Questo lavoro s'ha da fare

Irène, Alphard

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    Nella vita di ogni persona arriva sempre il momento in cui un lavoro particolarmente sgradevole arriva alla tua porta, bussa e ribussa, e infine decide di sfondarla per costringerti ad accettarlo.
    Per Irène era arrivato quel momento. Il dubbio le era sorto quando Angelus aveva assegnato a lei e Alphard un lavoretto semplice, un pedinamento e raccolta di informazioni, che però le avrebbe costrette a gironzolare per un quartiere che prima di quel momento la clericale non aveva neanche preso in considerazione durante la sua esplorazione della metropoli australiana.
    Lullaby. Noto quartiere a luci rosse, nido di ogni tipo di perversione, terreno di caccia di ogni creatura che avesse voglia di vincere facile e di mangiare pressoché gratis. Lullaby, o meglio uno dei suoi numerosi strip club, era il covo del loro obiettivo, o obiettivI nel peggiore dei casi. All’esterno il locale non provava neanche a differenziarsi dalla competizione, mostrando le solite asfissianti insegne luminose, di un fucsia prepotente e composizioni al limite della decenza.
    No, ‘decenza’ non era una parola adatta alla situazione e al luogo in cui Irène si trovava in quel momento. Osservando con avversione evidente le grosse lampadine al neon che formavano il nome del locale, ‘Angelic Pleasure’, la giovane incrociò le braccia al petto, piantando i piedi sul cemento sotto di lei senza la minima voglia di avventurarsi oltre la sicurezza piazzata all’entrata, e la corta fila – perché c’era sempre spazio per un cliente in più, in quel genere di locali. Si strinse ulteriormente nel cappotto candido, in chiaro contrasto con il resto dell’ambiente, scarsamente illuminato e corrotto, marcio oltre ogni dire. sicuramente avevano scelto un angolo paradisiaco di Lullaby per condurre le loro indagini. Si chiese per un attimo come fosse il resto del quartiere, se ci fosse anche solo un centimetro cubo salvabile o se fosse in tutto e per tutto una fetta di mondo destinata alle fiamme degli inferi.
    Storse le labbra non appena quel pensiero le passò per la mente. Alla faccia della sua politica contro i pregiudizi, in casi del genere anche a lei risultava difficile rimanere neutrale e oggettiva. Preferì concentrarsi su altro, ovvero sul lavoro da portare a termine, voltandosi verso la licantropa che sperava di trovare ancora accanto a lei.
    – Beh, il posto è questo. –, confermò, rassegnazione nella voce. – Ci sarà sicuramente confusione. Nel caso sia dentro riusciresti comunque a individuarlo? –, le chiese, guardandola. Non era sua intenzione sminuire le sue capacità, voleva solamente esserne sicura, e in caso contrario pensare a un’alternativa. Nel frattempo provò a sondare il suo, di punto di vista nei confronti del locale che a breve avrebbero controllato: non aveva dimenticato quel poco che aveva detto a casa di Kate, e le mancavano ancora delle risposte.
     
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    Alphard era stranamente di buon umore, quella sera. L’area nefasta proveniente dalla sua compagna non sembrava scalfirla in alcun modo. Sapeva quanto Irène non gradisse tutto ciò che fosse possibile considerare “blasfemo” per cui non se ne curava più di tanto. Trovarsi in quel quartiere, con tutte quelle luci e la chiara aria di eccitazione e sporco ad aleggiare intorno a loro, faceva sentire la lincantropa quasi a casa. Quasi indietro di settecento anni. Certo, era tutto molto diverso da quando era lei a gestire quel genere di posti, tuttavia era comunque curiosa di sapere come il tutto si fosse evoluto e come le case del piacere fossero migliorate. Kate sosteneva che non lo fossero e che ormai le prostitute si esibissero solo in strada, ma lei non ne era per niente convinta. Lo sentiva nel proprio naso ed in parte anche nelle proprie budella. Era quasi quel periodo dell’anno del resto. Il suo calore si avvicinava e lo dimostrava la sua iperattività.
    - Rilassati, non ti mangiano.- aveva sussurrato verso Irène, con un sopracciglio alzato e un ghignetto divertito sul volto. Era decisamente divertente vederla immersa in quel mondo che tanto sembrava disprezzare ed in parte rinnegare. Era interessante vederla rapportarsi a qualcosa che non poteva avere sotto il suo controllo. In definitiva era divertente. Per una volta non sembrava starsi annoiando a causa dei compiti affidati loro da Angelus, quel mezzo demone aveva davvero avuto una splendida idea.
    Aveva guardato Irène stringersi appena nel cappotto, chiedendosi se ci fosse davvero così freddo o se il brivido fosse solo dovuto al disagio. Non se ne rendeva conto lei. Era tranquillamente con solo una maglietta a maniche lunghe scura ed una canottiera sotto, non provando il freddo come i normali essersi umani. Si era guardata intorno ed in effetti molti erano imbacuccati come Iri, anche se non al suo livello.
    - Sì. Angelus ha detto che odora di zolfo e il mio naso non sbaglia mai.- l’aveva rassicurata, senza neanche guardarla, osservando invece la sicurezza posta di fronte all’entrata. Non sapeva sinceramente se ci fossero altri demoni da interrogare, però quello che interessava a loro era pelato e con delle caratteristiche piccole corna per tutto il cranio. Probabilmente però avrebbe indossato un capello, quindi Alphard avrebbe davvero potuto fare affidamento solo sul proprio naso.
    - Tira fuori quella roba che ci ha detto di mostrare Angelus ed andiamo.- aveva detto alla sua Master, iniziando a fare qualche passo in avanti e sistemandosi la mantellina rossa sulle spalle. Quella era parecchio fondamentale, soprattutto nel caso sarebbero dovuti ricorrere alle maniere forti. Non poteva mica rischiare di perdere il controllo in mezzo alla folla: Iri l’avrebbe ammazzata.
    Controllando che l’altra la stesse seguendo si era diretta verso la corta fila e la sicurezza, lasciando Irène davanti in modo che fosse lei a sbrigare quel genere di cose. Era una specie di invito o documento del genere. Biglietto forse? Insomma, robe i cui lei non capiva molto. Era decisamente meglio lasciar fare tutto all’altra.
    In ogni caso, una volta superata la sicurezza si sarebbero potute tranquillamente accomodare nell’ “Angelic Pleasure”, godendo immediatamente del caldo asfissiante e dell’odore di tabacco e droga nell’aria. Alphard aveva storto il naso sensibile di fronte a quella nube tossica, ma non si era fatta scoraggiare, avanzando con un sorrisetto sulle labbra. L’atmosfera era cupa e con delle tinte particolarmente rosse date dalle luci. C’erano un bar e delle signorine intente a ballare mezze nude su dei cubi, alcuni dei quali dotati di palo. La licantropa riusciva tranquillamente a riconoscere le umane, da creature a metà come lei, mutaforma o anche qualcuna più particolare, come la bionda dotata di una coda di coccodrillo e delle piume sotto le braccia. Quella fauna era decisamente interessante.
    Concentrandosi su quei particolari con un sorrisetto che non lasciava nulla all’interpretazione, la donna si era persa l’altra popolazione che era contenuta all’interno del bar, ovvero i suoi clienti. La maggior parte erano creature di sesso maschile, non particolarmente aitanti, tuttavia in alcuni punti c’erano gruppetti di ragazze riunite di fronte al licantropo alpha di turno, intento a soggiogarle tutte con il proprio charme. Insomma un bel posticino per passare la serata.

     
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    Nonostante avvertisse l’euforia della siriana accanto a lei, Irène non riuscì neanche per un secondo a farsi influenzare da essa. Probabilmente l’avrebbe aiutata a svolgere il suo lavoro più facilmente, con meno stress, a mente più lucida. Avrebbe potuto ignorare la fauna locale, le luci psichedeliche, forse anche la musica rintronante che caratterizzava quel tipo di club.
    Le pareti del locale ripresero a tremare all’inizio di una nuova canzone, e Irène ben presto perse il conto dei bass drop che le rimbombarono nella cassa toracica ancora prima di avvicinarsi all’entrata. No, non avrebbe potuto farcela.
    – Ne sembri fin troppo sicura. –, ribatté con il medesimo tono basso, rivolta alla licantropa. Cercò di non roteare troppo gli occhi, nell’esprimere il suo disappunto per la situazione generale in cui si era trovata. Fece un cenno pratico, senza replicare ulteriormente una volta che Alphard le assicurò di poter scovare in fretta il loro obiettivo. Lentamente sciolse le braccia, portando una mano in tasca per recuperare, quasi leggesse nel pensiero della siriana – o forse proprio per quello –, i pass che Angelus tanto gentilmente aveva fornito loro. Sembrava che godessero anche di una certa priorità. Buono da una parte, voleva dire che avrebbero guadagnato tempo prezioso… dall’altra, le occhiate che i due buttafuori rivolsero ad entrambe quando si avvicinarono per superare l’ingresso le misero addosso un disagio non indifferente. Tralasciando la perplessità che riuscì a leggere nei loro occhi di fronte a due figure apparentemente umane, fu il sorrisino sbeffeggiante di uno dei due ad innescare una reazione vocale in lei.
    – Qualche problema? –, chiese, con voce ferma e cristallina, premurandosi di sotterrare quasi del tutto l’irritazione crescente. Quasi. Lo sfidò a dire qualcosa, qualunque cosa, sia con le sue parole che con gli occhi tanto rossi quanto gelidi. L’uomo fece spallucce e tornò loro i pass, senza abbandonare il sorrisetto, dando poi una gomitata al suo compare e sussurrandogli qualcosa proprio mentre lei li superava, seguita – sperava – da Alphard. Quel semplice gesto diede il via a una serie di elucubrazioni mentali dell’albina che per qualche minuto buono occuparono tutta la ram del suo cervello. Ne era prova inconfutabile il modo in cui si mosse per i primi metri del locale senza far caso a chi o cosa avesse intorno, ancorandosi al bancone solo quando uno spintone troppo violento non la riportò bruscamente alla realtà dei fatti.
    Era in uno strip club. Tutto in quel posto le ricordò crudelmente quel fatto: le luci rosse e ad intermittenza dolorosa; le ballerine più svestite che altro che tappezzavano l’intero pavimento e alle volte si trovavano anche più in alto, su cubi o gabbie sospese in aria, agganciate al soffitto, per costringere chiunque a posare lo sguardo su di loro volenti o nolenti; la musica assordante; la puzza di fumo, droga e sesso che Alphard sembrava tanto apprezzare. E parlando della licantropa, sembrava averla già persa di vista. La ragazza si corrucciò, staccandosi dal bancone ma non allontanandosene per avere almeno un punto di riferimento che non fosse pieno fino all’orlo di corpi ammassati e danzanti: acuì il legame mentale che condivideva con la mezza umana, per provare a trovarla in mezzo alla folla. Ciò che quella grande idea le restituì fu soprattutto l’euforia e il desiderio provati dalla donna. Non appena lo stomaco le si annodò sgradevolmente, la giovane spezzò di botto il contatto e strinse i pugni, tornando alla sua unica oasi in mezzo a un deserto di perdizione. Non appena poggiò le mani sul legno del bancone tirò fuori uno dei due pass, cercando quantomeno di ideare un piano b nel caso Alphard non riuscisse a trovare con i suoi sensi sviluppati il loro obiettivo. A giudicare da ciò che stava leggendo, i loro pass avrebbero permesso loro di accedere alle balconate superiori del locale, dalle quali si poteva godere di una vista migliore, e dei cubicoli privati che ancora doveva individuare. Per non parlare, ovviamente, della priorità di cui avrebbero goduto nella scelta di qualunque ragazza che fosse di turno. Nel caso in cui il loro uomo fosse un cliente abituale del locale, qualcosa le diceva che quella sera avrebbe avuto i loro stessi vantaggi.
    Allontanando ogni potenziale attraccatore con la sola potenza della sua aura negativa, e con l’aiuto della patina di KI divino con la quale ricoprì la sua mano sinistra – non abbastanza da allertare chi di dovere, ma più che efficace per scongiurare l’arrivo di notturni molesti –, la ragazza tornò a guardarsi intorno e cercò nuovamente un contatto mentale con la licantropa, ignorando qualunque cosa stesse provando in quel momento per dirle semplicemente di raggiungerla. Aveva un paio di dritte da darle, e il pass che l’avrebbe aiutata a seguirle al meglio.
     
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    L’esplorazione di Alphard era continuata in un modo piuttosto tranquillo in verità. Si era limitata a girovagare in mezzo alla folla, acuendo i proprie sensi e studiando l’ambiente. Da brava cacciatrice sapeva come fosse una priorità conoscere il luogo e la fauna, prima di intervenire in un modo che avrebbe scombinato l’equilibrio del posto. In particolare tenere d’occhio il Licantropo Alpha era stato utile. I suoi occhi continuavano a guizzare verso un lato ben specifico della sala, nonostante fosse in buona compagnia. Questo poteva significare due cose: o stava aspettando qualcuno o aveva paura di qualcuno. Il leggero ringhiare che aveva avvertito per tutto il tempo provenire dalla sua gola, la faceva protendere verso la seconda. Grazie a questo particolare era riuscita ad individuare le guardie, vestite come gli altri presenti ma tutte con degli occhiali scuri sul volto. A giudicare da come ignorassero le persone mezze nude, dovevano essere sotto ipnosi. Dovevano essere stati incantati in modo da pensare solo al proprio lavoro, senza farsi distrarre da qualche chiappa.
    Guardando verso gli angoli della sala, infatti, era stato semplice individuare una puzza di magia fastidiosa. A giudicare dall’aspetto mingherlino e dall’aria concentrata, il proprietario aveva ingaggiato quattro maghi per incantare direttamente tutto il locale. Il motivo era abbastanza intuibile alla fine. Si era chiesta in effetti come mai ci fosse una sorveglianza così ristretta all’ingresso, sarebbe tranquillamente potuto entrare un umano esterno al mondo “vero” creando vari problemi. I maghi invece dovevano servire per alterare la condizione di verità nelle loro menti semplici. Aveva già visto incantesimi del genere in Egitto, dove i consiglieri dei più ricchi signori incantavano le loro sale in modo da non far notare a nessuno la presenza di vampiri docili e drogati, o di creature ben più appariscenti. Doveva attivarsi nel momento in cui la magia non trovava nessuna traccia di simili conoscenze nella testa delle varie creature che entravano all’interno. Sperava solo che non fosse anche un modo per depistare i nemici dei loro capi o difficilmente sarebbero riusciti ad individuare il tizio.
    - Ehi tu, Omega. Stai disturbando.- aveva detto la voce gutturale del Lincatropo, rivolgendosi proprio ad Alphard. La donna si era voltata verso di lui, sbattendo le palpebre confusa, come se non capisse. – Il tuo odore rivoltante da cagnolino ammaestrato disturba la nostra caccia.- aveva ribadito, indicandola e poi ridacchiando assieme ai suoi compagni. Tra di loro riconosceva un Beta e un paio di membri comuni del branco. Dovevano essere abbastanza importanti se potevano già contare di un numero superiore ai cinque, tuttavia a giudicare da come le si erano rivolti erano giovani e fin troppo inesperti. Aveva ghignato, avvicinandosi e allontanando una delle ragazze inquisite da loro, scoprendo i denti e ringhiando.
    - Attento a chi chiami Omega, cucciolo.- aveva detto assottigliando gli sguardo ed utilizzando il proprio Charme per metterlo al suo posto. Bastava sottomettere l’Alpha per avere il rispetto del resto del branco, era sempre stato così. Non era la prima volta che le accadeva. La creatura aveva cercato di tenerle testa, ringhiando di rimando e cercando di utilizzare la propria prestanza fisica per intimidirla. Alphard però era rimasta impassibile, costringendolo a voltare il capo, ringhiando di lasciare perdere quei randagi smarriti e di tornare a divertirsi ai propri compagni. Mentre li osservava allontanarsi si era permessa di sghignazzare tra sé e sé, rendendosi conto solo al tocco leggero sulla spalla di una bella telepate dai capelli rossi, di aver attirato l’attenzione in quanto femmina Alpha. Era così semplice quel mondo.
    Non aveva avuto neanche il tempo di fare mezzo pensiero sporco, però, che aveva subito sentito una doppia interferenza nel proprio cervello, cosa che l’aveva portata a toccarsi il capo dolorante. Il pensiero doveva essere giunto ad Irène che aveva reagito… beh, da Irène. Ma doveva anche aver incuriosito quella ragazza.
    - Mi spiace, non mi piace avere a che fare con chi può controllare la mente.- le aveva detto, togliendole la mano dalla propria spalla. La ragazza si era evidentemente accigliata, ma non aveva rinunciato, mandandole inequivocabili immagini mentali di ciò che avrebbero potuto fare se avesse accettato di accontentarla. Alphard aveva riso di gusto, allontanandosi senza neanche degnarla di uno sguardo cercando istintivamente Irène. Sperava che l’intrusione non fosse giunta fino a lei, in tutta sincerità.
    Era stato facile ritrovarla. Bastava seguire l’odore più pulito e familiare all’interno della sala. Non poteva neanche sfruttare il contatto visto che l’aveva troncato stizzit… ah, no, l’aveva appena riaperto. Ovviamente solo per comunicarle di tornare da lei. La licantropa aveva sospirato, ignorando ogni stimolo intorno a sé per raggiungere in fretta la propria Master, cercando di prenderla alle spalle senza farsi vedere.
    - Ti sono mancata?- aveva chiesto con voce volutamente suadente, prima di rivolgerle un sogghigno divertito, pronta a ricevere un insulto o una bella punizione. Immaginava ci sarebbe stata. Di solito c’era quando faceva quelle cazzate.
    - Questo posto è pieno di illusioni.- aveva comunque iniziato a dire, sistemando accanto a lei ed indicando distrattamente gli angoli – Quattro maghi, uno per ogni punto cardinale. Credo servano per non fare insospettire gli umani. Inoltre credo abbiano anche incantato le guardie, non degnano di uno sguardo nessuno dei presenti, neanche i più avvenenti o con lo Charme potente.- aveva fatto una pausa, indicando un punto alla loro sinistra – Eccone un paio.- sembravano dei ragazzi normali a dir la verità, entrambi mori. Vestiti anche in modo piuttosto sobrio. L’unico particolare erano quegli occhiali da sole fuori luogo che chiaramente erano il mezzo di trasmissione dell’illusione.
    - Non ho percepito altro per ora, quindi se vogliamo trovare sto tipo dovremo andare più all’interno. Il coso che ci ha dato Angelus dovrebbe permetterlo, giusto? Mi pare avesse detto così, ma non mi fido tanto.- aveva concluso stiracchiandosi placidamente ed osservandosi intorno con aria attenta e severa, cercando di non perdersi nessun dettaglio e ringhiando un avvertimento a chiunque cercasse di avvicinarsi a lei e Irène. Capiva che fosse una bella gemma in mezzo a quella volgarità, ma non dovevano provare ad avvicinarsi senza il permesso della ragazza stessa, o avrebbe staccato il collo a qualcuno. Non poteva rischiare che l’aggredissero solo per il desiderio non troppo nascosto di vederla alle prese con qualcuno interno a cercare di sedurla.

     
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    Quella di interrompere il legame mentale con la licantropa si era rivelata un’idea eccellente, anche se Irène non avrebbe mai saputo fino a che punto. Sicuramente riuscì a concentrarsi al meglio sulla prossima mossa da fare, scandagliando le loro possibilità a mente lucida e solo in parte infastidita dalla musica o dagli individui che, volenti o nolenti, le ronzavano intorno. A parte il barista, che si era limitato a svolgere il suo lavoro chiedendole se volesse qualcosa da bere, lasciandola in pace non appena lei aveva scosso garbatamente il capo, la clericale aveva notato almeno tre o quattro creature dall’aspetto più o meno umano soffermarsi sulla sua figura più di una volta. Uno di questi attirò anche la sua, di attenzione. Suo malgrado. Era un quadrupede, nonostante si sforzasse di rimanere eretto sulle zampe posteriori, ricurve e più da animale che da essere umano. Una lunga coda, spessa alla base e man mano sempre più affusolata, lo manteneva in equilibrio fungendo da contrappeso. Non aveva un singolo capo d’abbigliamento addosso, eppure non risultava volgare, anche grazie all’assenza di attributi genitali di qualsiasi tipo: la pelle candida, a tratti traslucida e solcata da vene azzurrine sporgenti, rifletteva le luci dello strip club e le assorbiva allo stesso tempo. Aveva una massa di ‘capelli’ bianchi in testa, l’unica cosa selvaggia nell’insieme altrimenti elegante. Il volto ricordava il muso di uno squalo, ma più affusolato e delicato.. Le mostrò i denti triangolari e aguzzi in un sorriso lascivo, passandosi una lingua eccezionalmente lunga e nera come la notte sulle labbra inesistenti.
    A quel punto Irène si rese conto di essere rimasta a fissarlo e distolse lo sguardo, con un brivido spiacevole ad attraversarle la spina dorsale. Strinse i pass tra le dita, scendendo dallo sgabello che aveva reclamato come proprio e voltandosi verso la massa danzante per cercare Alphard in prima persona… almeno finché la diretta interessata non si decise a rispondere al suo appello, comparendole alle spalle. Per la sorpresa e, in parte, anche per la tensione, Irène trasalì quando la licantropa si annunciò a quel modo, voltando il capo verso di lei e osservandola con espressione indecifrabile in volto per una manciata di secondi. Probabilmente non sarebbe riuscita a nasconderle il disagio che aveva provato poco prima, l’inquietudine quasi, ma fece un lavoro più che decente col sollievo che le provocò la sua presenza.
    Non rispose alla sua provocazione, limitandosi a tornare seduta e estraendo nuovamente i pass dalla tasca. Rimase ad ascoltarla, in silenzio, sgranando appena gli occhi quando però venne a sapere dei maghi. Possibile che fossero talmente bravi a nascondere la loro presenza se non a creature con sensi più sviluppati? O era lei a non aver fatto un buon lavoro nell’individuarli? Li cercò con lo sguardo prendendo ad esempio la descrizione di Alphard, corrucciandosi quando, individuandoli, riuscì finalmente a percepire qualcosa. Una presenza debole, così vaga da sfuggirle più di una volta, volutamente sfocata. Razionalmente sarebbe bastata come risposta al suo dubbio, ma quella sera Irène si sentiva tutto tranne che obiettiva.
    Torse il busto per tornare nella posizione originaria, contro il bancone, senza nascondere un certo turbamento. Si agganciò all’accenno di Alphard sui pass per poggiarli sul bancone e spingerne uno verso di lei. Portò poi due dita alla tempia, reggendosi il capo e puntando un gomito sul legno.
    – Sì, questi. Ci daranno accesso al piano superiore e ai cubicoli… privati. –, spiegò alla donna, limitandosi al minimo indispensabile a meno che l’altra non decidesse di porle domande più specifiche. – Dato che Angelus si è premurato di fornirceli è probabile che anche il nostro obiettivo ne abbia uno, e che quindi lo troveremo in una delle due zone. Non rimane che provare. –, aggiunse, appuntandoselo controvoglia al colletto del cappotto con la pinzetta apposita. Nel caso che Alphard glielo permettesse, farebbe lo stesso con lei, cercando un appiglio qualunque sulla maglia. Glielo avrebbe attaccato all’altezza della clavicola o poco giù, sbrigativa e a sguardo basso. Altrimenti avrebbe aspettato che lo facesse da sola, prima di alzarsi e guardarsi intorno per cercare un accesso al piano superiore. Nel farlo lo sguardo ricadde nuovamente sulla creatura albina, apparentemente non scalfito dalla presenza di Alphard: assottigliò gli occhi a mandorla acquosi e neri come la pece, ammiccando e attorcigliando lentamente la coda sinuosa intorno alla propria gamba, fino alla vita stretta. Se avesse avuto la clericale a portata, probabilmente avrebbe fatto lo stesso con lei: o almeno fu quello il messaggio che arrivò a Irène.
    Non era abituata quel tipo di attenzioni. A quelle occhiate. Nonostante Alphard non fosse una santa, e avesse spesso e volentieri ribadito quanto l’albina le… ‘piacesse’ fisicamente, non era mai arrivata a quei livelli. Sicuramente Irène in sua presenza non si era mai sentita così sporca. O una preda.
    Strinse le labbra per non farle tremare, distogliendo lo sguardo. Concentrò le sue forze sui piedi che avrebbero dovuto mantenerla eretta, aspettando che il giramento di testa passasse prima di allungare una mano verso il polso della licantropa con l’intenzione di tirarsela via. Si voleva allontanare il prima possibile da quella creatura, e non voleva farlo da sola.
    – Andiamo. –, le avrebbe detto, nervosa, muovendosi verso le prime scale che avrebbe trovato sia che Alphard avesse accettato il contatto, sia che si fosse ritratta. In ogni caso avevano un lavoro da svolgere, ed è su quello che decise di concentrarsi.
     
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    Non appena era stata in grado di fissare e percepire al meglio Irène, aveva subito intuito come ci fosse qualcosa che l’aveva disturbata. Il suo istinto di minacciare chiunque cercasse di allontanarsi, a quanto pareva, non era del tutto privo di una qualche base. Aveva dunque continuato il suo compito con precisione, mentre la ragazza posava i pass sul tavolo e le spiegava più o meno come funzionava. Aveva percepito anche una sorta di turbamento al sentire nominare i maghi che aveva avuto difficoltà a localizzare. L’aveva fissata con la coda dell’occhio, poggiando i gomiti sulla superficie del bancone.
    - Sono riuscita a percepirli solo perché ho seguito la puzza della loro magia. Sono specializzati nel manipolare l’ambiente e le presenze al suo interno. Gente pavida. Dubito che sappiano fare altro oltre questo.- le aveva detto con sincerità e leggerezza. Non era un tentativo di rassicurarla, era perfettamente consapevole che Irène sarebbe potuta giungere alla sua stessa conclusione. Aveva dimostrato più volte di essere estremamente intelligente e questo era uno dei motivi per cui Alphard provava un grande rispetto nei suoi confronti. Non aveva motivo di sentirsi minacciata da quei maghetti da quattro soldi, avrebbe tranquillamente potuto metterli fuori combattimento anche da sola , senza l’aiuto della sua Servant.
    In verità non aveva capito molto riguardo i cubicoli privati ed il piano di sopra, ma aveva dato per scontato che fosse il luogo dove quelle giovani – e quegli sporadici maschietti - finivano per prostituirsi. Se ci aveva visto giusto non era molto diverso dal suo tempo. Stanca a causa di quelle luci basse ed intermittenti, si era passata una mano sugli occhi, cercando di massaggiarli. Nel mentre aveva sentito qualcosa tirarle la maglietta e, abbassando lo sguardo, aveva notato come le piccole e bianche mani di Irène fossero intente ad appiccicarle uno dei cosi di Angelus. Era raro averla così vicina, quindi istintivamente ne aveva approfittato per darle un’annusatina, in modo da allontanare gli odori nauseabondi provenienti dall’ambiente circostante.
    Era stato in quel momento che aveva percepito qualcosa che non le era piaciuto. Istintivamente i suoi sensi l’avevano portata a guardarsi intorno, individuando subito l’agente causa del turbamento di Irène. Qualcuno la stava fissando molto intensamente, riusciva a percepirne il desiderio fino a lì e non solo attraverso la mente della ragazza. Era una chimera albina, di quelle che ai suoi tempi venivano abbandonate nei boschi per essere mangiate dagli orsi. O dai lupi. Una creatura del genere non sarebbe riuscita a resistere in natura vista la gracilità del proprio corpo, ma evidentemente quel tipo non aveva capito di dover stare al proprio posto, anzi aveva ben pensato di puntare all’unica creatura che non avrebbe neanche dovuto osservare in tutta la sala.
    Guidata in parte dall’irritazione e dal ribrezzo di Irène, ed in parte dal proprio caratteraccio, si era dunque avvicinata alla creatura, che riusciva a sovrastare abbastanza da sentirsi appagata anche in quel senso. L’aveva osservata con occhi di fuoco, quasi sfidandola a reagire in qualsiasi modo, prima di indicare Irène.
    - Ti piace vero? Così piccola, bella e bianca, come te. Magari togliendo il termine "bello".- gli aveva detto con tono indecifrabile, un ringhio trattenuto a stento nel fondo della gola – Però sai come sono quelle come lei. Gli piacciono gli umani. Dovresti stare più dritto, non so se rendo l’idea.- aveva fatto un sorriso piuttosto falso, prima di caricare con forza un montante diretto al mento della creatura. Una botta da quella angolazione di certo avrebbe avuto un effetto decisamente influente sulla sua postura. - Stai dritto.- aveva ripetuto con rabbia e disprezzo, reggendolo, prima di lasciarlo andare e dirigersi verso Iri. Lasciando persino che le afferrasse il polso senza fare troppe storie. Era ancora troppo irritata per quanto successo pochi istanti prima.
    - Credevo fosse chiaro a tutti qui dentro che non devono osare neanche pensarti, figuriamoci avvicinarti.- aveva borbottato in tono vagamente gutturale, stringendo istintivamente con una mano un lembo della mantellina. Irène avrebbe tranquillamente potuto percepire la sua irritazione per la mancanza di rispetto nei suoi confronti, oltre che rabbia pura e semplice. Evidentemente Alphard non sopportava l’idea che qualcuno potesse prendere poco sul serio i suoi minacciosi avvertimenti.

     
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    La faccia tosta della chimera perse ulteriormente colore non appena Alphard decise di prendere in mano la situazione delicata. Sgranò gli occhi e la osservò arrivare in silenzio, ritirando la lingua e rizzando la coda dal nervosismo, con buone ragioni: Irène stessa, tralasciando la connessione mentale che la teneva sempre aggiornata sull’umore della licantropa, riusciva a percepire l’irritazione trasudare da ogni suo poro.
    La creatura emise una serie di versi incomprensibili, sicuramente una lingua alla quale nessuna delle due era abituata, prima di incassare con ben poca grazia il montante della siriana. Irène impiegò un secondo di troppo per reagire, vuoi la sorpresa, vuoi l’intontimento causato dall’ambiente in cui si trovava. Sobbalzò e allungò una mano verso di lei, raggiungendola con qualche passo e tirandosela dietro frettolosamente, senza dirle di lasciare perdere ma lasciandoglielo comunque intendere. Volse le spalle alla chimera sanguinante, che imprecò e sputò un grumo di liquido azzurrino e gelatinosa a terra, e si lasciò indietro i fischi e le risate sguaiate delle figure intorno a loro che avevano assistito alla scena. Non si voltò indietro, alzando anzi il capo verso le balconate superiori e seguendole con lo sguardo alla ricerca di un’entrata che potessero sfruttare. Il borbottio di Alphard la portò a lanciarle un’occhiata silenziosa, e cauta; non aveva bisogno di sondare la sua mente per percepire la sua rabbia. La vide anche stringere la mantellina alla ricerca di controllo, e ponderò se intervenire o meno, ma alla fine decise di no.
    Le lasciò il polso, fidandosi del suo autocontrollo, e indicò con la mano ora libera il piano superiore visibile anche dalla pista.
    – Sono le sale vip- per persone importanti. Che hanno il pass, come noi. Non… non dovremmo incappare in situazioni molto spiacevoli, finché non ci faremo notare, quindi… –, fece una pausa eloquente, cercando il suo sguardo e, sperava, anche il suo assenso. ‘Discrezione’ era la parola chiave, e non tutti avrebbero considerato la scenata di prima cavalleresca, soprattutto le guardie del corpo disseminate lì intorno.
    Avrebbe aspettato la sua risposta, prima di tornare a muoversi un po’ a tentoni per il locale. Scansò diverse creature stravaccate come animali sul piccolo palco di alcune giovani maschere cubiste, intente a fischiare e ad allungare le mani verso la loro – già minima – biancheria intima per strapparla loro di dosso; ricoprì il proprio avambraccio di Luce divina per respingere un gruppetto di notturni fin troppo espansivi e riprese a respirare normalmente solo una volta lontana dalla calca e nei pressi di uno degli accessi alla balconata superiore. Controllò che Alphard fosse ancora con lei e non persa tra i corpi stretti come sardine al centro del locale, prima di mostrare il proprio pass alle bodyguard presenti ai due lati del tendone spesso che le separava dalle scale. I due non mossero un muscolo, limitandosi a guardare – forse – i due tesserini da dietro le lenti degli occhiali da sole. Solo dopo fecero loro cenno di avanzare, sciogliendo in Irène un fastidiosissimo nodo alla bocca dello stomaco. Avevano superato un altro ostacolo… anche se non aveva idea di quanti altri le avrebbero intralciate da quel momento in poi.
     
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    Alphard fu molto compiaciuta di constatare che Irène non avesse assolutamente fatto nulla per fermarla. Si era limitata a cercare di trascinarla via, per evitare di farle peggiorare la situazione, ma non l’aveva neanche rimproverata. Questa consapevolezza era bastata a farle tornare in parte il controllo, le permetteva di concentrarsi su qualcosa di più divertente e meno intossicante della propria rabbia: ovvero il fatto che la sua Master stesse crescendo. Era sicura che due mesi prima l’avrebbe senza dubbio fermata, ma ora stava finalmente imparando ad essere meno rigida e più giusta con chi si meritava una sana e dolorosa lezione. Il fatto che in teoria anche lei avesse appreso qualcosa dall’altra, imparando a non dover uccidere per forza tutti i nemici che si trovava davanti, per ora non le passava per la testa.
    Aveva respirato più volte, sentendo finalmente il cuore battere meno velocemente. Si era concentrata sulla sensazione della mano fredda di Iri stretta intorno al proprio polso e all’aura timorosa che percepiva intorno a sé. Ottimo, quella dimostrazione di forza era bastata per farsi rispettare da gran parte delle creature della sala. Questo la faceva gongolare e dava una bella botta al suo già smisurato ego. Sentendosi lasciare il braccio dall’altra, aveva voltato il capo verso di lei, con serietà. Voleva dire che erano arrivati nel luogo dove l’aveva voluta trascinare.
    Irène le aveva indicato il piano superiore. A quanto pare il coso che avevano appuntato al petto avrebbe permesso loro di raggiungere quelle sale, riservate alle persone importanti. Era rimasta con il capo all’insù per un po’, riflettendo in silenzio. Non aveva avuto tempo di porre qualche domanda, che la sua compagna era già partita in quarta in mezzo a quella folla così passionale. I suoi sensi si erano di nuovo acuiti mentre la seguiva in fretta e si assicurava di fulminare con lo sguardo tutti i presenti disposti a sfidarla pur di allungare le mani verso Irène. Per fortuna non c’erano stati tali spiriti arditi visto che sembravano troppo interessati alle tizie in biancheria piuttosto minimale. Passando aveva dato anche lei una breve occhiata ma si era ritrovata più incuriosita che eccitata. L’effetto vedo non vedo non era male e l’aveva sempre apprezzato, ma scoprire in che modo quella tizia avrebbe usato la propria coda da coccodrillo in un rapporto sessuale era decisamente più intrigante del rapporto in sé.
    Appurato che Irène si fosse di nuovo fermata, aveva cercato di non finirle addosso mentre mostrava a quei tizi con gli occhiali i loro pass. Mentre lei pensava a tutto aveva dato un’occhiata ed un’annusata in giro, giusto per accertarsi che il piano inferiore fosse “pulito”, prima di muoversi oltre i due tizi, facendo segno alla sua Master di seguirla. Il piano superiore non era altro che una serie di balconate che davano sulla sala che avevano appena lasciato, dotate di tendoni e pareti insonorizzate per avere un po’ di privacy. Era certa della cosa perché non riusciva a percepire alcun suono provenienti da essi, seppure fosse chiaro che almeno un paio fossero occupati. Nel punto in cui finivano le scale per il piano superiore c’era pure un corridoio dritto che dava su una porta dall’aria massiccia e pregiata. Di certo quello doveva essere l’ufficio del proprietario del posto.
    Il suo sguardo aveva vagato per un po’ per il piano, osservando con attenzione i cubicoli e solo in seguito dietro, in fondo alle scale. Avrebbe aspettato di essere ad una considerevole distanza da qualsiasi essere vivente prima di abbassarsi sull’orecchio di Irène, con aria apparentemente disinteressata.
    - Quindi… mi sa che dovremo sceglierci una ragazza o un ragazzo. Hai preferenze particolari?- le aveva chiesto con una serietà piuttosto bislacca per un situazione del genere, guardandola con gli occhi gialli particolarmente interessati. Quel piano era più illuminato di quello inferiore, per cui era più facile riuscire a vederci, soprattutto per gli umani normali come Irène. Per questo non era stato difficile riuscire a scorgere un altro paio di quelle figure che si sarebbero fermate di fronte a loro, scrutandole da capo a piedi, prima di osservare il loro pass con occhio critico ed annuire. Uno dei due, un biondo che ogni volta che si muoveva emetteva degli strani suoni meccanici, aveva tirato fuori una specie di roba simile al cellulare di Irène e dopo aver mosso velocemente le dita aveva annuito, facendo loro segno di seguirli.
    Evidentemente Angelus aveva già scelto per loro.

     
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    Al contrario delle guardie del corpo all’esterno dell’edificio, quelle che le fecero accedere al piano superiore non commentarono in alcun modo. Non mossero un dito, o accennarono alcunché. Più rigide di due statue di marmo, guardarono i pass e… basta. Tornarono a fare il loro lavoro, suppose Irène. Fissare il vuoto e terrorizzare chiunque volesse provare ad infrangere le regole del posto.
    La clericale superò i due energumeni, non con un certo disagio trapelato fino alle ossa. Aveva trovato un punto di non ritorno ogni cinque minuti o poco più da quando era entrata nel locale, associandolo ad ogni piccolo cambiamento nella sua situazione, ma in quel momento credette di aver trovato quello vero. Sperava solo che le cose non peggiorassero molto da quel momento in poi.
    Non si aspettava una fila di stanze private già a quel punto: credeva di trovare qualcos’altro, chiaramente, come salottini più riservati per qualche drink lontano dal caos della pista sotto di loro, il luogo ideale per una lap dance o due, ma nulla più. Glielo si leggeva in volto.
    Non che comunque ne sapesse chissà così tanto, lei, di night club.
    Si fermò non appena imboccato quel corridoio pericoloso, senza riuscire più a mettere un piede davanti all’altro per via di un blocco mentale quanto fisico. Strinse i pugni, abbassando gli occhi sgranati per non lasciarsi cogliere in un attimo di debolezza. Stava accadendo tutto troppo in fretta. Che razza di idea aveva avuto Angelus, affidare a lei un caso del genere? non aveva imparato a conoscerla, ormai? Non sapeva com’era…
    Com’era fatta? Se lo chiese da sola, mentre che c’era. Cosa pensava Irène Mariel di se stessa, alla luce dei nuovi fatti? Era… debole? Facilmente impressionabile? Puritana? Ne aveva sentite di tutti i colori riguardo la sua presunta ‘purezza’ da salvaguardare, letteralmente e metaforicamente. Aveva sempre odiato quei discorsi.
    E soprattutto… si riteneva inadatta a svolgere quell’incarico? Qualunque incarico? A prescindere da tutto quella era una domanda alla quale non avrebbe mai e poi mai risposto con un ‘sì’.
    – Se proprio devo scegliere, una ragazza. –. Tornò in sé, giusto in tempo per rispondere alla domanda impertinente di Alphard, con nuovo tono fermo. Non badò ai possibili significati intrinsechi di quella sua affermazione, pur cosciente che la licantropa avrebbe fatto l’esatto opposto, e avanzando con naturalezza, come se il posto non solo lo conoscesse, ma le appartenesse pure, fece per comunicare la sua decisione a chi di riguardo.
    Peccato che la persona in questione avesse altro in mente. Con le labbra ancora schiuse, e chiaramente confusa, osservò il biondo e scambiò un’occhiata con Alphard, prima di adombrarsi e muoversi dietro il ragazzo. Ovunque le avrebbe portate.
     
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    Continuando ad avanzare, era stato impossibile per Alphard non notare la leggera esitazione della sua compagna. Si era fermata di botto con un turbinare di emozioni nella testa che l’aveva investita per un momento. Seppure fossero molto lontane e leggere le avevano comunque dato fastidio, spingendola a sbuffare ed agitare una mano, neanche fossero una mosca fastidiosa. A quel punto il suo sguardo si era fissato su Irène. Non riusciva bene a capire il tutto, ma poteva intuire quanto effettivamente brutto dovesse essere per lei. Da quello che le era sembrato di capire aveva sempre vissuto lontano dal mondo vero, chiusa in una specie di ampolla. Non aveva mai assaggiato il tocco di una donna o di un uomo, né di una ferita dolorosa. Forse non capiva neanche cosa significasse soffrire per aver perso qualcosa, non a livelli significativi almeno. Era empatica e tra loro quella parola raggiungeva significati sopraffini, ma rimaneva comunque il fatto che quello non fosse il suo ambiente.
    Come prima, quando quella chimera l’aveva molestata, si era limitata ad arrabbiarsi senza un motivo ben preciso e non aveva detto niente per sottolineare il fatto di aver notato quell’esitazione. L’aveva fissata per un altro po’, prima di fare un sospiro volutamente rumoroso. Non aveva avuto il tempo di dire qualcosa, per il momento, visto che era stata troppo impegnata ad ascoltare la sua risposta e dare conto al tizio biondo. Un sorrisetto divertito era rimasto sulle sue labbra mentre seguivano il giovane.
    Il viaggio fortunatamente non era durato troppo, le aveva lasciate dopo una decina di salottini di fronte ad un che recava il numero dodici, di fronte alla porta spalancata sul posto. Era chiaramente vuoto. Di fronte a loro si vedeva il balconcino coperto da due pesanti tende, mentre al centro della stanza spiccava una struttura rotonda simile ad un tavolo con un palo nel mezzo. Ai lati era ricoperto da divanetti dall’aria comoda e piuttosto ampia, chiaramente adatti a fare altro oltre che sedersi. Alphard aveva aspirato con decisione l’aria contenuta al suo interno, cercando di captare tracce di zolfo, ma non aveva sentito nulla. Percepiva solo odore di plastica e erbe bruciate, oltre che di profumi fastidiosi e sudore.
    - Quindi… una ragazza, eh?- aveva commentato in un modo del tutto fuori luogo, fissandola dall’alto con un’espressione mista tra curiosità e divertimento. Normalmente avrebbe aggiunto qualcosa riguardo il suo non essere pura quanto avrebbe immaginato, desiderare delle donne pur essendo una di loro era pur sempre una prerogativa delle creature maledette, ma questa volta aveva preferito evitare, memore del turbamento percepito poco prima. Aveva fatto dunque qualche passo all’interno della stanzetta, esaminandola con attenzione, ma mantenendo le mani in tasca. Era rimasta di spalle mentre aggiungeva qualcos’altro.
    - Puoi rilassarti, ti ho già detto che nessuno ti toccherà senza il tuo permesso. Penso che tu abbia delle argomentazioni molto convincenti e potenti al riguardo, ma se dovesse servire ricorda che ci sono io. Sono sempre disposta a spiegare meglio i concetti ai più recidivi.- le aveva detto con quel tono solenne che aveva quando si comportava da seria. Si era voltata verso di lei e le aveva fatto un ghignetto, facendole segno di accomodarsi. – Puoi entrare, è tutto a posto. Penso che non ci sarà nessuna ragazza per noi, o sarebbe già stata qui. O almeno, ai miei tempi funzionava così. Non è bene fare aspettare il cliente.- aveva borbottato, lasciandosi cadere su uno dei divanetti facendo segno alla ragazza di accomodarsi accanto a lei.

     
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    Non poté fare a meno di accorgersi del fatto che Alphard avesse notato la sua ‘lieve’ esitazione, ma non mostrò fastidio o peggio, vergogna, per aver inavvertitamente condiviso le sue insicurezze con lei. Anche il fatto che l’altra non avesse detto niente al riguardo consolidò la decisione presa. Incrociò il suo sguardo, indecifrabile, forse persa nei suoi pensieri o semplicemente guardando oltre lei per un attimo, dentro di lei. Poi la sua espressione cambiò, nel momento in cui voltò il capo per rivolgersi al biondo. I suoi occhi accennarono a un sorriso, che non ebbe il tempo di arrivare alle labbra.
    Sembrò soddisfatta. Se non altro, contava come ulteriore segno che entrambe erano abbastanza adulte da passare sopra momenti del genere ed andare avanti. Fece esattamente questo, apprestandosi a seguire il ragazzo che le condusse lungo il corridoio illuminato di rosso e di nero, colori che si riflettevano su ogni superficie presente, uniformando l’ambiente e le persone presenti. Ovvero solo loro. Tutte le porte erano numerate e, soprattutto, chiuse; il corridoio in sé era silenzioso, quasi in maniera spaventosa, grazie alle pareti insonorizzate. Risuonavano solo i loro passi, e i loro respiri. Irène cercò di non rallentare fino all’ultimo, come se temesse di rimanere indietro, da sola, in un luogo così angosciante, ma per sua fortuna ebbe a malapena il tempo di coltivare quel timore prima di raggiungere la loro destinazione.
    La stanza che le si aprì davanti era la numero 12, ed era, come poté notare poco dopo Alphard stessa, vuota. La clericale non sapeva se esserne contenta o se rimanerne, in qualche modo… delusa. Nel bene o nel male, aveva delle aspettative. Un crescendo di disagio e tensione come quello provato fino a qualche minuto prima, senza un punto culminante come si deve? La stessa cosa di un palloncino gonfiato quasi fino al limite e poi lasciato semplicemente sgonfiare, invece che scoppiato con uno spillo.
    Irène rimase all’ingresso, limitandosi per il momento a controllare la stanza da quel punto, e lasciando ad Alphard il resto dell’esplorazione. Con la coda dell’occhio vide il ragazzo che le aveva scortate allontanarsi, e per evitare di dare troppo nell’occhio fece giusto un passo avanti, chiudendosi dietro la porta con un sospiro. Scandagliò l’ambiente con la mente, acuendo la sua sensibilità agli artefatti magici o semplicemente agli incantesimi che potrebbero essere stati lanciati sulla stanza per qualunque motivo, per sicurezza.
    A quel punto arrivò, non senza un ritardo che l’aveva quasi sinceramente preoccupata, il commento insolente di Alphard. Irène riaprì gli occhi e corrugò la fronte. Poi incrociò le braccia al petto, badando a non stringere troppo la stoffa del cappotto con la mano per non riempirlo di grinze mentre trovava la giusta quantità di faccia tosta per risponderle.
    – Preferisco avere a che fare con qualcosa di familiare. –, rispose semplicemente, facendo spallucce e tenendo sotto controllo l’affluire di sangue al volto. Perché, almeno in teoria, conosceva meglio il corpo femminile che quello maschile. Anche da un punto di vista puramente scientifico, avrebbe avuto meno problemi a rapportarsi con una ragazza semi-nuda rispetto ad un uomo.
    No?
    Aspettò un altro commento pungente, che però sul momento non arrivò. Senza interrogarsi troppo sulla sua fortuna, per una volta, si convinse a fare qualche passo in avanti ed ispezionare più da vicino il luogo. Non aveva i sensi sviluppati di Alphard, ma non notando allarme nel suo volto, e soprattutto non ricevendo alcuno feedback da lei, arrivò a capire che il loro uomo non era stato lì prima di loro. Forse non era neanche dei paraggi.
    – Forse dovremmo… –, iniziò, salvo venire interrotta dalla licantropa e dalla sua, pareva, promessa solenne. L’episodio di prima doveva averla alterata più di quanto lei pensasse, per portarla a dire quelle parole. Irène sciolse le braccia, lasciando una mano poggiata al grembo e l’altra lenta lungo il fianco, e distogliendo lo sguardo annuì.
    – Sì, lo so. –, affermò, senza esitazione. Non era quello il suo problema. Sapeva che, ammesso che si fosse arrivati a quel punto, avrebbe potuto avere la meglio su una buona fetta dei presenti al locale anche da sola, figurarsi con Alphard al fianco. Era proprio il fatto che potesse effettivamente verificarsi qualcosa del genere a turbarla. Perché non avrebbe dovuto, ma era già successa. E a proposito…
    – Grazie, per prima, tra l’altro. –, aggiunse dopo qualche secondo, schiarendosi la voce. Non alzò il capo, che rimase fermo sulla moquette ai suoi piedi almeno finché non raggiunse lo schienale di uno dei divanetti, dove vi poggiò la mano libera.
    – Sia chiaro, è stata una reazione esagerata e avrebbe potuto crearci più problemi di quanti ne avrebbe risolti. Ma… è il pensiero che conta, immagino. –, continuò, sospirando e aggirando il divanetto, dopo aver lanciato un’occhiata veloce al gesto fatto dalla licantropa, che la invitava a sedersi. Storse il naso, per il motivo più ovvio.
    – Spero siano puliti. –, cambiò così discorso, per non indugiare troppo in quella dimostrazione di gratitudine che, per quanto dovuta, l’avrebbe messa a disagio andando per le lunghe. Senza contare i vasi di Pandora che avrebbe scoperchiato, tutti in una volta. Aggirò il divanetto, a quel punto, sedendosi a sua volta e lasciando abbastanza spazio per un’altra persona tra di loro. Portò le mani alle ginocchia, senza poggiarsi allo schienale o rilassandosi in alcun modo. Come al solito.
    – Se non verrà, come dici tu, forse dovremmo cercare da qualcun’altra parte. Non l’hai percepito, no? –, chiese conferma voltandosi parzialmente verso di lei, ma controllando la porta chiusa il resto del tempo.
     
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    La risposta esaustiva di Irène riguardo le sue preferenze l’aveva portata ad abbozzare un sorrisetto che però non era stato seguito da nessuna battuta o provocazione. Evidentemente Alphard aveva già ottenuto la risposta che voleva, per quanto le risultasse strano quel pensiero. Aveva fissato di nascosto più volte la sua Master, come per sincerarsi che fosse davvero lei, ed infine aveva scosso il capo. Forse non sarebbe mai riuscita a venire a capo del grosso mistero che era per lei Irène Mariel, ma di certo questo rendeva la sua permanenza forzata al suo fianco estremamente più divertente e stimolante.
    Quando il discorso si era spostato sulla propria rassicurazione di poco prima, la licantropa aveva alzato la testa per cercare di capire cosa ne pensasse davvero Iri, guardandole il volto. Lo preferiva ad un decisamente meno rispettoso “scavare nella sua testa perché poteva”, d’altronde lei non lo faceva. La sua sicurezza nel risponderle che sapeva di non dover temere nulla aveva fatto gonfiare d’orgoglio il petto di Alphard ed allo stesso tempo l’aveva leggermente confusa. Non capiva fosse così turbata allora. Forse le dava fastidio vedere le persone nude e basta? Dubitava che avesse dei sensi così sviluppati da sentirsi male per via di quegli odori, suoni e luci. Okay, forse le luci sì. Da quello che aveva capito i suoi occhi erano sensibili perché di quel colore o una roba del genere.
    - Non c’è bisogno di ringraziarmi. L’ho fatto principalmente per me stessa.- aveva risposto al suo ringraziamento scrollando le spalle. Non era esattamente così che era andata, ma meglio evitare di fare passare il messaggio sbagliato alla ragazza. Non voleva che pensasse che sarebbe sempre intervenuta in suo soccorso per ogni cavolata. Doveva svegliarsi ed imparare a cavarsela da sola anche in quelle situazioni che non rientravano nel suo campo. Tutto questo ovviamente non l’aveva detto, ed aveva evitato che trasparisse dalla propria mente. Un turbamento come quello che aveva percepito prima non spariva nel giro di due minuti, quindi era meglio evitare di aggravarlo solo per il gusto di fare una qualche lezione di vita a quella ragazzina. Avrebbero potuto discuterne tranquillamente a casa. Era il suo passatempo preferito del resto.
    - Ovviamente.- aveva risposto sulla questione dei divani puliti, lasciando perdere il fatto che avrebbe dovuto essere meno avventata la prossima volta, almeno secondo Irène. Era quel genere di cose che tendeva a ignorare, facendola imbestialire. Ma meglio la rabbia innocente verso di lei che un turbamento causato da un gluteo scoperto o un po’ di fumo, giusto? L’aveva osservata sedersi in quel suo modo così rigido ed aveva sospirato, lasciando cadere la nuca contro il divanetto ed osservando il soffitto.
    - Da quello che mi ha detto Angelus l’obbiettivo è un maschio. Il fatto che abbia mandato noi potrebbe significare che è uno dei ragazzi che lavorano qui e che quindi arriverà – ma niente ragazza per te, mi dispiace -, o che il nostro essere delle donne rende meno sospettosi tutti quanti. Soprattutto se ne vedono una piccola come te.- aveva esposto la sua elaborata teoria muovendo appena la mano nella direzione della sua Master, senza fissarla. Si era dunque stiracchiata e poi aveva messo le mani dietro la nuca, continuando ad osservare il soffitto mentre la sua mente lavorava. La prima deduzione era sicura che fosse corretta, ma la seconda lasciava parecchi punti vuoti. Perché mandarle in quel cubicolo nel caso che il loro vantaggio consistesse proprio nell’essere donne e per di più dalle facce non estremamente conosciute.
    - Mh.- aveva mormorato, provando a chiudere gli occhi e concentrarsi sugli altri sensi. Quelle camere facevano davvero da ottimo isolante. Riusciva quasi a non sentire nulla. Quasi. Le vibrazioni delle musica sotto continuavano a darle fastidio e percepiva un mormorio indistinto provenire dalle salette accanto a sé. Chiaramente erano fatte a prova di udito come il suo. L’aria continuava ad odorare in modo comune, in verità, portandola a sentirsi leggermente alterata. Ma a che gioco stava giocando Angelus? Dopo un paio di minuti passati a meditare si era messa in piedi di scatto ed aveva iniziato a girare per la saletta, come una bestia in gabbia. In effetti da quando era entrata non era stata molto a proprio agio all’interno di quel luogo così chiuso. Le ricordava una gabbia e ci era stata fin troppo nella sua vita, per quanto le riguardava.
    - Ultimamente Angelus ha questa fissazione di volermi insegnare a trovare indizi, fare appostamenti e robe del genere. Come se non sapessi già farli.- aveva iniziato a dire, a metà riflettendo ad alta voce e metà rivolgendosi ad Irène – Non mi stupirebbe quindi se anche questo non fosse un modo per metterci alla prova.- aveva concluso continuando a fare un mezzo giro prima di dirigersi verso la porta.
    Aveva visto una specie di ombra passare davanti ad essa. Era forse arrivato il loro dessert? O forse era di nuovo il ragazzo biondo che le aveva condotte lì. Una volta aperta la porta, però, si era ritrovata davanti una ragazza abbastanza avvenente e tutto sommato coperta, con vaporosi capelli azzurri, forme morbide e delle fantastiche gambe da capra.
    - Sei qui per noi?- le aveva domandato con fare pratico Alphard. Quella per tutta risposta aveva alzato lo sguardo verde su di lei con calma, iniziando a trafficare con la borsetta per recuperare una sigaretta e portarsela tra le labbra. Aveva uno strano odore quella ragazza, qualcosa di pungente e fastidioso.
    - No. Ero qui per il tizio nella stanza tredici, ma evidentemente non ero di suo gradimento.- aveva risposto la creatura, iniziando a cercare anche un accendino.
    - Mi domando come mai.- era stata la risposta sincera della Licantropa.
    - Fai la spiritosa? Comunque, se stanno ritardando troppo posso chiedere a Lucard cosa sia successo. Tanto a quanto pare ho un paio d’ore libere.- aveva proposto, provando ad accendere la sigaretta e riuscendoci dopo un paio di tentativi.
    - Non c’è bisogno, ho già tutto quello che mi serve.- aveva detto con un ghignetto, facendo per chiudersi la porta alle spalle. Aveva intravisto lo sguardo della donna soffermarsi su Irène e poi aggrottarsi, ma non era riuscita a sentire quello che aveva detto, troppo impegnata a voltarsi verso la sua Master con aria soddisfatta ed il naso in fiamme.
    - Puzzava di zolfo, il nostro obbiettivo è nella stanza accanto.-

     
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    Non si soffermò più di tanto sulle scuse portate avanti da Alphard. Che l’avesse fatto per se stessa o per lei, ciò che contava era che avesse effettivamente fatto qualcosa. Non che Irène se lo aspettasse a prescindere perché la licantropa era legata a lei. Non si aspettava un trattamento di riguardo, così come lei sperava di non comportarsi a quel modo con Alphard. Era…
    Era complicato. In ballo c’erano un bel po’ di sentimenti contrastanti, e fu anche per questo che preferì non indugiare sull’argomento. Erano nel salottino privato di uno strip club, sedute su un divano che sicuramente aveva ospitato molto peggio che i loro regali sederi, e stavano dando la caccia a una persona. O, molto probabilmente considerato il genere di lavoro che svolgeva Angelus, qualcosa di ben lontano da un essere umano. Sicuramente c’era altro a cui pensare.
    L’idea che l’obiettivo avrebbe potuto non far parte della clientela le risultò nuova. Per qualche motivo non ci aveva mai pensato. Fece in modo di non farsi cogliere troppo di sorpresa, ma per una volta lasciò Alphard libera di ragionare per conto suo, il che avrebbe comunque potuto far capire quanto indietro fosse rimasta, per quanto riguardava il caso.
    – Sopravvivrò. –, ribatté sarcastica al commento di Alphard, senza piangere troppo sul fatto di non poter godere della presenza di una delle ballerine del locale. Era visibilmente sollevata, in realtà. Sarebbe stata una situazione come minimo imbarazzante, forse anche spiacevole.
    Dandosi una botta di coraggio, e incoraggiata dalla comodità del divano, si azzardò a poggiarsi allo schienale del mobile. Quindi accavallò le gambe, alzando il capo verso una Alphard che, al contrario, si era alzata e stava girando in tondo come una belva innervosita in una gabbia troppo piccola. Alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
    – Farà meglio a darci tutti i dettagli del caso, la prossima volta. Non sono tenuta a lavorare per lui, né a stare ai suoi giochetti. –, un promemoria per Alphard così come per se stessa. Picchiettò con le unghia sull’incavo del gomito, irritata da quella novità, salvo poi seguire con lo sguardo la figura della licantropa improvvisamente attirata da un movimento e un’ombra all’esterno della saletta. Quando aprì la porta, oltre la sagoma di Alphard, Irène poté notare un’altra figura femminile, in tutto per tutto normale dalla vita in su. Le gambe, invece… beh, molto meno umane del resto.
    Colta di sorpresa, Irène distolse immediatamente lo sguardo. Era consapevole di quanto potesse dare fastidio uno sguardo insistente, quando si era ‘diversi’. Probabilmente quella ragazza era abituata a cose del genere, lavorando a stretto contatto – un eufemismo – con il pubblico, ma comunque preferì non aggiungersi alla schiera di persone maleducate. Ascoltò lo scambio di parole tra di loro, non notando nulla di particolare dato che non era provvista del super-olfatto della licantropa. Solo quando quella si chiuse la porta alle spalle e annunciò cosa aveva scoperto lei si voltò nuovamente, alzandosi di scatto per la novità.
    – Finalmente. Andiamo, prima finiamo e meglio è... –, decise, assicurandosi di non star dimenticando nulla lì dentro e poi muovendosi verso la porta. Abbassò la maniglia, ma non la aprì ancora. Lanciò un’occhiata ad Alphard, prima.
    – Angelus ti ha detto cosa vorrebbe che ne facessimo di lui, o anche quello è da indovinare? Perché se ha intenzione di farlo morire è fuori strada. –, le chiese, approfittando della camera insonorizzata per parlare più liberamente.
     
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    Alphard non aveva potuto che rispondere con un sorrisetto soddisfatto alla lamentela di Irène nei confronti di Angelus. Era divertente aizzarli uno contro l’altra, soprattutto quando la prima aveva ragione senza ombra di dubbio. Aveva però dovuto rimandare la pregustazione della loro possibile discussione per concentrarsi sulla ricerca di indizi e l’interrogatorio della tizia con gli zoccoli. Aveva avuto una certa fretta nel sbrigare la faccenda visto che aveva avvertito una nota di turbamento da parte della sua Master e anche se non era stata in grado di capire a cosa fosse dovuta e cosa significasse davvero, l’aveva interpretata come un incentivo a congedare quella fumatrice di bastoncini. Non solo Iri sarebbe stata contenta della cosa, ma anche il suo naso.
    Quando aveva riferito le informazioni quella era stata piuttosto pratica; si era rimessa subito in piedi e si era diretta verso la porta. Tutto in lei urlava voglia di concludere il più presto possibile quella missione e poi di tornare a casa. Conoscendola si sarebbe pure fatta una doccia e avrebbe lavato due volte i vestiti. Sarebbe stato interessante spiarla – rigorosamente in forma lupo, altrimenti l’avrebbe presa a colpi di Bibbia o ciabatta benedetta – durante quella sua follia. Aveva mosso leggermente l’orecchio destro nel sentirsi rivolgere quella domanda riguardo le sorti del loro obbiettivo, aveva fissato per un attimo Irène con uno sguardo apparentemente vuoto, per poi scuotere la testa e grattarsi leggermente il mento. Chiaramente ci aveva dovuto pensare un po’ prima di ricordare. Probabilmente qualcuno non era molto attento mentre Angelus parlava, trovando più divertente giocare con un certo scarafaggio.
    - Ha detto che ci avrebbe dato delle informazioni. Quindi ho è un suo amico o lo dobbiamo spr… spaventare abbastanza da farlo parlare.- era stata quella la conclusione della ricerca nella sua memoria – Non lo uccideremo, promesso.- aveva poi aggiunto con più serietà, guardandola. Ultimamente le era capitato di mantenere quella promessa più di una volta da sola ma poterglielo ripetere in faccia era più soddisfacente. Era pur sempre una mezza bestia e come tale amava le lodi, anche se silenziose, rivolte verso di lei.
    Avrebbe lasciato dunque che Irène aprisse la porta prima di precederla nel corridoio, non si poteva mai sapere. Si sarebbe guardata intorno, cercando di escludere allo stesso tempo il suono fastidioso proveniente dal piano inferiore. Una volta assicuratasi della tranquillità del corridoio, avrebbe fatto qualche passo in direzione della porta incriminata provando a poggiare l’orecchio sulla parete ed allo stesso tempo a sentire qualche odore. Era difficile purtroppo, erano davvero “insonorizzate” come diceva Irène. Tuttavia l’odore di prima aleggiava ancora intorno ad essa, quindi non c’erano dubbi che fosse il posto giusto. Con tutta la buona volontà di cui era dotata, dunque, aveva allungato la mano ed aveva bussato con forza.
    - Vi abbiamo mandato un piccolo omaggio dalla casa, potreste aprire?- aveva detto con una voce più femminile di quanto non fosse realmente la sua, chiaramente modulandola per l’evenienza. Aveva rivolto un sorriso trionfale verso Irène e poi aveva atteso qualche secondo. Non ricevendo nessun responso. Aveva alzato un sopracciglio per poi riprendere a bussare. Aveva ripetuto l’operazione diverse volte prima di iniziare a scrocchiare rumorosamente le nocche con un espressione di rabbia mal celata dietro un sorriso a denti stretti.
    - Posso buttare giù la porta?- aveva chiesto del tutto ignara del funzionamento del piccolo citofono accanto alla porta, chiaramente uno dei pochi mezzi per comunicare all’interno.

     
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    Non avrebbe mosso un piede finché Alphard non le avesse dato la risposta che desiderava. Non era molto difficile da indovinare, dato che gliel’aveva appena suggerita lei stessa, ma avendo a che fare con Angelus non era mai sicura di cosa avrebbe dovuto affrontare- mai in tempo utile almeno. Per una volta voleva tutti i fatti, tutti, prima di andare avanti.
    Fortunatamente per entrambe le presenti in quella saletta, per non parlare del mezzo demone che le aveva portate lì, Alphard sapeva benissimo cosa risponderle. Il fatto che fosse determinata a tener fede alle sue parole, piuttosto che ripeterle senza crederci davvero, era sicuramente un bonus.
    I lineamenti del volto di Irène si ammorbidirono lievemente, e finalmente la ragazza posò la mano sulla maniglia. Rimase però qualche altro secondo con gli occhi rivolti ad Alphard, limitandosi a sondare la sua espressione e non la sua mente per trovare ulteriori conferme. In certi casi non ne aveva neanche bisogno. Quando poteva, preferiva non approfittarne.
    – Bene. –, concluse, sospirando e rilassando le spalle. Non la riempì di certo di lodi, come forse Alphard avrebbe voluto, ma era sicuramente soddisfatta. Gli occhi si animarono di una nuova determinazione, e come a confermare il suo gradimento annuì leggermente. Infine gonfiò il petto, prendendo un bel respiro e decidendosi finalmente a distogliere lo sguardo per rivolgerlo all’uscio: abbassò la maniglia e si immise nel corridoio, lasciando passare anche Alphard e poi chiudendosi la porta alle spalle. Erano sole al momento, probabilmente gli altri ‘inservienti’ avevano altre faccende di cui occuparsi. Lasciò Alphard come capofila, seguendola da vicino, tirandosi sulle dita i lembi delle maniche del cappotto in una serie di piccoli gesti atti ad allentare un lieve nervosismo che inevitabilmente la coglieva durante compiti del genere. ‘Missioni’, se fosse possibile chiamarli così. Per via delle pareti insonorizzate lei non colse alcun suono o movimento, dal basso della sua natura umana; il problema stava nel fatto che valeva lo stesso anche per Alphard, a giudicare dall’assenza di reazioni. Nessuna delle due sentiva niente, il che le rendeva particolarmente scoperte ad eventuali attacchi a sorpresa.
    Si consolò con la consapevolezza che, tecnicamente, la sorpresa era dalla loro parte.
    Arrivate di fronte alla porta in questione, Alphard bussò e parlò a vuoto un paio di volte prima di spazientirsi. Ci mise anche più del solito, il che mostrava segni di crescita almeno secondo lei. Avrebbe approfondito la cosa un’altra volta, però, preferendo distogliere la licantropa dall’idea di buttare giù una porta blindata con la sola forza bruta. Non che non credesse che dopo un paio di spinte ce l’avrebbe fatta.
    – Aspetta, provo io. –, la fermò a parole, allungando un dito verso il pulsante del citofono annesso alla porta. Si avvicinò con il busto al microfono, mettendosi in punta di piedi e osservando distrattamente il numero della camera mentre pensava velocemente a qualcosa da dire. Si schiarì la gola, cercando di liberarsi della sua solita voce seriosa e precocemente anziana. Mise pure su un sorriso largo e palesemente finto, per calarsi ulteriormente nella parte.
    – Scusate, signori, vi andrebbe qualcosa da bere? Offre la casa, per il… disturbo arrecatovi! –. Carino, da parte sua, pensare che qualcuno da quelle parti potesse usare ‘arrecare’ quotidianamente in una conversazione. La sua voce risultò particolarmente acuta e, ad un ascolto attento, lievemente tremolante, ma perlomeno in quel modo dovrebbero averle sentite. Si scostò dal citofono, atterrando sui talloni silenziosamente e abbassando il braccio, aspettando. Avrebbe probabilmente aspettato una trentina di secondi, dopo i quali in assenza di una risposta avrebbe semplicemente lasciato fare ad Alphard ciò che avrebbe voluto fare fin dall’inizio.
     
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