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Chiaki Akito.
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Un debito da saldare è cosa preziosa, a Dilagon.
Se ci si trova nella brutta posizione di dovere qualcosa a qualcuno, è bene prepararsi al peggio: a seconda del creditore, si rischia di affrontare una spesa ingente o un pericolo mortale. Verrebbe da pensare che non stare al gioco sia la scelta migliore, la più saggia; ma un debito non onorato, in un modo o nell'altro, si rivelerà sempre una condanna a morte.
E quindi Michael, costretto dalla gratitudine verso il proprio benefattore, non poté che accettare quell'ennesima commissione: negli ultimi giorni aveva solo consegnato pacchetti di dubbio contenuto per conto di Ainsworth, adesso invece gli era stato richiesto qualcosa di leggermente diverso- procurarsi un ingrediente.
"L'essenza di Iron Side" l'aveva definito il tassidermista.
Le sue istruzioni non erano state particolarmente chiare, ma d'altronde Malach cominciava a convincersi che l'artigiano si divertisse a trattarlo a quel modo. Gli aveva suggerito di fare una gita nella zona industriale, e di ascoltare le voci della strada: avrebbe capito cosa cercava solo avendolo davanti agli occhi.
Beh, per uno come lui sentire le voci non era poi così strano- quindi girare così, tra magazzini e vecchie fabbriche abbandonate, in uno stato di assorta distrazione nel tentativo di distinguere gli spiriti che gli danzavano intorno da quelli che sicuramente permeavano quella sconfinata giungla di ferraglia non gli era costato un grande sforzo di immaginazione. Erano i risultati che lasciavano a desiderare.
Di voci, ne aveva sentite: di qualcosa che si muoveva tra i tralicci e le reti di recinzione. Ma erano voci che venivano dalle persone, dai pochi operai abbastanza spavaldi da trattenersi a chiacchierare a bordo strada invece di andarsene da quel buco il più in fretta possibile appena timbrato il cartellino d'uscita.
Qualche persona era sparita. Un paio avevano lamentato la perdita di un collega, uno raccontava di aver sentito delle grida provenire da un vecchio magazzino in disuso, la notte prima. In ogni caso le vittime, come fin troppo spesso accadeva a Dilagon, erano gente da poco: non abbastanza da destare l'interesse di una polizia scricchiolante sotto il peso della corruzione, solo il giusto necessario a far sussurrare ai consapevoli che Iron Side stava diventando la dimora di qualcosa di oscuro.
E... Diamine, dopo qualche giorno di ricerche a vuoto quell'unico indizio era una pista come un'altra.
Entrare nel magazzino incriminato da solo sarebbe stato sin troppo pericoloso, e Malach non era un idiota, per quanto inesperto: al momento si limitava ad aggirarne la recinzione ad una certa distanza, vestito per una volta con abiti scuri, che non saltassero immediatamente all'occhio tra i grigi e i marroni della zona industriale. Una vecchia giacca nera dall'aria malandata, il cappuccio di una felpa color ardesia tirato su a coprirgli la zazzera troppo chiara, e gli occhi rossi nascosti dietro occhiali da sole che, nel tardo pomeriggio di un Febbraio non troppo soleggiato, parevano decisamente fuori posto; se non altro, non risultava troppo appariscente.
Dietro di lui, i passetti felpati e non più claudicanti di un felino segnalavano la presenza del randagio senza nome che ormai lo seguiva praticamente ovunque. Nessun vento freddo, né strani sussurri a seguirli: solo le ombre parevano più nere del normale, più definite di quello che avrebbero dovuto essere in una giornata tanto grigia.
Gli occhi del ragazzo erano insistentemente puntati sulla struttura del vecchio magazzino, uno di quei prefabbricati la cui forma era puramente asservita alla loro funzione: un enorme parallelepipedo senza la minima decorazione, le cui uniche finestre erano concentrate su un lato dell'edificio, dove dovevano essere stati ricavati due piani di uffici a giudicare dalla disposizione dei vetri. Una finestra del pianterreno era stata infranta tempo addietro, e una scala antincendio che si inerpicava fino al tetto sentiva l'acuta mancanza della maggior parte dei suoi scalini. Il cortile era un'ampia e desolata colata di cemento, spaccato in più punti da usura e intemperie: le uniche presenze degne di nota oltre la recinzione metallica erano alcuni tralicci che una volta dovevano essersi occupati di portare elettricità all'edificio, e un ammasso di vecchi container e tubi arrugginiti, lasciati ad invecchiare in un angolo.
Insomma... Nulla di così inusuale, per gli standard dell'area industriale. Eppure sull'edificio aleggiava una sensazione bizzarra, qualcosa che avrebbe fatto accapponare la pelle a un passante qualunque, sebbene non vi fosse una causa precisa. A Malach, che ad atmosfere da film dell'orrore era abituato, la zona sembrava estremamente familiare.. -
Lex Quinn.
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Voci di sparizioni e strani rumori nella notte erano sparsi in una buona parte della città di Dilagon City; non erano nulla di mai sentito, anzi, erano probabilmente all'ordine del giorno. Durante le sue esplorazioni nella città, Lex ne aveva sentite parecchie, di quelle voci. Ma quando quelle voci arrivavano all'orecchio di Janan, voleva dire che stavano colpendo troppo vicino a casa per i suoi gusti. Non era stato difficile per sua sorella riuscire a percepire che c'era qualcosa che non andava e che bisognava scoprire di più. Ma non avendo un Pedone da infiltrare né un Cavaliere da mandare a investigare, toccava alla Regina coprire i loro ruoli e sventare una possibile minaccia per lo sciame.
Non aveva idea di cosa aspettarsi. Nella migliore delle ipotesi, a far sparire gli umani era stato un membro dello Sciame sfuggito al suo controllo, ma non era molto probabile: Janan non aveva percepito nulla del genere e, a meno che la creatura incriminata fosse riuscita in qualche modo a coprire la sua presenza nascondendosi dalla Mente dello Sciame, l'opzione era da escludere. In qualche modo, era quello in cui sperava Lex. In quel caso doveva semplicemente riportare all'ordine la creatura, quindi bastava soggiogarla in qualche modo. Ma se il tipo di creatura non era quello, sarebbe probabilmente risultato un problema per lei e potenzialmente una vera e propria minaccia per il resto dello Sciame.
Ad abbigliarla era stata nuovamente Janan. Aveva scelto per lei un paio di jeans neri ma scoloriti, un paio di stivali che un tempo erano stati neri ma erano stati ingrigiti dall'uso e dallo sporco che inevitabilmente si accumula, una camicia bianca che Lex non si degnò ad infilarsi alla cintura, e una vecchia giacca grigia, probabilmente da uomo, che le stava leggermente larga. Non avevano molta scelta di vestiario, nell'Alveare. Scherzando, Janan aveva detto che avrebbe imparato a tessere la sua tela in modo da creare degli abiti adatti a lei, ma fino a quel momento, dovevano accontentarsi di saccheggiare gli abiti degli scienziati della compagnia che li aveva creati, e non c'erano molte donne con le stesse misure di Lex tra loro. Andava da sé, che per l'occasione mostrava al mondo la sua forma più umana: la pelle era rosea, i capelli, per quanto spessi, non mostravano il diametro di piccoli tentacoli e gli occhi erano solamente ambrati, senza strani bagliori dorati.
Camminava con le mani in tasca e il colletto alzato, non volendo dare troppo nell'occhio, ma non abbandonava un certo portamento regale. La schiena era dritta e il mento alto, lo sguardo fiero e sicuro di sé, il passo spedito.
Si avvicinò al magazzino incriminato concedendo all'ambiente circostante non più di un'occhiata. Malach, per lei, era parte dello sfondo. Non si accorse per il momento del suo interesse verso l'edificio, e per tanto, senza farsi troppi problemi, cominciò a camminare in maniera apparentemente casuale verso il magazzino. Non era particolarmente furbo, da parte sua, ma la furtività decisamente non era il suo campo. Una Regina non è fatta per nascondersi. Comunque, fu abbastanza intelligente da non entrare direttamente. Non aveva la minima intenzione di buttarsi nell'azione, per il momento. Si limitò ad avvicinarsi ad uno dei muri di fronte alla recinzione e ad appoggiarvisi con la schiena. Non era un modo per stare comoda. Tolse le mani dalle tasche e poggiò i palmi contro il muro, dunque chiuse gli occhi. Si concentrò sulla sua abilità di camuffarsi, ignara di eventuali altri presenze che potessero osservarla. Finché stava ferma, sarebbe stato molto difficile se non impossibile vederla. A parte, forse, per chi la stava già osservando. Questo le avrebbe permesso di affinare i suoi sensi per cercare di percepire creature all'interno dell'edificio. I suoi sensi non erano per niente sviluppati in quella forma tanto indebolita rispetto al suo vero potenziale, senza contare la notevole distanza, per cui non poteva sentire nulla in più rispetto ad un umano, ma se non altro non percepiva la presenza di un altro membro dello Sciame. Quella era sia una buona che una cattiva notizia. Avrebbe comunque dovuto indagare più a fondo, e aveva tutta l'intenzione di farlo.
Edited by Lex Quinn - 19/5/2017, 17:32. -
Elisabeth Fairchild.
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DATI DI GIOCO
»Elisabeth«
Livello: 0
Vita: 70
Difesa: 35
Bonus ai punti difesa per schivare: 2
Recupero punti vita ogni ora: 6
Riduzione del danno: 0
Armi- Artigli
Danno: 6
Abilità attive- Maestria a mani nude:
Danno: 18
Punti difesa necessari a schivare: 7- Maestria con armi bianche:
Danno: 5
Punti difesa necessari a schivare: 5- Maestria con armi da fuoco:
Danno: 5
Punti difesa necessari a schivare: 5code by Misato Kojima ♥ don't copy
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Chiaki Akito.
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Tre curiosi ormai popolavano la zona circostante il vecchio magazzino, che in totale, compreso il cortile recintato, doveva coprire un'area di circa un centinaio di metri quadri. Tutti e tre si erano trovati, per un motivo o per l'altro, sul lato anteriore della struttura, quello che dava alla strada: la recinzione, una semplice e malandata rete di fil di ferro, era interrotta da un cancello automatico ben serrato. Il cubo di metallo che costituiva il corpo centrale era dietro di esso, al centro dello spiazzo, immoto e silenzioso. Nessuna presenza di membri dello Sciame, avrebbe potuto constatare Lex... E a parte i tre spavaldi "esploratori", nessun altro movimento.
Questo rendeva abbastanza facile individuarsi a vicenda, e Michael, che stava valutando la situazione già da un po', non poté fare a meno di notare la Principessa in avvicinamento. Si fermò in mezzo al marciapiede sul lato opposto della strada, guardandola appoggiarsi a un muro da dietro gli occhiali da sole: niente di particolarmente sospetto, non fosse che... Nel tempo di un battito di ciglia, era praticamente scomparsa. Quello, già di per sé, era un evento degno di nota. Cominciò a muovere qualche passo nella sua direzione, pur senza dire nulla: non doveva parere particolarmente minaccioso, e anzi, il suo comportamento probabilmente avrebbe anche potuto passare per abbastanza casuale, visto che già prima stava errando per la zona senza fare nulla di preciso. Ma stava innegabilmente andando verso Lex, occhi socchiusi visto che sembravano servire a poco, ed orecchie affinate nel tentativo di percepirne la presenza: voleva capire chi diamine fosse quella, ma voleva pure evitare che lei decidesse di fargli qualche brutta sorpresa. Le spalle leggermente tese erano un chiaro indice del fatto che l'aveva individuata, in ogni caso.
Il caro, vecchio randagio non sembrava essere della stessa idea, comunque. Lui s'era fermato indietro, e sedutosi a terra annusava l'aria col muso rivolto verso l'alto: forse era stato attratto da un odore familiare, qualcosa che nella memoria degli spiriti aveva riacceso gli istinti del corpo morto in cui risiedeva, o più semplicemente la presenza di una mortale l'aveva attratto, ma tutto d'un tratto lasciò perdere la sua esplorazione olfattiva per dirigersi, piuttosto speditamente, proprio verso Elisabeth. Chissà, poteva avere qualcosa a che fare con la coda penzolante alle sue spalle: in effetti, i gialli occhi di vetro erano puntati proprio lì, sull'appendice che si agitava nel vento. Istinto di caccia? Mah.
L'animale, al solito, era riconoscibile come qualcosa di strano ad una analisi attenta: ormai l'odore non era più di carogna, ma al contrario aveva un sottile sentore di fiori secchi e naftalina. A questo si aggiungevano le movenze stranamente bizzarre. Avanzava acquattato contro il muro di un edificio, la coda rigida dietro di sé. Non emetteva un suono- in effetti, non respirava nemmeno.. -
Lex Quinn.
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A quanto pare, esplorare in pace l'area era fuori discussione. Adesso che era ferma ad osservare la zona da un punto che credeva sicuro, Lex poté notare le altre figure nell'area. Una di queste era uno strano gatto che però non era nulla di interessante per lei se non come spuntino; magari uscendo dal magazzino avrebbe potuto farci un pensierino, se l'avesse ritrovato lì in giro. Elizabeth per il momento era troppo lontana per essere percepita dai sensi intorpiditi di Lex, per cui tutta la sua attenzione poté concentrarsi su Malach. Il ragazzino, in effetti, stava vagando attorno al magazzino con quella che poteva sembrare l'intenzione di entrarci. Ma era forse un'impressione sbagliata, perché dopo poco Lex notò che il suo obiettivo sembrava essere diverso. Si stava avvicinando nella sua direzione. Storse istintivamente il naso, infastidita. La sua non era invisibilità perfetta, era un camuffamento, una mimetizzazione che poteva essere simile a quella di un camaleonte, che non serviva a nulla se qualcuno andava a sbatterle contro comunque o se si avvicinava abbastanza da notare qualcosa di strano. Attese, inizialmente. Non voleva rivelarsi finché non fosse stata sicura di essere l'obiettivo del ragazzo, ma più passava il tempo, più quella si faceva una possibilità concreta. Anche perché, osservandolo, dava l'impressione di stare attivamente cercando qualcosa. Infastidita, attese che il ragazzo entrasse nell'aria d'azione di una delle sue abilità. Una volta che si fosse avvicinato tra i due e i quattro metri da lei - sempre se avesse l'intenzione di farlo - avrebbe aperto appena la bocca, allargandola ma con le labbra strette, e avrebbe emesso una specie di fischio inudibile, un'onda sonora che avrebbe viaggiato fino al pavimento dietro Malach, e infrangendosi lì, avrebbe creato un suono diversivo. Niente più che un verso di un insetto, come il frinire di una cicala o di un grillo. Le bastava che si distraesse un minimo, che si voltasse, che non guardasse verso di lei mentre usciva dal suo camuffamento. A quel punto sarebbe stata visibile, certo, ma era comunque meno incriminante del farsi scoprire o dal rivelarsi direttamente. Avrebbe atteso qualche istante per poter dare l'impressione di essersi avvicinata da un punto diverso, poi avrebbe parlato. Se il suo piano non fosse riuscito, comunque, non aveva molta altra scelta che rivelarsi prima che l'altro andasse a sbatterle contro. Non cambiava poi molto, dato che doveva averla vista prima, ma almeno avrebbe potuto fare la gnorri se non l'avesse vista anche uscire dal camuffamento, oltre che entrare.
«Che intenzioni hai, ragazzo?» gli avrebbe chiesto, incrociando le braccia al petto e squadrandolo dall'alto in basso. L'altezza era dalla sua, così come quel suo atteggiamento - petto in fuori, mento all'insù - che a lei piaceva definire regalità ma che chiunque altro avrebbe tranquillamente potuto chiamare arroganza.. -
Elisabeth Fairchild.
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