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Christine Malavez.
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Il cielo era stranamente limpido e sereno. Sarebbe stata una vera oasi di pace se non fosse per il vento gelido che tagliava le guance come un affilatissimo rasoio, pronto anche ad aumentare all'improvviso e creare piccoli vortici di sudice cartacce come addobbo natalizio alternativo.
Già, mancava davvero poco. Dilagon ormai era un fermento di persone ansiose che correvano su e giù per le vie cittadine, piene di doni ipocriti pronti per essere scartati e appianare un po' dei loro sensi di colpa, che si trainavano dietro per tutto il resto dei trecentosessantaquattro giorni dell'anno.
Il fardello natalizio di questa gente non poteva che essere l'occasione giusta per le persone come Christine che, non ricevendo una busta paga regolare, vivevano d'espedienti, della loro criminosa arte con meno ipocrisia.
La jillgoniana, nonostante le varie peripezie, era felice quando arrivava questo periodo dell'anno; le persone erano molto più generose con le mance, specie se si mettava a cantare quelle odiose canzoni a tema.
Erano quasi le tre del pomeriggio e la zona pullulava di impiegati pronti a rientrare alle loro scrivanie dopo la pausa pranzo. L'ispanica si era messa strategicamente vicino alla porta di un bar, assieme ai due ragazzi con cui lavorava di solito. Tutti e tre erano infagottati piuttosto bene; esclusa Mala che doveva cantare a lungo, l'altra ragazza e il chitarrista avevano delle lunghe sciarpe che coprivano loro il volto.
Temeraria come sempre, non indossava più della sua giacca di pelle nera ben chiusa e un paio di jeans di dubbio spessore. Inoltre alle mani aveva dei guanti di lana tagliati sulle dita, della stessa stoffa del cappellino "rastafari" che portava discinto sul capo.
La custodia della chitarra era aperta ai suoi piedi e si vedevano alcuni dollari di carta ammazzettati sul fondo e molti spiccioli sparpagliati. La ragazza si piegò a posare là dentro il tamburino che teneva mano.
" Pausa." disse con un sorriso.
Gli altri due ragazzi annuirono e iniziarono a strimpellare un motivetto a caso, puramente melodico. Christine, invece, fece qualche passo in avanti a guardare l'altro lato della strada, verso il portone di un piccolo e scalcinato edificio posto in mezzo a due molto più alti e lucidi.
Con indifferenza si accese una sigaretta e tornò a poggiarsi al muro di fianco ai compagni, guardando piuttosto annoiata il resto della via, una lunga strada a senso unico per la maggior parte composta da uffici, piccole tavole calde e negozi di cancelleria.
Tornò a guardare l'edificio basso. In qualche modo lo trovava stonato rispetto agli altri palazzi e iniziò a rimuginare sul fatto che non fosse stato demolito come molti altri edifici di simile fattura.
C'era qualcosa di quel rudere che l'attraeva, ma non capiva bene cosa fosse.. -
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- Ciao, Andy! Ci vediamo domani al lavoro!! -
- Ciao, Eddy! Grazie per il pranzo!! -
Guardavo Eddy, il mio collega, procedere su quella lunga via. Riuscii a notare che aveva tirato fuori dalla tasca il cellulare e tenendo un occhio sullo schermo e uno sulla strada procedeva a zig zag tra le altre persone. Sorrisi mentre lo osservavo allontanarsi.
Visto il grande impegno che ci era stato richiesto al lavoro gli scorsi giorni, il signor Smith, il nostro capo, ci aveva concesso un pomeriggio libero. Ovviamente la notizia fu presa da me e da tutto l’ufficio con grande entusiasmo, ma prima che potessi fiondarmi verso casa, Eddy mi aveva proposto di pranzare insieme.
Accettai senza pensarci troppo. Nel poco tempo in cui avevamo passato insieme, io e Eddy eravamo diventati grandi amici e quella era un’occasione in più per rafforzare il nostro legame. Finito il pranzo era, però, arrivato il tempo di dividerci.
Sentivo lo stomaco che mi scoppiava. Non avendo la pressione del tempo della pausa pranzo che scorreva, eravamo rimasti in quella tavola calda allungo, mangiando ogni sorta di piatto che il proprietario ci proponeva. Per mia fortuna fu Eddy a pagare il conto. La cosa non mi stupì: oramai mi aveva preso sotto la sua ala protettrice e, visto che aveva qualche anno in più di me, mi considerava come un fratello minore.
Portai alle labbra la bottiglietta d’acqua, che avevo portato fuori dal locale in cui avevamo pranzato. Riuscii a sentire un’ondata gelata invadere il mio corpo, facendo calare sensibilmente la mia temperatura corporea. Come se non bastasse, nello stesso momento fui colpito da un soffio pungente di vento. Cercai subito riparo nel mio lungo giubbotto, abbandonandomi nel suo caldo abbraccio.
Fortunatamente ci fu qualcosa che permise di distrarmi. Il mio cellulare aveva vibrato, facendomi notare di aver ricevuto una notifica.
Una risata mi scappò involontaria, ma forse il mio tono era più alto di quello che avrebbe dovuto, visto che alcune persone si girarono nella mia direzione. Arrossii vistosamente, guardandomi intorno cercando di capire chi avessi disturbato.
Per mia fortuna, non molto lontano da me, c’era un piccolo gruppo di artisti di strada che stavano intonando una strana melodia. Era probabile che la loro musica avesse in parte coperto il mio verso.
Subito mi avvicinai ai ragazzi, notando una custodia di chitarra aperta dove erano presenti diversi spiccioli e alcune banconote di piccolo taglio. Quasi come gesto di ringraziamento, presi un paio di dollari dalla tasca, lasciandoli cadere dentro la custodia.. -
Christine Malavez.
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Continuando a guardare l'edificio, Mala poté notarne altri particolari interessanti.
La finestre parevano sbarrate dall'interno e i mattoni le ricordavano molto quelli dei palazzi più vecchi del centro di Jillgon. Il colorino grigiastro rendeva quello stabile ancora più demprimente a vedersi e pareva come schiacciato dai due giganti moderni che troneggiavano ai suoi lati. Tuttavia, non era solo questo il problema; aveva come l'impressione che vi fosse una particolare forza attrattiva, qualcosa di spirituale e decisamente poco benevolo che si trovava là dentro.
Si accigliò, cercando di concentrarsi meglio non essendo ancora molto pratica dei suoi poteri crescenti, ma fu distratta dalla vicinanza di un ragazzo che rise stranamente, ma che poi gettò due dollari nella custodia.
Christine non poteva certo ignorare quello sconosciuto così generoso, quindi gli stampò in faccia uno di quei sorrisi affabili che le venivano tanto bene.
" Gracias, molto gentile." disse ad Andrew voltandosi completamente verso di lui. Prima che se ne andasse, però, Mala proseguì socievole con fare e tono curioso, senza nessun imbarazzo:
" Scusami, per caso sei di questa zona? " tossì leggermente " Oppure sai dirmi che palazzo è quello? Quello là poverino tutto vecchio." concluse specificando meglio, indicandolo con l'indice sinistro.
Restò in attesa di una risposta sotto lo sguardo incuriosito dei suoi compagni, che non smisero di pizzicare delicatamente le corde di basso e chitarra in un'armonia sconosciuta, probabilmente improvvisata lì per lì.. -
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- Gracias, molto gentile. -
- Non c'è di che... -
Una ragazza, uno dei componenti del gruppo musicale, si rivolse a me con fare gentile. Le sorrisi per ricambiare al suo gesto.
Era una ragazza di circa la mia età, dai capelli corvini coperti da un cappellino dai colori sgargianti. Aveva un look molto stravagante, almeno per quello che riguardava i miei standard.
Avevamo infatti due stili completamente diversi. Lei vestita con dei jeans e un giubbotto di pelle, io con il lungo cappotto sotto il quale si poteva notare una camicia azzurra e una giacca grigia, la mia solita divisa da lavoro.
Prima che potessi allontanarmi per dirigermi verso casa, la ragazza mi rivolse nuovamente la parola.
- Scusami, per caso sei di questa zona?
Oppure sai dirmi che palazzo è quello? Quello là poverino tutto vecchio. -
Con l'indice indicava una costruzione poco lontana, dall'altro lato della strada. Si trattava di un vecchio casolare posizionato in mezzo a due grandi palazzi, decisamente molto più moderni. L'intonaco di un colore giallastro sembrava essersi rovinato a causa del tempo e dell'elevato smog presente in città.
- No, mi dispiace. Non abito in questo quartiere... -
Alzai le spalle, quasi dispiaciuto per non essere potuto risultare utile.
Per tutta Dilagon City, o almeno nelle parti più vecchie, si potevano notare edifici più o meno simili. Sinceramente non riuscivo a capire cosa la ragazza ci trovasse di tanto curioso. Rimasi un attimo in silenzio prima di trovare il coraggio di esporre le mie perplessità.
- Come mai ti interessa??. -
Christine Malavez.
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Quando il ragazzo disse di non saperne nulla, Mala si crucciò un poco.
" Aaah..." sospirò, ma poi riprese il solito sorriso " Fa niente." aggiunse, prendendola tutto sommato con filosofia.
Anche lei avrebbe poi ripreso le sue mansioni, ma la curiosità del ragazzo la trattenne ancora su quel curioso edificio. Certo, spiegargli che i suoi "sensi di ragno" sentivano che c'era qualcosa di anomalo e di oscuro che proveniva da quel posto era fuori discussione, così la buttò su un fattore di disarmornia architettonica.
" Beh... è strano, no?" affermò, cercando quasi comprensione nei suoi occhi. Alla fine lei conosceva il quartiere piuttosto bene e l'edificio era davvero insolito.
" Insomma, Neolock è quasi tutta nuova e hanno sfasciato negli anni palazzi come questo per farlo un quartiere quasi ricco." spiegò " E' difficile trovare una schifezza del genere ancora in piedi aqui. Comprendes?"
Sebbene Mala avesse usato alcune parole in spagnolo, il suo linguaggio normalmente aveva un accento perfettamente australiano, riconducibile, per le orecchie più fini, alle zone vecchie, specie quando parlava senza curarsi della formalità.
La ragazza proseguì, per cercare di spiegarsi.
" Dai, non vedi che è praticamente tutto moderno? Cioè, perché lasciare quel coso là nel mezzo, non ha senso, ehehe." commentò piuttosto ironica, indicando il circondario che non mostrava altra situazioni simili; quello era davvero l'unica nota stonata in una perfetta sinfonia di vetro e cemento.
" Non mi sembra una casa storica, o come diavolo si chiamano. Sai che c'è?" disse poi, assottigliando lo sguardo " Perché non andiamo a vedre se c'è una targa o qualcosa del genere?" gli propose amichevole, quasi come se pensasse che anche a lui potesse interessare.
" Dai. Così poi dopo ti canto qualcosa di serio, a richiesta." e gli fece uno di quei sorrisoni da schiaffi che le venivan tanto bene.
Come dire di no?. -
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Quando dichiarai di non sapere niente, la ragazza sospirò lasciando trasparire la sua frustrazione.
- Aaah... Fa niente. -
Alla mia domanda di spiegazioni, la donna si rivolse a me cercando di coinvolgermi nel suo ragionamento.
- Beh... è strano, no? -
Ci guardammo per un istante negli occhi, come se quelle poche parole avrebbero potuto convincermi che ci fosse veramente qualcosa di strano. La musicista riprese a parlare.
- Insomma, Neolock è quasi tutta nuova e hanno sfasciato negli anni palazzi come questo per farlo un quartiere quasi ricco. E' difficile trovare una schifezza del genere ancora in piedi aqui. Comprendes? -
Spostai nuovamente lo sguardo per un istante verso l’edificio. Sì, in confronto agli altri che lo circondavano sembrava stonare in quella strada, ma la mia analisi si fermava lì. Annui in segno di assenso, anche se non riuscivo a comprendere le preoccupazioni della donna.
Quella ragazza sembrava buffa. Nonostante parlasse correttamente, era solita inserire nelle sue frasi termini di origine ispanica. Chissà quali erano le sue origine? Ma forse era troppo presto per chiederlo.
- Dai, non vedi che è praticamente tutto moderno? Cioè, perché lasciare quel coso là nel mezzo, non ha senso, ehehe. -
- Sì, forse hai ragione… -
La ragazza aveva una bella parlantina. I suoi discorsi si stavano insinuando nel mio cervello, e mi stava realmente convincendo che tutto quello fosse realmente molto strano.
Questo, però, mi spaventava un pochino. Come faceva quella sconosciuta ad avere tanto ascendente su di me? Era riuscita a farmi cambiare idea nel giro di pochi minuti.
- Non mi sembra una casa storica, o come diavolo si chiamano. Sai che c'è?
Perché non andiamo a vedre se c'è una targa o qualcosa del genere? -
A quella proposta rimasi un po’ basito. Fino a quel momento pensavo che quelle fossero solo quattro chiacchiere, forse fatte in segno di ringraziamento per la donazione appena fatta. Ora, però, la musicista mi stava chiedendo di entrare in azione.
- Guarda, non so se è il caso… -
Guardai l’orologio come se avessi avuto un impegno da un momento all’altro, anche se effettivamente la mia agenda era vuota. Spostavo velocemente gli occhi dall’orologio da polso alla donna, come per perdere tempo e lasciare che quella proposta si perdesse nell’aria.
- Dai. Così poi dopo ti canto qualcosa di serio, a richiesta. -
La bocca della ragazza si allargo in un grande sorriso, in quel momento mi sentii sciogliere. Era come il canto delle sirene, mi stava attirando nella sua trappola, ma come ogni buon marinaio non potevo sottrarmi.
Feci un sospiro per poi sorridere a mia volta alla donna.
- Ok, mi hai convinto! Andiamo a vedere!! -. -
Christine Malavez.
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Christine era la classica persona che non si faceva problemi a socializzare grazie a delle banalità come quelle; gesti che per una persona di natura schiva e diffidente sembravano impossibili o incoerenti, per una come la jillgoniana erano all'ordine del giorno, facili come respirare. Che poi lei fosse estremamente riservata sui suoi affari e leggermente misantropa non significava che fosse asociale.
Lo guardò annaspare sull'orologio e capì di averlo messo a disagio, inoltre, le risposte brevi e vaghe che le aveva dato fino a quel momento le fecero credere che fosse un tipo piuttosto introverso e timido, che non amasse dilungarsi troppo con gli estranei. Ma poteva anche sbagliarsi del resto.
Sorrise fregandosene beatamente, da buon animale sociale. " Muy bueno. Ah, comunque io sono Mala." disse, facendogli cenno di attraversare con lei la strada " E quando hai due spiccioli extra e ripassi da Neolock ricordati di me, ehehe." aggiunse con ironia, in attesa che il traffico permettesse loro il passaggio e che anche lui si presentasse.
Non ci volle molto prima che i due potessero dirigere il passo verso la casa. La facilità con cui lo aveva attratto a sé le fece ricordare i vecchi tempi, di quando non si comportava proprio bene con i suoi simili; le sarebbe bastata un'altra scusa legata a quella casa per portarlo in un angolo buio e fregargli portafoglio, orologio e qualsiasi altra cosa potesse nascondere. Quasi subito, però, pensò anche a quanto sarebbe stato facile per un vampiro fare altrettanto e ucciderlo.
Decise quindi, a suo modo, di metterlo in guardia sui pericoli ad accettare caramelle dagli sconosciuti. Più o meno quasi in mezzo alla strada, la ragazza si sarebbe rivolta ancora a lui con naturalezza.
"E se avessi cattive intenzioni?" seguì subito una sghignazzata " Dai, eheh, scherzo chico, eheh. Però oh, mi sa che te non sei nemmeno di Dilagon se segui così una del Barrio, eheh." concluse scherzosamente, dando per scontato che il cittadino avesse capito che lei veniva da qualche quartiere povero della città.
Sperò di non averlo messo inutilmente in guardia su di lei, invece che su una probabile situazione simile futura. Tutto quel pensare, però, le faceva venire quasi il mal di testa e così preferì concentrarsi sull'espressione di Andrew, nel caso dovesse ulteriormente tranquillizzarlo sulle sue reali intenzioni; ormai vicini al marciapiede di fronte all'edificio, non c'era rimasto molto tempo per tirarsi indietro da quella piccola avventura e lasciare Christine da sola nell'esplorazione minuziosa della facciata che, da quella distanza, pareva ancora più rotta e sporca. E stranamente invitante.
C'era qualcosa che attraeva all'interno, come una sensazione che saliva dallo stomaco fino al cervello e che entrambi i ragazzi potevano percepire distintamente, senza l'ausilio di poteri particolari.
Era come se la casa li chiamasse a sé.. -
.01. Casa HollandCodici di » Franz.
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Christine Malavez.
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Sebbene Mala scherzasse, Andrew non prese comunque troppo bene la sua battuta. C'era qualcosa in lui che era cambiato, poteva vederlo dirtto nei suoi occhi che la stava guardarndo con diffidenza.
Una volta vicini, però, l'attrazione verso quella casa portò il giovane cittadino a ignorare pian piano Christine per fissare con sempre più insistenza la porta. E Mala, grazie alle sue doti, se ne accorse chiaramente. Non che fosse immune a quella specie di fascino, ma godeva di un libero arbitrio che ad Andrew pareva cominciare a mancare. Quando iniziò a volersi muovere verso la porta, la Jillgoniana gli mise la sinistra sul petto e lo bloccò.
" Non ti muovere, gringo. Stai fermo."
Il ragazzo iniziò a balbettare e lei poteva sentire i suoi muscoli muoversi sotto al pamo mentre lui cominciava a dimenarsi, ma con poca volontà. Allora Mala gli si parò davanti e cercò di fissarlo negli occhi, ma visto che Andrew guardava verso lo strano edificio, l'erede fu costretta a prendergli il volto fra le mani per volgere l'attenzione verso di lei.
Cercò di fare una delle cose che le riuscivano meglio, plagiarlo con i suoi poteri.
Gli parlò schietta, mostrando gli occhi bianco-quarzo un istante come incentivo. " Vai a casa. Subito."
Il potere della casa, però, doveva già essere penetrato nei meandri della sua mente e lui continuava a voler togliere il viso per guardare verso l'edificio.
Fu in quel momento che il rumore metallico di tutta la roba che aveva addosso Franz attirò la sua attenzione. La moltitudine di armi che aveva sotto il mantello poteva essere sì ammantata, ma il rumore e la fatica che faceva per portarsele appresso non sarebbero certo passate inosservate, specie agli occhi di una aibituata a cogliere i dettagli di chi le ronzava attorno. E lei lo guardò, un po' preoccupata a dire il vero.
Così vicino ai due, Franz avrebbe notato subito una cosa fondamentale; Mala poteva essere non troppo alta, vero, ma sicuramente non aveva il fisico esile e delicato che poteva apparire in lontananza. La giovane era più simile a una nuotatrice professionista, ma con le spalle meno ampie. Saltava subito all'occhio che fosse una ragazza sportiva e per quanto fosse slanciata e abbastanza magra, si percepiva una certa "stazza" nella sua figura, anche sotto i vestiti.
Franz non avrebbe trovato una fatina a salvarlo dall'attrazione crescente che quella casa avrebbe potuto avere su di lui.
La forza percepibile era simile a quella di due magneti e pareva davvero inspiegabile come non tutti sembrassero subirne gli effetti. Nei volti delle persone che rientravano in ufficio passando di lì sembrava non esserci nulla di anomalo, eccetto che per Andrew, del tutto intenzionato a voler entrare là dentro, con un modo di fare piuttosto strano per una persona sana di mente.
Christine, che in un primo momento decise di ignorare quello strano ragazzo dal mantello scuro, accortasi del pericolo crescente cercò di trascinare via per un braccio il generoso cittadino, fino alla palazzina adiacente, ma questi provò a ribellarsi e allora lei si avvicinò quasi come per abbracciarlo, ma invece approfittò dell'occultamento dei corpi per tirargli un forte cazzotto nello stomaco. Andrew rimase senza fiato e si piegò leggermente e lei, come se nulla fosse, lo cinse per la vita e iniziò a trascinarlo via prima che potesse riprendere a dimenarsi. Sperava davvero che potesse tornare in sé e andarsene per la sua strada.
Per lei il futuro sarebbe stato ben diverso. Non poteva assolutamente lasciar perdere.
Sebbene le intezioni di Chris fossero buone, di certo potevano anche essere fraintese da chi si fosse accorto del gesto poco pulito. Se fosse stato così per Franz, nulla gli avrebbe impedito di provare a fermarla, anche quella piacevole sensazione che proveniva dalla casa e che sembrava spingerlo a voler guardare in un punto preciso, proprio sulla targa di marmo di fianco alla porta.
Se ci avesse guardato, su di essa sarebbero apparsi come dei glifi luminosi, di colore rosso scuro, da cui si sentiva arrivare una strana melodia di suoni e voci soffocate di cui non si capiva né le parole, né la lingua. Osservare quei simboli, però, equivaleva a perdersi, cominciare a estraniarsi dalla realtà.
Soffermarsi troppo significava comportarsi esattamente come Andrew.. -
.02. Casa HollandCodici di » Franz.
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Christine Malavez.
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Il pugnale confermò che i due ragazzi non fossero vampiri e che nelll'immediato raggio non se ne trovassero. Del resto non era così strano, vista la luce del giorno che ancora ricopriva il cielo sui grattacieli. Quello non era un orario adatto alle creature della notte, eppure quella strana casa era lì di fronte ai loro occhi e nessun movimento dalle poche fessure faceva pensare che vi abitasse qualcuno.
Christine riuscì ad allontanare Andrew proprio dove voleva. In qualche modo l'influenza dell'edificio parve attenuarsi, perché lui cominciò a chiederle cosa fosse successo, con un tono perplesso e un po' meravigliato. Alla jillgoniana gli sembrò quasi come se si fosse appena ripreso da uno svenimento.
Cercò di rassicurarlo, lasciandolo libero. "Ti sei sentito male, amigo. Cercavo solo un po' d'ombra. "
Andrew aveva ancora l'aria scossa e quasi meccanicamente andò a toccarsi portafoglio e tutti i suoi averi nelle tasche. La ragazza sorrise un po' sarcastica: " Se ti avessi derubato non sarei ancora aqui, chiquito. Però dovresti andare a casa, non hai una bella cera."
Il cittadino arrossì leggermente per l'imbarazzo e nonostante continuasse a tirare qualche occhiata alla casa, si vedeva che aveva ripreso una certa libertà mentale. Decise di congendarsi, ma quando fece per svoltare verso l'edificio, Mala lo trattenne e indicò la parte opposta. " No, devi passare di là. Dicevi che dovevi andare al bar, di là."
Il ragazzo si grattò la testa un po' perplesso, ma plagaiato dai poteri di Christine, più forti grazie alla lontananza della baracca, fece spallucce e con un saluto si diresse verso una caffetteria a circa duecento metri di distanza, evitando il temuto passaggio di fronte alla residenza.
Mala, così, poté concentrarsi su quello strano individuo dal manto scuro che, guarda caso, si era sostituito alla loro precedente posizione. Come non pensare che potesse essere coinvolto in quella faccenda?
Volto occultato, forse un pugnale che aveva intravisto sulla sua gamba e possibili altre armi. Inoltre, quel tizio sembrava piuttosto piazzato e la sua scelta d'abbigliamento così discutibile per i tempi moderni poteva far supporre il peggio.
Qualcosa le diceva che si fosse piazzato lì per lei, quindi non rimaneva che testare quanto l'avesse fatto incazzare il portare via Andrew da quel posto. Se il cittadino fosse stato davvero una sua preda, sicuramente l'avrebbe reclamata senza farne mistero.
Voltandosi un'ultima volta verso il ragazzo smilzo, giusto per assicurarsi che non cambiasse la marcia, si aprì la giacca cercando di farlo passare per un gesto naturale e poi anche lei s'incamminò, ma il suo passo portava proprio dritto la casa, e verso Franz.
Il suo modo di camminare sicuro e lo sguardo fisso sul ragazzone non nascondevano affatto le sue intenzioni. Con tutte quelle supposizioni su di lui aveva deciso di saltare i convenevoli e usare subito un tono brusco e poco impaurito.
" Hey tu! Cosa vuoi, uh? Cos'è questo posto?"
Mala si fermò a circa due metri e mezzo da Franz, con fare poco amichevole e schiena bell'eretta. Se ne stava lì, impietrita come se nulla fosse, eppure teneva un piede di poco più avanzato dell'altro e il braccio destro leggermente più teso del sinistro.
Anche i lembi aperti della giacca non mostravano niente di pericoloso sotto, ma si vedeva comunque una piccola fascia scura che s'infilava sotto l'ascella sinistra, come se avesse una fondina legata alla spalla. Un'altra cosa un po' particolare era il maglioncino nero e scollacciato che aveva sotto, dall'aria piuttosto leggera e fuori stagione.
La ragazza lo fissava, in attesa di scoprire chi diavolo fosse quel tipo e se davvero si sarebbe dimostrato una minaccia per l'incolumità dei cittadini.. -
.03. Casa HollandCodici di » Franz.
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Christine Malavez.
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La ragazza seguì il movimento del mantello con attenzione, indurì le mascelle e piegò leggermente la testa, proprio poco prima che uscissero i palmi rassicuranti di lui a negare ogni ostilità.
Per fidarsi del giovane, però, era ancora troppo presto.
Gli occhi nocciola di Christine, infatti, non erano gli unici che lo stavano studiando. C'era anche il suo dono, che in quel caso operava come una sorta di “terzo occhio” leggendo gli angoli più remoti dello spirito del ragazzo.
Non era un processo doloroso, né qualcosa che si potesse percepire anche solo come atto mistico senza spiritualità od origini particolari. Di contro, il dono davvero forniva alla sua portatrice un'aura intensa, un alone piuttosto forte e carismatico. Dote rara che attirava l'attenzione, vero, ma niente che anche altri esseri umani non potessero condividere.
L'apparenza dava quindi ragione a Franz, Christine sembrava solo una ragazza del ghetto e così sarebbe rimasta senza prove tangibili, o capacità che permettessero di acquisirne in altro modo.
I suoi riflessi, invece, non dovevano apparire tanto misteriosi come la sua figura.
Quando il ragazzo si mosse verso il nodo con quel fare agitato, Mala avanzò di un passo già con il braccio destro a prendere qualcosa sotto la giacca, proprio dove si vedeva la cinghia. Si bloccò poco dopo aver fatto sparire le nocche, udendo il rumore dell'arma insolita sul marciapiede.
Aggrottò la fronte perplessa e tolse piano la mano, vuota.
“E quell'arnese che diavolo è?” pensò.
Non fu l'unica a chiederselo. Alcuni passanti osservarono Franz e l'arma con fare stupito, altri si spaventarono e corsero via. Fu in quel momento che la melodia natalizia suonata dai suoi amici le arrivò di nuovo alle orecchie, ricordandole che avrebbe dovuto mandarli via.
Non poteva aver anche loro sulla coscienza.
Ciò non fece altro che farla restare piuttosto guardinga, ma le domande del giovane le strapparono un sorriso sarcastico e commentò:
“ Certo, come no.“
A seguire poggiò il peso su un fianco e incrociò le braccia al petto, con quell'espressione beffarda che tanto la contraddistingueva e con cui lo fissava. Sembrava quasi sorridergli, ma con una punta di arroganza. Tuttavia rispose piuttosto calma, ben diverso dal tono brusco di prima.
“ Muy bueno, sai dell'attrazione di questa casa. Meno bueno, anche a me te non sembri avere gli effetti del tizio di prima. O sei il responsabile e mi vuoi fregare; oppure davvero non sai un cazzo e questo schifo non funziona subito su tutti.”
In effetti non aveva torto. Sia lei che Franz sostavano da più tempo di Andrew di fronte alla facciata, ma non erano partiti subito per la tangente come aveva fatto lui e ciò le fece pensare, visto anche il via vai di gente che ignorava l'edificio, che potesse esserci qualcosa di più. Possibile che tutti quelli che passavano avessero doti soprannaturali in grado di proteggerli?
Ne dubitava. Doveva esserci altro.
Fino a quel momento, il richiamo era stato solo dannatamente fastidioso, come un ronzio di vespa nell'orecchio che non vedeva l'ora di spegnere.
La loro reticenza lì di fronte, però, non faceva altro che alimentare l'esposizione a quell'attrazione; si faceva sempre più forte e suadente, difficile da sostenere senza un piccolo sforzo anche da parte sua. Se non altro per la pazienza.
Opporsi cominciava a richiedere quindi un maggiore impiego di energie, che Mala aveva. Ma Franz?
Quell'impulso a guardare la targa era così irritante che alla fine decise di assecondarlo per sua libera scelta. Voltandosi sull'oggetto, non vide niente, ma una presenza attirò la sua attenzione sulla finestra del secondo piano. Alzò la testa di scatto e una figura scura si defilò, nel momento stesso in cui lei ci posò lo sguardo sopra.
Mugugnò e tornò a guardare Franz sospettosa, indicando il punto dal basso.
“ E quello chi era? “
Diavolo, non aveva davvero voglia di entrare in quel tugurio da sola a guardare.SPOILER (clicca per visualizzare)Potere della casa
Charme
Difesa: 3 punti a resistere per non voltarsi sulla targa (la descrizione di cosa appare era qualche post prima).