Le ombre dell'oscurità

Phoebe - Janis

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  1. Phoebe Blackcat
     
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    Le ombre dell’oscurità - Indipendente e libera -
    Phoebe era sempre stata abituata ad arrangiarsi da sola, a trovare da sola di che vivere e, soprattutto a percorrere la strada che si era tracciata fin dai suoi primi giorni di scuola. Il suo lavoro era sempre stato la sua passione e il suo hobby. L’essere un’appassionata di armi e di tecnologia si era talmente insinuato in lei che non riusciva più nemmeno a ricordarsi quando aveva iniziato ad amare quel genere di cose ma di una ne era sicura: l’aveva trasformato nel suo lavoro e nel suo stile di vita. Era fiera di poter dire di mantenersi da sola, anche se con un piccolo aiuto di qualcuno, e di non dover dipendere da nessuno. Lei amava essere libera e fare solo le cose che amava. Nonostante tutto non poteva certo dire che le cose le fossero andate male, aveva potuto conquistare la propria indipendenza.

    «Guarda che io lavoro. Sono un armaiolo e sto anche studiando per poter modificare oggetti elettronici e rendere le mie armi uniche e irripetibili. Presto tutta Dilagon verrà da me per avere l’arma migliore al mondo. La maggior parte di queste cose le compro io per aiutare loro.»


    Alcune cose le aveva anche rubate ma in fondo non era necessario dire proprio tutto. Però era vero che parte del suo lavoro lo utilizzava per aiutare quei suoi compagni di sventura, almeno finchè non fossero riusciti a badare a loro stessi da soli.

    «Io ho una casa mia e ne ho trovata una anche per loro. Non serve che qualcuno si preoccupi per noi, sappiamo cavarcela perfettamente da soli.»


    Era abbastanza secondario il fatto che lei abitasse nello stesso magazzino in cui lavorava e che i bambini stavano in una struttura abbandonata e anche abbastanza fatiscente. Però almeno potevano stare in un posto, con delle coperte estremamente calde e, soprattutto, coperti dalle intemperie e dal freddo troppo rigido. Era fiera di ciò che aveva creato perché ben pochi ragazzi della sua età potevano dire di essere arrivati a tanto.

    «Comunque andiamo al Crystal Guns…lì mi sono fatta un bel giro di clientela e di solito non devo nemmeno pagarmi da bere. Magari troviamo qualche simpatico ragazzone che possa offrire qualcosa anche a te.»


    Ridacchia prima di prendere il proprio zaino che aveva lasciato a terra vicino ad un cassonetto e avvicinarsi ai bambini. Parlò fitto fitto insieme a loro, cercando di non farsi sentire da Janis, in fondo la diffidenza aveva loro permesso di sopravvivere fino a quel momento.

    «Mi raccomandi ragazzi, fate i bravi. Ci vediamo domani.»


    Concluse salutando tutti un’ultima volta con un cenno della mano prima di avviarsi verso la strada principale e facendo cenno a Janis di seguirla.

    «Tranquilla non ci sono solo le freccette. Abbiamo anche il biliardo…potrai scegliere ciò che vorrai. Ti dico solo di fare attenzione, ai tavoli si trova sempre gente che cerca di fregarti i soldi e se non stai attenta ci riescono pure. Soprattutto mentre si gioca: chiedere sempre se c’è qualcosa in palio o meno. Altrimenti rischi di iniziare la partita e ritrovarti a dover dare loro anche le mutande.»


    Concluse ridacchiando divertita. Era evidente che ne aveva viste parecchie di situazioni come quelle ma lei non si era mai lasciata fregare: era abituata a derubare e non ad essere derubata.

    «Tu piuttosto…come ci sei finita qui a Dilagon? Ci sei nata o ci sei capitata?»


    Chiese frugando nelle tasche per tirare fuori due merendine al caramello e offrirne una anche alla ragazza che si stava portando al club.


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