Casa Holland

Andrew - Christine

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  1. Christine Malavez
     
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    Il cielo era stranamente limpido e sereno. Sarebbe stata una vera oasi di pace se non fosse per il vento gelido che tagliava le guance come un affilatissimo rasoio, pronto anche ad aumentare all'improvviso e creare piccoli vortici di sudice cartacce come addobbo natalizio alternativo.
    Già, mancava davvero poco. Dilagon ormai era un fermento di persone ansiose che correvano su e giù per le vie cittadine, piene di doni ipocriti pronti per essere scartati e appianare un po' dei loro sensi di colpa, che si trainavano dietro per tutto il resto dei trecentosessantaquattro giorni dell'anno.
    Il fardello natalizio di questa gente non poteva che essere l'occasione giusta per le persone come Christine che, non ricevendo una busta paga regolare, vivevano d'espedienti, della loro criminosa arte con meno ipocrisia.
    La jillgoniana, nonostante le varie peripezie, era felice quando arrivava questo periodo dell'anno; le persone erano molto più generose con le mance, specie se si mettava a cantare quelle odiose canzoni a tema.

    Erano quasi le tre del pomeriggio e la zona pullulava di impiegati pronti a rientrare alle loro scrivanie dopo la pausa pranzo. L'ispanica si era messa strategicamente vicino alla porta di un bar, assieme ai due ragazzi con cui lavorava di solito. Tutti e tre erano infagottati piuttosto bene; esclusa Mala che doveva cantare a lungo, l'altra ragazza e il chitarrista avevano delle lunghe sciarpe che coprivano loro il volto.
    Temeraria come sempre, non indossava più della sua giacca di pelle nera ben chiusa e un paio di jeans di dubbio spessore. Inoltre alle mani aveva dei guanti di lana tagliati sulle dita, della stessa stoffa del cappellino "rastafari" che portava discinto sul capo.
    La custodia della chitarra era aperta ai suoi piedi e si vedevano alcuni dollari di carta ammazzettati sul fondo e molti spiccioli sparpagliati. La ragazza si piegò a posare là dentro il tamburino che teneva mano.
    " Pausa." disse con un sorriso.

    Gli altri due ragazzi annuirono e iniziarono a strimpellare un motivetto a caso, puramente melodico. Christine, invece, fece qualche passo in avanti a guardare l'altro lato della strada, verso il portone di un piccolo e scalcinato edificio posto in mezzo a due molto più alti e lucidi.
    Con indifferenza si accese una sigaretta e tornò a poggiarsi al muro di fianco ai compagni, guardando piuttosto annoiata il resto della via, una lunga strada a senso unico per la maggior parte composta da uffici, piccole tavole calde e negozi di cancelleria.
    Tornò a guardare l'edificio basso. In qualche modo lo trovava stonato rispetto agli altri palazzi e iniziò a rimuginare sul fatto che non fosse stato demolito come molti altri edifici di simile fattura.
    C'era qualcosa di quel rudere che l'attraeva, ma non capiva bene cosa fosse.
     
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    - Ciao, Andy! Ci vediamo domani al lavoro!! -

    - Ciao, Eddy! Grazie per il pranzo!! -

    Guardavo Eddy, il mio collega, procedere su quella lunga via. Riuscii a notare che aveva tirato fuori dalla tasca il cellulare e tenendo un occhio sullo schermo e uno sulla strada procedeva a zig zag tra le altre persone. Sorrisi mentre lo osservavo allontanarsi.
    Visto il grande impegno che ci era stato richiesto al lavoro gli scorsi giorni, il signor Smith, il nostro capo, ci aveva concesso un pomeriggio libero. Ovviamente la notizia fu presa da me e da tutto l’ufficio con grande entusiasmo, ma prima che potessi fiondarmi verso casa, Eddy mi aveva proposto di pranzare insieme.
    Accettai senza pensarci troppo. Nel poco tempo in cui avevamo passato insieme, io e Eddy eravamo diventati grandi amici e quella era un’occasione in più per rafforzare il nostro legame. Finito il pranzo era, però, arrivato il tempo di dividerci.
    Sentivo lo stomaco che mi scoppiava. Non avendo la pressione del tempo della pausa pranzo che scorreva, eravamo rimasti in quella tavola calda allungo, mangiando ogni sorta di piatto che il proprietario ci proponeva. Per mia fortuna fu Eddy a pagare il conto. La cosa non mi stupì: oramai mi aveva preso sotto la sua ala protettrice e, visto che aveva qualche anno in più di me, mi considerava come un fratello minore.
    Portai alle labbra la bottiglietta d’acqua, che avevo portato fuori dal locale in cui avevamo pranzato. Riuscii a sentire un’ondata gelata invadere il mio corpo, facendo calare sensibilmente la mia temperatura corporea. Come se non bastasse, nello stesso momento fui colpito da un soffio pungente di vento. Cercai subito riparo nel mio lungo giubbotto, abbandonandomi nel suo caldo abbraccio.
    Fortunatamente ci fu qualcosa che permise di distrarmi. Il mio cellulare aveva vibrato, facendomi notare di aver ricevuto una notifica.


    Una risata mi scappò involontaria, ma forse il mio tono era più alto di quello che avrebbe dovuto, visto che alcune persone si girarono nella mia direzione. Arrossii vistosamente, guardandomi intorno cercando di capire chi avessi disturbato.
    Per mia fortuna, non molto lontano da me, c’era un piccolo gruppo di artisti di strada che stavano intonando una strana melodia. Era probabile che la loro musica avesse in parte coperto il mio verso.
    Subito mi avvicinai ai ragazzi, notando una custodia di chitarra aperta dove erano presenti diversi spiccioli e alcune banconote di piccolo taglio. Quasi come gesto di ringraziamento, presi un paio di dollari dalla tasca, lasciandoli cadere dentro la custodia.
     
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  3. Christine Malavez
     
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    Continuando a guardare l'edificio, Mala poté notarne altri particolari interessanti.
    La finestre parevano sbarrate dall'interno e i mattoni le ricordavano molto quelli dei palazzi più vecchi del centro di Jillgon. Il colorino grigiastro rendeva quello stabile ancora più demprimente a vedersi e pareva come schiacciato dai due giganti moderni che troneggiavano ai suoi lati. Tuttavia, non era solo questo il problema; aveva come l'impressione che vi fosse una particolare forza attrattiva, qualcosa di spirituale e decisamente poco benevolo che si trovava là dentro.
    Si accigliò, cercando di concentrarsi meglio non essendo ancora molto pratica dei suoi poteri crescenti, ma fu distratta dalla vicinanza di un ragazzo che rise stranamente, ma che poi gettò due dollari nella custodia.

    Christine non poteva certo ignorare quello sconosciuto così generoso, quindi gli stampò in faccia uno di quei sorrisi affabili che le venivano tanto bene.
    " Gracias, molto gentile." disse ad Andrew voltandosi completamente verso di lui. Prima che se ne andasse, però, Mala proseguì socievole con fare e tono curioso, senza nessun imbarazzo:
    " Scusami, per caso sei di questa zona? " tossì leggermente " Oppure sai dirmi che palazzo è quello? Quello là poverino tutto vecchio." concluse specificando meglio, indicandolo con l'indice sinistro.
    Restò in attesa di una risposta sotto lo sguardo incuriosito dei suoi compagni, che non smisero di pizzicare delicatamente le corde di basso e chitarra in un'armonia sconosciuta, probabilmente improvvisata lì per lì.
     
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    - Gracias, molto gentile. -

    - Non c'è di che... -

    Una ragazza, uno dei componenti del gruppo musicale, si rivolse a me con fare gentile. Le sorrisi per ricambiare al suo gesto.
    Era una ragazza di circa la mia età, dai capelli corvini coperti da un cappellino dai colori sgargianti. Aveva un look molto stravagante, almeno per quello che riguardava i miei standard.
    Avevamo infatti due stili completamente diversi. Lei vestita con dei jeans e un giubbotto di pelle, io con il lungo cappotto sotto il quale si poteva notare una camicia azzurra e una giacca grigia, la mia solita divisa da lavoro.
    Prima che potessi allontanarmi per dirigermi verso casa, la ragazza mi rivolse nuovamente la parola.

    - Scusami, per caso sei di questa zona?
    Oppure sai dirmi che palazzo è quello? Quello là poverino tutto vecchio. -


    Con l'indice indicava una costruzione poco lontana, dall'altro lato della strada. Si trattava di un vecchio casolare posizionato in mezzo a due grandi palazzi, decisamente molto più moderni. L'intonaco di un colore giallastro sembrava essersi rovinato a causa del tempo e dell'elevato smog presente in città.

    - No, mi dispiace. Non abito in questo quartiere... -

    Alzai le spalle, quasi dispiaciuto per non essere potuto risultare utile.
    Per tutta Dilagon City, o almeno nelle parti più vecchie, si potevano notare edifici più o meno simili. Sinceramente non riuscivo a capire cosa la ragazza ci trovasse di tanto curioso. Rimasi un attimo in silenzio prima di trovare il coraggio di esporre le mie perplessità.

    - Come mai ti interessa??
     
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  5. Christine Malavez
     
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    Quando il ragazzo disse di non saperne nulla, Mala si crucciò un poco.
    " Aaah..." sospirò, ma poi riprese il solito sorriso " Fa niente." aggiunse, prendendola tutto sommato con filosofia.
    Anche lei avrebbe poi ripreso le sue mansioni, ma la curiosità del ragazzo la trattenne ancora su quel curioso edificio. Certo, spiegargli che i suoi "sensi di ragno" sentivano che c'era qualcosa di anomalo e di oscuro che proveniva da quel posto era fuori discussione, così la buttò su un fattore di disarmornia architettonica.
    " Beh... è strano, no?" affermò, cercando quasi comprensione nei suoi occhi. Alla fine lei conosceva il quartiere piuttosto bene e l'edificio era davvero insolito.
    " Insomma, Neolock è quasi tutta nuova e hanno sfasciato negli anni palazzi come questo per farlo un quartiere quasi ricco." spiegò " E' difficile trovare una schifezza del genere ancora in piedi aqui. Comprendes?"
    Sebbene Mala avesse usato alcune parole in spagnolo, il suo linguaggio normalmente aveva un accento perfettamente australiano, riconducibile, per le orecchie più fini, alle zone vecchie, specie quando parlava senza curarsi della formalità.

    La ragazza proseguì, per cercare di spiegarsi.
    " Dai, non vedi che è praticamente tutto moderno? Cioè, perché lasciare quel coso là nel mezzo, non ha senso, ehehe." commentò piuttosto ironica, indicando il circondario che non mostrava altra situazioni simili; quello era davvero l'unica nota stonata in una perfetta sinfonia di vetro e cemento.
    " Non mi sembra una casa storica, o come diavolo si chiamano. Sai che c'è?" disse poi, assottigliando lo sguardo " Perché non andiamo a vedre se c'è una targa o qualcosa del genere?" gli propose amichevole, quasi come se pensasse che anche a lui potesse interessare.
    " Dai. Così poi dopo ti canto qualcosa di serio, a richiesta." e gli fece uno di quei sorrisoni da schiaffi che le venivan tanto bene.
    Come dire di no?
     
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    Quando dichiarai di non sapere niente, la ragazza sospirò lasciando trasparire la sua frustrazione.

    - Aaah... Fa niente. -

    Alla mia domanda di spiegazioni, la donna si rivolse a me cercando di coinvolgermi nel suo ragionamento.

    - Beh... è strano, no? -

    Ci guardammo per un istante negli occhi, come se quelle poche parole avrebbero potuto convincermi che ci fosse veramente qualcosa di strano. La musicista riprese a parlare.

    - Insomma, Neolock è quasi tutta nuova e hanno sfasciato negli anni palazzi come questo per farlo un quartiere quasi ricco. E' difficile trovare una schifezza del genere ancora in piedi aqui. Comprendes? -

    Spostai nuovamente lo sguardo per un istante verso l’edificio. Sì, in confronto agli altri che lo circondavano sembrava stonare in quella strada, ma la mia analisi si fermava lì. Annui in segno di assenso, anche se non riuscivo a comprendere le preoccupazioni della donna.
    Quella ragazza sembrava buffa. Nonostante parlasse correttamente, era solita inserire nelle sue frasi termini di origine ispanica. Chissà quali erano le sue origine? Ma forse era troppo presto per chiederlo.

    - Dai, non vedi che è praticamente tutto moderno? Cioè, perché lasciare quel coso là nel mezzo, non ha senso, ehehe. -

    - Sì, forse hai ragione… -

    La ragazza aveva una bella parlantina. I suoi discorsi si stavano insinuando nel mio cervello, e mi stava realmente convincendo che tutto quello fosse realmente molto strano.
    Questo, però, mi spaventava un pochino. Come faceva quella sconosciuta ad avere tanto ascendente su di me? Era riuscita a farmi cambiare idea nel giro di pochi minuti.

    - Non mi sembra una casa storica, o come diavolo si chiamano. Sai che c'è?
    Perché non andiamo a vedre se c'è una targa o qualcosa del genere? -


    A quella proposta rimasi un po’ basito. Fino a quel momento pensavo che quelle fossero solo quattro chiacchiere, forse fatte in segno di ringraziamento per la donazione appena fatta. Ora, però, la musicista mi stava chiedendo di entrare in azione.

    - Guarda, non so se è il caso… -

    Guardai l’orologio come se avessi avuto un impegno da un momento all’altro, anche se effettivamente la mia agenda era vuota. Spostavo velocemente gli occhi dall’orologio da polso alla donna, come per perdere tempo e lasciare che quella proposta si perdesse nell’aria.

    - Dai. Così poi dopo ti canto qualcosa di serio, a richiesta. -

    La bocca della ragazza si allargo in un grande sorriso, in quel momento mi sentii sciogliere. Era come il canto delle sirene, mi stava attirando nella sua trappola, ma come ogni buon marinaio non potevo sottrarmi.
    Feci un sospiro per poi sorridere a mia volta alla donna.

    - Ok, mi hai convinto! Andiamo a vedere!! -
     
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  7. Christine Malavez
     
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    Christine era la classica persona che non si faceva problemi a socializzare grazie a delle banalità come quelle; gesti che per una persona di natura schiva e diffidente sembravano impossibili o incoerenti, per una come la jillgoniana erano all'ordine del giorno, facili come respirare. Che poi lei fosse estremamente riservata sui suoi affari e leggermente misantropa non significava che fosse asociale.
    Lo guardò annaspare sull'orologio e capì di averlo messo a disagio, inoltre, le risposte brevi e vaghe che le aveva dato fino a quel momento le fecero credere che fosse un tipo piuttosto introverso e timido, che non amasse dilungarsi troppo con gli estranei. Ma poteva anche sbagliarsi del resto.
    Sorrise fregandosene beatamente, da buon animale sociale. " Muy bueno. Ah, comunque io sono Mala." disse, facendogli cenno di attraversare con lei la strada " E quando hai due spiccioli extra e ripassi da Neolock ricordati di me, ehehe." aggiunse con ironia, in attesa che il traffico permettesse loro il passaggio e che anche lui si presentasse.

    Non ci volle molto prima che i due potessero dirigere il passo verso la casa. La facilità con cui lo aveva attratto a sé le fece ricordare i vecchi tempi, di quando non si comportava proprio bene con i suoi simili; le sarebbe bastata un'altra scusa legata a quella casa per portarlo in un angolo buio e fregargli portafoglio, orologio e qualsiasi altra cosa potesse nascondere. Quasi subito, però, pensò anche a quanto sarebbe stato facile per un vampiro fare altrettanto e ucciderlo.
    Decise quindi, a suo modo, di metterlo in guardia sui pericoli ad accettare caramelle dagli sconosciuti. Più o meno quasi in mezzo alla strada, la ragazza si sarebbe rivolta ancora a lui con naturalezza.
    "E se avessi cattive intenzioni?" seguì subito una sghignazzata " Dai, eheh, scherzo chico, eheh. Però oh, mi sa che te non sei nemmeno di Dilagon se segui così una del Barrio, eheh." concluse scherzosamente, dando per scontato che il cittadino avesse capito che lei veniva da qualche quartiere povero della città.

    Sperò di non averlo messo inutilmente in guardia su di lei, invece che su una probabile situazione simile futura. Tutto quel pensare, però, le faceva venire quasi il mal di testa e così preferì concentrarsi sull'espressione di Andrew, nel caso dovesse ulteriormente tranquillizzarlo sulle sue reali intenzioni; ormai vicini al marciapiede di fronte all'edificio, non c'era rimasto molto tempo per tirarsi indietro da quella piccola avventura e lasciare Christine da sola nell'esplorazione minuziosa della facciata che, da quella distanza, pareva ancora più rotta e sporca. E stranamente invitante.
    C'era qualcosa che attraeva all'interno, come una sensazione che saliva dallo stomaco fino al cervello e che entrambi i ragazzi potevano percepire distintamente, senza l'ausilio di poteri particolari.
    Era come se la casa li chiamasse a sé.
     
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    01. Casa Holland


    Narrato

    Parlato altri Pg
    Parlato Franz

    Pensato Franz






    Franz Hopper
    Punti Vita: 120/120
    Punti Difesa: 29/29
    Bonus ai Punti difesa per schivare: 1
    Riduzione del danno: 0

    Riepilogo azioni
    ///

    Inventario
    - Magnificat
    - Archangelus
    - Mantello
    - Coltellino multiuso
    - iPhone
    - Pugnale ondulato
    - Bracciale maori
    - Spada di bronzo
    - Spada arrugginita




    Il suo primo incontro con Carla Meyer lo aveva lasciato sconvolto. Mentre percorreva a passi celeri le strade anonime di Dilagon CIty si rese conto che era stata una sciocchezza accettare dalla donna quel pesante mantello. - Sembra che stia per piovere - aveva detto lei - E in ogni caso non puoi tornartene a casa così -. Al contrario il cielo era sereno come non mai ed il vento sferzante tra le strade non era poi così diverso da quello che soffiava nel South Side. Solo su una cosa aveva avuto ragione: non poteva entrare al convento conciato in quel modo. Gettò uno sguardo all'enorme attrezzo che portava a tracolla e si chiese se mai qualcuno avrebbe davvero creduto che, avvolto com'era in spessi drappeggi scuri, somigliasse ad una chitarra. - Certo che non ci somiglia - disse tra sé - In fondo non è una chitarra -. No, non stava trasportando uno strumento a corde, bensì uno strumento di morte. Per quale assurda ragione aveva accettato di portare via l'eredità di Jules Meyer? Oltre il pesante fardello dello spadone motosega sentiva premere contro il fianco il calcio, freddo nonostante gli spessi indumenti, della pistola. Anche quello un dono inaspettato, grazie mille zio Jules. No, non avrebbe dovuto chiamarlo così: Carla aveva detto che detestava essere chiamato "Jules" o "Zio Jules". Avrebbe dovuto chiamarlo Julien, come sempre era stato fatto. - Al diavolo - pensò - Tanto è morto, non è mica qui -. Non poteva preoccuparsi dei defunti, non in quel periodo della sua vita in cui era talmente angosciato dai vivi.

    Già scoprire di avere una zia, una prozia per la precisione, e che esisteva tutto un ramo materno con il quale non era mai venuto in contatto lo sorprendeva a sufficienza. Come se ciò non bastasse rendersi conto che la prima parente conosciuta, la zia Carla Meyer, era una sorta di agente segreto da quatto soldi lo infastidiva. Che lo stesse spiando anche in quel momento? Probabile. Appena l'aveva visto non aveva esitato a sbattergli in faccia ogni particolare dei suoi diciannove anni. Come facesse ad avere tante informazioni, poi, era un altro dilemma. Cosa aveva detto di fare nella vita? L'avvocato? Qualcosa del genere. Anziana com'era Franz aveva dato per scontato che fosse in pensione, invece non era così. La sorpresa più grande di tutte era stato trovare sul tavolo della casa i suoi effetti personali, quelli che aveva acquistato da Samuel al Talamasca. Come la zia Carla avesse potuto introdursi (o mandare qualcuno a farlo) nella sua stanza a Nostra Signora del Mare era un mistero da chiarire. Franz ne era rimasto scioccato, ma più che scioccato veramente adirato ed aveva lottato per riavere tutto indietro ed essere libero di andarsene. Stranamente non aveva incontrato resistenze e, mentre attraversava l'ennesimo incrocio affollato di gente, si rese conto di aver superato da tempo la sede del Dilagon Post. Stava andando al giornale, per quale motivo? Doveva consegnare qualche articolo? Sì, ma non lo aveva con sé. I suoi piedi lo avevano condotto per strade più conosciute mentre il mantello ondeggiava ad ogni passo. Cosa doveva fare in redazione? Ma certo: doveva chiedere di poter pubblicare due articoli quella settimana, era una cosa che poteva fare comodamente da casa con una telefonata.

    Quanto si era spinto oltre? In lontananza alle sue spalle poteva vedere il lucente edificio, un grattacielo di prim'ordine. Accidenti, doveva essere arrivato a Neolock senza rendersene conto, avrebbe dovuto prestare più attenzione a quanto faceva. Non poteva rimanere immobile, spintonato com'era dalla ressa di cappotti e giacche, riuscì ad aprirsi un varco fino al muro più vicino. Appoggiato alla parete di un anonimo edificio, il fiato corto per lo sforzo che aveva sostenuto nel portare quel pesante affare da New Side, prese a guardarsi attorno in cerca di pattuglie della polizia. Sarebbe stata la fine se qualcuno lo avesse fermato per un controllo: portava addosso un arsenale sufficiente ad armare una banda di teppisti. Fatta eccezione per l'ingombrante arma malamente camuffata in chitarra, poteva passare dei seri guai per la pistola di grosso calibro che portava al fianco. Se quest'ultima non lo avesse mandato in galera ci avrebbero pensato la spada arrugginita che pendeva dalla cintura o il pugnale legato alla coscia sinistra. Tutto ciò senza considerare la delicata spada di bronzo, memoria dei tempi antichi, che indossava a tracolla ed il cui pomello gli premeva con insistenza sulla spalla sinistra. Forse era stato un errore riprendere quanto Carla gli aveva sottratto ed uscirsene a piedi senza un mezzo di trasporto. La rabbia aveva avuto il sopravvento sulla prudenza ma quegli oggetti erano suoi, gli appartenevano, e lei non aveva il diritto di prenderli. Nel rumore cittadino ebbe l’impressione di udire di nuovo la sua voce acuta e rotta. - Tuoi? - aveva detto con calma glaciale - Quando una cosa è tua? Quando la compri? Oppure quando la conosci, quando ti appartiene? Credi che questi oggetti ti appartengano? Li conosci, forse? -

    Aveva impiegato pochi secondi a zittirlo ma ciò non aveva placato la sua rabbia. - Questi non sono normali oggetti, va bene - ammise a sé stesso - E allora? Sono miei, li userò come meglio credo -
    In ogni caso era un bene che indossasse il mantello: oltre a dargli l’aspetto di un barbone qualsiasi (cosa che lo salvava da occhiate indiscrete) nascondeva tra le ampie curve tutti i suoi averi senza problemi. La spessa fodera interna lo teneva al caldo e poteva muoversi con comodità. Se solo non avesse avuto il fastidio dello spadone con sé. Lo osservò per l’ennesima volta vincendo il desiderio di scioglierlo dai drappi che lo avvolgevano: era poco più alto di un metro e trenta, non così pesante come aveva creduto ma in ogni caso piuttosto rude da utilizzare. Non capiva come mai un uomo raffinato come Jules Meyer potesse aver ordinato un simile obbrobrio. C’era qualcosa di affascinante nelle ruote dentate ben coperte da giri di stoffa. Il motore dal rombo assordante, spento e freddo, era stato fasciato con particolare cura per dare l’impressione di una paletta eccezionalmente grande. Carla Meyer aveva svolto tutto il lavoro in una manciata di minuti, l’abilità dimostrata era segno di un compito svolto frequentemente. Sarebbe tornato da lei, lo sapeva, prima o poi lo avrebbe fatto. Anche solo per vuotarle un caricatore in faccia. Prima di tutto doveva tornare a casa e parlare con suo padre sperando di riuscirci. Era partito oramai da una ventina di giorni, se fosse attraccato in qualche porto glielo avrebbe comunicato. Poco distante da dove il giovane si trovava un gruppo di artisti di strada improvvisava motivetti. Li sentiva a malapena nel fiume di gente ma non dovevano trovarsi a più di una decina di metri. Era carina quella parte di Dilagon City, nonostante la frequentasse ben poco appariva pittoresca. Il nuovo calpestava il vecchio a Neolock e si imponeva con creativa vitalità come dimostravano gli edifici ancora freschi di calce che davano sulla via trafficata. Erano rimaste poche strutture d’altri tempi, vecchie e malridotte, prossime alla demolizione. Dilagon City era un treno che filava a tutta forza verso il futuro, di lì a qualche anno avrebbe trovato il quartiere completamente diverso.

    Mentre vagliava con sguardo pigro i profili delle case e degli uffici la notò. Dire che la vide non sarebbe corretto: Franz la percepì. I suoi occhi vedevano il bianco, poi il giallo, poi il nero ed infine di nuovo il bianco ma il suo cuore, il suo cuore sussultava ogni volta che lo sguardo l’accarezzava. Non era diversa da molte altre, anzi ne aveva viste molte come lei. Alta, non particolarmente ma piacevole allo sguardo. Scura come l’inchiostro e misteriosa. No, era la sua mente a dipingerla scura, i suoi occhi la pensavano diversamente. Come aveva fatto a non notarla prima? Era arrivato da almeno dieci minuti, possibile che non vi avesse prestato la dovuta attenzione? E gli altri, come facevano a non notarlo? Come quella ressa di gente poteva passarle davanti senza fermarsi? In effetti il marciapiede difronte era vuoto ma tutti gli altri come facevano a non rimanere ammutoliti ed un po’ atterriti dalla casa?
    Vecchia, senza dubbio d’altri tempi, e malandata. Ma qualcosa le dava un’aria solida come se le travi marcie fossero state posizionate a coprire pilastri in cemento armato. Aveva il fascino trasandato delle dimore infestate, il ragazzo ebbe l’impressione che tra un attimo uno spirito avrebbe fatto la sua comparsa tra le finestre sbarrate ed ingiallite dal tempo. Il mondo attorno a lui parve perdere suoni e colori davanti al rudere abbandonato. Gli faceva male al cuore osservarla, come se il veleno passasse per i suoi occhi fino al cuore, ma al tempo stesso era così bello farlo che non avrebbe smesso tanto presto. L’apparizione era angosciante, si sentiva nauseato. In lui premevano le stesse emozioni che aveva sentivo al Talamasca la prima volta che c’era stato: in quell’occasione il suo istinto lo aveva condotto all’acquisto di oggetti stravaganti.
    Il fascino occulto e misterioso che la villa aveva su di lui lo ipnotizzava, dovette concentrarsi molto per distogliere lo sguardo.

    In tal modo si accorse della loro presenza: le uniche due persone oltre a lui a star fissando la dimora abbandonata. La prima era una donna esile dai lunghi capelli, piuttosto bassa se paragonata al ragazzo che le era accanto. Lui, bene o male alto quanto Franz, aveva in comune con la donna un aspetto leggermente gracile, forse erano fratelli. Stringendo al corpo il fagotto contenente la grossa arma, Franz rimase in attesa. Calcolò rapidamente che dovevano essere separati da una dozzina di metri, non poteva sentire cosa si dicessero ma lei appariva piuttosto allegra. Sembrava carina, era presto per esserne certo ma sembrava carina. Non carina quanto Amy ma carina. Da una rapida occhiata notò che il pugnale legato alla coscia dormiva ancora: ottimo segno. Secondo Carla, ammesso che fosse onesta, quell’arma si sarebbe dovuta illuminare in presenza di alcune creature. Il giardiniere aveva i suoi dubbi. Non che fosse particolarmente scettico ma sentirsi parlare di magie e vampiri da un avvocato con l’hobby per lo stalking lo metteva a disagio. In ogni caso quando i due attraversarono li seguì a distanza e, nell’inferno urbano delle due carreggiate, giunse sul loro stesso marciapiede con qualche secondo di ritardo. Era impossibile passare inosservato, non che quello fosse il suo scopo, ma sperava che non si fossero resi conto di essere spiati. Di nuovo si lasciò abbagliare dal fascino della casa, improvvisamente vicina, sperando di apparire come un qualsiasi perditempo.


    Codici di » Franz

     
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  9. Christine Malavez
     
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    Sebbene Mala scherzasse, Andrew non prese comunque troppo bene la sua battuta. C'era qualcosa in lui che era cambiato, poteva vederlo dirtto nei suoi occhi che la stava guardarndo con diffidenza.
    Una volta vicini, però, l'attrazione verso quella casa portò il giovane cittadino a ignorare pian piano Christine per fissare con sempre più insistenza la porta. E Mala, grazie alle sue doti, se ne accorse chiaramente. Non che fosse immune a quella specie di fascino, ma godeva di un libero arbitrio che ad Andrew pareva cominciare a mancare. Quando iniziò a volersi muovere verso la porta, la Jillgoniana gli mise la sinistra sul petto e lo bloccò.
    " Non ti muovere, gringo. Stai fermo."

    Il ragazzo iniziò a balbettare e lei poteva sentire i suoi muscoli muoversi sotto al pamo mentre lui cominciava a dimenarsi, ma con poca volontà. Allora Mala gli si parò davanti e cercò di fissarlo negli occhi, ma visto che Andrew guardava verso lo strano edificio, l'erede fu costretta a prendergli il volto fra le mani per volgere l'attenzione verso di lei.
    Cercò di fare una delle cose che le riuscivano meglio, plagiarlo con i suoi poteri.
    Gli parlò schietta, mostrando gli occhi bianco-quarzo un istante come incentivo. " Vai a casa. Subito."
    Il potere della casa, però, doveva già essere penetrato nei meandri della sua mente e lui continuava a voler togliere il viso per guardare verso l'edificio.

    Fu in quel momento che il rumore metallico di tutta la roba che aveva addosso Franz attirò la sua attenzione. La moltitudine di armi che aveva sotto il mantello poteva essere sì ammantata, ma il rumore e la fatica che faceva per portarsele appresso non sarebbero certo passate inosservate, specie agli occhi di una aibituata a cogliere i dettagli di chi le ronzava attorno. E lei lo guardò, un po' preoccupata a dire il vero.
    Così vicino ai due, Franz avrebbe notato subito una cosa fondamentale; Mala poteva essere non troppo alta, vero, ma sicuramente non aveva il fisico esile e delicato che poteva apparire in lontananza. La giovane era più simile a una nuotatrice professionista, ma con le spalle meno ampie. Saltava subito all'occhio che fosse una ragazza sportiva e per quanto fosse slanciata e abbastanza magra, si percepiva una certa "stazza" nella sua figura, anche sotto i vestiti.
    Franz non avrebbe trovato una fatina a salvarlo dall'attrazione crescente che quella casa avrebbe potuto avere su di lui.

    La forza percepibile era simile a quella di due magneti e pareva davvero inspiegabile come non tutti sembrassero subirne gli effetti. Nei volti delle persone che rientravano in ufficio passando di lì sembrava non esserci nulla di anomalo, eccetto che per Andrew, del tutto intenzionato a voler entrare là dentro, con un modo di fare piuttosto strano per una persona sana di mente.
    Christine, che in un primo momento decise di ignorare quello strano ragazzo dal mantello scuro, accortasi del pericolo crescente cercò di trascinare via per un braccio il generoso cittadino, fino alla palazzina adiacente, ma questi provò a ribellarsi e allora lei si avvicinò quasi come per abbracciarlo, ma invece approfittò dell'occultamento dei corpi per tirargli un forte cazzotto nello stomaco. Andrew rimase senza fiato e si piegò leggermente e lei, come se nulla fosse, lo cinse per la vita e iniziò a trascinarlo via prima che potesse riprendere a dimenarsi. Sperava davvero che potesse tornare in sé e andarsene per la sua strada.
    Per lei il futuro sarebbe stato ben diverso. Non poteva assolutamente lasciar perdere.

    Sebbene le intezioni di Chris fossero buone, di certo potevano anche essere fraintese da chi si fosse accorto del gesto poco pulito. Se fosse stato così per Franz, nulla gli avrebbe impedito di provare a fermarla, anche quella piacevole sensazione che proveniva dalla casa e che sembrava spingerlo a voler guardare in un punto preciso, proprio sulla targa di marmo di fianco alla porta.
    Se ci avesse guardato, su di essa sarebbero apparsi come dei glifi luminosi, di colore rosso scuro, da cui si sentiva arrivare una strana melodia di suoni e voci soffocate di cui non si capiva né le parole, né la lingua. Osservare quei simboli, però, equivaleva a perdersi, cominciare a estraniarsi dalla realtà.
    Soffermarsi troppo significava comportarsi esattamente come Andrew.
     
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    Franz Hopper
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    - Spada di bronzo
    - Spada arrugginita




    Qualcosa stava cambiando nel rapporto tra i due. Franz se ne rese conto lentamente, mentre li spiava con la coda dell'occhio. La fatiscente dimora, nel frattempo, sembrava voler attrarre tutta la sua attenzione: il giovane sarebbe rimasto per ore a fissarne l'intonaco scrostato delle pareti, le colonne solcate da crepe o le arrugginite inferriate sbarrate. Invidiava l'uomo e la donna, una decina di metri alla sua sinistra, poiché erano poco davanti il portone in legno mentre lui poteva godere di una panoramica quasi angolare trovandosi al margine della tenuta. L'effetto ammaliante, scoprì gradualmente, non sembrava estendersi all'incolto giardino dove, tra rovi ed erbacce, poté scorgere vecchi quotidiani ingialliti dal tempo e dalle intemperie. Se avesse avuto il coraggio di farsi avanti, di calpestare il prato trasandato, analizzando meglio le pagine scolorite avrebbe potuto scoprire da quanto la residenza era abbandonata.

    No, era difficile che accadesse poiché i fogli apparivano veramente rovinati e tutt'altro che leggibili: l'umidità e la pioggia dovevano aver portato via ogni residuo d'inchiostro. Forse da qualche foto meglio conservata sarebbe potuto risalire ad una data ma per farlo aveva bisogno del suo computer, a casa. Inoltre per nessuna ragione si sarebbe avventurato oltre da solo: scoprire che a Dilagon City esisteva un mondo sommerso, un mondo popolato da creature bizzarre e magie, lo aveva reso sospettoso e diffidente. Si interrogava su perché, tra la moltitudine di gente che affollava il Neolock nel primo pomeriggio, solo loro tre sembravano accorgersi della casa ed esserne attratti. Come faceva un edificio del genere a passare inosservato agli occhi della maggioranza sembrava un mistero. Franz si scoprì ad ammirarne ogni finestra fatiscente, ogni persiana a stento sorretta da cardini arrugginiti, immaginando corridoi e saloni all'interno. Era difficile farsi un'idea della ripartizione osservando solo un lato della villa, soprattutto perché alcuni lucernari apparivano più decorati e pretenziosi di altri. A parere del giovane chiunque avesse tirato su quella residenza aveva impiegato tempo e materiali di ottima fattura ma non poteva esserne certo essendo lui un semplice giardiniere.

    Qualcosa nella periferia del suo campo visivo mutò e ciò lo indusse, con un grande sforzo, a distogliere lo sguardo dall'enorme calamita. Il ragazzo che aveva seguito, effettivamente poco più basso di lui, era alle prese con la giovane donna: ella, ponendogli una mano sul petto, muoveva delicatamente le labbra rosee come se parlasse. Probabilmente discutevano su qualcosa, data la distanza era difficile dirlo con precisione, ma lui appariva piuttosto turbato. Grazie al marciapiede deserto Franz ebbe modo di osservarla di meglio: era di statura minuta, come giustamente aveva notato prima, dalla pelle abbronzata e lievemente olivastra. C'era qualcosa nei suoi vestiti, soprattutto nella giacca sportiva, che le dava un'aria trasandata, il fascino tossico delle ragazze di strada. Sarebbe stata veramente bene in un abito elegante, i lunghi capelli corvini attiravano lo sguardo sui lineamenti marcati. Le gambe delineate apparivano strette nei pantaloni indossati. Anche le mani, per quanto piccole, sembravano forti e robuste. Stessa cosa poteva dire, non in tutta certezza, delle braccia. Non c'era un dettaglio che catturasse particolarmente l'attenzione, era la visione d'insieme a farla apparire una donna tutta d'un pezzo che avrebbe tenuto testa a molti uomini.

    Restava comunque piccola, davvero bassa, con ogni probabilità Franz l'avrebbe sormontata con tutta la testa. Al contrario il suo accompagnatore, davvero gracile nel vento freddo, iniziava a dimenarsi come un cane davanti un osso succulento. Forse litigavano su qualcosa, nuovamente la distanza non favoriva l'ascolto. Il giardiniere non ritenne opportuno avvicinarsi ulteriormente ma al tempo stesso si sforzava di non fissare la casa, oramai certo del suo potere ammaliante. Era una fortuna essere così lontano dall'ingresso: la forza attrattiva sembrava aumentare con l'avvicinarsi al portone in legno. Anche finestre e pareti, mentre erano osservate, apparivano curvarsi e scivolare di lato quasi che tutti gli elementi architettonici puntassero nella stessa direzione. Il peso che il giovane sentiva gravare sul petto gli ricordò il male che, a suo parere, risiedeva tra le pareti domestiche. Era un dolore bruciante, sembrava di star respirando del fumo. Probabilmente si trattava di un segno perverso della sua mente debole in ogni caso si reputava capace di discernere il bene dal male e si sentiva in grado di ammettere che lì dentro abitasse un'entità malvagia. La tentazione di scappare era forte, forse più forte di quella di entrare, ma non fece nessuna delle due cose: la donna che spiava da qualche minuto si stava muovendo.

    La vide afferrare il volto del suo accompagnatore con dita minute ma forti, tenendolo immobile. Se anche lei, come loro, risentiva della malia ma riusciva a resisterle doveva essere davvero potente. In ogni caso quel gesto mise in allarme Franz. Scostando con la mano un lembo del mantello riuscì a scoprire la gamba sinistra quanto bastava per gettare l'occhio sul pugnale che portava legato al polpaccio. Lei se ne sarebbe accorta, forse avrebbe anche notato l'arma, ma non gli importava: al momento la sua preoccupazione era sapere con chi aveva a che fare. La lama pregiata giaceva nel fodero in pelle senza curarsi del mondo circostante. A detta di Carla Meyer si sarebbe dovuta illuminare in presenza di oscure creature: né la donna né il suo amico sembravano esserlo. Era troppo distante dalla casa perché il suo potere ne scandagliasse le pareti rovinate ma si ripromise di fare un altro tentativo. Temendo occhi indiscreti si affrettò a coprire il tutto.

    Nell'istante in cui il suo sguardo tornò a posarsi sulla coppia, un po' meno diffidente di prima, poté assistere al goffo abbraccio con cui la donna cinse il ragazzo. Quest'ultimo, forse in preda ad un malore, si piegò su di lei occultandola quasi del tutto alla vista. I loro copri attaccati si erano mossi in maniera troppo veloce ed innaturale per far pensare ad un gesto d'affetto, sembrava più che fosse accaduto qualcosa all'improvviso. Con stupore del giardiniere la ragazza parve sorreggere senza sforzo il peso del compagno e, ancora stretti, mosse con sicurezza alcuni passi. Stupito e confuso, il giovane rimase al suo posto senza dire nulla. Cos'era accaduto al tipo alto? Aveva accusato un malore? Possibile. Per quale motivo allora lei non sembrava affatto meravigliata ed, anzi, si muoveva con assoluta determinazione? Una cosa era certa: osservare la casa troppo a lungo non portava nulla di buono. Fu per questa ragione che Franz si ripromise di non poggiare più gli occhi sulla costruzione e, nel tentativo di aiutarsi a tale scopo, lasciò scivolare il cappuccio del mantello sul capo.

    Sapeva che nessuno avrebbe prestato attenzione a lui esattamente come nessuno prestava attenzione al rudere che aveva di fianco, in ogni caso tirò leggermente la stoffa su un lato del volto così da essere certo che ogni dettaglio della dimora fosse celato ai suoi occhi. Quando vide la donna allontanarsi, desideroso di saperne di più, si mosse rapidamente raggiungendo il punto che prima occupavano i due. Quand'ella sarebbe tornata indietro, cosa che avrebbe fatto di certo, l'avrebbe trovato lì ad aspettarla. Probabilmente non era malvagia ma se anche lei subiva il fascino della casa allora i due dovevano avere qualcosa in comune e Franz era ansioso di scoprire cosa fosse.


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  11. Christine Malavez
     
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    Il pugnale confermò che i due ragazzi non fossero vampiri e che nelll'immediato raggio non se ne trovassero. Del resto non era così strano, vista la luce del giorno che ancora ricopriva il cielo sui grattacieli. Quello non era un orario adatto alle creature della notte, eppure quella strana casa era lì di fronte ai loro occhi e nessun movimento dalle poche fessure faceva pensare che vi abitasse qualcuno.
    Christine riuscì ad allontanare Andrew proprio dove voleva. In qualche modo l'influenza dell'edificio parve attenuarsi, perché lui cominciò a chiederle cosa fosse successo, con un tono perplesso e un po' meravigliato. Alla jillgoniana gli sembrò quasi come se si fosse appena ripreso da uno svenimento.
    Cercò di rassicurarlo, lasciandolo libero. "Ti sei sentito male, amigo. Cercavo solo un po' d'ombra. "
    Andrew aveva ancora l'aria scossa e quasi meccanicamente andò a toccarsi portafoglio e tutti i suoi averi nelle tasche. La ragazza sorrise un po' sarcastica: " Se ti avessi derubato non sarei ancora aqui, chiquito. Però dovresti andare a casa, non hai una bella cera."

    Il cittadino arrossì leggermente per l'imbarazzo e nonostante continuasse a tirare qualche occhiata alla casa, si vedeva che aveva ripreso una certa libertà mentale. Decise di congendarsi, ma quando fece per svoltare verso l'edificio, Mala lo trattenne e indicò la parte opposta. " No, devi passare di là. Dicevi che dovevi andare al bar, di là."
    Il ragazzo si grattò la testa un po' perplesso, ma plagaiato dai poteri di Christine, più forti grazie alla lontananza della baracca, fece spallucce e con un saluto si diresse verso una caffetteria a circa duecento metri di distanza, evitando il temuto passaggio di fronte alla residenza.
    Mala, così, poté concentrarsi su quello strano individuo dal manto scuro che, guarda caso, si era sostituito alla loro precedente posizione. Come non pensare che potesse essere coinvolto in quella faccenda?

    Volto occultato, forse un pugnale che aveva intravisto sulla sua gamba e possibili altre armi. Inoltre, quel tizio sembrava piuttosto piazzato e la sua scelta d'abbigliamento così discutibile per i tempi moderni poteva far supporre il peggio.
    Qualcosa le diceva che si fosse piazzato lì per lei, quindi non rimaneva che testare quanto l'avesse fatto incazzare il portare via Andrew da quel posto. Se il cittadino fosse stato davvero una sua preda, sicuramente l'avrebbe reclamata senza farne mistero.
    Voltandosi un'ultima volta verso il ragazzo smilzo, giusto per assicurarsi che non cambiasse la marcia, si aprì la giacca cercando di farlo passare per un gesto naturale e poi anche lei s'incamminò, ma il suo passo portava proprio dritto la casa, e verso Franz.
    Il suo modo di camminare sicuro e lo sguardo fisso sul ragazzone non nascondevano affatto le sue intenzioni. Con tutte quelle supposizioni su di lui aveva deciso di saltare i convenevoli e usare subito un tono brusco e poco impaurito.
    " Hey tu! Cosa vuoi, uh? Cos'è questo posto?"

    Mala si fermò a circa due metri e mezzo da Franz, con fare poco amichevole e schiena bell'eretta. Se ne stava lì, impietrita come se nulla fosse, eppure teneva un piede di poco più avanzato dell'altro e il braccio destro leggermente più teso del sinistro.
    Anche i lembi aperti della giacca non mostravano niente di pericoloso sotto, ma si vedeva comunque una piccola fascia scura che s'infilava sotto l'ascella sinistra, come se avesse una fondina legata alla spalla. Un'altra cosa un po' particolare era il maglioncino nero e scollacciato che aveva sotto, dall'aria piuttosto leggera e fuori stagione.
    La ragazza lo fissava, in attesa di scoprire chi diavolo fosse quel tipo e se davvero si sarebbe dimostrato una minaccia per l'incolumità dei cittadini.
     
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    Franz sapeva che sarebbe tornata indietro, qualcosa nel profondo del suo spirito gli donava cieca fiducia. La vide sparire assieme al suo amico nel fiume di persone che animava Dilagon City e per l'ennesima volta rimase meravigliato dalla bolla d'indifferenza che avvolgeva quella manciata di metri. La casa aveva un ché di misterioso, un ché di magico, che deviava altrove le attenzioni della gente. Solo lui ed altre due persone ne erano attratte in maniera morbosa quasi la calce fosse una droga che scorreva nei loro corpi. Non capiva cosa fosse capitato al più alto e non gli interessava saperlo: dei due la più forte era la donna. L'intuizione del giardiniere non era supportata da prove o aneddoti, si trattava semplicemente di istinto. Era l'unica apparentemente immune al fascino della casa, il giovane sentiva in ogni istante la minacciosa presenza incombere su di lui. Si trattava di una sensazione indefinita, un martellio nel cranio come se ci fosse qualcosa attorno a lui che i suoi occhi non potevano cogliere. Gli sembrava di poter essere assalito alle spalle in qualsiasi momento. La paura non lo indusse comunque a togliersi il cappuccio.

    Lei stava tornando indietro, si era aperta la giacca con assoluta naturalezza, sotto il giovane poté intravedere un maglioncino nero e leggero sopra la pelle olivastra. Aveva un fascino tutto suo, doveva ammetterlo, ed i suoi indumenti semplici non facevano che accentuarne la bellezza. Lo colpì maggiormente il passo sicuro e determinato, la falcata di una donna forte, decisa. - Chissà se è più forte di me - si chiese ma per quanto apparisse atletica trovava difficile che potesse atterrarlo. La donna si fermò ad un paio di metri di distanza, Franz sapeva che nessuno li stava guardando. Il cappuccio lo infastidiva ma era necessario, la ragazza occupava il centro del suo campo visivo. Era stato notato fin dal principio, non che avesse fatto molto per nascondersi, ma trovarsi finalmente faccia a faccia lo metteva in soggezione. Qualcosa proveniva dal suo corpo, una sorte di timore reverenziale, sembrava di essere al cospetto di un'entità superiore.

    No, si stava facendo troppi grattacapi. Si trattava di una donna, carina e molto sicura di sé ma pur sempre umana. Il pugnale non aveva dato segni di vita quindi non poteva essere una creatura della notte, un vampiro, come aveva detto Carla Meyer. Certo, i vampiri non erano protagonisti assoluti del folklore ma vederla camminare alla luce del giorno lo tranquillizzò. Gli occhi minacciosi che sentiva puntati addosso un po' meno. Erano tuttavia molto belli, di un nocciola chiaro, quasi dorati al Sole di Dilagon City. Si era fermata ad un paio di metri di distanza, il giovane avrebbe potuto coprire la distanza con due ampie falcate, probabilmente gli sarebbe bastato un passo affinché entrasse nel raggio d'azione dello spadone. Sentì contro la schiena la presenza dell' arma ancora avvolta da bende. Sarebbe stato sciocco vedere nel prossimo un potenziale nemico ma non poteva fare a meno di sentirsi minacciato. Lei era lì, una gamba leggermente avanti l'altra, ma sembrava pronta a balzargli addosso. Forse era stato troppo precipitoso: con quel mantello addosso poteva passare per un malintenzionato e non si trattava certo dell'abito più comune a Dilagon City.
    - Hey tu! - si sentì chiamare - Cosa vuoi, uh? Cos'è questo posto? -

    - Ecco che saltano i convenevoli - pensò il giovane, piuttosto seccato - Forse è meglio così -. Non che Franz, dal canto proprio, avesse fatto molto per apparire affabile o rassicurante. In ogni caso quell'atteggiamento sicuro lo metteva leggermente a disagio così come le parole schiette. Quella piccola parte di lui che si aspettava di trattare con una fulgida donzella morì disperata, tanto piacere. Nell'istante in cui le parole di lei si persero nel traffico cittadino, il giardiniere capì che non avrebbe trovato risposte nell'ostilità della giovane, per questo si decise a dare un tono diverso al loro incontro. Con molta lentezza, in modo che i suoi gesti fossero ben visibili, lasciò scivolare la braccia fuori dal mantello esibendo i palmi vuoti ed aperti. Così facendo la ragazza avrebbe visto le maniche della pesante felpa scura che portava sotto ma niente più. Dopo aver alzato le mani davanti le spalle le portò, un po' più celermente, al petto sciogliendo con forza il nodo che reggeva addosso a lui la pesante arma. Quando la sentì cadere, il tonfo ovattato dal bendaggio, le spalle indolenzite si rilassarono. Sperava che così la donna capisse di non essere in pericolo, non poteva rendersi ostile la prima persona incontrata che sembrava possedere un certo potere. - Voglio sapere perché questo posto è così ipnotico per me - rispose abbassando le braccia a nascondendole di nuovo tra le pieghe del mantello - Ma anche perché non sembra avere lo stesso effetto su di te -
    Niente nella posizione di Franz era mutata da quando la sua interlocutrice aveva aperto bocca. Non si sentiva particolarmente minacciato quanto più consapevole di essere al cospetto di un individuo fuori dall'ordinario.


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  13. Christine Malavez
     
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    La ragazza seguì il movimento del mantello con attenzione, indurì le mascelle e piegò leggermente la testa, proprio poco prima che uscissero i palmi rassicuranti di lui a negare ogni ostilità.
    Per fidarsi del giovane, però, era ancora troppo presto.
    Gli occhi nocciola di Christine, infatti, non erano gli unici che lo stavano studiando. C'era anche il suo dono, che in quel caso operava come una sorta di “terzo occhio” leggendo gli angoli più remoti dello spirito del ragazzo.
    Non era un processo doloroso, né qualcosa che si potesse percepire anche solo come atto mistico senza spiritualità od origini particolari. Di contro, il dono davvero forniva alla sua portatrice un'aura intensa, un alone piuttosto forte e carismatico. Dote rara che attirava l'attenzione, vero, ma niente che anche altri esseri umani non potessero condividere.
    L'apparenza dava quindi ragione a Franz, Christine sembrava solo una ragazza del ghetto e così sarebbe rimasta senza prove tangibili, o capacità che permettessero di acquisirne in altro modo.

    I suoi riflessi, invece, non dovevano apparire tanto misteriosi come la sua figura.
    Quando il ragazzo si mosse verso il nodo con quel fare agitato, Mala avanzò di un passo già con il braccio destro a prendere qualcosa sotto la giacca, proprio dove si vedeva la cinghia. Si bloccò poco dopo aver fatto sparire le nocche, udendo il rumore dell'arma insolita sul marciapiede.
    Aggrottò la fronte perplessa e tolse piano la mano, vuota.
    “E quell'arnese che diavolo è?” pensò.
    Non fu l'unica a chiederselo. Alcuni passanti osservarono Franz e l'arma con fare stupito, altri si spaventarono e corsero via. Fu in quel momento che la melodia natalizia suonata dai suoi amici le arrivò di nuovo alle orecchie, ricordandole che avrebbe dovuto mandarli via.
    Non poteva aver anche loro sulla coscienza.

    Ciò non fece altro che farla restare piuttosto guardinga, ma le domande del giovane le strapparono un sorriso sarcastico e commentò:
    “ Certo, come no.“

    A seguire poggiò il peso su un fianco e incrociò le braccia al petto, con quell'espressione beffarda che tanto la contraddistingueva e con cui lo fissava. Sembrava quasi sorridergli, ma con una punta di arroganza. Tuttavia rispose piuttosto calma, ben diverso dal tono brusco di prima.
    “ Muy bueno, sai dell'attrazione di questa casa. Meno bueno, anche a me te non sembri avere gli effetti del tizio di prima. O sei il responsabile e mi vuoi fregare; oppure davvero non sai un cazzo e questo schifo non funziona subito su tutti.”
    In effetti non aveva torto. Sia lei che Franz sostavano da più tempo di Andrew di fronte alla facciata, ma non erano partiti subito per la tangente come aveva fatto lui e ciò le fece pensare, visto anche il via vai di gente che ignorava l'edificio, che potesse esserci qualcosa di più. Possibile che tutti quelli che passavano avessero doti soprannaturali in grado di proteggerli?
    Ne dubitava. Doveva esserci altro.

    Fino a quel momento, il richiamo era stato solo dannatamente fastidioso, come un ronzio di vespa nell'orecchio che non vedeva l'ora di spegnere.
    La loro reticenza lì di fronte, però, non faceva altro che alimentare l'esposizione a quell'attrazione; si faceva sempre più forte e suadente, difficile da sostenere senza un piccolo sforzo anche da parte sua. Se non altro per la pazienza.
    Opporsi cominciava a richiedere quindi un maggiore impiego di energie, che Mala aveva. Ma Franz?
    Quell'impulso a guardare la targa era così irritante che alla fine decise di assecondarlo per sua libera scelta. Voltandosi sull'oggetto, non vide niente, ma una presenza attirò la sua attenzione sulla finestra del secondo piano. Alzò la testa di scatto e una figura scura si defilò, nel momento stesso in cui lei ci posò lo sguardo sopra.
    Mugugnò e tornò a guardare Franz sospettosa, indicando il punto dal basso.
    “ E quello chi era? “
    Diavolo, non aveva davvero voglia di entrare in quel tugurio da sola a guardare.

    Potere della casa
    Charme
    Difesa: 3 punti a resistere per non voltarsi sulla targa (la descrizione di cosa appare era qualche post prima)
     
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