Game Over - Please Insert Coin

Non era mai una buona idea portare i gemelli dove tante persone potessero vederli ma loro avevano insistito tanto e, dopo avergli fatto promettere che avrebbero fatto i bravi senza cercare di mangiare nessuno, aveva accettato di portarli in sala giochi. In fondo una serata da bambini normali se la meritavano anche loro. Peccato non aver avuto dietro Lucy, l’avrebbe potuta aiutare con i loro istinti.

«Dato che avete detto di non avere fame guai a voi se vi fate riconoscere e, soprattutto, quando dico che ce ne andiamo non voglio sentire nessuna obiezione…mi sono spiegata?»

Prima di entrare nella sala giochi Misato aveva fatto una bella ramanzina per assicurarsi del fatto che non avrebbero combinato nulla. Se fosse successo qualcosa Isabelle l’avrebbe spellata viva e con tutte le ragioni del caso. Dopo aver visto i due bambini sorridere e annuire felici sospirò e finalmente entrò nel locale dopo averli presi entrambi per mano.

<blockquote>Una volta dentro i due vampiri si guardarono intorno totalmente meravigliati e rimanendo a bocca aperta: non erano mai entrati in un posto del genere.

«Eithan sei felici di non essere andato al parco?»

Chiese la più piccola al gemello sventolandogli una mano davanti alla faccia.

«Certo, non vedo l’ora di giocare con qualcosa che spara! Ma Yuki invece? È rimasto fuori?»

In effetti attiravano già troppa attenzione così, con due bambini fuori a quell’ora di notte, figuriamoci se fossero entrati con una pantera: si sarebbe scatenato sicuramente il caos e la guerriera avrebbe perso totalmente il controllo dei due bambini.

«Forza cuccioli, andiamo a prendere i gettoni.»

Ridacchiò la combattente andando con loro verso la cassa e chiedendo i gettoni al commesso. Mentre attendeva che la transizione si completasse si guardò intorno cercando di capire da quale gioco iniziare e ne adocchiò uno che sembrava essere uno sparatutto sugli zombie. Forse ai bambini sarebbe piaciuto, in fondo non avevano mai visto quel genere di creature prima d’ora.

«Volevate sparare, giusto? Che ne dite di cominciare da quello allora?»

Chiese indicando la macchina con il dito prima di prendere i gettoni che il ragazzo le stava porgendo. Non fece in tempo nemmeno a finirla la frase che le due piccole pesti corsero subito urlando verso il videogioco e prendendo in mano le pistole facendo finta di spararsi a vicenda.

«Guardate che non funziona proprio così. Dovete sparare allo schermo…guardate.»

La guerriera inserì i quattro gettoni richiesti tenendo gli altri nel sacchettino. I bambini capirono in fretta a cosa dovevano mirare e come si giocava e lo trovarono molto divertente oltre al mostrare una certa abilità nell’utilizzo delle armi, in fondo erano pur sempre dei vampiri.
La guerriera indossava i suoi soliti abiti: un chiodo nero dal quale si intravedeva un maglione grigio, un paio di jeans scuri e i suoi anfibi ebano, oltre a tutte le sue armi dalle quali non si separava mai dato che lei sapeva bene che il pericolo poteva essere sempre in agguato.

Misato si stava davvero divertendo anche solo guardando la felicità dei bambini davanti a quel gioco, insomma era raro che potessero godersi qualcosa che assomigliava alla vita normale. In fondo nemmeno lei l’aveva mai potuta godere a pieno, poteva assaporarla solo con i suoi bambini dell’orfanotrofio e forse proprio per questo si era affezionata a tutti loro e aveva dato tutto per potergli stare accanto: perché la facevano sentire una persona migliore. Forse la stavano anche rendendo più buona sebbene non avrebbe mai mosso un dito per un estraneo se non per essere pagata. Stavano in qualche modo cambiando la sua morale.

«Adesso voglio provare a giocare con Misato!»

Urlò improvvisamente Eithan riportando la guerriera alla realtà strappandola dai suoi peniseri.

«Si ma dopo voglio provare anche io a giocare con lei.»

Piagnucolò Burilda cedendo la sua pistola finta alla combattente che si stava facendo avanti.

«Tranquilli bimbi, ce n’è abbastanza per tutti e due!»

Ridacchiò la donna inserendo i quattro gettoni necessari e preparandosi a sconfiggere quei brutti zombie. Intanto la bambina aveva cominciato a guardarsi intorno, curiosa di sapere se ci fossero altri giochi divertenti.

«Misa mentre voi fate la partita posso vedere se ci sono altri giochi divertenti da fare con Eithan?»

Il primo zombie comparve sul display e Misato lo uccise con una facilità impressionante. Non le piaceva l’idea di lasciarla andare in giro da sola ma in fondo non sembravano esserci grandi pericoli quindi forse avrebbe potuto allentare un pochino il guinzaglio.

«Un giro veloce e poi torni subito qui.»

Non aveva paura che qualcuno potesse rapirla, al contrario, era più terrorizzata all’idea che Burilda mostrasse la sua vera natura mangiando letteralmente qualcuno. Ad ogni modo aveva dato il suo benestare così la piccola iniziò a girare per la sala giochi per osservare tutti i display e capire quale potesse essere la prossima macchina sulla quale sfidare il gemello. Improvvisamente giunse nei pressi di Janis e per una creatura con i sensi affinati come i suoi non fu difficile sentire ciò che stavano dicendo: dei prepotenti se la stavano prendendo con qualcuno.

”Nuova missione: salvare la principessa.”

Pensò tutta contenta quasi come se uno di quei giochi avesse preso vita e lei fosse l’eroe senza macchia e senza paura. Si avvicinò silenziosamente alle spalle dei due uomini tirando per i pantaloni quello che stava letteralmente minacciando la ragazza.

«Lasciate stare la principessa brutti balordi maleducati.»

Avrebbe quindi urlato abbastanza da farsi sentire. Incrociò le braccia al petto guardando i malfattori con aria imbronciata. Misato le aveva detto di tornare subito ma in fondo non le aveva impedito esplicitamente di salvare le principesse in pericolo.

Misato ed Eithan finirono la partita e la guerriera lo aveva lasciato vincere…per questa volta.

«TI ho battuta! Ti ho battuta!»

Saltellò tutto esultante. La guerriera sorrise davanti a tutta la sua gioia ma presto quel sentimento lasciò spazio alla preoccupazione di non aver ancora visto tornare Burilda. Certo, non era passato tanto tempo ma le sembrava strano che non fosse tornata da lei.

«Andiamo a cercare tua sorella…si dovrà sorbire una bella sgridata: le aveva detto di tornare subito.»

Prendendo il bambino per mano iniziò a girare per la sala giochi alla ricerca della piccola vampira.
Intanto Burilda stava affrontando, a modo suo, quei brutti ceffi che stavano mettendo in pericolo quella che lei aveva travestito da principessa nella sua immaginazione. Nel sentire la parola mostro le si disegnò un sorriso sadico e i piccoli dentini appuntiti si resero quasi visibili.

«Mostri? Se vi piacciono tanto i mostri posso farvi vedere cosa vuol dire trovarsene uno davanti….»

Quella parola risvegliava in lei una fame troppo a lungo sopita. Sebbene Misato la nutrisse sempre con sangue umano sentiva che le mancava qualcosa, quelle prede non venivano quasi mai cacciate da lei ma direttamente dalla guerriera e sentiva che la fame non veniva più soddisfatta solo dal sangue, iniziava ad avere bisogno di altro, iniziava ad avere bisogno della frenesia della caccia. Janis però fu un’ottima distrazione per non lasciarla combinare un guaio che l’avrebbe messa in castigo per il resto dell’eternità.

«Io sono qui con Misato. Lei è la persona più forte e incredibile che io conosca!»

Disse con un sorriso. Guardò il blocchetto da disegno della ragazza e le immagini che lei sfogliava che le passavano sotto agli occhi un fotogramma alla volta e notare il volto di Jesper non fu difficile. Cosa ci faceva con un disegno del rosso? Che fosse anche lei una sua amica?

«Mi piacciono i vestiti da principessa ma io voglio andare in giro a salvarle, voglio diventare come Misa!»

Disse con un enorme sorriso battendo le mani.

«Mi piacerebbe tanto una corona con le fragole…»

Concluse però cercando di sbirciare sul blocchetto per vedere cosa la ragazza avrebbe disegnato.
In quel momento arrivarono Misato ed Eithan che le teneva la mano. Il gemello si liberò subito dalla presa della combattente per correre verso la sorella e strattonarla per un braccio.

«Burilda…sei sempre la solita. Lo sai che non devi dare confidenza agli estranei.»

Disse cercando di trascinarla verso Misato anche se non ce ne fu bisogno perché la piccola corse verso la guerriera abbracciandole le gambe.

«Questa ragazza ha detto che mi farà una corona…posso prenderla?»

Appena gli occhi della guerriera si posarono su Janis il sorriso scomparve definitivamente dal suo volto lasciando spazio solo ad un’espressione vuota e granitica. No, continuava a non fidarsi di lei e non le piaceva il fatto che Burilda avesse fatto in qualche modo la sua conoscenza. Eppure la bambina era davvero felice di aver trovato una coroncina tutta sua.

«Ma certo Burilda…sono sicura che Janis finirà di farti il tuo disegno!»

Annuì rivolgendole un sorriso dolce prima di scompigliarle i capelli. Eithan, dal canto suo, non sembrò così tanto contento di quella nuova prospettiva, al contrario, teneva sotto controllo sia la sorella che la donna che le stava facendo il disegno. Non che avesse qualcosa contro di lei ma lui era molto più cauto della gemella per quanto riguardava gli estranei.

Era proprio contenta di poter avere tutti quei bei disegni e tutte quelle fragole le piacevano davvero tanto alla vista, sebbene al gusto non provasse alcun tipo di piacere. Ora, con tutti quei gioiellini di carta, poteva finalmente essere una vera eroina.

«Se vanno avanti così questi due mi ruberanno sicuramente il lavoro.»

La voce della guerriera era addolcita, forse dalla presenza dei gemelli che in qualche modo la scioglievano un po’ di più rispetto al solito. Eithan però continuava a fissare Janis come se desiderasse davvero soltanto mangiarla.

«Io sono suo fratello...»

Disse indicando la ragazzina e incrociando poi le braccia sul petto. Era evidente che al contrario di Burilda, lui non fosse così tanto socievole come la gemella.
Mentre l’arcanista si stava alzando per andarsene, la vampira stava giocando con i suoi giocattoli nuovi e nel vedere che la sua nuova “amica” si stava allontanando guardò Misato piuttosto contrariata.

«Ma io voglio ancora giocare con lei!»

Disse piuttosto dispiaciuta. In fondo la guerriera aveva promesso ai gemelli che quella sarebbe stata la loro serata e quindi non aveva nulla in contrario, anche se Janis non le piaceva la felicità dei bambini veniva prima di tutto il resto.

«Janis…Janis, aspetta!»

Provò a richiamare la sua attenzione seguendola con i due vampiri al seguito.

«Ci stavamo chiedendo se ti andasse di giocare insieme a noi stasera…pensavamo di passare qui un paio d’ore.»

Borbottò evidentemente non molto contenta della cosa ma, al suo fianco, la piccola Burilda stava facendo i salti di gioia continuando a saltellare fissandola intensamente e mimando con le labbra “Si, dai!”. Ora era solo decisione di Janis decidere se rimanere con loro oppure no.

In effetti si, quei bambini erano il suo punto debole ma potevano anche essere il suo punto di forza. Ancora si ricordava quando il vecchio orfanotrofio era stato attaccato e lei aveva ucciso chiunque avesse anche solo fatto scivolare il proprio sguardo sui suoi piccoli tesori. Era una vera mamma gatta da quel punto di vista.
All’ennesima provocazione non rispose, aveva deciso che non le avrebbe più dato il potere di farla uscire di testa.

«Tregua.»

Rispose semplicemente facendo spallucce.
La vampira si fece avanti per osservare con attenzione l’arcanista che le porse il pugno. Lo guardò per un lungo istante prima di sorridere e battere il pugno su quello della ragazza.

«Si, stracciamoli tutti! A proposito, io sono Burilda e mio fratello si chiama Eithan…sia, siamo gemelli! Tu invece come ti chiami?»

Gemelli, come se la cosa non fosse praticamente ovvia. La bimba era sempre stata troppo avventata nel fare amicizie, tendeva a fidarsi di chiunque non fosse esplicitamente in contrapposizione con la sua adorata Misato, però questo poteva anche essere un grosso problema dato che portava la piccola a ficcarsi sempre in un sacco di guai. “Non accettare caramelle dagli sconosciuti” era una frase che la vampira faceva davvero fatica ad interiorizzare.
Eithan era quello decisamente più guardindo, forse dovuto al fatto che la gemella era sempre troppo espansiva e in qualche modo lui riportava l’equilibrio nella coppia. Tornava ad essere un “bambino normale” solo davanti a Jesper, Misato e le educatrici dell’orfanotrofio ma per quanto riguardava le persone che non conosceva non partiva certo dal presupposto che fossero tutti cattivi ma quantomeno manteneva una distanza di sicurezza che potesse far capire loro se fosse una persona con buone intenzione o meno.
Entrambi erano stati trasformati proprio perché si erano fidati troppo del mondo. E se Burilda non sembrava essere cambiata, Eithan aveva imparato la lezione.

«Io voglio provare quel gioco dove si balla! Misa! Misa! Mi dai i gettoni?»

Chiese verso la guerriera che con un sorriso le diede i suoi due gettoni e la guardò mentre andava da Janis per farsi seguire fino al gioco dove delle frecce colorate indicavano loro dove mettere i piedi a ritmo di musica.

«Vuoi giocare a qualcosa anche tu?»

Chiese al bambino che sembrava essere caduto in una sorta di mutismo. Il vampiro si limitò a scuotere la testa e seguire la sorella e la donna.

Dall’esterno un paio di occhi gialli tenevano d’occhio l’entrata del locale, completamente coperto dall’oscurità, come un angelo oscuro che vegliava sulla vita dei due cuccioli che la combattente aveva portato a spasso per quella notte.

Eithan non sembrava essere particolarmente incline a volersi unire a quella piccola falsa della dolce bambina che voleva giocare con una che aveva deciso fosse una principessa in pericolo. Se proprio doveva dirla tutta odiava profondamente quando sua sorella si comportava così, le voleva bene ma a volte la considerava proprio un’oca giuliva senza alcuna coscienza del fatto che fosse pericoloso stare vicino agli umani. Ovviamente non era pericoloso per loro due ma per tutti gli altri, soprattutto perché ancora non avevano imparato a controllare bene la propria fame.
La domanda dell’arcanista sembrava essere caduta nell’aria dato che il vampiro era talmente preso dai suoi pensieri da non aver ascoltato una sola parola, soltanto la leggera pacca che la guerriera gli aveva dato sulla testa lo riportò alla realtà. Alzò il volto per far scivolare il suo sguardo sull’educatrice con aria interrogativa.

«Janis ti ha chiesto se vuoi fare una partita con Burilda…per farle vedere come si gioca.»

Il piccolo non disse nulla, semplicemente fece spallucce e salì sulla pedana con la sua gemella che batteva le mani tutta contenta. Scelsero insieme la canzone e decisero di provare con il grado più difficile, in fondo per loro era un gioco da ragazzi. I loro movimenti erano veloci e precisi anche se non sembravano inumano, davano semplicemente l’impressione di essere dei bambini molto bravi nelle attività motorie.

«Allora…come va con il braccio? Sta guarendo?»

Chiese la combattente incrociando le braccia sul petto e facendo un cenno verso l’arto che l’arcanista si era ferita durante il loro primo incontro.

Intanto Yuki continuava a studiare la situazione perché non gli piaceva per niente come si stavano mettendo le cose. Se nessuno fosse entrato ad avvisare la sua compagna qualcuno si sarebbe fatto male e quelli che aveva davanti non sembravano decisamente essere dei tizi pericolosi però aveva comunque una strana sensazione e i peli gli si rizzavano sulla nuca…e non era mai un buon segno. Decise quindi di avvicinarsi un pochino di più all’entrata rimanendo però sempre ben nascosto nell’oscurità e senza farsi vedere o sentire da qualcuno.

Vedere i bambini così contenti di giocare e di far mostra della propria abilità era qualcosa che le riempiva il cuore di felicità, non poteva immaginare la sua vita diversa da come stava andando avanti, non poteva immaginarla diversa senza quei bambini, senza le sue colleghe e senza la caccia che le permetteva anche di usare per l’orfanotrofio soldi che altrimenti non ci sarebbero. Non vedeva la cosa strana, in fondo lei ripuliva le strade della città da esseri che mettevano solo in pericolo il futuro di Dilagon, aveva smesso di lavorare per qualcuno che le faceva uccidere innocenti, aveva smesso da tanto tempo, dalla morte del suo amato Yuki. In effetti le sembrava che fosse passata un’intera vita mentre invece erano solo stati pochi anni.
Annuì a Janis quando questa le disse che tutto si poteva sistemare con un po’ di riposo e nessuno meglio di lei poteva capire quanta verità ci potessero essere in quelle poche parole. La stessa guerriera non era solita a piangere sulle sue ferite, di solito cercava di curarle, ricucirsele e lasciare che il riposo facesse il resto. Ma in fondo le importava poco del braccio di quella ragazza che non le piaceva più di tanto.
Quando Janis iniziò a fare domande sulla Hope’s House un campanello d’allarme scattò nella sua testa, la cosa era decisamente normale dal momento che avevano dovuto ricostruire tutto da capo e che ad aver messo tutti in pericolo era stata proprio lei con il suo passato travagliato.

«Sono una dozzina e lavoro insieme ad alcune ragazze con le quali mi divido i turni. Di recente abbiamo assunto un’altra educatrice.»

Disse alla fine con grande calma. In fondo quella ragazzina, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto fare proprio niente contro l’orfanotrofio perché, in quel caso, Jesper non glielo avrebbe mai perdonato e ormai aveva capito quanto il rosso avesse ascendente su di lei.

«La Hope’s House si trova a Neolock nei quartieri vecchi se volessi venire a farti un giro.»

Continuò facendo spallucce e spostando lo sguardo sui bambini che avevano terminato la prima canzone e stavano discutendo insieme sulla scelta della seconda. Di solito partivano sempre dei litigi fra i due ma alla fine Eithan lasciava sempre che fosse la gemella a fare la scelta finale, non per debolezza ma perché la vedeva tanto piccola rispetto a lui che si sentiva più grande, cresciuto troppo in fretta e che si sentiva responsabile di Burilda che ai suoi occhi appariva tanto candida.

«Non solo una di loro?»

Sussurrò con profonda calma ma dentro di lei una tempesta si stava alzando, come poteva una ragazzetta di poco spessore come quella parlare con tanta disinvoltura di cose che non sconosceva?

«Dimmi, tu come fai a dire che non sono una di loro? Quanto ne sai di me? Non abbastanza evidentemente. Non parlarmi come se mi consocessi.»

Nonostante il suo desiderio primario fosse quello di girarsi verso di lei per tagliarle la testa le parole erano ben pesate, calme, come un lago dalla superficie liscia.

«Loro hanno bisogno di me e finché il mio aiuto e i miei servigi saranno richiesti io non li abbonderò. Non lo farei nemmeno se mi attaccassero se proprio devo dirla tutta. Hanno paura, soffrono e sono soli. Hanno bisogno di un briciolo di felicità e in un mondo di merda come questo voglio dare loro tutta la serenità che meritano.»

Ogni tanto ripensa a quello che è stato il suo passato e spesso si ritrova a pensare che, forse, se accanto a lei ci fosse stata una guida in grado di capire la sua indole, la sua pericolosità, forse l’avrebbe aiutata a capire meglio il mondo evitandole di diventare solo un’arma in mano a gente senza scrupoli. E per quei bambini voleva evitare una cosa del genere, li voleva liberi, felici, in grado di fare le proprie scelte da soli.