non aspettarsi altrettanto.
    Niente di buono poteva nascere da una città del genere. il tanfo e la corruzione erano riusciti a contagiare anche l’oceano.
    – Non è così che funziona. Non puoi semplicemente entrare e portare via con te i loro mobili. –, ribatté dopo qualche secondo ad Alphard, sospirando. Dopo quella visitina alla locanda dalla quale la licantropa aveva rimediato il loro ‘nuovo’ tavolo in legno insieme a una scazzottata tra pirati qualche settimana prima, il molo della città infernale in cui vivevano fu per forza di cose la loro tappa successiva. Il bar si affacciava proprio su di esso, rendendolo una ovvia meta per pescatori nel migliore dei casi, trafficanti di qualunque cosa che non fosse legale nel peggiore. La giovane piantò i piedi a qualche metro dal bordo, scura in volto e per niente a proprio agio in quel luogo. Mani nelle tasche del lungo cappotto bianco, e rigida come un palo sul suo posto, prese a fissare il mare sporco e agitato oltre la leggera nebbiolina, in maniera simile ad Alphard, che però aveva preferito avvicinarsi. Il regolare malumore degli ultimi giorni si era finalmente fatto strada fino a raggiungere il suo volto e le sue movenze, spinto in superficie da quella vista miserabile e, nonostante tutti gli avvertimenti della logica, alquanto deludente.
    – Me lo sarei dovuto aspettare. –, mormorò tra sé e sé, aggrottando le sopracciglia. Spostò l’attenzione su Alphard quando la sentì borbottare, non trovando in sé la forza di obiettare quando la sua osservazione era così in sintonia con il suo stesso pensiero. Osservò la sua figura per qualche secondo, più precisamente le sue spalle dato che la licantropa era tornata ad osservare il mare. Stringendosi nelle spalle fece qualche passo, rimanendo sempre a distanza dal bordo ma un po’ più vicina alla compagna.
    – Si può ancora fare. Solo… non al porto. Soprattutto non in questo. –, le rispose, passando dallo speranzoso al disgustato appositamente per l’ultima parola. Storse il naso, anche se in quel momento avrebbe preferito non averlo affatto. Spostò il peso da un piede all’altro, avvertendo chiaramente una leggera resistenza proveniente da qualunque sostanza appiccicosa spalmata lungo tutto il molo. Soppresse un brivido istintivo.
     
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    - Ma l’altra volta non aveva dato fastidio a nessuno… hanno detto loro che era il mio tavolo, mica l’ho deciso da sola. Magari lì ci sono anche le mie sedie o i miei sgabelli.- era stata la sua debole protesta riguardo la questione dei mobili da portare a casa, osservando con le sopracciglia aggrottate lo scarafaggio ancora vicino al suo piede. Non riusciva a capire perché si avvicinasse così tanto a lei, che avrebbe potuto schiacciarlo da un momento all’altro o calciarlo, come poco prima. Era stupido.
    Senza dire nulla si era dunque chinata su di esso, afferrandolo con due dita e rimirandolo alla luce della luna, proprio mentre Irène sembrava immersa in una delle sue solite spiegazioni. A quanto pareva avrebbe potuto fare il mare da altre parti, era quel porto che aveva quell’aspetto strano. Somigliava vagamente ad una latrina in effetti. Con lo scarafaggio ancora stretto tra le dita, dunque, si sarebbe avvicinata alla ragazza, fissandola con serietà prima di allungarlo verso di lei, ancora intento ad agitarsi.
    - Lo vuoi? È molto forte e coraggioso.- aveva proposto con la serietà di un membro del branco che porta una preda alla sua alfa. Nulla in lei faceva trasparire una presa in giro. Probabilmente pensava che alla ragazza avrebbe fatto piacere un dono del genere, del resto era un modo per augurarle di diventare ancora più potente grazie all’ingerimento di cotale esserino. Sarebbe rimasta col braccio teso in attesa di risposta, nel caso che fosse stata positiva si sarebbe limitata a lasciarglielo in mano, intimandole di fare attenzione, altrimenti si sarebbe allontanata brevemente per posarlo poco lontano, dove non avrebbe potuto calpestarlo. Non reputava che meritasse di morire per mano propria, del resto. A quel punto si sarebbe potuta dedicare pienamente alle parole di Irène, mettendo su un’espressione pensosa.
    - Magari se ci allontaniamo dalla zona di attracco, l’acqua sarà in condizioni migliori.- aveva considerato, iniziando ad annusare l’aria rumorosamente e poi guardandosi intorno – Okay, di qua.- aveva solo aggiunto, prima di fare cenno alla ragazza di seguirla in un punto indefinito verso destra, che però sembrava aver attirato l’attenzione della licantropa. Durante il percorso sarebbe rimasta in silenzio, come era solita fare, almeno fino a che non si sarebbe ritrovata a rallentare il passo, in modo da portarsi alla stessa velocità di Irène ed affiancarla.
    - Tu parli come se avessi fatto un bagno in mare. Ne hai fatto uno?- aveva domandato con un’aria stranamente seria e le sopracciglia aggrottate. Evidentemente quello era uno dei modi di esprimere la curiosità nei confronti di qualcun altro per Alphard.
    Continuando ad avanzare, in ogni caso, avrebbero potuto notare come l’odore di pesce sarebbe aumentato, diventando però più naturale e meno mortifero, così come il numero di pescatori tanto disperati da cercare la fortuna a quell’ora nel porto di Dilagon. Sembrava non essere presente nessuna forza dell’ordine o guardiano del porto, ma nonostante questo, Alphard riusciva a percepire tranquillamente la presenza di creature molto forti nelle vicinanze, probabilmente intente a controllare che nessuno degli ospiti nel loro territorio potesse creare casini vari.

     
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    Irène fece spallucce.
    – E’ un modo di dire, solitamente non vuol dire che il tavolo è davvero tuo… Vale così solo per quel lasso di tempo. Da quando ti siedi fino a quando te ne vai. –, gli spiegò, paziente. – Probabilmente in mezzo a tutto quel caos non hanno fatto in tempo a fermarti, o non se ne sono accorti. –, concluse lanciando un’occhiata dietro di loro, nella direzione generale della locanda che avevano lasciato da poco.
    Ora che era più vicina al bordo del molo Irène poté osservare con più attenzione le onde scure dell’oceano australiano, il modo in cui si infrangevano contro il cemento creando più schiuma di quanto fosse normale, individuando chiaramente, anche senza una vista eccellente o una fonte di luce come si deve, zone più scure, più vischiose, più sporche. Storse il naso e sospirò nuovamente, voltandosi verso Alphard.
    Fu in quel momento che notò lo scarafaggio che le stava porgendo.
    La giovane sussultò violentemente per la sorpresa e, onestamente, anche un po’ per il disgusto nel trovarsi una creaturina così poco piacevole alla vista proprio davanti al viso. Fece un passo indietro e portò subito una mano in su a bloccare qualunque movimento azzardato Alphard avesse provato a fare, inclusi scherzi di cattivo gusto come posarglielo in testa o infilarglielo sotto il cappotto. Il volto pallido si deformò in una smorfia generale di disgusto, che neanche le migliori intenzioni di Alphard sarebbero riuscite a mandare via tanto presto.
    – No… grazie. Se è così forte e coraggioso credo meriti di continuare a vivere. –, le diede corda, abbozzando un sorriso incerto, sperando di aver intuito la motivazione dietro quell’inaspettato regalo. Ultimamente le veniva sempre più facile comprenderla, e se da una parte aveva ritenuto la novità qualcosa di positivo, dall’altra poteva anche risultare una condanna.
    Sospirò di sollievo, rilassandosi un po’, quando la vide lasciare andare lo scarafaggio. Lo osservò insistentemente finché non scomparve almeno alla sua vista, tra le ombre del molo, e a quel punto infilò nuovamente le mani fredde in tasca. Prese a guardare di sottecchi Alphard, alternandola ad un controllo generico dell’oceano vasto di fronte a loro, almeno finché la licantropa non propose di spostarsi. Sbatté le palpebre, pensierosa, ma alla fine annuì. Nulla nel ragionamento della mezza umana sembrava non quadrare, e in tutta sincerità si rimproverò per non averci pensato da sola. Aspettò che l’altra individuasse la direzione da prendere e poi si mise in cammino, tenendo il passo il più possibile senza dover ricorrere a una corsetta solo per questione di orgoglio. Ad ogni modo la stessa Alphard a un certo punto rallentò per raggiungerla, cosa che inizialmente la stupì. Alzò lo sguardo per guardarla in volto, aspettandosi qualche battuta su quanto fosse lenta o altro su quel livello. Invece le venne posta una domanda alquanto seria.
    – Io… sì, certo. Più di uno in realtà. Non è tanto strano in questi tempi. –, le rispose, annuendo lievemente. Mugugnò pensierosa, abbassando lo sguardo e controllando dove stava camminando.
    – Non ne ho mai fatti ad orari ‘normali’, quindi ero sempre sola e c’era sempre troppo freddo, ma non ne ricordo uno che non fosse stato piacevole. Per riuscire ad arrivare in spiaggia prima che il sole fosse troppo alto in cielo io e la mia… famiglia ci svegliavamo alle quattro, forse prima, e guidavamo per tre ore o più. Quindi, freddo o non freddo, alla fine volevo godermelo e lo facevo. E- sto straparlando. –, si schiarì la voce, per una volta lievemente imbarazzata. Dopo un altro colpetto di tosse portò il capo in alto velocemente e si voltò verso Alphard, accanto a lei o avanti che fosse.
    – Tu? –, chiese, senza nascondere un certo interesse a sua volta. Non era un argomento entusiasmante, ma sicuramente non sarebbe stata una sottigliezza del genere a fermarla.
     
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    Seppur riluttante aveva fatto propria quell’informazione fornitale da Irène. A quanto pare in quel secolo era normale promettere i tavoli alle persone ma lasciarglieli per poco tempo. Un comportamento alquanto meschino e crudele, ma non poteva farci nulla, si sarebbe adattata anche a quella nuova e stranissima usanza. Proprio per questo non aveva detto nulla, limitandosi ad annuire in modo docile e concentrandosi quella questione dello scarafaggio fortunato.
    Non si era persa il disgusto che era subito comparso nel volto della ragazza non appena glielo aveva porto, e per un attimo si era pure aspettata che avrebbe urlato istericamente chiedendole di metterlo giù o di lanciarlo via. Invece aveva risposto in modo straordinariamente cordiale per essere una Iri immersa in una situazione del genere. Aveva annuito anche questa volta, portando in salvo il piccolo scarafaggio coraggioso, prima di tornare da lei con un vago sorrisetto soddisfatto e di intraprendere la loro camminata verso l’acqua meno sporca. O almeno era quello che speravano di trovare. Anche quando aveva rallentato per portarsi al suo fianco l’aveva fissata con un’aria strana, quasi come temesse una presa in giro, cosa che non era mai arrivata. Alphard era serissima del resto, e lo era anche nell’ascoltare le informazioni fornite dalla ragazza riguardo le sue esperienze con il mare.
    Aveva percepito una nota di solitudine nella sua voce, che per qualche motivo l’aveva fatta accigliare ed irritare, come se non le andasse quella cosa. Probabilmente erano semplicemente sentimenti di Irène migrati fino a lei a causa del loro solito contatto, per cui non vi aveva badato molto, e si era invece soffermata sulle sue ultime frasi e sulla sua domanda, inclinando appena il capo e muovendo leggermente le orecchie, seppur in forma umana.
    - Se è così normale fare il bagno in quest’epoca perché vi dovevate svegliare così presto? Non potevate prendere uno di quei cosi volanti per andare più veloci? E poi perché prima che il sole sorgesse?- aveva domandato, seriamente incuriosita, osservando alternativamente lei e la strada. Era strano che la ragazza parlasse di se stessa e ricordava che raramente avesse parlato della propria famiglia. Voleva saperne di più al riguardo per pura soddisfazione personale. Era un po’ fastidioso che Irène sapesse tutto di lei, anche grazie ai diari che spiava, ma non il contrario. – Ogni tanto mi piace ascoltare, non ti preoccupare.- le aveva semplicemente detto per rassicurarla, mantenendo un’espressione seria e lanciando un’occhiataccia ad un topo ad una cinquantina di metri di distanza. La creatura, percependo l’astio della licantropa era subito sparita, probabilmente prima ancora che Iri potesse rendersene conto, facendo annuire con soddisfazione Alphard.
    - Mi sono bagnata nelle acque del Mediterraneo più volte, è la mia casa quella.- aveva iniziato a rispondere, corrucciando le sopracciglia – E qualche volta è capitato anche nel grande blu. Ma era freddo e non mi piaceva.- aveva aggiunto, pensosa, come se stesse valutando se aggiungere altro o meno. Per il momento infine era rimasta in silenzio, squadrandola e stupendosi del fatto di aver appena intrapreso una discussione normale con lei. Era strano quel pensiero. Non perché fosse Iri, ma perché in generale difficilmente aveva avuto delle occasioni del genere con qualcuno.

     
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    Man mano che avanzavano il paesaggio cambiava: dietro di loro la figura del lungo molo che si stagliava sull’oceano era sempre più lontana, le barche attraccate si facevano decisamente più piccole e sparse, passando da un utilizzo commerciale del porto a uno più privato. Niente sabbia o scogliera ancora per un bel po’, solo cemento e rocce levigate lungo tutta la riva, neanche un metro più in basso rispetto a loro. Erano praticamente sole, a parte la colorata ‘fauna’ del porto, e qualche rado pescatore amante delle ore piccole. Tra l’isolamento, il tanfo, l’oscurità, Irène si chiese cosa riuscisse ancora a trattenerla lì, un luogo che non aveva nulla di invitante. La presenza dell’oceano sicuramente non bastava. La vista non era particolarmente mozzafiato o anche solo diversa da qualunque altro porto che avesse mai visitato. Quello non era davvero l’oceano, per lei. Si trattava ormai di un concetto talmente astratto, presente più nei libri che leggeva o nelle sue stesse fantasie, da risultare irraggiungibile.
    Era più simile a quello che Alphard ricordava, sicuramente.
    La giovane si voltò verso la diretta interessata, rispondendo alle sue domande prima con un’occhiata confusa. Poi schiudendo le labbra per dire qualcosa, bloccandosi, decidendo un approccio differente e finalmente prendendo parola tutto nel giro di un istante.
    – Ah, beh. Dovevamo partire dalla nostra… tenuta molto presto, perché la spiaggia che frequentavamo era lontana. Un paesino del sud della Francia, dà sul Mediterraneo… ho frequentato le elementari lì, ed era comunque lo sbocco sul mare più vicino per noi. –, iniziò, sfilando via le mani dalle tasche del cappotto e intrecciando le dita tra di loro, stendendo le braccia pigramente verso il basso. Le lasciò ciondolare, continuando a parlare e guardando di fronte a sé. – Gli aerei sono costosi. Non che non potessimo permettercelo, forse… ma i miei genitori non venivano con noi, e le mie balie non avevano il permesso di spendere somme del genere a loro piacimento. In più, non c’erano aeroporti nelle vicinanze. –, cercò di essere più esaustiva possibile, anche se quella domanda le lasciò nel tono una nota di superficiale divertimento. Più sotto si trovavano tracce di nostalgia, come ogni volta che parlava dei suoi primi anni in Francia, ancora percepibile senza scavare a fondo. Era ovvio che provasse certi sentimenti, per quel motivo non sentiva necessario il bisogno di nasconderli, ma cercò comunque di renderli più personali possibili per non ‘influenzare’ anche la licantropa.
    Abbozzò un sorriso alla sua rassicurazione, scuotendo il capo.
    – Non è nulla di interessante o avvincente, comunque. –, si giustificò, lasciando posto all’altra, aspettando una sua risposta. Non si era ancora fermata, lo avrebbe fatto poco dopo Alphard probabilmente, preferendo affidarsi ai suoi sensi più sviluppati. Sarebbe stato inutile farsi guidare dall’albina in quella situazione, in fondo.
    – Hai raggiunto l’oceano? –, chiese, stupita in parte, curiosa per il resto. Tornò a guardarla, poi mise a fuoco l’oceano scuro di fianco a loro. Storse le labbra, nuovamente delusa. Quel nuovo mondo non doveva aver dato una buona impressione ad Alphard, almeno da quel punto di vista. Non c’era dubbio che la terra del nuovo millennio fosse infinitamente più ‘malata’ di quella che ha conosciuto e in cui ha vissuto la licantropa centinaia di anni prima. In qualche modo la cosa la toccò nell’orgoglio.
     
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    Le orecchie di Alphard si erano drizzate mentre Irène spiegava i motivi per i quali era costretta ad alzarsi così presto per recarsi in spiaggia nonostante i mezzi molto più veloci della loro epoca. Lei ricordava interminabili camminate tra i boschi per raggiungere le proprie mete, ma per la ragazza doveva essere stato diverso, anche perché non se la immaginava intenta a fare scampagnate così lunghe. Il sentirle parlare del Sud della Francia, inoltre, l’aveva in qualche modo fatta sobbalzare, catturando ancora di più la sua attenzione.
    - Dove esattamente?- le aveva domandato, con l’aria di chi ne sa qualcosa, era rimasta per un attimo in silenzio prima di mettere su un sogghigno rassegnato – Ho abitato ad Arles per un certo periodo di tempo. Certo, non proprio in una tenuta però avevo un tetto… cosa strana per me. E’ ancora lì o l’hanno rasa al suolo?- aveva detto, spacciando una certa noncuranza, ma si notava dal suo sguardo come le premesse sapere che fine avesse fatto quel paesino. Anche se Irène non poteva saperlo, del resto, la sua parentesi ad Arles era stata una delle più lunghe della sua vita. In effetti era anche l’ultima che ricordava. Per quanto ne sapeva poteva anche essere morta in quel luogo. Nonostante queste novità aveva cercato di evitare che il proprio turbamento ricadesse su Iri, un po’ per mantenere un po’ di privacy e un po’ per non disturbarla con pensieri fastidiosi e tristi che per giunta non le appartenevano. Immaginava fosse abbastanza difficile fare i conti con i ricordi dei propri genitori assenti. Nei suoi venti anni di esperienza, del resto, aveva imparato come alle persone normali premesse molto il concetto di appartenenza e trovassero insopportabile l’idea di doversi allontanare da coloro i quali li avevano concepiti. Lei non aveva avuto la fortuna o la sfortuna di sviluppare quei sentimenti, tuttavia aveva intuito cosa si potesse provare grazie a Hur e Maite, o grazie alla stessa Marìe.
    - Ho capito.- aveva dunque detto annuendo, una volta che lei aveva finito di parlare, anche se in effetti non era proprio sicura di averlo fatto – E’ interessante sapere come funzionano le cose in questo secolo… e poi tu non scrivi diari, quindi è difficile saperne di più su di te.- aveva aggiunto con un altro sorrisetto sogghignante, abbassando poi lo sguardo ed osservando una lisca di pesce a pochi centimetri da loro. l’aveva diligentemente buttata in mare, prima di tornare a fissare Irène. Sembrava incuriosita dal fatto che avesse visto l’oceano in effetti.
    - Beh, ho trapassato lo stretto di Gibilterra quando ero piccola e ho vissuto nella zona di Bilbao per un po’, quindi diciamo che ci ho avuto a che fare.- aveva iniziato a spiegare, piegando le braccia dietro la testa ed intrecciando le dita in modo da reggersela, continuando a camminare con aria tranquilla e riposata. Non le importava troppo di scucirsi con lei, del resto sapeva molte cose di lei grazie ai diari o alle sporadiche frugatine nella sua testa. Era inutile nascondersi quelle cose. – Sono pure stata a Caen per un po’. In Normandia. Tu mai?- aveva aggiunto facendo spallucce ed osservandosi intorno con attenzione. Continuando a camminare avevano raggiunto una zona apparentemente meno sporca e chiaramente meno visitata del porto. Era una piacevole notizia quella, anche se dubitava che Irène avrebbe fatto i salti di gioia. Beh, alla fine che importava? Non avevano in ogni caso nulla da fare per tutta la sera e lei era curiosa.

     
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    Irène non poté fare a meno di notare il picco in curiosità di Alphard quando la conversazione iniziò a vertere sui paesini del sud della Francia. Alzò un sopracciglio, osservandola, ma senza trovare una motivazione che le consigliasse il contrario rispose facilmente.
    – Saintes-Maries-de-la-Mer. Perché? –, chiese a sua volta, confusa. dovette aspettare solo qualche secondo prima di ricevere una risposta, e di sgranare gli occhi di conseguenza. Ribatté davvero in fretta.
    – Arles- certo, sì, c’è ancora. Davvero? –, la sorpresa nella sua voce era ormai evidente. – Sono vicine tra di loro, e la conosco sicuramente di nome anche se non ci sono mai stata. Ha una storia lunga alle spalle. Un giorno avrei voluto visitarla. –, aggiunse, adesso cercando di ridimensionarsi, schiarendosi la voce e lanciandole un’altra occhiata. Avvertì un guizzo di qualcosa che non riuscì a definire provenire dall’altra, talmente veloce da farle pensare di averlo immaginato. Anche ammesso che fosse stato reale, Alphard doveva averlo soppresso, qualunque cosa fosse, prima che potesse arrivare a lei forte e chiaro. Rispettò la cosa, e non indagò ulteriormente nonostante la sua curiosità.
    – Magari tra qualche anno. –, concluse tra sé e sé, dopo una pausa significativa che diede il tempo ad Alphard di tirare in ballo la questione dei diari lasciata in sospeso da Kate. Irène strinse le labbra e abbassò lo sguardo, colta nel sacco, stringendosi nelle spalle e facendo di tutto per non mostrarsi a disagio o, peggio, colpevole. I diari di Alphard. I diari che aveva letto. I diari di Alphard che dovevano rimanere teoricamente privati e che lei aveva letto.
    – Potrei tenerne, e non lasciarli in giro così sbadatamente in giro per casa come qualcun altro. –, ribatté, punta sul vivo, ma lasciò presto perdere quell’astratta superiorità morale che aveva provato a porre tra di loro, e soprattutto su se stessa. Serrò la mascella. Alzò il capo e prese a guardare davanti a sé.
    – Ne tenevo uno. In Italia. Non per rivangare il passato, ma per… registrare il presente diciamo. Cosa facevo, quanto studiavo, cosa mi aspettava il giorno seguente, e via dicendo. E per quanto riguarda i tuoi… –, prese una pausa, corrugando la fronte, mordendosi l’interno guancia. – Posso smettere di leggerli, non è un problema. Ho iniziato per curiosità ma… credo sia un buon momento per fermarsi, per me. –, finì, con un lungo sospiro rassegnato. Quei diari contenevano pagine e pagine di sofferenza, violenza, morte, e le avevano portato solo notti e notti di incubi. Non aveva provato alcuna gioia nel leggerli, eppure fino a quel momento aveva continuato. Perché doveva capirla, doveva conoscerla, e che modo migliore di comprendere a tutto tondo una persona se non tramite la sua storia? Peccato che negli ultimi tempi Irène si fosse resa conto di alcune falle in quel ragionamento.
    Le ultime pagine poi erano state illuminanti… nel peggiore modo possibile. Per una volta non se la sentiva di saziare la sua fame. La discussione avuta a casa di Kate aveva solo rinforzato quel sentimento: a volte l’ignoranza era davvero una benedizione. Le risultava difficile ammetterlo, estremamente difficile, ma sentiva di doverlo fare. Continuò a camminare in silenzio, riflettendo sulle ultime parole della licantropa.
    – Bilbao… vero. –, mormorò tra sé e sé, cupa in volto, senza neanche avere la forza di rimproverarsi per essersi distratta a tal punto. Proprio perché aveva letto i diari di Alphard avrebbe dovuto sapere tutte quelle cose. Prima il danno, ora pure la beffa. Tanto per distrarsi rallentò il passo, guardandosi intorno, iniziando ad avvertire l’odore di salsedine che aveva sostituito la puzza di pesce e di carburante. Poteva andare meglio, ma anche peggio. Si accontentò.
    – Mh… No, mai stata in Normandia. Ho lasciato la Francia a nove, dieci anni… e una volta arrivata a Città del Vaticano non ne sono più uscita. Questo è il primo vero viaggio che faccio. –, rispose poi, cercando di allontanarsi dal discorso di prima, forzando un sorriso che proprio non riusciva a trasmettersi fino al resto del corpo.
    – Te l’ho detto, che non è niente di interessante. –


    Edited by Kadan • - 17/9/2016, 13:09
     
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    La risposta di Irène aveva fatto aggrottare le sopracciglia di Alphard confusa. Le pareva di conoscere abbastanza bene quella zona, ma quel paesino non ricordava proprio di averlo sentito nominare. Infastidita dalla propria ignoranza si era grattata con forza l’orecchio, per poi sbuffare.
    - Non lo conosco.- aveva ammesso, per poi fermarsi ad ascoltare le spiegazioni di Iri, ben più informata di lei sulla geografia attuale della Francia. A quanto pareva Arles era ancora lì ed era persino vicino a quel paesino di cui aveva parlato. Probabilmente doveva essere di recente fondazione o doveva aver cambiato nome nel corso dei secoli. Era ancora difficile da quantificare per lei, ma settecento erano davvero tanti. Aveva lanciato un’occhiata interessata alla ragazza, quando aveva ammesso di voler visitare quella cittadina, aggiungendo che magari sarebbe stato un momento consono tra qualche anno. La cosa l’aveva fatta riflettere. Effettivamente fino a che lei avesse dovuto lavorare con Angelus sarebbe dovuta rimanere legata a lui, impossibilitata nel fare quello che realmente voleva… ed Alphard con lei di conseguenza. Il pensiero l’aveva fatta grugnire stizzita, assottigliando gli occhi. Era sempre colpa di quel mezzo demone capellone!
    - Sì. Mi piacerebbe tornarci per vedere cosa è cambiato.- aveva detto verso la ragazza, autoinvitandosi e dando per scontato di essere ancora con lei dopo tutto quel tempo. Del resto non aveva alcuna intenzione di farsi uccidere prima e da quello che aveva capito non c’era modo per tornare al proprio tempo o comunque da qualunque luogo provenisse.
    Scuotendo la testa per scacciare quei pensieri che riportavano sempre alla inquietante natura della sua attuale forma corporea, si era invece dedicata alla questione dei diari, mettendo su un ghigno divertito nel vedere come la questione mettesse in difficoltà la povera, piccola e pura Irène.
    - Magari non li lascio in giro per caso.- aveva risposto mantenendo quel sorrisetto vittorioso in volto e assottigliando lo sguardo – E poi raccontare determinate cose ad una penna è più facile che dirle in faccia a qualcuno.- aveva poi aggiunto con tono più serio, voltando però la testa, terribilmente interessata alle condizioni del porto ora che si stavano allontanando dalla zona più sporca e trafficata. Ora andava meglio, l’acqua era comunque sporca, ma almeno sentiva di meno l’odore penetrante dei combustibili utilizzati in quel secolo. Si era voltata di colpo verso di lei quando aveva detto come quello probabilmente sarebbe stato un buon momento per smettere di leggere i suoi. Perché? Confusa aveva inclinato il capo, salvo poi ricordare l’ultima testimonianza lasciata scritta e sgranare gli occhi per un istante. Aveva intuito in effetti.
    - Perché? Non ti ho detto che mi dà fastidio.- aveva risposto in modo secco, guardandola con serietà. Sembrava quasi piccata da quella cosa anche se non capiva bene perché. Possibile che fosse perché volesse ancora stare al centro dell’attenzione? O perché le dava fastidio che quella ragazza giudicasse le sue azioni senza sapere cosa avesse provato veramente? Aveva evitato di farsi trasportare da quelle congetture, però, mantenendo i propri sentimenti stabili e adocchiando invece con interesse l’infossatura poco distante che portava direttamente al mare.
    - E’ comunque qualcosa di diverso da quello che conosco. Per questo voglio saperne di più.- aveva borbottato, lanciandole un’occhiata da sopra la spalla, prima di fare un paio di passi alla sua solita velocità in modo da avvicinarsi all’acqua e poi allungare una delle dita verso la superficie della stessa.

     
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    Non si stupì quando Alphard ammise di non conoscere il paesino del sud della Francia, immaginando che quello che oggi si chiama Saintes-Maries-de-la-Mer non esistesse ai suoi tempi, o nel migliore dei casi fosse conosciuto con un altro nome. E per quanto riguarda Arles, dopo la decisione che aveva preso scelse di informarsi con la diretta interessata invece di aspettare la pagina di diario corrispondente.
    – Cosa ti ha portata lì? –, finì col domandare, lanciandole giusto qualche occhiata di tanto in tanto, ma concentrandosi principalmente sulla possibile reazione inconscia che avrebbe potuto cogliere la licantropa. Fino a quel momento, quella sera, Irène non aveva percepito niente di particolare, quindi o era davvero calma o era diventata brava a nasconderle ciò che provava, dopo un mese e poco più di tentativi. Non seppe dire se ne fosse sollevata o se lo trovasse in qualche modo deludente. Nel dubbio decise di non aggiungere altro, neanche sull’insinuazione seguente della licantropa. Sinceramente non aveva idea se sarebbero state ancora insieme qualora quel fatidico giorno fosse arrivato, troppe variabili e pressoché nessuna certezza. Non esattamente il tipo di futuro che andava a genio a una calcolatrice come lei.
    Il mare si faceva strada sempre più prepotentemente nella sua testa, inondando i suoi sensi per via della mancanza di altri suoni se non quello distante delle barche attraccate e, appunto, lo scrosciare delle onde contro il molo. Le uniche luci erano quelle del faro lontano, banale e facile da dimenticare, e quelle fioche dei lampioni alle loro spalle. Per il resto era tutto buio. Normalmente Irène avrebbe provato inquietudine in un posto del genere. Poche coordinate, punti o suoni di riferimento, un singolo, opprimente odore che nascondeva tutto il resto. Un posto dove i suoi sensi poco sviluppati divenivano inutili, a partire dalla vista già compromessa. L’unica consolazione era che non fosse sola, e che la sua accompagnatrice fosse tutto il contrario in quel campo. Sì, poteva dire di sentirsi un filo rassicurata quando Alphard era con lei- ma sicuramente non al sicuro da argomenti scomodi dei quali non preferirebbe parlare. Come quello.
    – Non puoi biasimarmi allora. –, ragionò, roteando stancamente gli occhi. Se per Alphard non era importante tenere i suoi diari segreti, al punto tale da lasciarli in giro apposta perché qualcuno li leggesse, a maggior ragione Irène non aveva colpe. Il lieve senso di colpa che aveva provato fino a quel momento si dissolse, lasciando però il turbamento libero di occupare lo spazio libero, e di aumentare. Irène chinò il capo e infilò le mani in tasca, di nuovo, come se non sapesse come scaricare tutta quell’energia tenuta dentro e provasse a farlo con tic di vario tipo. Inspirò profondamente, riempiendo di salsedine le narici, buttando tutto fuori e sentendosi lievemente meglio.
    – Perché… dà fastidio a me. –, rispose prima di poterci pensare meglio. Una volta registrate quelle parole si fermò e strinse i pugni da dentro le tasche, mordendosi il labbro.
    – No, non è proprio così. –, sospirò, correggendosi. Alzò il capo e per un breve istante guardò la diretta interessata, poi preferì fronteggiare l’oceano piuttosto che scoprirsi sotto il suo sguardo.
    – Non mi danno fastidio, mi fanno star male. Per quanto disparate, mi sono immedesimata fin troppo facilmente ogni situazione in cui ti sei trovata tu. Ho avuto serie difficoltà a finire le ultime. Non credevo che potessero influenzarmi così tanto… forse un altro effetto collaterale di ciò che condividiamo. Non… non lo so. Ma non credo di voler continuare. –, spiegò, cercando un mantenere un tono calmo, nonostante il lieve tremore nel respiro. Non appena smise di parlare strinse le labbra, ingoiando il groppo in gola e portando due dita alla radice del naso, scostando lievemente gli occhiali. Alla fine quelli li tolse del tutto, passandosi una mano sul volto e lasciando l’altra con la montatura fine stesa lungo il fianco.
    – Allora… puoi chiedermi quello che vuoi. E’ il minimo. –, mormorò alla fine, concludendo con un sospiro lungo e stremato. Non si avvicinò all’acqua come fece Alphard, preferendo rimanere a distanza. Dopo aver inforcato gli occhiali si limitò ad osservarla da dietro, mesta e in silenzio.
     
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    Il fatto che Iri le avesse fatto altre domande riguardo il proprio passato, aveva in qualche modo reso piuttosto soddisfatta la ragazza. Era bello vedere come anche senza doversi spiegare a parole, fosse riuscita a fare comprendere alla ragazza cosa potesse o meno domandarle senza incorrere in un muro. Ci aveva pensato su, cercato di ricordare cosa in effetti l’avesse portata ad Arles. Era stato qualche evento particolare? Non riusciva a ricordarlo così su due piedi.
    - Credo che semplicemente stessi cercando rifugio da qualche parte che non fosse sotto il dominio diretto del Re. Avevo sentito che in quella zona, secoli prima, era arrivato anche il mio popolo. Speravo che in qualche modo…- si era bloccata, soffermandosi per un momento sull’oceano di fronte a lei ed interrompendo la spiegazione, salvo poi scuotere la testa e mettere su un’espressione più seria. Fortunatamente Irène non poteva vederla. – Speravo di trovare creature poco disposte a farsi mettere i piedi in testa, ecco.- aveva concluso sbrigativamente. Anche se ne avesse avuto voglia, sarebbe stato difficile spiegarle come mai si fosse interessata a quel genere di cose all’improvviso. Le mancava una parte di storia, del resto. Sarebbe stato strano per lei sentir parlare di determinate persone all’improvviso e soprattutto in quella veste così diversa dal solito.
    Aveva preferito evitare di pensarci troppo, scuotendo nuovamente la testa e toccando l’acqua fresca con i polpastrelli. Era lievemente oleosa, ma di sicuro non era ai livelli di quella di qualche centinaio di metri prima. Somigliava vagamente ad uno stagno, nonostante fosse un mare grandissimo. Era strano e curioso come fenomeno.
    - E chi ti biasima. È fin troppo facile e divertente prenderti in giro.- aveva risposto, facendo un sorriso a mezza bocca, tornando poi a voltarsi verso di lei con aria più seria. Aveva captato come un cambiamento nell’atmosfera che le faceva intendere che le cose sarebbero diventate più profonde di lì a poco e raramente il suo istinto sbagliava.
    Come volevasi dimostrare, infatti, Irène aveva spiegato le motivazioni per le quali credeva che non sarebbe più riuscita a leggere i suoi diari, e per qualche motivo la cosa l’aveva fatta tendere come una corda di violino. Come se fosse stata punta nel vivo. Aveva detto di essersi immedesimata fin troppo… significava che era arrivata a provare gli stessi sentimenti che aveva sentito lei in determinati frangenti? I suoi occhi si erano spalancati di colpo, mentre il respiro si faceva impercettibilmente più corto, come se avesse corso. Irène stava per caso cercando di farle capire che sapeva cosa avesse provato esattamente? Non quello che aveva scritto, ma le sensazioni esatte, quelle che non era in grado di spiegare. Quelle che tendeva a nascondere. Non poteva essere.
    Eppure in cuor suo, Alphard sapeva come tutto potesse essere plausibile. La ragazza aveva tenuto a specificare come fossero state le ultime due ad aver causato quel cambiamento, e le ultime due avevano riguardato Marìe e ciò che aveva causato in lei la sua morte. Aveva sentito anche la sua rabbia e il suo dolore quindi? L’aveva guardata per qualche secondo, la bocca semi aperta, come se volesse dire qualcosa. Ma dalle sue labbra non era uscito alcun suono. Alla fine aveva abbassato il capo, con aria piuttosto colpita, salvo poi rialzarlo con decisione.
    - Non volevo farti male.- aveva detto semplicemente, con un tono più freddo di quanto si sarebbe aspettata – Fai bene a smettere allora. È meglio che certe cose rimangano solo qui.- aveva aggiunto puntellando sulla propria tempia con l’indice e cercando di mettere su il ghignetto malizioso che solitamente le vagava in volto – Potresti perdere la tua purezza e di certo non vogliamo questo, no? Il tuo Dio mi fulminerebbe o peggio: potresti farlo tu.- aveva concluso, passandosi una mano tra i capelli scuri e poi tornando a volgersi verso il mare. La luce della luna l’aveva accecata per qualche istante, prima di farle volgere la propria attenzione proprio verso di essa.
    Era praticamente piena.
    Sperava che nessuna creatura si facesse prendere dall’euforia e combinasse cazzate. Le sarebbe dispiaciuto doversi sporcare le mani anche in una sera come quella.

     
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    La risposta sbrigativa di Alphard non diede fastidio a Irène, né per una volta le suscitò una così poi particolare curiosità. Non che non le interessasse di sapere come se la fosse passata nel suo periodo, soprattutto cosa avesse fatto in una città così vicina a quella che ha accolto lei per un anno intero, ma semplicemente aveva in testa ben altri pensieri al momento. Pensieri più opprimenti. Dubbi e turbe d’animo che non avrebbero trovato risposta quella sera, né nelle sere seguenti con molta probabilità.
    Osservando la licantropa entrare in contatto, impavida, con l’oceano di fronte a loro, l’albina cercò di estraniarsi il più possibile dai ricordi delle pagine che aveva letto solamente qualche sera prima. Cancellarli il prima possibile così da non farsi più perseguitare da immagini truculente e dolore e rabbia non suoi. Si abbracciò i fianchi, istintivamente, incrociando le braccia in grembo: per proteggersi dallo sconvolgimento che lesse nell’espressione di Alphard poco dopo. Abbassò lo sguardo di fronte a tale intensità, spostando nervosamente il proprio peso da un piede all’altro. Si preparò a una sfuriata, che forse quella volta non avrebbe interrotto bruscamente, ma ricevette solo gelo. Si strinse nelle spalle. Era una delle possibilità.
    – … Già. –, rispose infine, in un certo senso più calma e determinata. Rilasciò un sospiro che sapeva di definitivo, sciogliendo l’abbraccio che si era dato da sola e riportando le mani in tasca. Rivolse lo sguardo alla licantropa, che era già tornata a fare battute di dubbio gusto, corrugando la fronte e tornando al mare.
    – Il ‘mio’ Dio non è solito intromettersi negli affari dei suoi fedeli. E’ un po’ questo tutto il punto. –, ci tenne a precisare. – Come io non sono solita infierire su altri quando la colpa è mia. –, aggiunse, facendo spallucce e sospirando nuovamente. Complice il fatto che Alphard le desse le spalle, ne approfittò per studiarla in santa pace, e senza pensare a nulla di particolare. Non voleva farlo, in realtà. Se si fosse messa a rimuginare in quella situazione non era sicura di produrre dei risultati soddisfacenti, o più in generale piacevoli.
    La vide alzare lo sguardo al cielo e per un attimo lo fece anche lei. quando si trovò di fronte alla luna piena, lontana e splendente di luce non sua, rilassò appena i muscoli del volto. Il solito dubbio forse infantile tornò a farsi strada nella sua testa, quello sul legame più o meno romanzata tra licantropi e le fasi della luna. Per l’ennesima volta ponderò se chiedere, ma alla fine rinunciò. Probabilmente Alphard avrebbe captato comunque qualcosa, ma lei non ci fece caso.
    – … Oceano a parte, stasera non si sta tanto male. –, rifletté ad alta voce, senza suonare estremamente polemica nei confronti della città in cui vivevano, per una buona volta. Il cielo era perennemente nuvoloso e la luna si faceva strada a fatica, il mare era sporco e nell’aria c’era vagamente puzza di pesce… ma c’era anche silenzio, intorno a loro tutto era calmo, si sentiva solo il rumore del mare e quello distante degli sparuti marinai ancora in giro.
    Un paio di cose che sfuggirono a Irène furono il lontano e quasi indistinguibile rumore di qualcosa che veniva trascinato, qualcosa fatto di plastica come un sacco o un telo, anche abbastanza pesante, l’odore di sangue ancora fresco, e il parlottio agitato di due individui di specie diverse, ma entrambe familiari. Soprattutto per la licantropa. Quel mucchio di informazioni era troppo lontano per essere individuato ad occhio nudo, ma sembravano essere correlati. E sembravano pure in avvicinamento.
     
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    L’occhio lesto della licantropa non aveva mancato di registrare le reazioni di Irène alle sue parole. Sembrava ancora scossa, in qualche modo, turbata. Era quasi come se quei ricordi fossero ancora lì. Decisamente non era una cosa bella. Non se la sentiva però di rimproverarla e di urlarle contro di lasciare un po’ di privacy, sapeva fin troppo bene come fosse impossibile. Preferiva di gran lunga concentrarsi sui loro soliti battibecchi, che cominciava a trovare persino piacevoli e quotidiani.
    - Peccato. Ogni tanto continuo a sperare che un fulmine piombi dal cielo con l’intento di incenerirmi. Come l’altra volta che…- si era bloccata all’improvviso, come se si fosse resa conto di stare per dire qualcosa di fin troppo compromettente e poco adatto alla situazione. Per qualche secondo Alphard era rimasta in silenzio di tomba, salvo poi comunicare il proprio essere ancora in vita con uno schiarirsi di gola fin troppo rumoroso. Doveva assolutamente evitare di pensare a quel proiettile contro il crocifisso o la furia nefasta di Irène si sarebbe abbattuta su di lei. – … che ho bevuto l’acqua santa. Non è che potrebbe corrodere dall’interno questo essere così impuro?- aveva cercato di correggere il tiro, indicando il proprio petto e simulando una esplosione. Bere quell’acqua era meglio di sparare ad un crocifisso… giusto? Era così difficile da capire la religione.
    Non aveva detto nulla in proposito delle abitudini di Irène, anche perché in quel caso avrebbe portato avanti con lei un simpatico dibattito su come non sempre avesse ragione ma continuasse a sostenere le proprie idee infierendo. Il clima era calmo e aveva già rischiato di morire, era meglio evitare darle altri motivi per non essere tranquilla. Come aveva aggiunto lei stessa, del resto, si stava bene quella sera e le sarebbe dispiaciuto rovinare così quella calma.
    - No, è vero. Da quando mi hai evocata penso che questa sia una delle poche volte che si passa del tempo assieme ed in tranquillità. Di solito ci sono in mezzo strane creature, oggetti mistici, lavoro, Angelus che rompe o rivelazioni scottanti sul significato della nostra esistenza.- aveva commentato la ragazza, assumendo però uno sguardo più serio man mano che parlava.
    Aveva visto quella cosa succedere molte volte nelle realtà alternative mostrare dalla scatola magica, ma l’aveva sempre immaginata come qualcosa praticamente impossibile da realizzarsi nella propria. O meglio, le era capitato un paio di volte, però non poteva certo accadere ogni volta, giusto?
    Eppure quell’odore di sangue fresco era arrivato davvero alle sue narici, così come quei rumori sospetti e la presenza di due creature oscure. Non riusciva bene a comprendere cosa fossero, ma la natura particolarmente sfuggente di una delle due era fin troppo familiare. Così familiare da farla iniziare a sudare senza volerlo e a indietreggiare verso la ragazza, con le braccia aperte come a volerle fare da scudo. Non poteva essere, non lì. Non di nuovo. In quella città non esisteva altra specie?!
    - Iri. C’è qualcuno.- aveva semplicemente sussurrato, il tono gutturale tipico di quando si costringeva a non perdere la calma e non lasciare che l’istinto di trasformarsi prendesse il sopravvento.

     
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    Le improvvise rivelazioni di Alphard portarono Irène ad accigliarsi in fretta. Non badò alla sua esitazione, pensando che si trattasse solo della licantropa restia ad ammettere di non essersi comportata in maniera eccellente. Di nuovo. Spostò lo sguardo su quest’ultima e la fissò contrariata.
    – Se fossi stata una creatura notturna probabilmente ti saresti sciolta dall’interno. La prossima volta fai più attenzione. Solamente perché alcune cose sembrano innocue non vuol dire che non siano capaci di distruggerti. –, la redarguì, dura. Incrociò le braccia al petto e cercò di mantenere l’irritazione viva il più possibile, nonostante tutte le attenuanti che circondavano l’essenza stessa della licantropa – il suo passato con la chiesa, le enormi differenze tra il suo tempo e quello in cui era costretta a vivere adesso, e via dicendo –, ma aiutata dal suono ipnotico e calmante delle onde contro il cemento del molo man mano si riprese. Non sciolse le braccia ma perlomeno rilassò i lineamenti del volto, rivolgendo gli occhi al cielo nuvoloso – neanche una stella nei paraggi – e poi al mare, forse ancora più scuro. Avrebbe dovuto farci l’abitudine: finché fosse rimasta a Dilagon l’oceano non avrebbe più brillato alla luce del sole per lei.
    – E solitamente è proprio Angelus il fattore in comune. –, ammise, con una smorfia che indicava quanto poco avesse voluto fare quel semplice collegamento. Fino a quel momento tutti gli incontri meno piacevoli erano avvenuti proprio a casa del mezzo demone, da parte di persone che cercavano lui.
    Per un attimo aprì la bocca come per argomentare le sue parole, e intavolare un vero e proprio discorso sulla situazione particolare del suo affidato, ma subito dopo cambiò idea.
    – Di tanto in tanto ci vuole. –, concluse con un sospiro, lanciandole un’occhiata. Qualche altra domanda più particolare provò a salire in superficie ma qualunque cosa avesse voluto chiederle, Irène dovette fermarsi per via della reazione improvvisa di Alphard a un pericolo per lei invisibile. Sgranò gli occhi e si irrigidì, voltandosi del tutto verso di lei. La vide muoversi verso di lei a braccia aperte per farle da scudo da qualcosa, e nonostante il lieve disappunto, per quella volta la fece fare. Cercò di affacciarsi da oltre la sua spalla, aggrottando le sopracciglia.
    – Chi? –, chiese, senza dubitare delle sue parole. Avrebbe potuto essere potenzialmente chiunque, ma a giudicare dalla sua reazione non si trattava di semplici pescatori.
    E aveva ragione: provenienti dal labirinto di container dietro di loro si stavano avvicinando due figure, che al buio erano ancora impossibili da distinguere per Irène se non per le sagome generiche. Uno alto e massiccio, che puzzava leggermente di inferi, abbastanza da capire sia la razza sia da quanto tempo non tornasse a ‘casa’ per fare una visita alla sua famiglia oscura. L’altro chiaramente un vampiro, che in vita doveva aver abusato di zuccheri e grassi, molto di meno dei servizi della palestra più vicina: più basso dell’oscuro e molto più in carne, più che camminare pareva arrancare dietro all’altro. Entrambi mostravano più di quarant’anni, e l’oscuro aveva in testa più capelli grigi che scuri come il resto della sua chioma. Entrambi, con facilità per un motivo – buona muscolatura – o per un altro – super-forza derivata dal morso –, trasportavano un cadavere arrotolato in un paio di sacchetti della spazzatura. Il morto era quello che puzzava più di tutti, nonostante in corpo gli fosse rimasto poco sangue.
    – … olevo, non volevo davvero Jack- –, disse una voce impanicata, quella del vampiro, qualcosa che Irène non sentì e che ad Alphard sarebbe potuto arrivare tutt’al più come un sussurro. L’oscuro si limitò a grugnire, senza degnarlo di una risposta, come se avesse sentito quelle sue patetiche scuse almeno altre 27 volte prima di arrivare fin lì. Grazie al peso piuma rappresentato dal cadavere – almeno per loro –, il duo si muoveva in fretta: di lì a poco anche l’albina avrebbe potuto sentirli e vederli in tutta la loro bellezza.
    Tra i due notturni quello che avrebbe potuto accorgersi per primo di loro, il vampiro, era decisamente troppo distratto dai suoi stessi singhiozzi, quindi per il momento entrambe le ragazze erano relativamente invisibili per loro.
     
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    - E’ una fortuna che io sia davvero molto poco oscura allora, no?- aveva commentato con un sorrisetto antipatico. Non riusciva bene a capire in verità quale differenza ci fosse tra lei e i demoni, visto che entrambe le razze erano sempre state osteggiate dagli uomini comuni per la propria aggressività. Probabilmente difendeva dal fatto che loro fossero effettivamente più cattivi di lei e portati a fare del male agli altri, traendone piacere. Non aveva mai goduto nell’uccidere qualcuno, tranne in rarissime occasioni, ma ricordava benissimo come quei cosi fossero in grado di farsi grasse risate facendo a brandelli ragazzette accusate di essere streghe.
    Ma a proposito di creature demoniache! La povera Alphard non si era potuta esibire nel proprio sport preferito, l’insultare Angelus, dando corda ad Irène, proprio a causa della comparsa di quelle sgradite presenze. Era decisamente un vantaggio possedere dei sensi più sviluppati quando si stava in coppia con una maga gracilina e mezza cieca, rendeva il tutto meno pericoloso. Le aveva rivolto un’occhiata da sopra la spalla, quando l’aveva interrogata, ma per ora non le aveva voluto rispondere. D’altronde immaginava che sarebbe bastata la paura nel suo sguardo, sebbene cercasse di mantenersi in apparenza tranquilla e con la situazione sotto controllo, a spiegarle con chi avrebbero dovuto avere a che fare probabilmente.
    Ma anche se Alphard continuava a cercare di prendere in giro se stessa, era praticamente ovvio che quell’odore così freddo ed inumano appartenesse ad un vampiro. Non si era neanche interessata più di tanto al suo compagno. L’aveva identificato come essere demoniaco e quello le bastava. Non era molto diverso da altri che aveva già affrontato in passato in verità, gli stessi che aveva mandato al tappeto facilmente.
    Si era praticamente bloccata sul posto, con i pugni stretti, quando aveva iniziato ad intravedere nell’oscurità le due figure nemiche, con tanto di pasto da asporto tutto bello impacchettato e grondante di sangue. Uno era abbastanza grosso, mentre l’altro un po’ più alto ed imponente. Entrambi sembravano piuttosto vecchi inoltre, di sicuro avevano raggiunto la quarantina, ma quello non faceva abbassare la guardia alla Licantropa. Come non lo facevano neanche i continui piagnucolii del vampiro. Avrebbe dovuto intuire da quella particolare nota impaurita come fosse seriamente preoccupato per via di qualcosa che aveva fatto, ma la ragazza aveva totalmente estraniato qualunque informazione che non fosse il fatto di avere di nuovo una di quelle creature di fronte a sé. Quello che la turbava più di ogni altra cosa, inoltre, era il fatto che quel tizio sembrasse in qualche modo diverso dagli altri due vampiri che aveva incrociato a Dilagon negli ultimi giorni: Giassica era apparsa praticamente innocua per ora, mentre il prete si era rivelato una mezza calzetta, era bastato un morso per metterlo fuorigioco. Dubitava che sarebbe riuscita a fare la stessa cosa con quello.
    - Allontaniamoci…- aveva sussurrato verso Irène, continuando a tenere una posizione di difesa come se si aspettasse che potessero provare a colpirla da un momento all’altro. Aveva dovuto ingoiare parecchie dosi di orgoglio per riuscire a dire quelle parole, ma il suo senso di conservazione le urlava di scappare a tutto volume. Non sarebbe riuscita a concentrarsi in quello stato e avrebbe messo a repentaglio la vita della sua Master, e la propria di conseguenza. Confidava che se avessero indietreggiato in quel momento sarebbero riuscite a passare inosservate. Magari per assicurarsi una fuga più veloce avrebbe potuto prendere in braccio la ragazza e poi scattare a tutta velocità…
    - No! Mahzouz!- aveva però esclamato a mezza voce, notando un particolare nei pressi dei due nuovi arrivati. Un simpatico esserino marroncino zampettava incuriosito proprio in quella direzione, probabilmente attratto dall’odore del sangue e del cadavere trascinato da quelle creature. Non c’erano dubbi che fosse proprio Mahzouz, che voleva dire “fortunato” nella sua lingua natale, lo scarafaggio che poco prima Irène aveva voluto risparmiare. Quella creatura così fiera e forte!
    Il cuore di Alphard aveva traballato nel vedere come il suo nuovo amico si stesse avvicinando ad una fine certa! Dubitava che quelle due creature immonde avrebbero riconosciuto il suo valore, evitando accuratamente di pestarlo, o magari togliendolo delicatamente dalla strada in modo da evitare che potesse farsi male. No, la vita di Mahzouz stava per essere tragicamente stroncata prematuramente. Non poteva permettere una cosa del genere, Irène aveva deciso che quello scarafaggio avrebbe dovuto sopravvivere, rifiutando una sua offerta irripetibile, quindi si sarebbe dovuta assicurare che le sue volontà fossero rispettate. Almeno per quella sera, almeno difendendolo da quei nemici.
    Con un sospiro si era dunque calata il cappuccio rosso della mantellina sulla testa, mentre un ghigno nervoso le si stampava in volto. Aveva rivolto un’occhiata verso la ragazza dietro di lei, come per assicurarsi che si fosse davvero allontanata dalla scena pericolosa, prima di concentrarsi sul nemico. I suoi sensi erano tesi e sembrava pronta a combattere per proteggere il suo amico e la sua solenne promessa, come dimostravano i lineamenti deformati e gli occhi ambrati brillanti di paura sui quali spiccava la pupilla verticale tipica di quando faceva ricorso ai suoi poteri.

     
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