La guerriera che muore e che rinasce

La genesi della donna e della guerriera

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    ♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥

    Group
    Eretici
    Posts
    12,358
    Location
    Gallifrey ♥ Doctor's T.A.R.D.I.S.

    Status
    Ghost
    Perché provo tanto odio? Perché provo tanta rabbia? Non chiedetemelo, se ci tenete alla vita non chiedetemelo, ma se proprio volete rischiarla proverò a rispondervi. Probabilmente se io avessi ancora 17 anni, vivessi ancora con la mamma e i miei nonni, non saprei spiegarvi il perché di tanta rabbia. Forse sono solo disgustata da come sta girando il mondo, forse sono solo giovane e stupida, forse sono solo viziata. Devo ammettere che i miei genitori non mi avevano mai fatto mancare niente, anche dopo la morte del mio caro papà, la mamma mi ha dato tutto quello di cui avrei potuto aver bisogno. Anche affetto. Ma non mi bastava. Io stavo bene, frequentavo le migliori scuole di Dilagon, quelle in cui andavano solo i figli dell’elitè dei ricchi, ma non era quello il mondo reale. Il mondo reale erano i bassi fondi, dove la gente soffriva e poi moriva.

    Un giorno, quando avevo 11 anni, bigiai scuola e cercai dei vestiti da stracciona, togliendomi il mio bellissimo vestito a fiori e spettinando i miei capelli ordinati. Me ne andai nei bassi fondi e vedere il tenore di vita degli altri. In una sola mattina aveva incontrato gente di ogni tipo, il problema era che quella gente non mi vedeva come una persona, ma come una piccola bambina, da poter usare in modi che ignoravo. Per fortuna fui salvata da un ragazzo che poteva avere si e no tre anni in più di me, un combattente, mentre un tizio cercava di portarmi via con la forza. Anche lui era un giapponese, Yuki. Non lo potrò mai dimenticare. Nel corso del tempo diventò il mio maestro e finii con il passare più tempo con lui che a scuola o con i miei familiari. Mi trovavo veramente bene, inoltre mi insegnava a combattere. Grazie a lui io divenni una macchina da guerra e mi piaceva. Il sapore del sangue mi inebriava. Alla fine, quando me ne andai dalla mia casa a soli 18 anni pensavo che non ci saremmo più incontrati, invece non fu così.

    Ero appena arrivata a Sunset Boulevard, senza un posto dove stare. Ai tempi ancora non avevo il mio accogliente magazzino. Stavo vagando per le strade senza meta, finchè non trovai un uomo che offriva del cibo. Mi avvicinai affamata e vidi che era un prete. Allora ancora non provavo tanto rancore nei loro confronti, così mi avvicinai chiedendo qualcosa da mangiare.
    <<prego signorina, ecco il suo piatto di minestra.>> L’unica cosa che potei fare fu sorridergli, ai tempi ancora ne ero capace nonostante tutto. Mi sedetti in mezzo ai barboni che non avevano niente e nessuno.
    <<scusatemi, mi sapete dire chi è quell’uomo?>> Chiese a uno che era seduto vicino a me, indicando il prete che mi aveva offerto quel caldo piatto. Il barbone si girò verso di me ridendo.
    <<ma come, prendi da mangiare dagli sconosciuti? Beh, bambina, lui si chiama Edward Wellbel, è il prete di questa zona. Spesso ci aiuta dandoci da mangiare oppure trovando dei posti dove passare la notte. Lui è diverso dagli altri che pensano solo al denaro e alla posizione. Lui vive veramente per la gente e per le creature non umane. Ho sentito che dove può aiuta anche loro.>> Abbassai lo sguardo, non sapevo che i preti facessero di queste cose. In realtà non me ne era mai importato nulla, non desideravo conoscerli, non desideravo avvicinarmi, mi bastava stare con me stessa. Rimasi ancora un po’ a pensare, mangiucchiando la mia minestra che in realtà non sapeva di niente, finchè il vecchio accanto a me mi porse la mano. <<io mi chiamo Zac, solo Zac. Faccio parte di questa piccola comunità di barboni. Resterai con noi per un po’ o sei solo di passaggio?>> Sorrisi, era strano trovare qualcuno che si interessava così agli altri, o forse mi sembrava strano perché avevo vissuto in mezzo a dei bambocci ricconi.
    <<sono di passaggio, ma mi fermerò per poco, padre Edward è un uomo interessante, mi piacerebbe conoscerlo meglio…>> Dissi sorridendo. Era la vertà. Passai un mese in quella comunità e spesso mi capitò di parlare con padre Edward. Era un uomo molto singolare. In particolare ricordo con molto affetto una delle nostre “sedute” se così vogliamo chiamarle, ma in realtà era per me solo un ospazio dove poter parlare, dove poter capire. Ero giovane e confusa.
    <<misato, non devi avere paura degli altri e non devi odiare. Il nostro signore Gesù si è sacrificato per tutti noi e il suo sangue ci ha salvati. Ci ha reso tutti fratelli, perché mai dovremmo odiarci? Perché mai dovremmo portarci rancore?>> Alle sue parole lo guardai sbalordita. Come poteva dire quelle cose, con tutto quello che succedeva nel mondo?
    <<padre Edward….ma voi credete veramente in queste cose?>> Domanda stupida, lo so. Ma ero allibita dal suo pensiero.
    <<certo, altrimenti perché sarei diventato un prete? Il signore mi ha chiamato e io ho risposto. Sarò suo testimone fino alla morte. Vedi, tu combatti con le armi, io invece lo faccio con la parola di Dio.>> Rispose ridendo di gusto. Io non ero ancora convinta. Il padre mi guardò con aria estremamente dolce accarezzandomi la testa. <<misato, tu sei amata di un amore che non puoi nemmeno immaginare. Sei fatta a immagine di Dio, sei stata plasmata sul suo modello. Sei e sarai sempre amata.>> La sua dolcezza era infinita, a volte ascoltandolo pensavo veramente che potesse esistere un Dio. A volte desideravo veramente crederci, ma quando tornavo con i barboni mi riusciva difficile, Dio non ci ha mai lanciato un panino.

    Un giorno stavo tranquillamente parlando con Zac, era un uomo veramente simpatico e divertente, quando vidi qualcuno di nuovo andare da padre Edward. Estremamente incuriosita andai a vedere chi fosse il nuovo arrivato e quando mi avvicinai, il nostro sacerdote mi fece segno di avvicinarmi.
    <<vieni, ho qualcuno da presentarti. È appena arrivato.>> Seguii le sue indicazioni e quando vidi chi era l’uomo, per poco non mi venne un infarto.
    <<yuki?!?! Cosa ci fai qui?>> Ancora non ci potevo credere. Per un attimo ci guardavamo increduli. Come faceva ad essere lì? Non poteva essere vero, non poteva essere reale. Allungai una mano per poter toccare il suo petto e sotto le mie mani lui diventava reale. Era lì. Era per me. Mi aveva trovato.
    <<ti ho cercata a lungo Misato. Ero preoccupato. Quando tua mamma è venuta a cercarti da me ho avuto tanta paura. Ho iniziato subito a cercarti. Perché non mi hai detto niente? Perché te ne sei andata così, nel nulla?>> Gli sorrisi, non volevo dargli spiegazioni, la cosa importante era che mi aveva cercato. Lo abbracciai spiazzandolo, questi slanci d’affetto non erano parte del mio carattere, ma lui mi era mancato veramente tanto. Yuki ricambiò l’abbraccio. Per un attimo ci eravamo dimenticati della presenza di padre Edward che decise di interrompere questo idilliaco momento schiarendosi la voce.
    <<giovanotto, pensi di fermarti con noi?>>
    <<no, ho una modesta casa a Park St. Anthony. Ero solo venuto a vedere se qui potevo trovarla. Che ne dici di tornare a casa con me?>> Chiese Yuki allontanandomi un pochino e guardandomi negli occhi.
    <<perché dovrei?>> Chiesi cambiando l’espressione felice in una dura e apatica. Lui non si lasciò scoraggiare dalla mia espressione perché sapeva che era finta, sapeva che mi riusciva meglio sorridere, soprattutto se ero con lui. Si abbassò accostandosi al mio orecchio con il suo solito sorriso, quello che mi faceva tanto battere il cuore.
    <<perché io ti amo signorina Kojima.>> Quelle parole….quelle parole mi colpirono come un fulmine a ciel sereno. Mi amava? Proprio me? Con tutte le belle ragazze ricche e di buona famiglia, con la testa apposto, lui amava me? Rimasi come paralizzata. Non ci potevo credere. Era troppo bello e di solito cose così meravigliose non capitavano a me. Per rendere ancora più vero quello che mi aveva appena detto si avvicinò alle mie labbra, strappandomi un bacio leggero e allontanandosi subito. Questo era reale, questo era vero. Io lo sentivo ed era caldo. Salutai tutti, in modo particolare Zac, che era diventato per me un grande amico, e padre Edward, il mio confidente, anche se in realtà di me gli avevo detto poco, ma stare con lui mi faceva sentire bene. Tornai nella casa di Yuki, insieme a lui. Eravamo pronti per il grande passo, forse non ancora per il matrimonio, ma per vivere insieme di sicuro.

    Appena varcammo la soglia della porta, respirai a pieni polmoni, tutto aveva il suo odore e questa era una cosa meravigliosa. Improvvisamente ci pensai, lui mi aveva detto cosa provava, io ancora no. Perché? Eppure provo qualcosa di molto profondo per lui, forse troppo, forse così tanto che esprimerlo a parole mi sembrava troppo riduttivo. Ormai era notte fonda, così ci preparammo per andare a dormire. Mi lavai e mi preparai, Yuki mi diede una delle sue maglie e come camicia da notte mi andavano a pennello, a volte mi stupivo di quanto fossi più piccola di lui. Quando finalmente entrai in camera lui era letto, stava leggendo un libro alla luce di una bajour. Era tremendamente affascinante. Arrossii senza accorgermene, ma mi feci coraggio e mi avvicinai al letto, infilandomi sotto le coperte. Yuki mi guardò con un sorriso stupendo e chiuse il libro, spegnendo anche la luce. Mi accoccolai accanto a lui e lo sentii avvicinarsi a me, finchè non mi abbracciò.
    <<ti amo!>> Me lo aveva sussurrato ancora, ma io non riuscivo a dirlo…era troppo poco. Alzai il mio viso e lui mi guardò nel buio, mi vide sorridere ma non dissi nulla. Le parole non erano l’unico modo per dimostrare il proprio amore. Lo baciai e mi lascia trasportare dai miei sentimenti in quella notte insieme a lui, al mio primo uomo, al mio primo amore.

    Da quella notte la nostra avventura iniziò. Per guadagnarci il pane affrontavamo insieme le missioni che ci venivano affidati, come sicari o come guardie del corpo, difficilmente ricevevamo incarichi separatamente, eravamo sempre insieme. Spesso anche padre Edward ci chiedeva degli aiuti e noi correvamo subito, ovviamente per lui era tutto gratis. Finalmente stavo iniziando a vivere, non solo come mercenaria o come assassina, ma come donna. La mia rabbia scemava ogni giorno di più e stavo anche imparando ad essere una brava donna di casa. Ma tutto cambiò, cambiò di nuovo. Venimmo chiamati da alcuni pezzi grossi del clero, per uccidere padre Edward. Per loro stava diventando un uomo scomodo perché aiutava persone e creature che secondo loro dovevano essere sterminate.
    <<mi dispiace, ma non possiamo accettare questa missione..>> Dissi. Non avevo paura di loro e sapevo che Yuki mi appoggiava. Era al mio fianco, pronto a coprirmi le spalle.
    <<invece dovete, vi pagherò bene. Siete i nostri servi, siete i servi di Dio e dovete obbedirci, altrimenti andrete contro il suo volere.>> Disse il vescovo che ci aveva fatto chiamare.
    <<noi non obbediremo mai a questo ordine, padre Edward è un nostro amico. Andiamocene Misato, qui non c’è niente da fare!>> Disse Yuki, voltando le spalle e prendendomi per mano, avviandoci verso l’uscita. Ero pronta a seguirlo, l’avrei seguito in capo al mondo, ma un rumore mi fece cadere il cielo in testa. Era un semplice rumore, piccolo, ma che portava con sé tutto il peso della morte. Era uno sparo di chissà quale cecchino nascosto nella stanza. In pochi secondi Yuki, il mio maestro, il mio uomo, il mio amore cadde per terra in una pozza di sangue.
    <<yuki, Yuki non morire! Ti prego non mi lasciare! Io ti amo…>> Urlai in preda al panico, inginocchiandomi al suo fianco e tenendogli la testa sulle mie ginocchia. Mi sporcai tutta di sangue e Yuki morì in pochi minuti. L’avevano sparato dritto al cuore, l’avevano rotto per sempre, me l’avevano portato via. Quando finalmente pensavo di aver trovato una ragione di vita, loro me l’avevano tolta e perché? Solo per il loro tornaconto, solo per proteggersi, solo per difendere quella falsa fede che loro avevano costruito.

    Improvvisamente, sentii montare una rabbia senza eguali, in un attimo scoppiò tutta quella che stava scemando durante il mio rapporto con Yuki. Scoppiai, esplosi e portai tutti nell’abisso insieme a me. Mi trasformai letteralmente in una macchina da guerra, letale. Uccisi tutto e tutti, lasciai quella stanza solo quando finalmente tutti stavano esalando il loro ultimo respiro in una pozza di sangue. Dovevano morire, dovevano soffrire per quello che avevano fatto al mio povero Yuki. L’ultimo rimasto fu il vescovo che ci aveva chiamato. Lo lasciai per ultimo perché doveva capire che la morte si stava avvicinando, lenta e inesorabile, lo lasciai per ultimo perché potesse pentirsi, ma quelli come lui non si pentono mai. <<devi morire!>> Furono le ultime parole che l’uomo sentì, prima della sua crudele sentenza. Con un coltello gli ferii per bene le gambe, per impedirgli di scappare, poi mi guardai intorno alla ricerca della maniera più lenta per farlo morire. In lontananza vidi una pianta mezza storta legata ad un bastone per cercare di raddrizzarla. Mi avvicinai e presi il bastone, ritornando poi dall’uomo, forse lui stava iniziando a capire le mie intenzioni, perché mi guardò con l’aria più spaventata che avessi mai visto e iniziò a urlare, facendo gli stessi versi di un maiale al macello. Senza alcuna esitazione, senza alcun rimpianto, gli legai le mani e lo impalai. Doveva soffrire, doveva capire cosa voleva dire perdere la cosa più importante, nel suo caso la vita. Doveva soffrire. Non pensavo ad altro. Sorrisi davanti al suo dolore e alla vista del sangue che continuava a sgorgare dal suo corpo. Presi con me il corpo di Yuki e me ne andai, lasciando il vescovo urlare di dolore, non mi importava nulla.

    Portai il corpo di Yuki da padre Edward, volevo che avesse un funerale da un vero prete e anche se io non ci credevo in Dio, il mio amico prete invece si. Era questo che contava. Insieme alla comunità di barboni in cui ero stata facemmo un bel funerale, ma quando vidi chiudere la bara e buttare la terra sopra, mi accorsi che insieme a Yuki stavo seppellendo il mio cuore e la mia umanità. Ormai avevo 20 anni e me ne andai per sempre dalla sua casa, lì non ci potevo più stare. Mi faceva stare troppo male. Ritornai alla comunità di barboni, ma non c’era Zac ad aspettarmi, lui era morto di stenti purtroppo. Ero sola, sola con il mio dolore, sola con la mia solitudine.
    <<padre Edward, dovete andarvene. Vi vogliono uccidere!>> Dissi un giorno con la mia faccia inespressiva. Ormai avevo smesso di sorridere, ormai avevo smesso di sognare. Volevo solo sangue e dolore. Nient’altro. Di risposta l’uomo mi indicò alcuni bambini che facevano parte della comunità. Uno di loro stava piangendo perché aveva fame.
    <<vedi, io non posso ancora andarmene, la mia missione è di restare e fare qualcosa per loro e per quelle povere creature che Dio non ha scelto come suoi eletti. Il clero li vuole uccidere, ma ricorda che per nostro signore ogni vita è importante anche se viene dalla bocca dell’inferno.>> Mi appoggiò una mano sulla spalla, io la sapevo, lui ci credeva veramente, ma non potevo crederci anche io, non dopo aver perso Yuki. Questa volta non gli sorrisi, ormai non ne ero più capace, però lo guardai piantando i miei occhi nei suoi.
    <<se questa è la vostra risposta rimarrò con voi. Vi proteggerò io, ma non perché siete un prete, nemmeno perché siete un credente, ma perché siete mio amico.>> Padre Edward sorrise, per lui era già qualcosa. Rimasi in quella comunità , ma non aiutai nessuno in nessun modo. Ero lì solo per proteggere il mio amico Edward. Passavo le giornate seduta per terra a guardare la gente che passava, non facevo altro perché niente riusciva a destare il mio interesse, e se non ero lì ero alla tomba di Yuki, a fissare la sua foto. Yuki in giapponese significa neve e nel mio cuore era rimasto solo quello: neve. Fredda e gelida copriva il mio cuore. Sapevo che non sarebbe più tornato a battere e che tutto il mio sangue sarebbe congelato in poco tempo, sarei diventata fredda e spietata. Della vecchia Misato era rimasto solo il dolore.
    Un giorno, tornando dal cimitero, trovai il posto della comunità dei barboni completamente distrutto. Mi avvicinai impaurita, temevo per la vita del mi amico Edward.
    <<hey, c’è qualcuno? Qualcuno mi può rispondere?>> Urlai nella disperazione e nel panico. Sentii un colpo di tosse e mi avvicinai subito. Uno degli uomini della comunità era agli sgoccioli della sua vita. Mi sedetti accanto a lui accarezzandogli la fronte. <<dov’è padre Edward?>> L’uomo, con molta fatica aprì la bocca nel tentativo di rispondere, ma ci mise un po’ prima di riuscirci.
    <<l’hanno….l’hanno ucciso. Gli scagnozzi del clero l’hanno…hanno portato via il suo corpo…non ci hanno lasciato nemmeno quello!>> L’uomo scoppiò a piangere fra i singhiozzi, anche io non riuscii a trattenermi e piansi insieme a lui. Quelle furono le mie ultime lacrime. Piansi insieme a quel barbone di cui non ricordavo nemmeno il nome, finchè lui non esalò il suo ultimo respiro. Rimasi da sola a piangere per tutte quelle persone morte, morte per un capriccio.

    Per un po’ ero morta come combattente, perché volevo creare una famiglia e mi stavo impegnando per essere una brava moglie e una brava madre, ma ora tutto era svanito. Mi alzai in quel lago di sangue e morte. La guerriera era tornata e ora non sarebbe più tornata indietro.
     
    Top
    .
0 replies since 1/5/2012, 20:52   154 views
  Share  
.