Notte in bianco

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    Avevano raggiungo il quartiere in poco tempo, tirando dritto ed evitando spiacevoli incontri. Chissà se era stata la compagnia della vampira a far andare tutto liscio. Ogni tanto Ghunter si girava a guardarla, cercando di non farsi vedere, ma aveva sempre come la sensazione che, anche se lei non si girava, sapesse sempre ogni dannata volta che lui aveva gli occhi su di lei. La cosa lo rendeva irrequieto, così cercava semplicemente di pensare al fatto che, almeno per il momento, stavano dalla stessa parte.
    Per quanto riguardava l'altra compagna c'era poco da dire. Una figura enigmatica, dall'aspetto sicuramente poco raccomandabile, e sicuramente anche un tipo particolare, da girare a notte fonda con una maschera come quella. Lui probabilmente doveva sembrare il più normale del gruppo. Già, normale... era tanto che non rifletteva su alcune questioni personali. Ma quello non era il momento per farlo.
    Dopo aver camminato per i marciapiedi più in vista, il ragazzo le aveva guidate in una stradina meno illuminata, ma comunque circondata di abitazioni e qualche locale dalla serranda sbarrata. Un paio di vecchie auto erano parcheggiate lungo la strada, e nessuna luce filtrava dalle finestre più basse dei palazzi. Nessuno sul loro cammino, eppure era probabile che qualcuno li stesse tenendo d'occhio. Quei posti erano pericolosi, e non tanto per dire. Arrivarono infine dinanzi ad un portone, apparteneva ad un palazzo che non sembrava diverso dagli altri. Vecchio, sporco, nessun segno particolare, a differenziarlo dai vicini solo il diverso numero civico, parzialmente cancellato.
    Erano infine giunti, quasi in religioso silenzio. Nessuno sembrava avere nulla da dire, e lui non si era lanciato in conversazioni inutili. Arrivati al citofono, Ghunter scorse con gli occhi la lista di pulsanti e di nomi più o meno leggibili, fino a premere un interruttore. Accanto comunque, non vi era scritto alcun nome, l'etichetta era bianca. Ben presto qualcuno avrebbe risposto, ed il ragazzo si sarebbe presentato soltanto come "un amico", dicendo di dover incontrare il padrone. Dopo un leggero sibilo elettrico, il portone si sarebbe aperto, ed i tre avrebbero potuto percorrere l'angusto atrio ed iniziare a salire la scalinata fino al terzo piano, dove avrebbero incontrato la porta in cui trovare il loro prossimo datore di lavoro.
     
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  2. Kuroi Tenshi
     
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    Quel posto non le piaceva e volutamente ci andava il meno possibile. La puzza che ricordava c'era ancora, penetrante, come se più Dilagon diventava fredda e più il degrado affiorava in superficie. C'era poca gente in giro, e più andavano avanti peggio era. La notte si era fatta profonda e l'aria secca faceva presagire una giornata non troppo nuvolosa alle porte... e lei era dall'altra parte della città rispetto al suo rifugio. Se la missione fosse durata a lungo, sarebbe stato un casino tornare a casa dove Justin la stava aspettando. Non aveva idea di come potesse sentirsi lì, tutto solo, ma sperava che non facesse casini.
    Comunque, se voleva che quel lavoro finisse presto, aveva bisogno di massima concentrazione e quindi di liberare la mente da pensieri inutili e deleteri. I suoi momentanei compagni restavano in silenzio e lei li imitava. Non poteva capire dove stesse guardando la donna mascherata, ma percepiva su di sé lo sguardo di Ghunter molto spesso. Si chiese quali fossero i suoi pensieri, se si ricordasse del loro primo incontro e si disse che qualcosa di speciale doveva pur averlo, se se ne andava in giro a compiere lavori in quelle zone della città. Tuttavia non erano solo gli occhi dell'uomo a guardarla: quelle vie buie e deserte nascondevano cose e persone e avrebbe potuto scommettere si trattasse di cose e persone non proprio gentili ed affidabili. Non accadde nulla per le strade, assolutamente nulla finchè non giunsero al luogo del probabile datore di lavoro. Un citofono senza nome, la cosa si faceva interessante, così come la presentazione di Ghunter. Lui era un amico, sì, ma lei e miss maschera? Decise di non entrare troppo nei dettagli e di seguirlo, guardandosi intorno per tentare di scovare quante più possibili vie di fuga da quel luogo. Salì le scale e quell'odore di degrado quasi le annebbiò il cervello: gli umani erano fortunati ad avere sensi così poco sviluppati... probabilmente era qualcosa di evolutivo, altrimenti quell'olezzo terrificante avrebbe potuto ucciderne qualcuno.

    "Posticino delizioso..."


    Parlò a voce bassa lasciandosi sfuggire quel commento con il suo tono dolce macchiato di sarcasmo. Si chiese per tutte le scale fino alla loro porta se quell'uomo o donna o essere che li stava attendendo in qualche modo avesse sentito parlare di lei... ma sarebbe stato facile capirlo, in base alla sua reazione, anche se credeva che per una volta non sarebbe stata la ragazzina pallida e mortale ad attirare maggiormente l'attenzione, ma la sua compagna ben più singolare.
     
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